Il tempo non
passava più, sfogliavo una rivista mentre aspettavo che il
medico mi chiamasse
“Mamma, possiamo tornare un altro giorno? Ora sto meglio e
sinceramente mi
rompe restare chiusa qui invece di essere con le mie amiche”
– “No Isabella, le
tue amiche capiranno, mettiti l’anima in pace che da qui non
ci muoviamo”
sbuffai, figuriamoci se una come mia madre che si preoccupava per una
sbucciatura la ginocchio, mi avrebbe dato il permesso di andarmene
dallo studio
medico dopo i vari episodi che mi accaddero nei giorni precedenti.
Non stavo
molto bene, ero svenuta parecchie volte in quei giorni anche a lavoro,
durante
le vacanze estive, lavoravo nella libreria della cittadina in cui vivo,
in
periferia di Los Angeles, solo le colline mi separava dalla metropoli.
“Isabella
Sparks” finalmente arrivò il mio turno, entrai
nello studio di quel medico che
sapeva tutto di me, più di quanto sapessi io, ero sua
paziente dalla nascita
praticamente “Dunque, qual è il problema
Izzie?” sì, lui mi chiamava così,
Izzie era il diminutivo del mio nome e mi piaceva un sacco, tanto che
mi
presentavo così alle persone, solo mia madre si ostinava a
chiamarmi Isabella
con quel suo tono autoritario “Vede
dott…” – “Isabella sta male,
in questi
ultimi giorni è svenuta parecchie volte e ha delle strane
macchie sulla
schiena, come dei lividi” . Eccola! Ogni volta deve parlare
al posto mio,
odiavo mia madre sotto quel punto di vista, le lanciai
un’occhiataccia ma non
se ne curò molto “Dottore, ora sto meglio, mia
madre si preoccupa troppo” –
“Vediamo, fammi vedere la schiena” mi disse mentre
mi faceva cenno di seguirlo,
mi sollevai la maglietta “Fa male se premo qui?” mi
chiese mentre premeva sui
lividi “No” risposi “Rivestiti
pure” mi disse mentre tornava alla sua
scrivania. Si sedette e iniziò a scrivere sempre mantenendo
quella compostezza,
quel silenzio che iniziava ad innervosirmi “Mi devo
preoccupare?” chiesi
esitante “Non posso dire nulla, da una semplice occhiata non
si capisce, quindi
domani mattina farai queste analisi e nel pomeriggio tornerai con i
risultati,
così ci leviamo ogni pensiero” finì
spostando lo sguardo su mia madre che ormai
era al culmine della preoccupazione.
Tornammo a
casa, ormai era ora di cena, mio padre ci stava aspettando
“Papà!” gli corsi
incontro abbracciandolo, nonostante avessi diciannove anni amavo
abbracciare
mio padre ogni sera quando tornavo a casa, era il nostro modo per far
capire
che ci eravamo mancati “Allora, che ha detto il
medico?” feci per rispondere ma
mia madre non mi diede nemmeno il tempo di fiatare “Le ha
prescritto delle
analisi e ci ha chiesto di tornare da lui nel pomeriggio con i
risultati” –
“Vedrai che non è nulla” rispose mio
padre sorridendomi “Ma io non sono
preoccupata, dillo a lei piuttosto” dissi, riferendomi a mia
madre.
“Isabella,
sono le sette, muoviti o faremo tardi!” urlò mia
madre dal piano di sotto ‘che
palle’ pensai, non mi allietava l’idea di passare
una mattinata intera in
ospedale a farmi infilare aghi ma mia feci coraggio mi vestii e in men
che non
si dica ero già in macchina con mamma che non
proferì parola per tutto il
tragitto, era solita comportarsi così quando aveva paura,
non ci feci caso.
Finalmente arrivammo, quella mattina mi prelevarono litri di sangue ma
tutto
sommato finì tutto abbastanza in fretta, ci fecero aspettare
un po’ per i
risultati ma poi un’infermiera comparve chiamando
“Sparks”, ritirai le analisi
ed ero già in macchina di ritorno verso lo studio del mio
medico, quando
arrivammo ci fece accomodare subito, gli consegnai quella sfilza di
fogli e
cominciò a leggere, mi guardai un po’ in giro
finche la sua voce non richiamò
la mia attenzione “Dunque Izzie, voglio essere sincero con
te, non va bene, le
analisi evidenziano dei valori preoccupanti…”
Agitazione.
“…
So che
sei una ragazza forte quindi non ci girerò intorno
più di tanto …”
Paura.
“…
Hai la
leucemia, in uno stadio molto avanzato e ormai è troppo
tardi per intervenire.”
Sentii i
singhiozzi di mia madre, io restai impassibile “Quanto mi
resta?” chiesi, senza
dar peso al fatto che avevo appena chiesto quando sarei morta
praticamente “E’
difficile da stabilire ma facendo il quadro della situazione, dai due
ai
quattro mesi” rispose. Guardai mia madre, mi alzai e me ne
andai.