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Autore: Gweiddi at Ecate    15/07/2011    7 recensioni
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"Il sorriso di Elena scomparve quando aprì e si trovò davanti Damon, con una smorfia tirata e gli occhi stanchi di chi cerca di sembrare allegro.
Lei impallidì in un primo momento, poi Damon vide i suoi occhi farsi lucidi e le labbra piegarsi timidamente, in una curva confortevole e accogliente, che lo fece sentire a casa.
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Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ha fatto la sua scelta'
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scritta per il TVG Festival al prompt Damon/adult!Elena - "Sei ancora bellissima sai?" "Quanto tempo è passato?" "Quindici anni, nove mesi, e ventidue giorni"

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Sorridi oltre il vetro






Damon guardò fisso il campanello dell’abitazione, indeciso. Si chiedeva cosa ci facesse lì, perché diamine non fosse da un’altra parte – da qualunque altra parte – a godersi la vita, invece che rischiare di morire di dolore dopo tutti quegli anni.
Era passata un’enormità di tempo. Avrebbe dovuto essersela tolta dalla testa ormai.
Sì, certo. Proprio lui che aveva trascorso un secolo e mezzo aspettando di riabbracciare la prima donna che avesse mai amato. Ma chi voleva prendere in giro?
Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, prima di raccogliere il coraggio e premere il dito sul campanello.
Dentro la casa, quella grande casa bianca, con un giardino straripante di peonie e gardenie profumate, una donna rise e avvisò di dover mettere giù il telefono.
«Stanno suonando alla porta.»
Quella risata gli strinse un nodo alla gola, colpendolo al cuore con un dolore sordidamente piacevole. Gli era mancata da morire.
Il sorriso di Elena scomparve, quando aprì e si trovò davanti Damon con una smorfia tirata e gli occhi stanchi di chi cerca di sembrare allegro.
Lei impallidì in un primo momento, poi il vampiro vide i suoi occhi farsi lucidi e le labbra piegarsi timidamente, in una curva confortevole e accogliente, che lo fece sentire a casa.
La stretta alla gola si intensificò.
Elena si spostò di lato e fece un cenno con il capo.
«Vieni dentro.»
Damon sentì i muscoli della sua faccia rilassarsi mentre annuiva e faceva un primo passo dentro la casa.
«Non credevo che…» Elena s’interruppe e scosse la testa, guardando il pavimento, divertita da qualche pensiero che le doveva essere passato per la mente «Non importa. Ti va un caffè?»
Damon annuì ancora, improvvisamente a corto di parole. Era incantato dalle piccole rughe attorno agli occhi di Elena, le pieghe di un viso abituato a sorridere, forse un po’ tirato sulle guance che da ragazza erano state tanto piene e rosee.
Aveva i capelli più corti, le superavano di poco le spalle, notò mentre la seguiva verso quella che supponeva essere la cucina.
La casa odorava di pulito e di rose. Anche lei aveva quello stesso odore. Una volta era più dolce, come fragole e vaniglia. Eppure c’era qualcosa, in quel profumo, che era inconfondibilmente suo.
In ogni angolo, su ogni mobile o mensola, Damon notava soprammobili, piccoli souvenir di viaggi in Europa, delicati cristalli, ma soprattutto foto. Tantissime cornici con dentro l’immagine di persone sorridenti: amici, persone, bambini. Un bambino. E un uomo.
Quella ricorrenza di visi lo mise
internamente a disagio, ma fece finta di nulla.
Del resto aveva già sospettato cos’avrebbe trovato lì dentro.
«Siediti dove vuoi.» lo invitò Elena accennando al tavolo e alle sedie con un movimento della mano.
Damon sedette ad un angolo, la osservò armeggiare tra i cassetti e preparare una caffettiera colorata.
Era vestita in modo semplice, con un maglione in morbido cotone rosa e dei jeans scuri che assecondavano senza evidenziare il suo corpo maturo, le curve adulte e sinuose dei fianchi e del seno, la gamba ancora snella e scattante. Camminava a piedi nudi sul pavimento in freddo marmo.
«Non pensavo ti avrei mai più rivisto, sai? Dove sei stato per tutto questo tempo?» gli domandò mentre avvitava la caffettiera e accendeva un fornello. La voce di Elena era dolce e controllata, ma la serenità con cui parlava appariva incrinata.
«In giro. In centocinquant’anni non avevo visto abbastanza del mondo, ho voluto scoprire nuovi posti. Conoscere altre persone.» rispose evasivo senza smettere di osservarla.
Elena cercò delle tazzine in cui servire il caffè.
«E Stefan?» esitò appena prima di pronunciare il suo nome.
Damon contrasse involontariamente la mascella «È da un po’ che non lo vedo. Credo sia da qualche parte, con… non so se sia in compagnia di qualcuno in effetti. L’ultima volta era a New Orleans con Caroline, ma ora lei è in Colorado, quindi penso sia solo. Sai com’è fatto.»
Elena abbassò gli occhi sulle proprie mani e giocherellò con l’anello attorno all’anulare «Sì. Ricordo.»
«Hai più visto nessuno? Intendo, di noi?» chiese, distraendola di poco.
«Solo Caroline. È venuta a trovarmi, ogni tanto. Ho detto a Nick che è figlia di amici di famiglia.»
Damon ghignò «Neanche troppo sbagliato.»
«No, infatti. Io e Nick siamo sinceri l’uno con l’altro. Finché possiamo.» spiegò seriamente guardandolo negli occhi.
«Com’è tuo marito?» domandò ancora Damon, in un puro slancio masochistico.
Gli occhi di Elena riacquistarono luce, e sorrise mentre gli serviva il caffè e sedeva di fronte a lui, con la sua tazzina in mano.
«È buono, e molto dolce. Mi dà un bacio la mattina prima di andare a lavoro e mi ricorda di sopportare le lamentele di mia suocera almeno un po’ prima di agganciarle il telefono in faccia.» rise, raccontandolo «Torna ogni sera alla stessa ora, e litighiamo per il telecomando ogni volta che siamo sul divano.»
«Lo ami?» la interruppe con malcelata urgenza, fissandola negli occhi.
Elena strinse le labbra, guardandolo comprensiva. Aggiunse un cucchiaino di zucchero al suo caffè.
«Mi fa sentire protetta, e normale. Uno normale donna con una vita normale. Non è lo stesso sentimento bruciante che mi ha unita a te e Stefan, se è questo che intendi. Ma è… casa.»
Sorrise malinconicamente e bevve un sorso caldo di caffè, ordinando le parole sulla punta della lingua.
«Credevo di aver dimenticato come fosse stare a Mystic Falls, ma mi sbagliavo. Ti guardo e mi sembra di tornare ad allora, sei identico a come ti ricordavo.»
Prese una mano di Damon tra le sue e la accarezzò morbidamente.
«E tu sei ancora bellissima, sai?» le rivelò a bassa voce.
Era vero. Più vicina ai quaranta che ai trentacinque, Elena brillava ancora di luce propria, di tutto quel calore soffuso e gentile che gli aveva ghermito il cuore quando era tornato a casa anni addietro e l’aveva incontrata.
Non se l’aspettava. Quella mattina era andato davanti alla porta di Elena credendo e temendo di vedere una donna sconosciuta, con occhi persi e labbra sottili, qualcuno che non l’avrebbe riconosciuto. Che non gli avrebbe mai più preso la mano a quel modo, convincendolo che tutto fosse al posto giusto, anche se per lui l’intero mondo stava girando al contrario.
Elena gli sorrise ancora teneramente a quel complimento spontaneo.
«Quanto tempo è passato, Damon?»
«Quindici anni, nove mesi e ventidue giorni.» rispose immediatamente, stringendole le mani morbide dalle unghie ben curate.
Elena arrossì, imbarazzata dalla sua precisione «Qualcuno direbbe che è una vita.»
«Non io.» negò caldamente il vampiro.
Il sorriso di Elena si allargò e gli occhi le tornarono lucidi e offuscati «Mi sei mancato tantissimo. Mi siete mancati tutti.» sussurrò con voce rotta, inspirando pesantemente.
«Mi dispiace per come è andata a finire, ma questa è la mia vita adesso, e non la abbandonerei per nulla al mondo.» concluse alzandogli il braccio e baciandogli il dorso della mano.
«Lo so.» commentò laconico.
«Perché sei qui, Damon?» volle sapere la donna, tendendosi verso di lui.
«Mi sei mancata anche tu.» rispose.
Semplicemente.
Elena scosse la testa, chiudendo gli occhi e sorridendo fino a sentire le guance farle male, felice.
«Dovresti bere quel caffè prima che si freddi.»
Damon rise e si passò una mano sulla fronte «Giusto.»
Al primo sorso contrasse il viso e inghiottì a fatica.
«È forte!»
«È all’italiana. Non l’avevi mai bevuto prima?» Elena corrucciò le sopracciglia, stupita.
«No. Ma credo di potermici abituare.» disse con una smorfia, iniziando ad aggiungere cucchiaini di zucchero e mescolando velocemente prima di fidarsi a tentare di nuovo.
«Quante storie. Sei diventato delicato con gli anni, Damon.» lo prese in giro lei, bevendo con tutta calma e pacatezza il resto del suo caffè, a dimostrazione della sua teoria.
«E tu non sei più divertente.» ribatté falsamente offeso, senza nascondere il sorriso.
«Io sono la persona più divertente al mondo.» scandì imbronciata Elena, convinta mentre alzava le sopracciglia e lo scrutava con superiorità «Chiedilo agli amici di Christopher: sono la loro mamma preferita.»
Il sorriso di Damon perse un po’ del suo smalto.
«Christopher.» assaggiò sulle labbra il suono di quel nome «È tuo figlio?»
Rimase quasi abbagliato dalla dolcezza che splendette in Elena. Da qualche parte, quella tenerezza lo colpì e lo commosse. Era terribilmente giusta sul suo viso.
«Sì. Chris è la cosa più bella che ho al mondo. È così bello, e… ti faccio vedere una foto.»
Si alzò e andò un attimo in corridoio. La vide tornare con una piccola cornice in mano, si sedette di nuovo e gliela porse.
«L’abbiamo scattata quest’anno.»
C’era Elena in quella foto, seduta in quel giardino di gardenie e peonie, con pantaloni vecchi ed una canottiera rossa, e un sorriso abbacinante che le illuminava persino gli occhi.
Abbracciava un bambino, di dieci, forse undici anni. Magro, con due cerotti che sbucavano sulle gambe lasciate scoperte dai jeans corti e i capelli talmente scuri da sembrare neri. Aveva gli occhi un po’ socchiusi per la troppa luce, ma si notava comunque il colore castano e vivace.
«Ti somiglia.» disse, guardando la foto ammaliato.
«Davvero? Mi dicono tutti che è la copia sputata di Nick.» s’imbronciò lei, non credendogli.
«No. Ha il tuo sorriso, il tuo viso.» alzò lo sguardo su di lei «La tua luce.»
Elena arrossì appena e si morse il labbro.
«Sai, anche a quel tempo, l’abbiamo sempre saputo quanto desiderassi essere madre, quanto saresti stata perfetta. Stefan diceva a volte di volerti lasciare perché tu fossi libera di avere una vita vera, una famiglia. Ma poi non riusciva mai a staccarsi da te.»
Glielo confidò guardandola ora negli occhi, ora riabbassando lo sguardo sulla foto.
«Siete belli. Mi ricorda mia madre e Stefan, in qualche modo.» confessò sovrappensiero.
Elena inclinò la testa di lato «Sì, gli somiglia di carattere.» gli disse serena.
«Dio ce ne scampi, povero marmocchio!» rise Damon senza lasciare la foto.
«Beh, posso solo sperare che da grande non si contenda le ragazze con il suo migliore amico.» lo punzecchiò scherzosamente.
Il vampiro incassò il colpo, fingendo che non gli avesse fatto male e continuò a sorridere.
«Te lo auguro proprio. Senza offesa, ma non vale la pena di perdere un’amicizia per una ragazza. Può avere effetti devastanti.» ammise.
«Ti è servito parecchio tempo per capirlo.»
Damon la guardò, contemplando quell’Elena cresciuta, donna, che per certi versi era infinitamente lontana da quella che aveva conosciuto vent’anni prima, mentre per altri erano ancora la stessa persona. Si rese conto finalmente di quanto fosse anche lui stesso cambiato.
«Già. Sarà meglio che vada ora, prima che ci perdiamo in vecchi ricordi e tu debba giustificare a tuo marito la presenza di un uomo tremendamente sexy in casa tua.» concluse alzandosi.
«Sciocco.» lo rimproverò lei incrociando le braccia.
«Solo per te.»
Aspettò che si alzasse per abbracciarla e stringerla, amando quel nuovo odore di fresco dei suoi capelli unito al sentore nostalgico della sua pelle. Lanciò uno sguardo alla foto prima di andarsene, ed esitò.
Elena lo anticipò prima ancora che potesse chiederle qualcosa.
«Prendila, se vuoi.»
Damon sbatté le palpebre, e si lasciò sfuggire un sorriso riconoscente.
«Grazie.»
Prese la fotografia tra le mani e passò il pollice lungo la cornice, perdendosi di nuovo a fissarla. Elena sentì il cuore stringersi nel vedere lo sguardo annebbiato e triste di Damon. Gli posò una mano sul braccio.
«Sono felice di averti rivisto. Torna quando vuoi.» gli sorrise speranzosa.
«Sì.» accettò lui, mentendo.
Elena finse di non aver smascherato la sua bugia, mentre lo accompagnava alla porta. Si disse che quella non era l’ultima volta che l’avrebbe visto, e quasi se ne convinse quando sorrise e lo salutò sventolando la mano, guardandolo andare via lungo la strada.










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Bwah, su questa shot dovrei mettere il genere "Fantascienza" perché un Damon e un'Elena così sereni non si vedranno neanche tra cent'anni, figurarsi tra un quindici-venti.
   
 
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