Aggiornamento veloce, questo solo
perché l’avevo scritto prima di scrivere il prologo… sono
notoriamente un tipo lento nell’aggiornare, non odiatemi vi prego!
Spero possa piacervi, e grazie mille
a tutti quelli che hanno letto il prologo!! J
Trentotto scalini
Capitolo Primo
La dittatura delle portinaie
Maka
scendeva le scale ogni giorno verso le undici e mezza per andare a recuperare
la posta nella buchetta. Il condominio dove abitava dava lavoro a due
portinaie, ma nonostante questo le lettere venivano sempre messe
nell’apposita casella e non consegnata porta a porta. Infondo era una
routine che non le spiaceva, anche perché durante le vacanze estive non
aveva molto da fare.
Certo,
Maka Albern non era tipo da
lasciarsi andare all’ozio, infatti aveva finito
tutti i compiti delle vacanze la prima settimana dopo la fine della scuola, e
il resto del tempo l’aveva impiegato a tenere in ordine la casa di cui
suo padre non si occupava che raramente e a leggere libri di varia origine.
Saggi di architettura, ricette di cucina, letteratura russa. Aveva provato
anche a imparare una nuova lingua come autodidatta, ma quella si era dimostrata
davvero un’impresa oltre la sua portata. Il giapponese era un idioma
piuttosto complesso.
Sta
di fatto che un’occupazione inutile come quella di andare a recuperare la
posta, soprattutto bollette e multe per eccesso di velocità, le
diversificava la giornata.
Più
passava il tempo più faceva caldo. Aveva ormai preso l’abitudine
di uscire a piedi nudi per le scale con quello che aveva addosso, che di solito
era un pigiama estivo, la tipica tenuta di chi vive rinchiuso in casa propria.
Quel
giorno si fermò a metà strada incrociando un paio d’occhi
cremisi che la guardavano da qualche gradino più in basso.
“Per
te” esclamò Soul allungandole un pezzo di cartoncino colorato,
tenendolo tra l’indice e il medio.
Maka
afferrò la cartolina con uno strattone.
“Non
dovresti mettere le mani nella mia posta!” sbottò. Soul
alzò le spalle “Ti ho risparmiato la fatica di usare le
chiavi”ribatté in tono piatto.
Soul
Eater viveva al quinto piano ed aveva l’aria di
chi non si fa sconvolgere da nulla.
Maka
gli sventolò le chiavi in questione davanti alla faccia come per dire chissà che fatica. Soul fece
finta di nulla e s’infilò le mani nelle tasche dei pantaloncini da
basket per poi chiedere “Allora, da dove ti scrive questa volta?”
Maka
studiò la cartolina che aveva in mano che fino ad
allora non aveva osservato perché troppo impegnata nel battibecco
con l’albino in tenuta da pallacanestro.
“Maldive”
rispose lei con un sorriso per poi girare la foto verso il suo interlocutore perché
anche lui potesse vedere la spiaggia candida che vi era raffigurata.
“Cos’è…
vuole farci invidia la tua vecchia?” domandò subito prima di
prendersi un pugno, deciso anche se non particolarmente potente, in pieno
petto.
“Attento
a come parli!” esclamò lei indispettita.
“Beh,
qui non abbiamo mica il mare delle Maldive!” ribatté lui convinto
“Piuttosto, ci vieni domani?” chiese
piegando la testa da una parte. Maka notò solo
in quel momento quanto fosse sudato. Nell’androne era caldo, ma fuori
doveva essere molto peggio, lo stato di Soul lo confermava.
“Ehm…”
tentennò. In realtà non ci aveva ancora pensato per davvero.
Aveva poca voglia di vedere suo padre fare il marpione con Lisa e Arisa, le due portinaie.
Il ragazzo alzò le spalle e salì un
gradino avvicinandosi di più a lei “L’amministratore ha
prenotato un pulmino, il suo assistente, quel tizio un po’ cadaverico si
porta anche la fidanzata e poi Tsubaki vuole anche
portarsi dietro il suo ragazzo.
Ci saranno anche i vecchi, ma almeno andremo in
spiaggia” spiegò. Soul era evidentemente una comare che amava
travestirsi da ragazzino musone, ma Maka non ci aveva fatto caso, era stata una cosa in
particolare ad attirare la sua attenzione “Hai detto il ragazzo di Tsubaki?” chiese avvicinando il viso a quello di Soul
con fare inquisitorio. Lui sorrise beffardo “Tu non hai ancora avuto il
piacere di conoscerlo, deduco…” ghignò.
“No”
ammise lei raddrizzando di nuovo la schiena per darsi un tono “ma Tsubaki me ne ha parlato molto. Sono un po’
preoccupata per lei in realtà. Pare che sia un teppista che si è
fatto sbattere fuori dalla palestra del signor Mifune.
Quello che abita al sesto piano e regala a tutti le caramelle”
“Sì,
lo so chi è” sbuffò Soul indispettito, non era necessario
che gli si descrivessero le abitudini di tutti i condomini ogni cinque minuti,
li conosceva senza bisogno d’aiuto.
Maka
stava giusto per chiedere se per caso questo Black*Star,
per il quale Tsubaki si era
presa una cotta, non fosse un acchiappa minorenni o qualche cosa del genere,
quando dal piano di sopra, sporgendosi per la tromba delle scale brandendo una
scopa, spuntò Arisa.
“Bella
giornata eh, ragazzi?” esclamò contenta.
Entrambi
alzarono la testa allarmati a guardarla. Farsi beccare da soli per le scale a
parlare da una delle due portinaie era decisamente di cattivo auspicio. Non
solo entro un’ora tutto il palazzo sarebbe stato a conoscenza delle loro
chiacchiere, ma l’avvenimento sarebbe stato arricchito da particolari
improbabili scaturiti dalla fantasiosa mente della narratrice. Fu così
che decretarono fosse meglio filarsela il prima
possibile.
“Ti
eserciti col piano oggi pomeriggio Soul?” chiese Arisa
mentre il ragazzo saliva l’ultima rampa di scale che l’avrebbe
portato al piano dove abitava. Maka rimase ferma con
la chiave nella toppa due piani più sotto aspettando la risposta. Da
lì non poteva né essere vista, né vedere cosa succedeva
poco più in alto, ma poteva sentire i loro discorsi.
“Sì,
se il signor Albarn non si mette a battere la scopa
sul soffitto come al solito” fu la risposta.
Maka
ridacchiò prima di aprire definitivamente la porta del suo appartamento.
Sapeva che quel commento finale era indirizzato a lei. Sapeva che lo stava
ascoltando. Era carino, ma allo stesso imbarazzante, essere così
prevedibile.
Tsubaki appoggiò i gomiti sulle ginocchia, e il viso sulle mani messe
a conca, determinata ad aspettare.
Maka
aveva deciso di venire al mare, lei era convinta che alla fine non ci sarebbe venuta e si sarebbe chiusa in casa a leggere
qualche cosa d’impegnato, ma quel pomeriggio, quando era scesa al terzo
piano per fare due chiacchiere, l’aveva trovata a lambiccare tra i
secchielli e le palette che usava quando era piccola e andava al mare con i
suoi genitori.
“Mi
ricordano un po’ la mamma” aveva detto prima di rimettersi a
cercare gli asciugamani da spiaggia.
“Vieni
anche tu?” aveva poi chiesto contenta. L’amica aveva annuito
“Sì, sono stufa di marcire in casa, è umido qui”
aveva sbottato un po’ brusca. Tsubaki era
sicura di non averla mai vista così, ma probabilmente quello era uno dei
suoi giorni no.
Per
qualche istante temette che fosse una sorta di risposta seccata nei suoi
confronti perché nell’ultimo periodo si faceva vedere poco da
quelle parti. Stava sempre con Black*Star e la
lasciava spesso da sola. Si coprì la faccia con le mani. Era
un’amica degenere davvero, tra le altre cose non glielo aveva ancora
presentato e Maka pensava che fosse un poco di buono.
Certo, era un ragazzo un po’ particolare ecco, ma di sicuro non era una
cattiva persona.
“Stai
bene?” chiede Maka interrompendo il flusso
caotico dei suoi pensieri.
Tsubaki annuì presa alla sprovvista “Sì, sì,
certo è tutto a posto!” rispose raddrizzando la schiena, mentre
l’altra metteva un piede su una sedia per arrivare agli scaffali
più alti dell’armadio. Non pareva affatto che se le prendesse con
lei per la sua solitudine. Tsubaki gliene fu grata.
La
seguì con lo sguardo mentre stendeva tutti i costumi da bagno che
possedeva sul letto, in modo da poter scegliere il migliore.
“Secondo te è meglio mettere il
costume intero o quello a due pezzi?
Se metto il bikini con le frappe magari non si nota che ho
poco seno” disse mogia.
L’amica
sbatté qualche volta le palpebre, non troppo sicura
di aver capito del tutto quello che Maka le stava
dicendo. Se c’era qualcuno che non badava troppo all’aspetto fisico
quella era di certo la sua migliore amica, eppure in quel momento si stava
davvero preoccupando del suo seno.
Tsubaki si allacciò, non vista, un bottone della camicetta che aveva
indosso, che teneva un po’ aperta per via del caldo. Se era colpa sua se Maka aveva dei complessi, allora avrebbe fatto del suo
meglio per non farle venire strani pensieri.
Ma
la ragazza sembrava proprio convinta di quello che diceva e non pareva degnarla
di uno sguardo, probabilmente non erano le virtù di Tsubaki
a farla vacillare. Ci pensò un po’ su appoggiando di nuovo il viso
sulla mano a conca per poi dire sovrappensiero “E’ per Soul?”
“No”
fu la risposta un po’ strascicata che lasciava intuire esattamente il
contrario. Tsubaki sospirò, alla fin fine
anche Maka era una ragazzina come le altre.
“Be,
lui ha detto che ci sarà anche Black*Star…
tu non sei un po’ imbarazzata all’idea che ti veda in costume da
bagno?” chiese a voce bassa come per non far pensare che lei lo fosse
invece per via della presenza del minore degli Evans. Tsubaki
alzò le spalle, avrebbe voluto dire che in realtà girare con Black*Star era un’esperienza talmente imbarazzante
che al costume non ci si pensava neanche lontanamente,
così finì per alzare le spalle incurante.
Maka
ci mise solo un secondo a piombarle davanti, saltando sul letto con un balzo
felino che fece spaventare a morte Tsubaki, la quale
si trovò il naso dell’amica a meno di un centimetro dal proprio.
“C’è
qualche cosa che è successo e che non mi hai raccontato?”
domandò con un volto scuro che avrebbe costretto chiunque ad ammettere
qualsiasi misfatto, anche non commesso.
Tsubaki deglutì
“Ehm… no… è che siamo andati in piscina”
spiegò temendo di poter commettere qualche altro passo falso “Non
è successo nulla d’altro. Lo giuro”
Maka si allontano contenta della
risposta “Ah, bene. Questo tipo lo devo proprio conoscere, perché fino ad adesso
le premesse non sono un granché” fece scendendo dal letto con un
altro balzo.
“Il
fatto che si sia fatto sbattere fuori dalla palestra del signor Mifune mi preoccupa un po’” spiegò.
Tsubaki alzò le spalle “E’ un tipo un po’
esuberante,ecco…” cercò di
scusarlo.
“Sarà…comunque
se l’hai scelto tu non deve di certo essere una cattiva persona”
aveva aggiunto con un sorriso.
Le
adesioni alla gita condominiale erano state stilate, il costume era stato
scelto, il Chupa Cabras era pronto per partire per la
spiaggia!