Requiem
per l’amore
Sara
ha fatto le quattro, questa notte. Perde un paio di minuti cercando di
inserire
correttamente la chiave nella toppa e poi, finalmente, riesce ad
entrare.
Capisce subito che Mary non sta dormendo; lo capisce
dall’odore pungente del
fumo che si è espanso nell’aria e dalla musica di
sottofondo proveniente dalla
camera attigua. Non si stupisce del fatto che Mary sia ancora sveglia,
per
quanto la sessione estiva degli esami la stia sfiancando. Lei la
aspetta
sempre, l’ha sempre aspettata. La trova seduta sulla vecchia
sedia a dondolo,
le gambe stese sul quel pouf a forma di pallone da calcio che hanno
scelto
insieme anni fa, non appena la decisione di vivere insieme durante gli
anni
dell’università si era fatta definitiva. Mary sta
fumando – non sarà né la
prima né l’ultima delle sue sigarette- come
sempre, quando è profondamente
nervosa.
-
Welcome back, Sara! Come è andata la serata?
Mary
non ha mezzi termini- non ne ha avuti mai. Tira giù le gambe
dal pouf e la
fissa con un’espressione strana, intensa. Sara si dilegua con
poche parole, non
sostenendo il suo sguardo indagatore.
-
Bene, bene… Sono molto stanca!- risponde velocemente,
cercando di evitare una
conversazione che potrebbe rivelarsi sgradevole. Mary alza un
sopracciglio e si
allunga verso il posacenere. Poi, con lentezza calcolata, si volta
verso di
lei. Un po’ di cenere cade sul tappeto rosso.
-
Sei andata a letto con Giorgio, vero?
La
domanda la colpisce in pieno e fa il grave errore di abbassare la
testa,
vergognandosi.
-
Come lo hai capito?- sussurra, sempre rivolta al pavimento.
-
Hai lo sguardo languido tipico di quando ti ecciti davanti a Colin
Firth!-
sibila Mary, scuotendo la testa.
-
Io non mi eccito davanti a Colin Firth!- strilla Sara, cercando di
difendersi
dalle accuse dell’amica.
-
L’ultima volta che abbiamo visto Bridget Jones stavi per
avere un orgasmo
virtuale durante la scena del bacio finale…- spiega sicura
Mary, alzandosi e
scrollandosi di dosso della cenere. Sara non risponde e così
capisce di aver
fatto centro- ancora.
-
Solo perché tu non credi nell’amore, non vuol
dire…- attacca Sara dopo un po’,
sentendosi messa con le spalle al muro.
-
Sa’, la predica potresti anche risparmiartela! Sai benissimo
come la penso.
Le
parole di Mary sono lapidarie, ciniche.
-
Mary! Non dovrei essere io a spiegarti che la vita senza amore
è come una torta
senza panna!
-
Questa l’hai trovata nei Baci Perugina, vero?- chiede
tagliente lei,
avvicinandosi allo stereo ed accovacciandosi davanti ad esso.
-
Il cinismo non ti porterà da nessuna parte, Mary. Non si
può pensare di
rimanere per sempre sola.
-
E tu non puoi continuare a pensare che Giorgio, se continui ad andarci
a letto,
un giorno ti amerà!- urla lei, i compact disk che le cadono
dalle mani e si
disperdono sul pavimento. Gli occhi di Sara si riempiono di lacrime, la
bocca
rossiccia di parole offensive.
-
E tu non puoi credere invece che la vita che fai sia davvero vita. Sei
piatta,
vuota.
Sara
sputa la sua sentenza e si avvia verso il breve corridoio che conduce
alle camere
da letto.
-
Spiegami almeno perché lo fai.
La
voce di Mary la raggiunge e lei si ferma.
-E
non rispondermi “perché lo amo”. Non
è una commedia romantica a lieto fine
questa, Sa’! – strilla ancora Mary, avvolta nel suo
cinismo proverbiale.
-
Tu vivi in un mondo a parte, Mary. Credi di sapere tutto
dall’alto delle tue
convinzioni “alla Dottor House” e poi scoppi a
piangere davanti a tutte le
boiate romantiche di Canale 5.
Sara
questa sera non sembra avere freni. Non ha mai parlato così-
non a Mary,
almeno. Implacabile, continua.
-
Il mondo reale non è quello dei tuoi
“Topolino” che nascondi sotto il letto,
dove il massimo che si vede è un cuore tra Paperino e
Paperina! Hai un cuore
censurato, Mary!- urla Sara, le lacrime che quasi traboccano dagli
occhi cerulei.
-
Reinterpretazione alla Mary: la vita senza amore è come un
funerale senza
lacrime. Va meglio così?
Mary
ride della sua stessa ironia e tira fuori un’altra sigaretta.
-
Smettila di fumare…- mormora Sara, l’istinto di
benevolenza più forte della rabbia.
-
Sa’, abbiamo una vita intera per fare i medici!- risponde lei
e fa scattare
l’accendino. Sara scuote la testa.
-
Comunque devo dirti una cosa…- mormora ancora Sara, cercando
di sfiorarle il
braccio. Mary si ritrae e si volta verso la grande finestra.
-
Cosa? Che morirò in un palazzo lugubre con le tende di
velluto rosso alle
finestre, sola come un cane? Uno a zero per te, Sa’.
-
Mi trasferisco da Giorgio.
La
sigaretta cade a terra, sul parquet. Mary inizia a ridere sguaiatamente.
-
Dieci a zero per me, Sa’. Buona vita!- urla, al suo indirizzo
e si avvia verso
la sua camera, sbattendo furiosamente la porta. Sara rimane a fissarla,
incurante delle lacrime che le rigano il viso. Davvero Mary
l’ha sbattuta fuori
dalla sua vita così? Si avvia verso la piccola cucina, il
volto di Marilin
Monroe che la fissa sensuale da una schiera di fotografie colorate
appese sulla
parete. Prende una tazza- poi due- e prende un po’ di latte
dal frigorifero.
Cioccolata calda anti-depressiva a giugno.
-
Se vuoi un incremento della produzione dei tuoi stupidi ormoni della
felicità,
non serve la cioccolata. Basta mandare a quel paese Giorgio!
Mary
è ricomparsa sulla soglia della piccola cucina, in pigiama.
-
Mary, sono le cinque e domani hai un esame! A letto, su…
-
Sa’, fanculo!
E
si accende un’altra sigaretta. Ispira con forza- magari il
fumo le bucherà i
polmoni prima del previsto.
-
Undici a zero per te- mormora la ragazza e versa la cioccolata nelle
tazze; le
poggia entrambe sul tavolo. Mary la prende e si siede, accoccolandosi
nella sua
canottiera nera.
-
Al tuo esame?
-
A Giorgio?
I
loro sguardi si incontrano, Sara sa che sta giocando l’ultima
battaglia.
-
Alle nostre vite, Mary! Alla tua morte solitaria e alle mie frasi
idiote!
Le
tazze scricchiolano l’una contro l’altra. I loro
scheletri, scricchiolano
anch’essi. Le ossa di Sara contro quelle di Mary.
L’amore di Sara contro il
dolore di Mary.