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Autore: aki_penn    16/07/2011    5 recensioni
Mentre il condominio Chupa Cabras si prepara ad affrontare l'estate più calda degli ultimi quindici anni, i suoi inquilini più giovani dovranno imparare a sopravvivere a loro stessi. Tra portinaie pettegole, padri apprensivi, furti di ventilatori e agognate quanto temute prime volte, l'estate di Soul Eater.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Death the Kid, Liz Thompson, Patty Thompson, Tsubaki | Coppie: Black*Star/Tsubaki, Soul/Maka
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Trentotto scalini'
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Aggiornamento veloce, questo solo perché l’avevo scritto prima di scrivere il prologo… sono notoriamente un tipo lento nell’aggiornare, non odiatemi vi prego!

Spero possa piacervi, e grazie mille a tutti quelli che hanno letto il prologo!! J

 

 

Trentotto scalini

Capitolo Primo

La dittatura delle portinaie

 

Maka scendeva le scale ogni giorno verso le undici e mezza per andare a recuperare la posta nella buchetta. Il condominio dove abitava dava lavoro a due portinaie, ma nonostante questo le lettere venivano sempre messe nell’apposita casella e non consegnata porta a porta. Infondo era una routine che non le spiaceva, anche perché durante le vacanze estive non aveva molto da fare.

Certo, Maka Albern non era tipo da lasciarsi andare all’ozio, infatti aveva finito tutti i compiti delle vacanze la prima settimana dopo la fine della scuola, e il resto del tempo l’aveva impiegato a tenere in ordine la casa di cui suo padre non si occupava che raramente e a leggere libri di varia origine. Saggi di architettura, ricette di cucina, letteratura russa. Aveva provato anche a imparare una nuova lingua come autodidatta, ma quella si era dimostrata davvero un’impresa oltre la sua portata. Il giapponese era un idioma piuttosto complesso.

Sta di fatto che un’occupazione inutile come quella di andare a recuperare la posta, soprattutto bollette e multe per eccesso di velocità, le diversificava la giornata.

Più passava il tempo più faceva caldo. Aveva ormai preso l’abitudine di uscire a piedi nudi per le scale con quello che aveva addosso, che di solito era un pigiama estivo, la tipica tenuta di chi vive rinchiuso in casa propria.

Quel giorno si fermò a metà strada incrociando un paio d’occhi cremisi che la guardavano da qualche gradino più in basso.

“Per te” esclamò Soul allungandole un pezzo di cartoncino colorato, tenendolo tra l’indice e il medio.

Maka afferrò la cartolina con uno strattone.

“Non dovresti mettere le mani nella mia posta!” sbottò. Soul alzò le spalle “Ti ho risparmiato la fatica di usare le chiavi”ribatté in tono piatto.

Soul Eater viveva al quinto piano ed aveva l’aria di chi non si fa sconvolgere da nulla.

Maka gli sventolò le chiavi in questione davanti alla faccia come per dire chissà che fatica. Soul fece finta di nulla e s’infilò le mani nelle tasche dei pantaloncini da basket per poi chiedere “Allora, da dove ti scrive questa volta?”

Maka studiò la cartolina che aveva in mano che fino ad allora non aveva osservato perché troppo impegnata nel battibecco con l’albino in tenuta da pallacanestro.

“Maldive” rispose lei con un sorriso per poi girare la foto verso il suo interlocutore perché anche lui potesse vedere la spiaggia candida che vi era raffigurata.

“Cos’è… vuole farci invidia la tua vecchia?” domandò subito prima di prendersi un pugno, deciso anche se non particolarmente potente, in pieno petto.

“Attento a come parli!” esclamò lei indispettita.

“Beh, qui non abbiamo mica il mare delle Maldive!” ribatté lui convinto “Piuttosto, ci vieni domani?” chiese piegando la testa da una parte. Maka notò solo in quel momento quanto fosse sudato. Nell’androne era caldo, ma fuori doveva essere molto peggio, lo stato di Soul lo confermava.

“Ehm…” tentennò. In realtà non ci aveva ancora pensato per davvero. Aveva poca voglia di vedere suo padre fare il marpione con Lisa e Arisa, le due portinaie.

Il ragazzo alzò le spalle e salì un gradino avvicinandosi di più a lei “L’amministratore ha prenotato un pulmino, il suo assistente, quel tizio un po’ cadaverico si porta anche la fidanzata e poi Tsubaki vuole anche portarsi dietro il suo ragazzo. Ci saranno anche i vecchi, ma almeno andremo in spiaggia” spiegò. Soul era evidentemente una comare che amava travestirsi da ragazzino musone, ma Maka non ci aveva fatto caso, era stata una cosa in particolare ad attirare la sua attenzione “Hai detto il ragazzo di Tsubaki?” chiese avvicinando il viso a quello di Soul con fare inquisitorio. Lui sorrise beffardo “Tu non hai ancora avuto il piacere di conoscerlo, deduco…” ghignò.

“No” ammise lei raddrizzando di nuovo la schiena per darsi un tono “ma Tsubaki me ne ha parlato molto. Sono un po’ preoccupata per lei in realtà. Pare che sia un teppista che si è fatto sbattere fuori dalla palestra del signor Mifune. Quello che abita al sesto piano e regala a tutti le caramelle

“Sì, lo so chi è” sbuffò Soul indispettito, non era necessario che gli si descrivessero le abitudini di tutti i condomini ogni cinque minuti, li conosceva senza bisogno d’aiuto.

Maka stava giusto per chiedere se per caso questo Black*Star, per il quale Tsubaki si era presa una cotta, non fosse un acchiappa minorenni o qualche cosa del genere, quando dal piano di sopra, sporgendosi per la tromba delle scale brandendo una scopa, spuntò Arisa.

“Bella giornata eh, ragazzi?” esclamò contenta.

Entrambi alzarono la testa allarmati a guardarla. Farsi beccare da soli per le scale a parlare da una delle due portinaie era decisamente di cattivo auspicio. Non solo entro un’ora tutto il palazzo sarebbe stato a conoscenza delle loro chiacchiere, ma l’avvenimento sarebbe stato arricchito da particolari improbabili scaturiti dalla fantasiosa mente della narratrice. Fu così che decretarono fosse meglio filarsela il prima possibile.

“Ti eserciti col piano oggi pomeriggio Soul?” chiese Arisa mentre il ragazzo saliva l’ultima rampa di scale che l’avrebbe portato al piano dove abitava. Maka rimase ferma con la chiave nella toppa due piani più sotto aspettando la risposta. Da lì non poteva né essere vista, né vedere cosa succedeva poco più in alto, ma poteva sentire i loro discorsi.

“Sì, se il signor Albarn non si mette a battere la scopa sul soffitto come al solito” fu la risposta.

Maka ridacchiò prima di aprire definitivamente la porta del suo appartamento. Sapeva che quel commento finale era indirizzato a lei. Sapeva che lo stava ascoltando. Era carino, ma allo stesso imbarazzante, essere così prevedibile.

 

Tsubaki appoggiò i gomiti sulle ginocchia, e il viso sulle mani messe a conca, determinata ad aspettare.

Maka aveva deciso di venire al mare, lei era convinta che alla fine non ci sarebbe venuta e si sarebbe chiusa in casa a leggere qualche cosa d’impegnato, ma quel pomeriggio, quando era scesa al terzo piano per fare due chiacchiere, l’aveva trovata a lambiccare tra i secchielli e le palette che usava quando era piccola e andava al mare con i suoi genitori.

“Mi ricordano un po’ la mamma” aveva detto prima di rimettersi a cercare gli asciugamani da spiaggia.

“Vieni anche tu?” aveva poi chiesto contenta. L’amica aveva annuito “Sì, sono stufa di marcire in casa, è umido qui” aveva sbottato un po’ brusca. Tsubaki era sicura di non averla mai vista così, ma probabilmente quello era uno dei suoi giorni no.

Per qualche istante temette che fosse una sorta di risposta seccata nei suoi confronti perché nell’ultimo periodo si faceva vedere poco da quelle parti. Stava sempre con Black*Star e la lasciava spesso da sola. Si coprì la faccia con le mani. Era un’amica degenere davvero, tra le altre cose non glielo aveva ancora presentato e Maka pensava che fosse un poco di buono. Certo, era un ragazzo un po’ particolare ecco, ma di sicuro non era una cattiva persona.

“Stai bene?” chiede Maka interrompendo il flusso caotico dei suoi pensieri.

Tsubaki annuì presa alla sprovvista “Sì, sì, certo è tutto a posto!” rispose raddrizzando la schiena, mentre l’altra metteva un piede su una sedia per arrivare agli scaffali più alti dell’armadio. Non pareva affatto che se le prendesse con lei per la sua solitudine. Tsubaki gliene fu grata.

La seguì con lo sguardo mentre stendeva tutti i costumi da bagno che possedeva sul letto, in modo da poter scegliere il migliore.

“Secondo te è meglio mettere il costume intero o quello a due pezzi? Se metto il bikini con le frappe magari non si nota che ho poco seno” disse mogia.

L’amica sbatté qualche volta le palpebre, non troppo sicura di aver capito del tutto quello che Maka le stava dicendo. Se c’era qualcuno che non badava troppo all’aspetto fisico quella era di certo la sua migliore amica, eppure in quel momento si stava davvero preoccupando del suo seno.

Tsubaki si allacciò, non vista, un bottone della camicetta che aveva indosso, che teneva un po’ aperta per via del caldo. Se era colpa sua se Maka aveva dei complessi, allora avrebbe fatto del suo meglio per non farle venire strani pensieri.

Ma la ragazza sembrava proprio convinta di quello che diceva e non pareva degnarla di uno sguardo, probabilmente non erano le virtù di Tsubaki a farla vacillare. Ci pensò un po’ su appoggiando di nuovo il viso sulla mano a conca per poi dire sovrappensiero “E’ per Soul?”

“No” fu la risposta un po’ strascicata che lasciava intuire esattamente il contrario. Tsubaki sospirò, alla fin fine anche Maka era una ragazzina come le altre.

“Be, lui ha detto che ci sarà anche Black*Star… tu non sei un po’ imbarazzata all’idea che ti veda in costume da bagno?” chiese a voce bassa come per non far pensare che lei lo fosse invece per via della presenza del minore degli Evans. Tsubaki alzò le spalle, avrebbe voluto dire che in realtà girare con Black*Star era un’esperienza talmente imbarazzante che al costume non ci si pensava neanche lontanamente, così finì per alzare le spalle incurante.

Maka ci mise solo un secondo a piombarle davanti, saltando sul letto con un balzo felino che fece spaventare a morte Tsubaki, la quale si trovò il naso dell’amica a meno di un centimetro dal proprio.

“C’è qualche cosa che è successo e che non mi hai raccontato?” domandò con un volto scuro che avrebbe costretto chiunque ad ammettere qualsiasi misfatto, anche non commesso.

Tsubaki deglutì “Ehm… no… è che siamo andati in piscina” spiegò temendo di poter commettere qualche altro passo falso “Non è successo nulla d’altro. Lo giuro”

Maka si allontano contenta della risposta “Ah, bene. Questo tipo lo devo proprio conoscere, perché fino ad adesso le premesse non sono un granché” fece scendendo dal letto con un altro balzo.

“Il fatto che si sia fatto sbattere fuori dalla palestra del signor Mifune mi preoccupa un po’” spiegò.

Tsubaki alzò le spalle “E’ un tipo un po’ esuberante,ecco…” cercò di scusarlo.

“Sarà…comunque se l’hai scelto tu non deve di certo essere una cattiva persona” aveva aggiunto con un sorriso.

Le adesioni alla gita condominiale erano state stilate, il costume era stato scelto, il Chupa Cabras era pronto per partire per la spiaggia!

 

   
 
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