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Autore: DazedAndConfused    14/07/2011    2 recensioni
I due bimbi, ridendo a crepapelle, si lasciarono cadere tra l’erba alta, esausti dai tanti giochi.
Scarlet non ricordava un giorno uguale a quello, forse perché non ce n’era mai stato uno, prima d’allora.

[Aderente all'iniziativa 101 kisses]
[#031, bubbles]
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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They are feathers in the wind.

prompt: #031, bubbles

 

-Che ne diresti se aggiungessi un paio di acuti anche qui?-

L’uomo alzò lo sguardo e scoppiò in un risolino divertito, scatenando il lato fanciullesco dell’amico che, offeso per la sua reazione, incrociò le braccia e gli voltò le spalle.

-Eddai, Perc! Ora non incazzarti, su…- ridacchiò ancora, andandogli incontro e tirandolo per una manica vaporosa, ma l’altro si scostò bruscamente, lasciandolo di sasso.

-Dicevo sul serio, Jimmy.-

Il chitarrista stette a guardarlo per un po’ e poi si lasciò cadere sul divano.

-… seriamente?-

-Seriamente.-

-Ok, seriamente.-

I due si guardarono per una frazione di secondo, prima di scoppiare a ridere come dei perfetti deficienti.

-Ahahaha, Pagey! Avresti dovuto vedere la tua faccia, eri spassosissimo!-

-Ammetto di esserci quasi cascato, maledetto…- gli sorrise l’altro di rimando.

 

A tutta quella scenetta avevano assistito un paio di occhioni chiari, che però avevano preferito concentrarsi in particolar modo su tutto ciò che li circondava: il soffitto era tappezzato di affreschi religiosi, mentre in un angolo vi era qualcosa che aveva tutta l’aria di essere un confessionale.

Gran tipo strano, lo zio Jimmy.

-Scarlet, Scarleeeet! Per la miseria, quante volte te l’ho detto di non correre come una cretina, quando scendi le scale?!-

-Dev’essere arrivata miss Raffinatezza.- sorrise Jimmy, sempre senza staccare gli occhi dal foglio su cui, a mano a mano, stava trascrivendo gli accordi che più lo convincevano.

Robert ridacchiò e si girò per controllare come stesse il figlio, sorridendogli teneramente quando questi gli aveva rivolto una linguaccia scherzosa.

-E che pizza, mammaa! Fai questo, fai quello, non andare lì, non usare quella cosa, non correre, non giocare, stai dritta, fai i compiti, sii educata, guai a te se non usi le pattine, saluta sempre, lavati le mani… Bastaa!-

Una figurina minuta ma piuttosto energica aveva fatto il suo ingresso trionfante in sala da pranzo, attirando l’attenzione divertita dei due musicisti e quella curiosa del quasi coetaneo.

Karac osservò la bimba: portava un bel vestito rosso e i capelli scuri erano raccolti con un nastro dello stesso colore. Quasi a voler far capire tutta l’energia che aveva in corpo, la piccola muoveva ritmicamente i piedi, che sembravano quasi prigionieri delle scarpette lucide di vernice.

-Jimmy, io… Io… Dille qualcosa, cazzo!-

La bambina aveva riso istintivamente, dopo aver sentito la parolaccia sfuggita dalle labbra educate di sua madre, ma non si preoccupò di quel che aveva detto: sapeva che suo padre l’avrebbe difesa, e così ne approfittò per sgattaiolare furtivamente dallo zio Robert e stampargli un grosso bacio sulla guancia, prima di potergli finalmente accarezzare quei meravigliosi ricci biondi che tanto gli invidiava.

Nel frattempo il chitarrista, da buon padre inetto qual era, era rimasto piacevolmente stupito dal caratterino che sua figlia mostrava, così sempre più simile al suo, e aveva deciso di divertirsi.

-Già, qui urgono dei provvedimenti seri.-

Si girò in direzione della figlia: -Scarlet…-

La piccola alzò il capo, alzando un sopracciglio in qualcosa che pareva un misto tra l’attesa e un gesto di sfida.

-… il tuo daddy ti fa i suoi più cari complimenti per la maestria con cui riesci a tener testa a tua madre! Brava, tesoro mio!-

Tutti risero, tranne Charlotte che, inviperita, se ne uscì dalla stanza a grandi falcate.

-Tu dici che se la sia presa?- chiese Jimmy alla figlia, che gli si stava avvicinando ridendo.

-Naaah, le passerà.- lo rassicurò lei, sedendosi sulle sue ginocchia e abbracciandolo teneramente.

Riaprì gli occhi e incrociò lo sguardo incuriosito di un bambino in salopette che sedeva nervosamente poco distante: istintivamente gli sorrise, e lui fece altrettanto.

Scarlet balzò giù dalle ginocchia del padre, svelta come una cavalletta, e si fiondò immediatamente dal nuovo ospite.

-Sei il figlio dello zio Robert, vero?-

Il bimbo sorrise e annuì, confrontando rapidamente il viso della sua interlocutrice con il profilo pallido e seminascosto dai ricci scuri che poteva intravedere sullo sfondo.

-Benvenuto a casa mia, Karac. Sono Scarlet.- gli strinse la mano, avvertendo il padre che sarebbero andati a giocare in quel posto che sai tu.

 

Un leggero venticello sferzava la collina, facendo arrancare i due bimbi.

-Ancora poco e siamo arrivati, dai!-

Scarlet aveva parlato per tutto il tempo, raccontandogli dei litigi frequenti che aveva con sua madre che, a suo dire, si sentiva trascurata da suo padre, ma anche quanto amasse quell’uomo taciturno che suonava sempre la chitarra.

Karac capiva quel tono sognante con cui la bimba aveva descritto lo zio Jimmy: era lo stesso che, inconsciamente, assumeva anche lui, quando qualcuno gli chiedeva qualcosa riguardo il suo.

Per tutto il tragitto se n’era stato zitto e buono: ascoltare era forse il suo passatempo preferito ma, contrariamente a quel che potrebbe sembrare, non lo faceva controvoglia. Almeno, non con Scarlet.

-Guarda, siamo arrivati!- esclamò vittoriosa l’amica, mentre lui rimase a bocca aperta: il prato era totalmente sommerso dai fiori, mentre un’enorme quercia sovrastava tutti maestosamente.

Mentre si perdeva a guardare il panorama, non notò che Scarlet si era già accoccolata contro la corteccia dell’albero, intenta ad armeggiare con un contenitore in plastica.

Le si sedette accanto e la fissò sorridente, uno sguardo che la bimba interpretò erroneamente come una domanda.

-Sono bolle di sapone. Le ho portate per giocare un po’…-

Intinse il bastoncino nell’acqua saponata e soffiò delicatamente, mentre la prima sfera uscì tremante, scoppiando dopo nemmeno un secondo.

Dopo un paio di tentativi andati a male, optò per la soluzione più semplice: corse un po’ più avanti e, dopo aver intinto nuovamente la forma, girò perfettamente su se stessa, creando un vortice di bolle iridescenti che fecero scintillare di gioia gli occhi di Karac.

Questi l’applaudì festoso, e Scarlet si esibì in uno dei suoi migliori inchini: dopodiché, ripeté il procedimento per un paio di volte, finché non si schiarì la voce.

-Sai, Karac… Quando mi sento sola vengo a giocare qui, e le bolle sono la mia unica compagnia… Ma non mi sento mai triste, perché loro possono essere qualunque cosa io voglia: farfalle da inseguire, lucciole da catturare, fate da aiutare… Oggi, però, saranno dei mostri da sconfiggere, perché io ora

ho il mio cavaliere, e quel cavaliere sei tu.-

Il bimbo arrossì ma le si avvicinò, accettando l’invito silenzioso della sua mano tesa, che baciò piano.

In breve tempo la collina venne invasa da ogni sorta di orchi, draghi e terribili mostri a tre teste che volevano solamente uccidere la principessa Scarlet, non avendo però messo in conto l’abilità dello spadaccino Karac, invincibile guerriero dell’Esercito del Falco Dorato.

 

I due bimbi, ridendo a crepapelle, si lasciarono cadere tra l’erba alta, esausti dai tanti giochi.

Scarlet non ricordava un giorno uguale a quello, forse perché non ce n’era mai stato uno, prima d’allora.

Con la coda dell’occhio sbirciò Karac, intento a giocherellare con una piuma, arrivata da chissà dove.

Adorava l’espressione concentrata che assumeva quando doveva sferrare il colpo di grazia all’ennesimo drago risorto, o il modo signorile in cui le aveva baciato la mano.

Adorava le fossette che gli si formavano quando sorrideva, e il fatto che tutto il corpo sembrasse risplendere quando lo faceva.

Adorava i boccoli biondi che gli incorniciavano il volto, e il fatto che averli più vicini a sé fosse così dannatamente più facile di avere quelli dello zio Robert.

 

Karac stava finalmente riprendendo a respirare regolarmente, quando notò le scarpette di Scarlet volare per aria.

Si sedette di scatto e vide la bimba volteggiare leggiadra, circondata dalle bolle: sembrava una fata.

Scarlet si accorse di essere osservata e, nonostante l’imbarazzo, lo invitò ad unirsi a quella strana danza, stupendosi per l’entusiasmo con cui lui aveva accettato.

-Aspetta un attimo, così andrà meglio.- e, con gesto rapido, si sciolse la coda, lasciando che le ciocche scure le coprissero le spalle.

Dopodiché, afferrò incerta il polso di Karac e gli legò intorno il nastro rosso, mentre questi rifiutava di accettare questo regalo, solo perché è tuo, ed è troppo bello per me.

Ignorando quei commenti, Scarlet fece un bel fiocco e lo osservò orgogliosa, sorridendo poi al suo nuovo amico.

-Così ti ricorderai di me.-

 

-Perché ti piacciono le bolle, Karac?-

-Perché hanno dentro tutti i colori del mondo, sono leggere e possono volare…-

I due bimbi si guardarono e si sorrisero, finché il maschietto si decise a rivolgerle la stessa domanda:

-E a te perché piacciono?-

La bambina esitò, inumidendosi le labbra, quasi per pregustarsi quel che stava per dire.

-Sono fragili e scoppiano subito, senza soffrire.-

A quelle parole Karac tremò.

-Non mi sembrano delle cose belle…-

-Lo sono, fidati. Quanto darei per essere una di loro! Alla nascita verrei ammirata dai bimbi, e dopo un paio di secondi… PUFF! Scomparirei, e non avrei sofferto neanche un po’, nemmeno un pochino.-

Tra i due bimbi calò il silenzio, interrotto solamente dal vento, che aveva preso a spirare con maggior vigore.

-… E allora io sarei il cacciatore che ti acchiapperebbe e t’infilerebbe in una teca, per poterti ammirare ogni giorno.- soffiò infine lui, stringendola a sé.

Il vento, nel frattempo, portava con sé le voci dei loro genitori, che li richiamavano a tornare a Tower House.

 

 

 

-Maureen, scusa per il ritardo ma ci siamo ritrovate imbottigliate nel traffico…-

-Non importa, finalmente siete arrivate.- il viso della donna s’illuminò di un breve sorriso, mentre Charlotte la stringeva tra le proprie braccia.

Da dietro le gambe della modella fece capolino un visetto allungato che Maureen conosceva bene, e a cui non poté non rivolgere un altro sorriso stiracchiato.

-Ma come siamo eleganti, Scarlet!- disse fintamente allegra, sistemandole il cappellino che portava.

La bimba però non ci cascò e tagliò corto.

-Lui dov’è?-

La donna sussultò e, a capo chino, indicò una porta poco distante, abbandonandosi poi singhiozzante tra le braccia dell’amica.

Scarlet se ne andò subito a grandi passi, mentre in sottofondo sua madre confidava all’altra: -Non riesce ancora a crederci.-

 

La bambina socchiuse lentamente la porta, che emise un leggero cigolio, richiudendosela alle spalle.

Stette un po’ sulla soglia a rimirare il volto pallido e meno tondo di Karac, sentendo stringersi il cuore.

Non riusciva a capacitarsi per quale odiosissimo motivo fosse dovuto capitare proprio a lui, tra tutte le persone che c’erano a quel mondo.

Ma, proprio mentre era persa nelle proprie riflessioni, una voce flebile la fece sobbalzare.

-Come… come siamo eleganti, oggi…-

La bimba corse al letto e vide Karac sorriderle, un po’ più spento del solito, ma comunque sempre in possesso di quel potere, capace di farle tremare le gambe.

Era l’unico che ci fosse mai riuscito.

-Ciao, Karac… Come stai?-

-Va un po’ meglio, grazie… Tu?-

-Tutto bene, grazie.-

Stupida, non c’è niente che stia andando bene, diglielo!

-Sai che questo completo ti dona davvero molto?- le sorrise, indicando il cappotto e il cappellino bordeaux.

Scarlet mantenne fede al proprio nome e divenne rossa come un pomodoro, farfugliando in fretta un -Grazie.-

La stanzetta diventò improvvisamente silenziosa, se si escludeva il rumore di carrelli e distributori automatici in funzione che proveniva dal corridoio.

-Senti, Scarlet… Io dovrei dirti una cosa…-

La bambina annuì in fretta e gli si sedette accanto, ansiosa di sentire cos’avesse da dirle.

-Questo…- e alzò il polso, a cui era ancora legato quel nastro, -Vorrei che te lo riprendessi.-

Scarlet sentì il sangue gelarsi nelle vene, ma la lingua era ancora in grado di parlare.

-Non se ne parla, Karac. È un mio regalo.-

Il bimbo le sorrise intenerito e continuò: -Lo so, e mi piace da impazzire, ma… Ma credo che non mi serva più. Sai, io sto…-

-Non dirlo nemmeno per scherzo! Non dirlo! Non ti voglio sentire!-

Scarlet era balzata in piedi, facendo cadere la sedia e premendosi prepotentemente le mani sulle orecchie.

-Sono tutte bugie! Tu non mi puoi raccontare bugie! Io mi fidavo di te! Io mi fidavo, lo capisci?!- urlò, mentre le lacrime iniziarono a mescolarsi alla voce che le usciva strozzata dalla gola.

Karac la osservava dispiaciuto, cercando un modo per farla calmare.

-Io… Mi dispiace…-

-Tu non dovresti nemmeno pensare a cose così brutte, capito? Mettiti bene in testa che l’unico modo in cui uscirai di qui sarà con me, e la nostra destinazione sarà la collina, per un fantastico picnic! Mi hai capito?-

Il bambino annuì divertito e le strinse il mignolo per suggellare quel patto improvvisato.

-E comunque avevi ragione tu: le bolle sono meravigliose proprio perché spariscono in un attimo…- riprese lui, con voce più flebile.

Scarlet notò le sue palpebre farsi più pesanti e riprese a piangere.

-Ma la bolla ero io, Karac! Tu eri il cacciatore che doveva catturarmi e poi proteggermi, per poter rimanere sempre con me! E invece te ne stai andando, e io non sono una cacciatrice in grado di acchiapparti…- singhiozzò, prendendogli la mano.

Karac la guardò e le sorrise dolcemente, tentando di alzare quel braccio, senza però riuscirvi.

-Facciamo che questo sia stato il tuo retino, ok?-

La bimba rise e altrettanto fece l’amico, tossendo un poco.

Poi, acquietatosi, la guardò nuovamente.

-Se i mostri sulla collina dovessero ancora darti fastidio, chiedi aiuto al mio papà: lui è il guerriero migliore che esista.-

Scarlet rimase a fissarlo impietrita, specie quando vide il petto fermarsi di colpo.

In lacrime, si alzò e lo guardò per quella che credeva sarebbe stata l’ultima volta.

I ricci c’erano ancora, così come le fossette che aveva tanto amato e quel sorriso leggero che sarebbe durato in eterno.

Gli baciò la mano, come ogni principessa bacia quella del proprio principe, quando questi se ne deve andare, ma, riappoggiandola piano sul lenzuolo, da questa scivolò qualcosa.

La bimba si accucciò e raccolse l’oggetto: una piuma, un ultimo arrivederci.

Soffocando un ultimo singhiozzo, la strinse tra le mani e uscì dalla stanza a piccoli passi malfermi.

 

 

-Perché ti piacciono le piume, Karac?-

-Perché ci ricordano che c’è sempre qualcuno al nostro fianco che non ci abbandonerà mai.-

 


 

Credits titolo: All My Love - Led Zeppelin. 

 

The song remains the same.

Occhei.

Qualunque sia la vostra opinione riguardo a questo scritto, volevo solamente dirvi che non intendevo farvi piangere (se l’avete fatto) o intristirvi o vattelappesca, ma a mia discolpa posso dire che la broncopolmonite fa questi cattivi scherzi (ebbene sì, gente! Madre Natura nel pacchetto feriale di luglio mi ha donato pure questo simpaticissimo omaggio; non è adorabile? <3) e che era da troppo tempo che volevo scrivere su Karac e Scarlet.

Su di loro so pochissimo: lei è nata un anno prima di lui e non so se si siano conosciuti, né mi ricordo se nel primo periodo in cui è ambientata questa storia Page abitasse ancora alla Tower House, ma so che quella casa era zeppa di stanze a tema meravigliose, e quindi mi sembrava un’abitazione perfetta per una bambina fantasiosa come Scarlet.

Non sapendo nulla su di loro, ho quindi dovuto per l’appunto giocare su queste loro personalità opposte: manco a farlo apposta, ho fatto i due bimbi come due esatti contrari dei propri padri LOL

Però dai, ce lo vedevo un Karac timido e riflessivo assieme ad una Scarlet più espansiva ed energica, quindi ho preferito lasciare tutto così :)

Non so un fico secco nemmeno su Charlotte Martin (che a me sta un po’ sulle balle LOL ma devo ammettere che è stata una santa a sopportare Jimmurs :’D), e non mi ricordo nemmeno se erano già in crisi o cos’altro; se non erro, in questo periodo, lei viveva in libreria con Scarlet, mentre chi viveva con Jimmy era Krissy Wood, fate conto voi TROLOLOL.

Poi boh, non saprei che dire: Karac ha la salopette proprio come nel film The Song Remains The Same mentre, se non ricordo male, Scarlet dovrebbe essere bionda :3

Se così fosse, qui è mora per esigenze tecniche, un po’ per ricreare il contrasto delizioso tra Jimmy e Robert; se invece è mora, fate finta che non abbia detto niente :D

Bien, non so che altro aggiungere, se non che ho modificato il verso di All My Love per il semplice motivo che in questa ff non è solo Karac ad essere una piuma nel vento, ma anche la stessa Scarlet, che vorrebbe trattenerlo a sé o seguirlo, ma che sa di non poterlo fare.

Il mio pensiero va a loro, a Robert, a Bonzo e, ovviamente, ai Led Zeppelin che, con questa canzone, mi hanno insegnato che tutto può rinascere sotto una nuova forma.

 

Dazed;

   
 
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