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Autore: Hayley Black    14/07/2011    6 recensioni
AkuRoku | Generale | One shot
-Mega bagno. Se non fosse stato per me, adesso saresti sepolto o, ancora peggio, sezionato dal caro buon vecchio Vexy-.
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH 358/2 Days
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Così fu quell'amore dal mancato finale, così splendido e vero da potervi ingannare.

 

Trentesima storia su EFP, un momento da celebrare.
E la dedico ad un uomo dal cuore arrugginito e le stelle negli occhi
e a chi mi ha seguita fin qui. 
 

 

Il primo giorno.

Mentre il silenzio del Castello Oblio lo risucchiava come tentacoli di una piovra, Roxas passeggiava per i corridoi troppo bianchi facendosi un’idea del posto che lo avrebbe accolto per un bel po’. Tranquillo – anche se le urla che provenivano dalla cucina di tranquillo non avevano nulla -, rilassante e… decisamente troppo bianco.
L’unica pecca erano i suoi colleghi, imbecilli quanto un gregge di pecore. Sempre a bighellonare, a far arrabbiare il superiore, e lui si sentiva il figlio di dio mandato in terra per aiutare quel pover’uomo del Superiore, costretto a far da balia a un gruppo di uomini rimasti al tempo dell’infanzia.
La nuova divisa lo faceva sembrare un’ombra scura dagli occhi azzurri, l’unica cosa che ricordasse il cielo blu che i comuni esseri umani contemplavano al di fuori di un castello fatto di mattoni.
Attento a squadrare ogni minimo dettaglio delle mura eteree e dei soffitti illuminati, non si accorse di essere seguito; evidentemente non se ne sarebbe mai accorto, se non avesse intravisto una ciocca di capelli rossi svolazzargli vicino all’occhio destro.
Si fermò di colpo, e il rumore di passi dietro di lui si acquietò.
-Perché mi stai seguendo?- disse, senza muovere un muscolo. Solo una persona poteva avere dei capelli così dannatamente rossi, che erano praticamente un pugno in un occhio dentro tutto quel bianco.
-Non fraintendermi, Roxas, io non ti stavo seguendo mica! Avevo voglia di fare una passeggiata per i corridoi- rispose lui, con quell’aria vagamente divertita nascosta alla perfezione dietro il tono di voce pacato.
Il biondo si girò, e Axel gli rivolse un sorriso a trentadue – o più – denti, nascondendo qualcosa dietro la schiena.
Magari è un fuoco d’artificio e me lo farà scoppiare in faccia come benvenuto.
-Cos’è?- fece sulla difensiva, arretrando di qualche passo. Non teneva particolarmente alla sua faccia, ma ci teneva a non perdere la vista, o qualcos’altro. Non ci teneva a perdere niente, ancor di meno per colpa di quell’idiota.
-Sai, Demyx avrebbe voluto farti un mega bagno con il Sitar, ma dato che ti sei rivelato parecchio suscettibile abbiamo scartato l’idea. Xigbar ti avrebbe sparato addosso, Xemnas però si è lamentato dicendo che avrebbe potuto ucciderti e abbiamo eliminato anche questa ipotesi. Vexen voleva prelevare uno dei tuoi capelli per verificare che tu fossi in salute, quindi lo abbiamo chiuso in uno stanzino.-
Oh mio dio… questi vogliono uccidermi!
Axel levò la mano nascosta e gliela mostrò, facendolo rimanere… sbalordito?
Sul suo indice si attorcigliava uno stelo verde smeraldo, solcato da spine appuntite che non sembravano preoccuparlo; in cima, sulla punta, andava ad ingrandirsi una splendida rosa rossa come il sangue – o come i suoi capelli? -, protendendosi verso il soffitto come fa una piantina con il sole.
-E Zexion voleva darti un libro, ma io avevo pensato a qualcosa di più semplice. Le rose sono belle. Ho preso spunto dalle statue fiorite di Marluxia, spero che non si arrabbi- concluse, mentre la rosa si staccava delicatamente dal suo dito per posarsi sul palmo di Roxas.
-Molto… pittoresco, sicuramente meglio del bagno e del bersaglio- sbottò, celando la sua ammirazione dietro un velo di sarcasmo
-Mega bagno. Se non fosse stato per me, adesso saresti sepolto o, ancora peggio, sezionato dal caro buon vecchio Vexy-.

 

La prima settimana.

Appena ritornato da una missione particolarmente stancante, Roxas si apprestava a farsi una doccia fredda, macchè, ghiacciata, per togliersi di dosso gli ultimi residui di sabbia e calore del deserto.
Si sentiva un ghiacciolo rimasto troppo tempo sotto il sole che veniva messo subito dopo in frigo, beandosi delle basse temperature.
Erano sfuggiti ad una tempesta di sabbia che aveva sconvolto alcune città vicine, e per colpa di Xigbar – che aveva mangiato tutte le loro scorte di cibo e pure quelle per i cammelli – non avevano portato a termine l’incarico.
La prossima volta ci andrò da solo.
Strofinò con impeto i capelli biondi, trovando tra le ciocche qualche insetto morto e perfino la spina di un cactus.
Uscito dalla doccia si asciugò velocemente e si vestì, per non ripetere la brutta esperienza di qualche giorno prima. Uscì dal bagno, dove l’aria si era fatta pesante e aspra, per ricevere una boccata di vento freddo che gli fece venire la pelle d’oca. Chiunque avesse avuto la brillante idea di aprire la finestra del corridoio avrebbe meritato una statua d’oro.
Il buio era calato, lì fuori, come fosse inchiostro caduto dalla boccetta di qualche scrittore maldestro. I suoi passi risuonavano ovattati tra le mura del castello, e il breve tratto che doveva percorrere per raggiungere la sua stanza fu veloce e senza intoppi.
Perché con Demyx che sbucava ad ogni angolo e Vexen che gli rompeva le scatole, quello era stato il miglior tragitto che avesse mai camminato.
Aprì la porta ed entrò nella sua camera celata dall’oscurità, e maledisse il giorno in cui aveva deciso di piazzare davanti alla porta una sedia di legno contro cui batté il suo povero ginocchio, mandandolo dritto dritto per terra.
Rimase così per un bel po’, dolorante e ferito, contorcendosi sul pavimento lindo – bianco! – tenendosi con una mano la gamba e con l’altra la bocca per non gridare.
Dolore!
-Roxy? Ci sei?-.
Sfortuna volle che Axel aprì di scatto la porta, sbattendola contro la sua testa, facendogli danzare davanti agli occhi una miriade di stelline e uccellini in tutù rosa.
-Oh mio dio! Vexen l’ha ucciso!- gridò, dando un calcio alla sedia facendola scattare lontano, poi si inginocchiò – le tragedie gli riuscivano molto bene – e cominciò a chiedergli il testamento.
-Idiota! Mi hai dato la porta in testa! Altro che Vexen, io ti denuncio!- rantolò, rotolando per terra come un imbecille, raggiungendo il letto nel momento in cui Axel accese la luce, distruggendogli la vista. Si sollevò a fatica, appoggiando la testa sul cuscino, e con un sospiro cercò la tranquillità che non gli era stata ancora concessa. Ma, ancora purtroppo per lui, il rosso non ne voleva sapere di andarsene, e dopo avergli fatto una ramanzina riguardante il disordine in camera e bla bla bla, disse di andare a prendere qualcosa per medicargli il ginocchio.
E, con Roxas che esultava mentalmente, uscì in fretta chiudendosi la porta alle spalle.
Finalmente!
-Rooooxy!-.
Cos’ho fatto di male?
Nulla, nulla in confronto a quello che stava per vedere avrebbe potuto concorrere con il dolore alla gamba e alla testa.
Axel, una valigetta di pronto soccorso in mano e un vestito da infermiera addosso, entrò ancheggiando nella stanza con un sorriso provocante.
Tirò dalla tasca una caramella e gliela sventolò davanti agli occhi 
-I bambini cattivi non avranno le caramelle, perché lasciano in disordine la propria camera!-. 
Lo aspettava una lunga tortura. 
Non avrebbe mai più messo le sedie davanti alla porta. Mai.

 

Il primo mese.

Con un ginocchio fasciato e una benda attorno alla testa, per Roxas era diventata dura fare la sua passeggiatina notturna per il castello. Era costretto a rimanere tutto il giorno sul letto, a fissare il muro bianco davanti a sé, e Xemnas gli aveva vietato anche di partecipare alle missioni.
Tutta colpa di quella sedia e di Axel. L’avrebbe ucciso. Gli avrebbe dato fuoco ai capelli. Poi lo avrebbe buttato giù dalla finestra più alta, facendolo finire dritto sul cespuglio di rovi di Marluxia.
Doveva solo rimettersi in forma, poi Soffio di Fiamme Danzanti avrebbe fatto meglio a non incontrarlo per i corridoi da solo.
Mentre rimuginava su quale pena infliggere ad Axel – anche per il penoso spettacolino da infermiera -, qualcuno bussò alla porta. E non c’erano dubbi su chi potesse essere.
-Roxy!-
-Vattene.-
-Oh, suvvia Roxy, non ho fatto niente di male! Se non fosse stato per me, saresti rimasto sotto le cure di Vexen, e lui è un vecchio barboso!-.
Ignorando le sue proteste, il rosso entrò nella stanza con un largo sorriso da ebete stampato sulla faccia; teneva un paio di caramelle in una mano mano e un panno con del ghiaccio nell’altra, e si sporse dal letto per guardarlo con occhi carichi di compassione – oh, come gli avrebbe spaccato la faccia! – misti a pietà, e qualcos’altro che non riusciva a scorgere.
-Vedo che hai omesso il grembiule da infermiera- borbottò il biondo, guardandolo di sottecchi
-Ti piaceva, vero? Se vuoi vado a prenderlo!- esclamò l’altro ad alta voce, distruggendogli i timpani
-Mi faceva schifo, Axel. E se non ti dispiace, vorrei trascorrere il resto della giornata a dormire, o a stare lontano da te.-
-Uffa come sei cattivo! Non solo ti ho salvato da una morte lenta e dolorosa, ma ti ho anche dato le caramelle!-.
Roxas non rispose. Preferì non farlo, una crisi si stava impadronendo del suo cervello, e non voleva arrabbiarsi. Con quell’idiota era inutile.
Prese una lunga boccata d’aria, senza guardare il piromane davanti a lui.
-Come va il ginocchio? E la testa?- chiese l’altro, con aria tragica.
Perché non posso sbatterlo a calci fuori dalla mia stanza?
-Andrebbe meglio, se adesso non ci fossi tu a rompere le scatole-.

 

Il primo anno.

-Roxaaaaas!-.
Oh no.
Nessuno lo lasciava leggere in pace.
Roxas posò il libro sul tavolo, fissando con occhi inespressivi la faccia di Demyx che, saltellando come un idiota, cominciò ad urlare frasi sconnesse.
-Dimmi, Demyx- disse con calma glaciale
-L’hai visto? L’hai visto?- gridò l’altro, senza smettere di saltare per la biblioteca come le pecore che si contano di notte per addormentarsi
-Cosa?-
-Era alto, grosso, brutto, peloso e aveva delle foglie nei capelli!-
-Bigfoot?-
-No, Axel!-.
Cioè, lui aveva interrotto la sua lettura pomeridiana per riferirgli che Axel faceva invidia a Bigfoot e alla sua collezione di peli?
-Per fortuna non l’ho incontrato, allora. Se non ti dispiace, vorrei continuare a leggere questo interessante libro- fece, Demyx s’imbronciò
-Va bene. Però dopo ti aspetta il mega bagno!-.
Uscì a grandi passi dalla stanza, chiudendo la porta con delicatezza.
-Ah, finalmente- sospirò, riprendendo il pesante tomo di mille pagine che Zexion gli aveva mostrato qualche giorno prima.
Era una bella giornata, si sentiva il canticchiare di Marluxia che innaffiava le piante, i litigi di Xaldin e Xigbar che giocavano a carte, e perfino le urla strazianti di Saix. Forse aveva visto Axel.
Scosse la testa, quella era una vera gabbia di matti. Credeva fossero seri e rispettabili, invece si erano rivelati tutto il contrario.
-Roxas!-.
Sbam!
La porta sbattuta violentemente contro il muro rivelò la figura indistinta di Axel, irriconoscibile per i rami e le foglie che aveva impigliati nei capelli.
Oh no, ancora.
Consapevole che il rosso non se ne sarebbe andato, chiuse il libro e lo ripose nello scaffale, attendendo con sguardo minaccioso che quello dicesse qualcosa
-Che cosa vuoi?-.
-Mi aiuti a togliere le foglie dai capelli? Mi stanno rovinando l’acconciatura!- esclamò disperato, gettandosi in ginocchio ai suoi piedi
-… Okay. Ma come diamine ti sei conciato in questo modo?- Roxas acconsentì, fissando l’intrico di corteccia annidato nella capigliatura rosso fuoco del numero VIII
-Sono caduto dalla finestra – Vexen stava lavando per terra e sono scivolato – e sono andato a finire nelle piante di Marluxia.-
I suoi sogni si erano avverati!
Trattenne una risata per non urtare la sensibilità di Axel, che riguardo i suoi capelli era peggio di un’adolescente in piena crisi ormonale.
I rami erano difficili da togliere, e per colpa delle spine il biondo si fece anche male le dita; e, per giunta, era costretto a sentire i suoi mugolii di dolore ad ogni foglia tolta con uno strattone.
Ormai si conoscevano da quasi un anno, e Roxas si era abituato al suo cervello grande quanto una noce e ai suoi modi da drag queen. Gli voleva bene, dopotutto, gli piaceva andare con lui sulla Torre dell’Orologio a mangiare gelati al sale marino e a guardare il tramonto, come due gatti appollaiati sul cornicione di un edificio.
Sebbene fosse un idiota, un ninfomane, un pazzo gelataio e pure piromane, era impossibile non affezionarsi a lui.
Anche se gli sbatteva le porte in faccia e gli regalava caramelle, quando si rintanavano di fronte al cielo cruento della sera nascente con un gelato nella mano e la luce del sole negli occhi, Roxas era felice di averlo conosciuto.
Un giorno si sarebbe ricordato di lui, del tramonto e della matita che scriveva promesse presto cancellate.

 

Il primo ricordo. 

Le strade erano deserte, in quel particolare momento della giornata. Qualche ratto sgattaiolava furtivo tra la spazzatura, mentre i ragni tessevano elaborate ragnatele per intrappolare mosche ignare nella loro morsa d’argento. Nonostante ciò, Roxas adorava camminare tra le strade buie e silenziose della città, quando la notte faceva da padrona assieme alla luna e alle stelle. Era stanco, aveva bisogno di riposare, ma i suoi piedi proprio non ne volevano sapere di prendere il tragitto per ritornare a casa.
Si sentiva parte di quel quadro che un pittore dipingeva con mani inesperte, con quelle stelle così poco luminose e la luna tagliata a metà.
Le finestre si chiudevano e le porte scattavano, la vita andava a riposare un po’. Perché ormai era risaputo che, con il sole che se ne andava, si dileguavano anche le ombre e i sorrisi radiosi.
Cercò di non inciampare nella coda dritta di un gatto nero, che se ne andò indignato tenendo fra i denti il cadavere di un topo lordo di sangue.
A quella vista il suo stomaco brontolò, era da quella mattina che non toccava qualcosa da mangiare. Avrebbe fatto meglio a tornare a casa, gli servivano una buona cena e lenzuola pulite.
Imboccò la via del ritorno, quando intravide accanto al chiosco dei gelati un grosso camion rosso, che scaricava la merce grazie ad uomini corpulenti che parlavano sottovoce.
Qualcosa gli balenò nella mente, e un ricordo doloroso sovrastò i pensieri del letto che lo attendeva; non ricordava il suo nome, ma i felini occhi verdi di un viso affilato capelli che sembravano racchiudere il cielo al tramonto.
Aveva voglia di gelato. Forse gli uomini del camion avrebbero acconsentito a dargli un ghiacciolo. E il giorno dopo sarebbe andato sulla Torre dell’Orologio, che magari gli sarebbe venuto in mente il nome di quel ricordo scolorito e stropicciato come una vecchia fotografia.
Erano bastati un camion rosso e delle giacche verdi per scucirgli le toppe che si era cucito con cura sul cuore, con ancora conficcate le spine di una rosa che non sarebbe più fiorita. 

 


Zan zan zan!!! *musichetta ispirante*
Oh beh, sì, diciamo che ho scritto un'AkuRoku. Con l'ennesimo titolo di De Andrè e_e cosa posso farci? Lo amo. Andrei a fargli la proposta di matrimonio se non fosse morto e sotterrato a metri e metri nel sottosuolo. Il fatto è che stavo ascoltando questa splendida canzone - Dolcenera - e... questa frase mi ha ispirata. Insomma, quale titolo più adatto a loro? 
Non linciatemi se qualcosa non coincide con 35t8458etuoisdvkjb/days (o come si chiama), ma io ho scritto e basta à_à e anche se fa schifo - credo molto in ciò - non aspettatemi fuori la porta di casa con le spade, le torce e i forconi <3
Dunque, questa storia non parla molto dell'amore tra Axel e Roxas ò_ò in realtà parla di loro e basta. E di quanto il cuore di Roxy sia debole e fragile <3 *lo uccide*
Nessuno riuscirà a farmelo piacere. Però volevo fare da troppo tempo Axel vestito da infermiera :'3 E sono riuscita a ficcarci dentro anche DemDem e il suo mega bagno *-*
Okay, perdonate lo sproloquio inutile e noioso, ma sono tornata da poco dal cinema. Ho visto HP 7 II *-* e... ho pianto per tutto il film. e_e Ora sarò fiera di dire "Sì, io ho letto tutti i libri e visto tutti i film" *standing ovation*
E, se non l'avete ancora visto, vi costringo ad andarci. Perchè è stupendo.
E... e basta. Stappiamo le bottiglie di champagne (?) per celebrare la mia trentesima storia su EFP *stappa bottiglia* BRINDIAMO!
Non temete, tornerò con altre storie. Se non adesso, quando il pc si sarà aggiustato. E ora me ne vado, mia sorella deve fare pipì e devo accompagnarla :3
A presto!

Sayonara! 


   
 
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