XIII Capitolo
“Cos’è questa
novità?” chiesi spiegazioni ma lui non mi degnò di risposta e avvicinatosi
all’orecchio di Sophie sussurrò
“Lo perdoni
signorina. A quanto pare non ha ancora imparato le buone maniere a tavola“
“Sei rimasto lo
stesso pecorone bifolco di una volta!” continuò poi rivolto a me, con tono
disgustato “Ma a voi ricconi non insegnano le buone maniere a tavola,
soprattutto in compagnie di belle ragazze?” e strizzò l’occhio a Sophie che
sorrise imbarazzata
“George smettila di
fare l’idiota e portaci da mangiare!” ringhiai in risposta
“Gerard!” mi riprese
Sophie con sguardo severo
“Oh, non si
preoccupi signorin …”
“Sophie” disse lei
sorridendo “il mio nome è Sophie”
Lui sorrise talmente
tanto che credevo che la faccia gli sarebbe caduta da un momento all’altro. Il
suo sorriso partiva da un orecchio e arrivava all’altro. Sembrava Joker, il
nemico di Batman.
Ci
stava provando, il bastardo! E spudoratamente anche …
“Sophie è un nome bellissimo e mi permetta … le sta d’incanto!”
“George” ringhiai
ancora
“Cosa vi porto
signori?” cambiò discorso.
“Portaci del salmone
al cartoccio con contorno di patate al forno” dichiarai deciso a liquidarlo
“Per me no, per
favore” s’intromise Sophie
“Perchè?” domandai
“Lascia che Sophie
scelga da sola Gerard. Non fare il prepotente come al solito!” si intromise George
maligno
Lo guardai con sguardo omicida, ma naturalmente
lui non vi badò.
“Non mi piace il
salmone. Mi può portare delle verdure alla griglia e lo stesso contorno, per favore?”
chiese educatamente
“Tutto quello che vuoi” rispose
scarabocchiando qualcosa sul suo taccuino e dopo un altro sorriso si dileguò in
cucina.
“Non sapevo che non
ti piacesse il salmone” mi scusai
“Non importa. In
realtà non mangio nessun tipo di pesce o crostaceo, nemmeno il tonno in
scatola”
“Davvero? Che strano
… sei allergica?”
“No, nessuna
allergia. E’ solo che non mi piace”
George ci portò
dell’acqua e del vino bianco in una brocca.
“Grazie” ringraziò
Soph
“Se desideri
qualcos’altro dimmi pure. Sono a tua disposizione” continuò con la faccia da
pesce lesso
“Tranquilli, fate
come se io non ci fossi” esclamai tra i denti
“Oh, Gerard non fare
il geloso!” ghignò George
“Sparisci, George”
sibilai tra i denti e lui obbedì, ancora ghignando
“Ti comporti sempre
così?” mi domandò Sophie arrabbiata
“Lo sta facendo
apposta. Mi provoca di proposito!”
“Cos’è che t’infastidisce?
Che sia cortese?“ domandò ancora
“Non è affatto
cortese … è un farabutto. E fa finta di essere gentile solo perché ci sei tu!”
Avrei dovuto fare
quattro chiacchiere con quell’idiota di George prima di andare via.
“Non dire
sciocchezze. Perché dovrebbe farlo solo con me?”
Che
ingenua!
“Perché sei molto
bella, Sophie! E tu lo stai incoraggiando con tutti quei sorrisini ” ringhiai
guardandola negli occhi
“Non lo sto affatto
incoraggiando!” ribatté lei infervorandosi “E poi io sorrido e rido molto. Mi viene naturale
e assolutamente spontaneo”
“Lo so, lo so”
borbottai distogliendo lo sguardo
“Non capisco perché
ti comporti così. Sembri … sembri quasi geloso”
Ero
geloso? Beh … forse un pochino.
Fortunatamente
arrivò George, con i nostri piatti proprio in quel momento, risparmiandomi la
fatica di indugiare in quei pensieri.
“Ecco a voi! Spero
sia di vostro gradimento” annunciò posando sul tavolo i piatti
Lo ringraziammo
entrambi. Lui sorrise e tornò in cucina.
“Buon appetito” esclamò
Sophie di punto in bianco
“Come? Cosa hai
detto?”
“Scusa, è
l’abitudine. Ti ho augurato buon appetito ma l’ho fatto in italiano” sorrise
“Ha un bel suono la
vostra lingua, mi piace” annunciai, felice di poter cambiare discorso
“Grazie. In realtà è
una lingua piuttosto complicata, soprattutto a livello grammaticale. E’ molto
diversa dall’inglese”
“Parlami ancora in
italiano. Mi piacerebbe imparare qualche parola. Però qualcosa di semplice, mi
raccomando”
“Beh, parole
semplici … fammi pensare”
E cominciò a dire
qualche termine che io ripetevo subito dopo. Ad ogni nuova parola mi spiegava
il significato e mi correggeva se sbagliavo a pronunciarle.
A fine pranzo sapevo
già qualche parole di italiano e tutti i numeri da 1 a 10. Mi disse di
continuare a ripeterle di tanto in tanto per non dimenticarle.
“Sei bravo” annunciò
solare
“Facciamo così… Io
ti aiuto con l’inglese e tu m’insegni un po’ di italiano. Ci stai?” le proposi
nella speranza di farle abbassare i muri difensivi che aveva costruito
“Beh, si può fare.”
Ci alzammo dopo qualche
minuto. Pagai George e lo ringraziai.
“Ciao George. Ci vediamo” lo abbracciai salutandolo.
“Alla prossima! Se
sento gli altri ti chiamo così organizziamo un’uscita tutti insieme. E porta
anche questa bella bambolina la prossima volta … magari avrà voglia di uscire
con un gentiluomo invece che con un bifolco”
“Piacere di averti
conosciuto Sophie” la salutò George
“Piacere mio George”
rispose lei tendendo la mano per stringergliela
Lui non solo gliela
strinse ma la salutò baciandola sulla guancia e facendola arrossire.
Indispettito da quel
comportamento un po’ troppo libertino, la presi per un braccio e la avvicinai a
me, poi guardai George con un sopracciglio alzato.
Lui lo notò e
ridendo si congedò. Uscimmo insieme e ci immettemmo subito sulla strada
principale.
“Che simpatico, il
tuo amico George” annunciò Sophie dopo pochi passi
“Già. Un vero
spasso” bofonchiai seccato
“Come vi siete
conosciuti?” domandò curiosa
“Eravamo compagni a
scuola. Ci conosciamo fin da piccoli”
“Quindi ha la tua
età … è un bel ragazzo”
“Ti piace George?”
avevo alzato la voce senza nemmeno accorgermene
“Ed ora perché stai urlando?”
Ops, forse avevo esagerato un
tantino.
“Quindi ti piace
George?” domandai nuovamente con voce più bassa
“Beh, non direi che
mi piace. Ma ammetterai anche tu che è un bel ragazzo”
Ero seccato e non
volevo continuare a parlare di George.
“Non saprei. Non mi
sono mai interessati i bei ragazzi. Preferisco le belle ragazze”
Scoppiò a ridere di
gusto.
Il suono della sua voce e della
sua risata. Erano unici.
“Ti va di continuare
a passeggiare?”
“Con te?” domandò
allarmata
“Si, certo con me.
Con chi credevi?”
“Beh, magari
potevamo chiedere a George di farci compagnia …”
“Sophie” la ammonì
subito serio.
Lei scoppiò di nuovo
a ridere.
“Stavo solo
scherzando, Hollywood. Stai calmo” fece lei “Cavoli dai davvero l’impressione
di essere geloso. Comunque si, certo che mi andrebbe di passeggiare ... anche se
devo farlo con te” mi guardò con una luce scherzosa negli occhi
Sorrisi e le strinsi
la mano.
Passeggiammo per
tutto il pomeriggio, parlando soprattutto di lei. Ci misi un bel po’ prima di
indurla ad aprirsi un pochino perché notai da subito quanto fosse timida e riservata.
Ero curioso di sapere com’era, quali erano i suoi interessi, cosa le piacesse e
cosa no, quali fossero le sue aspirazioni. Parlammo e scherzammo per diverse
ore, prima di essere interrotti dal rumore di un tuono potente. Un temporale era
in arrivo; saremmo dovuti tornare a casa in fretta prima che iniziasse a
piovere.
“Oh, guarda. Sta
cominciando a piovere”
“Già. Dobbiamo
tornare a casa prima che peggiori” ammisi imbronciato.
Affrettammo il passo
in direzione casa.
Quando arrivammo al
cancello della tenuta eravamo comunque entrambi fradici dalla testa ai piedi.
Sophie sorrideva allegra mentre io ero abbacchiato e speravo non ci saremmo
ammalati. Entrando in casa, si tolse subito le scarpe ed io feci lo stesso
lasciandole in corridoio.
“Ho bisogno di fare
una doccia” annunciò sempre sorridendo
“Già, anche io ma
perché sorridi?”
“Per la pioggia. Mi
piace molto”
“A me no invece. E’
triste! ” ammisi seccato
“Io l’adoro! Il tintinnio
che produce quando cade, il profumo che rilascia sulle foglie, sull’erba, nel
terreno e nell’aria stessa che si respira, le sensazioni che suscita quando la
guardi cadere … è tutto così rilassante”
Rilassante?
Forse la mia
espressione rifletteva i miei pensieri perché lei se ne accorse e mi sorrise
indulgente.
“Ora ti mostro una
cosa. Chiudi gli occhi e rilassati”
Eravamo in salotto,
mi prese per mano fino a portarmi davanti alla finestra.
“Non sbirciare, mi
raccomando. Fai un respiro profondo, svuota la mente e cerca di non pensare” m’istruì
per poi aprire una finestra
“Fai qualche respiro
a bocca chiusa. Inspira ed espira col naso più volte e dimmi cosa senti” aggiunse
continuando pacatamente “Non usare il cervello. Concentrati solo sui tuoi
sensi. Cosa senti?” chiese con voce bassa vicino al mio orecchio.
Cosa
sento?
Sento
che mi piacerebbe stringerti tra le braccia e sdraiarmi con te per sentire il
suono del tuo cuore vicino l’orecchio.
Sento
che mi piacerebbe accarezzare i tuoi capelli e sentirne la consistenza. Avvicinarne
una ciocca al naso e scoprirne il profumo.
“Sento lo scrosciare
della pioggia, il suo picchiettare sul tetto e odore di erba bagnata”
“Bene, ma non ti
stai concentrando. Cosa provi?”
“In questo momento?
Ho freddo ma sono rilassato e mi sembra di avere la testa leggera …
probabilmente ho la febbre” conclusi aprendo gli occhi
Scuoteva la testa ma
sorrideva
“Non credo tu ti sia
concentrato a sufficienza mio caro Sig. Butler. Comunque non importa. Forse
sono solo io la strana a cui piace la pioggia, ovunque si trovi”
“Perché ti piace
così tanto?” la domanda mi sfuggì dalle labbra
“Non so dirlo con
certezza. Mi piace da sempre, fin da quando ero piccola. Mio fratello mi prende
sempre in giro, mi chiama la signora della pioggia, e ogni volta che piove mi
racconta sempre la stessa storia, arricchendola ogni volta di nuovi particolari”
S’interruppe improvvisamente
percependo di essersi lasciata andare a troppe confidenze. Mi sorrise e riprese
il discorso di prima
“La pioggia mi piace
perché mi rimette in contatto con la natura, mi rimette in pace con me stessa!
Mi piace moltissimo guardarla scendere, alla finestra o magari a letto sotto le
coperte. Mi rilassa e poi il suono ritmico di quando cade concilia il sonno” concluse
con un sorriso
“Già, ora però
dovremmo andare a cambiarci prima di ammalarci sul serio”
Entrando in camera e
chiusa la porta, mi spogliai veloce lasciando gli abiti sul pavimento e mi
fiondai in bagno per una doccia calda. Sotto il getto bollente mi rilassai
completamente, mi stiracchiai e mi lavai con cura. Uscì subito dopo aver finito
e con un accappatoio intorno ai fianchi rientrai in camera. Mi misi un paio di
boxer blu e mi sdraiai sul letto. Chiusi gli occhi.
Ora
mi rilasso qualche minuto e poi scendo per la cena…