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Autore: Spinda    18/07/2011    0 recensioni
Questa storia è ambientata nel mondo di Sonic the Hedgehog (anche se questo non comparirà mai dato che ci sono quasi esclusivamente personaggi originali). Narra l'avventura di Erskine Der Stahl, il fratello gemello di Spinda, che parte per un viaggio di studio assieme ad un gruppo di geologi per studiare i Chaos Emerald. Sa che si tratterà di un duro lavoro, ma ancora non sa che cosa lo aspetta...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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« E così… stai per partire. »
Una giovane echidna pronunciò questa frase con fatica, come se avesse dovuto mandare giù un boccone amaro e doloroso. Almeno quanto il suo stato d’animo. Non aveva preso per niente bene il fatto di avere saputo la notizia dal fratello solamente alcuni giorni prima. Se ne fosse venuta a conoscenza per tempo avrebbe potuto prepararsi psicologicamente all’ormai imminente partenza, ma sapeva che a quel punto era quasi inutile arrabbiarsi con lui. Sotto quel punto di vista si assomigliavano molto, probabilmente perché erano gemelli: entrambi avevano la brutta abitudine di nascondere tutte le faccende importanti che li riguardavano, con l’unica differenza che lui era molto bravo a celare le emozioni che provava e quindi difficile da smascherare. La ragazza cercò di abbozzare un sorriso, ma tutto ciò che le riuscì fu una piccola smorfia ad un angolo della bocca. Alzò lo sguardo verso il gemello, in attesa di una risposta.
« Domani. » fu tutto quello che riuscì a dirle. Si vergognava come un cane di non averle raccontato nulla, di come si era iscritto al concorso della scuola. Di come era stato in grado di superarlo in maniera brillante. Di come aveva ottenuto il diritto di partecipare ad un viaggio di studio importante. E di come aveva nascosto tutto questo.
Aveva preferito non dire niente, di fare una sorpresa ai suoi genitori ed alla sorella, ma ci era riuscito solamente in modo negativo: l’avevano infatti rimproverato più e più volte, aveva dovuto insistere parecchie volte e spiegare quanto fosse importante per lui prima di ottenere il permesso di partire. Era visibilmente nervoso. Gli passarono per la mente i sensi di colpa e il pensiero di lasciar perdere il viaggio per poi svanire, rapidi come erano arrivati. Fece per dire qualcosa, ma non gli vennero le parole giuste da pronunciare. E aveva fatto tutto questo solo per studiare una manciata di pietre colorate. Piuttosto di dire qualcosa di stupido, scelse di rimanere in silenzio.
« Sono un po’triste per questo… » aggiunse la sorella con la voce leggermente tremante, sgranchendosi le braccia. Stava facendo finta di apparire forte, ed il fratello lo sapeva benissimo. Era come un libro aperto per lui. Gli stava mentendo, stava nascondendo i suoi sentimenti. Avrebbe voluto urlargli in faccia dalla rabbia, sfogarsi, però si trattenne: non era il momento adatto, e non voleva sprecare quell’ultima serata assieme a lui tra bisticci e discussioni inutili. Voleva fare tesoro di quel poco tempo che restava loro.
Si creò un’atmosfera carica di tensione, l’aria diventò così pesante e densa da poter essere tagliata con la lama di un coltello. I due rimasero a lungo in silenzio, finché il gemello non decise di rompere il ghiaccio.
« Non è da te parlare in questo modo, sorellina! » scherzò, incrociando le mani dietro la nuca e poggiando la schiena su una colonna. Con questa affermazione non intendeva dire che alla sorella non importasse nulla di lui, al contrario, però si mise a stuzzicarla per ravvivare l’atmosfera. Come previsto, la gemella lo squadrò da capo a piedi con espressione di sfida. Gli si avvicinò e cominciò a prenderlo a pugni dicendo « Eddai, che cafone che sei! »
« Ouch! Aspetta, stavo solo scherzando! Calmati, ti prego! »
La ragazza smise allora di picchiarlo, senza abbassare la guardia. Si guardarono per un attimo negli occhi e scoppiarono entrambi in una fragorosa risata, quasi per empatia. Era da tempo che non ridevano così di gusto assieme, molto probabilmente dai tempi in cui aveva aiutato la sorella a chiudere con il gruppo di teppisti di cui faceva parte. Per loro era una sensazione liberatoria, uno sfogo. Si asciugarono le lacrime causate dal riso e si misero ad ammirare il panorama.
Si stava ormai avvicinando la sera, ed il cielo scarlatto si confondeva all’orizzonte con la sagoma dell’immenso canyon. Cominciavano a spuntare qua e là stelle lucenti e, mentre il sole tramontava, la luna cominciò ad illuminare fiocamente il paesaggio. Era per loro uno spettacolo di luci e colori vedere il paese di Amabane Town all’imbrunire, specialmente trovandosi ad ammirarlo da uno degli edifici più alti. Piccole sfere di luce comparvero sulle lunghe cordicelle che collegavano un palazzo all’altro, dando l’impressione che la piccola cittadina fosse rivestita di un manto di pietre preziose e scintillanti. Spirò una piacevole brezza dalla gola del canyon, che donò frescura alle due giovani echidne e portò con sé alcuni petali di fiori silvestri: la primavera era ormai giunta alle porte.
Fu la sorella a spezzare il silenzio che si era generato. Si mise a sedere con le gambe che penzolavano dal tetto, scostò la fronda di una pianta che era finita tra i suoi capelli e chiamò il fratello con un tono di voce piuttosto esitante ed insicuro « …Erskine? »
Il fratello si girò verso di lei e la guardò dritto negli occhi: lo chiamava con il suo nome per intero solo quando si trattava di discutere su un argomento importante o delicato. Le si avvicinò per mostrarle che aveva tutta la sua attenzione. « Dimmi pure, ti ascolto » la incoraggiò.
« Mi prometti una cosa? »
« E cioè? »
Erskine non fece in tempo ad aggiungere altro, che la sorella gli diede un fortissimo abbraccio. Lo colse di sorpresa, tanto che non riuscì a reagire in alcun modo. « Che io e te saremo sempre uniti come adesso! » spiegò lei, senza allentare la presa.
L’affetto che la sorella provava nei suoi confronti lo colpiva sempre. Certo, il più delle volte gli era capitato di rimetterci qualche costola a causa delle sue manifestazioni di amore fraterno, però sapeva che gli voleva un mondo di bene e che sarebbe sempre stata pronta ad aiutarlo. E per il fratello valeva la stessa, identica cosa.
« Tranquilla, Spinda. » le disse, accarezzandole dolcemente i capelli « Te lo prometto. »
« Ricordati che l’hai promesso ora, eh… »
« Non ti preoccupare, mica me ne scordo! »
« E sarà meglio per te fratellone, altrimenti te lo farò ricordare a suon di pugni! »
« Urgh! Non sarà necessario, credimi… »
Spinda si staccò da Erskine e diede un’ultima, rapida occhiata al panorama. Si sgranchì ancora una volta le braccia, cominciò a calarsi dall’edificio tramite una scala antincendio ed aggiunse « Lo so, stavo solo scherzando! Comunque, credo che adesso sia meglio tornare a casa. Sarà meglio non fare tardi, altrimenti la mamma si arrabbierà! È quasi ora di cena, ormai! »
« Che cosa?! » esclamò il gemello seguendola velocemente, come se si fosse appena accorto che il sole era quasi tramontato « È già così tardi? Effettivamente il mio stomaco brontola da un po’… Non vedo l’ora di mandare giù qualcosa di buono! »
« La mamma avrà sicuramente dato il meglio di sé ai fornelli in vista di domani, ma ti conviene comunque tenerti abbastanza leggero! Non vorrai mica partire all’avventura con un epico mal di pancia da indigestione, vero? »
Il fratello sorrise debolmente alla battuta. Gli sembrava ancora strano che la sua partenza fosse solo il giorno dopo. Guardò per un ultima volta il suo paese per imprimerne l’immagine nei suoi ricordi: dopo quanto tempo vi avrebbe fatto ritorno? Qualche settimana, mesi forse?
Scacciò dalla mente quei pensieri interrogativi e scivolò giù per la scala.
 
Il rombo di un motore destò il giovane ragazzo.
Non era affatto il genere di risveglio che sperava di conseguire quella mattina. Aveva passato una notte insonne a causa dell’irrequietezza, e a peggiorare il tutto si era messa la cena pesante della sera precedente: i manicaretti che aveva preparato la madre erano veramente invitanti, e lui non aveva saputo resistere alla tentazione di prendersi una doppia porzione di tutto quanto. Forse Spinda aveva ragione quando mi ha detto di non esagerare… pensò, massaggiandosi lo stomaco dolente. Annaspando sotto le coperte, cercò a tastoni la sveglia sul comodino accanto e controllò l’ora: il led verde brillante che segnava le cinque meno un quarto lo accecò per un breve attimo. Erskine fece una smorfia. Avrebbe dovuto svegliarsi almeno un paio di ore più tardi, dopotutto sarebbero passati a prenderlo solamente verso le nove…
A quel punto sarebbe stato inutile girarsi dall’altra parte del letto, chiudere gli occhi e cercare di recuperare quel poco di sonno che rimaneva. Non era più in grado di riaddormentarsi. Si mise allora seduto sul bordo del letto, con le coperte che lo avvolgevano a mo’di mantello. Sbadigliò rumorosamente, si strofinò più volte gli occhi e si guardò attorno per decidere sul da farsi. Sembrava quasi che non scorresse il tempo nella sua stanza, illuminata dalla fioca luce che penetrava attraverso le tapparelle.
Il suo sguardo si posò su alcune foto attaccate ad una parete: erano state scattate l’estate precedente da Spinda, durante le vacanze. In quel periodo erano stati costretti a rimanere ad Amabane Town perché i nonni si erano ammalati e nessuno perciò poteva badare alla casa. I due gemelli fecero allora il possibile per organizzarsi e trascorrere il tempo divertendosi assieme, dal momento che non era rimasto in paese quasi nessuno dei loro amici. Ad attirare la sua attenzione particolarmente fu una foto che ritraeva lui e Spinda insieme, nel giardino di casa: erano molto felici, lo si poteva vedere dai loro sorrisi smaglianti. Sbadigliò di nuovo, la staccò dalla parete e rimase ad osservarla per un po’. Soffocò una piccola risata e la appoggiò sulla scrivania. Più tardi l’avrebbe messa tra i suoi bagagli…
A quel pensiero Erskine si svegliò definitivamente e sudore freddo iniziò a scorrergli lungo la schiena. Si diede un paio di ceffoni e mise la testa fra le mani. La valigia, dannazione! Non l’ho ancora preparata! Oh, cavoli… si rimproverò. Prestando attenzione a non fare troppo rumore, corse giù per le scale e cercò nel ripostiglio una valigia che facesse al caso suo. Ne trovò una abbastanza capiente, leggermente consunta, e la trascinò nella sua stanza. Spalancò la finestra e tirò su le tapparelle per far entrare luce ed aria fresca. Aprì quindi l’armadio e i cassetti e cominciò a gettare sul letto alla rinfusa tutte le cose che avrebbero potuto servirgli durante il viaggio. Si girò dopo poco per ritrovarsi alle spalle un cumulo di vestiti e vari oggetti, che lo travolse come una valanga ad alta velocità. Riuscì a sbucare fuori da alcune magliette e fu preso dallo sconforto. « Non ce la farò mai… » disse sconsolato, alzando le mani al cielo « Chaos, perché mi hai abbandonato?! Ti prego, dammi la forza di sistemare i miei bagagli in tempo record prima che arrivino i ricercatori e si sveglino i miei! »
In risposta alle sue preghiere, la porta della sua camera si aprì ed Erskine si ritrovò la sorella visibilmente assonnata sulla soglia. « Ma che è tutto questo trambusto, fratellone? » borbottò, appoggiandosi allo stipite della porta e lasciandosi scappare un sonoro sbadiglio. Entrò nella stanza e, non appena notò il fratello sotto quella montagna di cose, esclamò « Che hai combinato?! È un completo macello! »
« Ehm… Sai com’è… Ieri non avevo ancora preparato la mia valigia e poco fa ho iniziato a cercare tutte le cose che mi sarebbero servite… Però forse ne ho tirate fuori troppe! » si giustificò imbarazzato.
« Un tornado in un parcheggio di roulotte avrebbe fatto molta meno confusione, sai » rispose Spinda tirandolo fuori « Perché non mi hai svegliata? Ti avrei dato volentieri una mano. Beh, ora sono qui e ti aiuto comunque! »
I due cominciarono a mettere tutto in ordine nella stanza e a sistemare la valigia, cercando di essere silenziosi il più possibile: se si fossero svegliati i loro genitori e avessero visto tutta quella confusione nella stanza di Erskine, sarebbero stati sicuramente sgridati. Finché il gemello era intento a scegliere cosa portare con sé per il viaggio, Spinda sgattaiolò furtivamente fuori dalla camera ed entrò nella sua. Aprì il suo armadio e vi tirò fuori un piccolo pacchetto regalo. Controllò che fosse perfettamente integro e sorrise. Chissà se gli piacerà! si chiese la sorella, tornando dal fratello. Senza farsi notare, nascose sotto alcuni pantaloni del fratello il cofanetto e si mise nuovamente ad aiutarlo.
Quando furono a buon punto con la valigia, Spinda disse « Inizio ad avere un po’di fame… Quasi quasi scendo in cucina e mi preparo qualcosa. E tu, Erk? Che cosa vorresti per colazione? »
Si trattava in realtà di una scusa per allontanarsi e dargli il tempo di accorgersi del regalino che aveva nascosto per bene tra i suoi vestiti. Naturalmente aveva anche l’intenzione di preparare la colazione anche per il fratello: dato che non l’avrebbe più rivisto per diverso tempo aveva pensato bene di viziarlo un poco, almeno per quella mattina.
« Uhm… Non saprei, fai un po’tu. Per me fa lo stesso. »
« Eh no, che fa lo stesso! Avanti, che cosa preferiresti? Cereali? Yogurt? Toast? »
« Toast » la fermò Erskine, ancora intento a rimettere in ordine nei cassetti le sue cose « Mi va bene un toast con la marmellata. »
« Peeerfetto. Un toast alla marmellata per il tavolo quattroooo! » scherzò la ragazza, prima di scomparire dietro la porta e giù per le scale. Erskine la seguì con lo sguardo e scosse la testa, sorridendo. Che personaggio, commentò fra sé e sé.
Del cumulo di vestiti e oggetti vari ormai rimanevano poche tracce, si trattava perlopiù di calze e altri indumenti sparsi per il pavimento della camera. Meno male che mi ha dato una mano… Se non fosse stato per lei, a quest’ora non sarei neppure a metà dell’opera!
Toccava ora ai pantaloni e alle maglie che erano stati ripiegati sul letto, ancora sfatto. Non passò molto tempo prima che il ragazzo notasse una strana forma quadrata in una delle tasche dei suoi jeans. Qui c’è sicuramente lo zampino di una certa echidna di mia conoscenza… pensò, infilandolo nel taschino del pigiama e dirigendosi verso la cucina. Avvertì distintamente la fragranza del pane tostato ed il profumo della sua marmellata preferita, quella di lamponi, cosa che gli fece venire l’acquolina in bocca e passare l’indigestione della sera precedente.Trovò Spinda ad aspettarlo appoggiata al tavolo della cucina, che era stato imbastito a festa: da una parte c’era il barattolo dei biscotti, dall’altra le scatole dei cereali, al centro un piccolo vassoio con croissant e alcune merendine e, accanto alla scodella di Erskine, una pila di toast con la marmellata.
« E tu ti aspetti che riesca a mangiare tutta questa roba? » chiese il ragazzo, allibito ed esterrefatto.Non credeva ancora a quello che aveva davanti ai suoi occhi, ma si sedette al suo posto e si versò una generosa quantità di latte nella sua tazza.
« Non era necessario preparare tutto questo solo per me, ma apprezzo il pensiero! »
« Infatti non è solamente per te! Ho preparato anche per mamma, papà e i ricercatori che passeranno a prenderti dopo! Immagino che avranno fame… Verso che ora dovrebbero arrivare? » precisò Spinda, agguantando un croissant e mangiandone un pezzo.
« Uhm… Verfo le nofe, fe non vicovdo male » rispose il fratello masticando di gusto il suo toast.
La sorella scosse la testa, gli si avvicinò e gli diede una sonora pacca sul collo, rischiando di fargli andare il boccone di traverso « Fratelloneee… Lo sai che è da maleducati parlare con la bocca piena vero? E poi non si capisce niente! » disse per spiegargli il motivo del suo gesto.
« Scusa. Credo comunque che dovrebbero arrivare per le nove » guardò l’orologio, che in quel momento segnava le sei e mezza « Manca ancora molto tempo. Tra un po’dovrebbero svegliarsi mamma e papà e… giusto, stavo quasi per dimenticarmene! »
Tirò fuori dalla tasca del pigiama ciò che aveva rinvenuto nella sua camera poco prima.
« E questo che cosa significa? » domandò alla sorella, studiando ancora una volta il pacchettino.
« Come sarebbe a dire? È un regalo per te! Siccome oggi è un giorno importante per il mio fratellone, ho pensato bene di fargli una sorpresina… L’ho fatto con le mie mani! Beh, anche il papà e la mamma mi hanno aiutata un pochino, però… insomma… Spero ti piaccia, ecco tutto! Non è niente di particolare, bada bene. È solo un pensierino! » precisò Spinda.
A quel punto Erskine fu preso dalla curiosità e strappò la carta regalo colorata che avvolgeva il tutto. Aprì la scatoletta e ne tirò fuori un ciondolo d’argento, una semplice e piccola croce che scintillava ai primi raggi del sole.
« Ci abbiamo lavorato in questi giorni, volevamo fare un lavoretto come si deve » raccontò Spinda « Non è venuto affatto male, devo dire… Avrei voluto che avesse un design un po’più carino, però… Vabbè, non fa niente! Dimmi che te ne pare? »
« Allora è per questo che fino all’altra sera sentivo sempre rumori dal seminterrato, eravate tu, mamma e papà! Beh… Vi ringrazio, è un pensiero veramente carino da parte vostra! » disse, mettendoselo al collo « Mi piace moltissimo! »
I due chiacchierarono ancora per alcuni minuti, finché non sentirono i gradini delle scale che scricchiolavano: qualcuno stava scendendo.
« Ehi, figlioli! Non pensavo che foste già svegli! » esclamò una voce maschile, senza nascondere un vago senso di sorpresa. Fu seguita dalla voce calma e dolce di una donna.
« Effettivamente è abbastanza presto per voi, ma posso capirne il motivo… Sei nervoso per oggi, vero Erskine? È un giorno importante per te. »
Il ragazzo si alzò da tavola, visibilmente nervoso, e rispose « Uh… Sì, è vero… »
Anche se la madre appariva serena, l’echidna si sentiva ancora in colpa per averla tenuta all’oscuro del viaggio di studio fino all’ultimo momento. La lavata di capo che si era beccato gli bruciava ancora, ma certamente non poteva controbattere dato che era colpa sua.
Il padre prese un paio di biscotti al cioccolato dal barattolo e accese il fuoco sotto il bollitore del tè. Prese un paio di tazze, una per sé e una per la moglie, e prese posto a tavola.
« Eh, immaginiamo! Comunque avremmo preferito che tu ce lo dicessi prima. Sai, per organizzarci al meglio… Inoltre si tratta di un viaggio di studi, immagino non te ne starai via per pochi giorni in vacanza! »
Accidenti… Ci mancava la paternale! pensò Erskine, balbettando qualche scusa. Il padre lo interruppe ed aggiunse con tono pacato « Ormai è tardi per le scuse, ma per questa volta possiamo chiudere un occhio! Facciamo finta che non sia successo nulla… »
Ci fu un breve istante di silenzio, seguito altrettanto rapidamente dalla figura del papà delle due echidne che si alzava e dava un abbraccio soffocante da orso al figlio.
« Il mio piccolo Erskine sta diventando un ometto! Quasi non ci credo! » esclamò con fiumi di lacrime di gioia che gli uscivano dagli occhi. La scena sarebbe stata piuttosto buffa e divertente, se non fosse stato per il fatto che la carnagione di Erskine stava passando dal rosso vivo al viola scuro.
« Pa… Papà, mi manca l’aria… »
« Lo so figliolo, è un’emozione mozzafiato anche per me! »
« No, seriamente, non riesco… a… respirare… Urgh! Le mie… c-costole… » boccheggiò il figlio, sentendo le sue ossa che scricchiolavano pericolosamente. Fu Spinda ad intervenire per prima: con grande destrezza, si sfilò una delle ciabatte e diede un sonoro colpo in testa al padre, costringendolo a mollare la presa mortale. Fu imitata immediatamente dalla madre, che afferrò il barattolo dei biscotti e picchiò il padre così forte da lasciare a lui un bernoccolo e alla scatola una grande ammaccatura.
«Daru-Da Der Stahl » disse la consorte marcando con tono tagliente il nome del marito « Non vorrai forse spedire all’altro mondo nostro figlio il giorno della sua partenza! »
« M-Ma Cinerea! Stavo solo dimostrando il mio grandissimo affetto a nostro figlio! Chissà quando lo rivedremo, è meglio coccolarlo il più possibile adesso, che ne abbiamo il tempo! » si scusò lui, rimettendosi a sedere. Si misero poco dopo a chiacchierare normalmente, quindi Erskine decise di alzarsi da tavola e darsi una sistemata. Andò in bagno a pettinarsi, vestirsi e lavarsi i denti per bene, dopodiché si diresse verso la sua camera. Era stato quasi tutto messo in ordine, mancavano solamente il letto da rifare e alcuni libri e oggetti da rimettere nei loro rispettivi scaffali.
« Accidenti, la tua stanza ora è messa molto meglio di quando sono arrivata prima! » esclamò la sorella, che nel frattempo si era tolta il pigiama ed aveva indossato un paio di jeans e una maglietta colorata.
« Già » concordò il gemello, senza distogliere lo sguardo dalle lenzuola che stava rimboccando « Il tuo aiuto è stato provvidenziale, e non poco! Se avessero visto che non avevo ancora preparato la valigia e che avevo disseminato tutta quella roba per il pavimento… di sicuro mi avrebbero linciato… » e rabbrividì alla sola idea.
« Tsk, tsk! E poi dicono che le sorelle sono solo delle rompiscatole… »
« Ah, questo non è vero! Mi hai salvato gli aculei, sarò il tuo schiavo a vita! Lo metterò per iscritto! » disse abbracciandola.
Una strana luce illuminò gli occhi di Spinda che, ricambiando il gesto d’affetto, cominciò a sghignazzare ed esclamò « Mwahahah! Era esattamente ciò che mi aspettavo di sentirti dire, caro il mio fratellone! Avevo giusto bisogno di un volontario disposto ad ordinare anche la mia cameretta… Sai, ho lasciato alcune cosucce in giro, un po’di qua ed un po’di là… Robetta da niente, comunque! »
Erskine si staccò istintivamente dalla sorella dopo aver ascoltato la sua richiesta e la fissò spaventato, come se qualcuno gli avesse rovesciato all’improvviso dell’acqua ghiacciata sulla testa: sapeva per esperienza che “robetta da niente” si traduceva con “terremoto da magnitudo 10” dal gergo di Spinda, perciò cercò di spingerla fuori dalla camera.
« No! Questo non puoi farlo! »
«Oh sì, invece! Hai detto che saresti diventato il mio schiavo a vita, o no? Ora mantieni la parola, razza di ingrato! »
« Ti sbagli, non è assolutamente vero! Non ero cosciente, mi avevano fatto il lavaggio del cervello, dichiaro infermità mentale, voglio un avvocato, io non ho maipronunciato quelle paroleeee!!! »
L’echidna diede un forte spintone alla sorella, che fu catapultata nel corridoio, e ne approfittò per chiudersi dentro e togliere la chiave. Sentì poco dopo i suoi pugni battere sulla porta e la sua voce furibonda.
« Così non vale, Erk! » ruggì, senza smettere di dare colpi e alzando progressivamente la voce « Apri subito! I patti sono patti, e lo sai benissimo! Esci fuori, così ne discutiamo da echidna a echidna! »
Un altro brivido corse lungo la schiena del ragazzo, che osservava il comportamento di Spinda dal buco della serratura: anche in questo caso, secondo il dizionario della gemella “discutere” voleva dire “fare a botte”. E sapeva per esperienza che le sue scazzottate facevano molto male…
« Col cavolo che apro! Mi faresti nero! »
« Se non esci, certamente! Vuoi che butti giù la porta? Guarda che se mi arrabbio posso fondere la maniglia della porta e impedirti di partire, ahahah! »
Sei già arrabbiata, pensò il fratello.
« Posso benissimo scappare dalla finestra, eh! »
« Allora appiccherò un incendio proprio lì sotto, così non potrai saltare! A proposito… Visto che ti sei chiuso dentro e che hai un debito con me, potrei giocare alla console senza essere disturbata… Oppure cancellarti tutti i dati delle partite… »
« Non ci provare nemmeno! » urlò Erskine. Il solo pensiero che Spinda potesse cancellargli tutti gli achievement guadagnati con il sudore della fronte non gli andava per niente a genio. Esisteva solamente un metodo per impedirle di compiere il terribile gesto: afferrò dunque dal tavolo il libro di scienze e cominciò a leggere a gran voce un capitolo a caso.
« Vediamo un po’che cosa abbiamo qui stavolta? Questo argomento ha l’aria di essere mooolto interessante! “La separazione dei vari componenti dalla polvere di un campione appositamente sbriciolato è una pratica abbastanza comune. Tramite questa procedura si possono infatti ottenere campioni dei vari minerali su cui effettuare delle analisi. La separazione si può effettuare tramite l'utilizzo di un grosso elettromagnete in cui si possa regolare l'intensità elettromagnetica. Un debole campo magnetico attirerà infatti magnetite, ematite e altri minerali contenenti ferro. All'aumentare del campo magnetico altri silicati contenenti ferro verranno attratti in un ordine ben definito cioè biotite, enstatite, augite, orneblenda...” »
Conosceva piuttosto bene la gemella. Sapeva benissimo che per lei era una noia a mortale quel libro di scuola, quindi lo utilizzava come arma segreta in casi disperati. Non passò tanto tempo prima che lei iniziasse a mostrare segni di cedimento.
« Nooo, il mio punto debole! Ti prego, finiscila con questa lagna… Abbi pietà delle mie orecchie e dei miei poveri neuroni! »
« Solamente se la pianti con l’assedio fuori dalla mia stanza. »
« E va bene, affare fatto. Per questa volta hai vinto tu, ma la prossima volta non avrò pietà! Vedrai, riuscirò a trovare qualcosa per non dover sentire quella roba! »
« Tappi per le orecchie? » scherzò Erskine, aprendo finalmente la porta.
« Erk, lo sai che ti odio quando fai così, vero? »
« Il sentimento è reciproco, cara sorellina! E poi sono più grande di te, perciò posso fare quello che mi pare! »
« Sei più grande di me solo di cinque minuti… » protestò, assumendo un’aria imbronciata e incrociando le braccia. Le diede allora un piccolo buffetto sulla sua guancia e, dopo aver preso la valigia, scese le scale per andare nel soggiorno. La sorella lo seguì e gli chiese « Manca ancora un’ora abbondante prima del loro arrivo… Che cosa facciamo intanto? »
Il fratello agguantò un paio di joystick e li collegò al televisore, per poi prendere un videogioco di lotta « Che ne dici di una partitina? »
« D’accordo. Ma stavolta il samurai è mio! »
Passarono il tempo tra tecniche speciali, frenetiche combo e numerosi effetti speciali, finché non avvertirono il suono del campanello. Erskine mise in pausa il gioco e si alzò dalla poltrona. Era piuttosto emozionato, dato che riteneva di sapere di chi si trattasse. Guardò l’orologio: erano leggermente in anticipo, ma non era affatto un problema. Corse all’ingresso ed aprì la porta.
La snella figura di una lepre dal manto azzurro si parò davanti ai suoi occhi. Aveva l’aria di essere abbastanza giovane, molto probabilmente aveva solo cinque o sei anni in più di lui. Lo colpì particolarmente la sua lunga chioma ondulata e celeste, i cui ciuffi erano tenuti solamente da due forcine a forma di stella. Lo guardò intensamente con i suoi occhi dorati e si presentò amichevolmente.
« Ciao! Il mio nome è Aoi the Hare, piacere! »
« P-Piacere di conoscerla, io sono Erskine… » balbettò il ragazzo, che si scostò bruscamente dall’ingresso per lasciarla entrare in casa, ma la ragazza rimase sulla soglia.
« Ah, non devi essere così teso! In fondo non abbiamo così tanti anni di differenza… Dammi pure del Tu, non c’è nessun problema! »
« Allora va bene… »
« Tra poco dovrebbero arrivare anche gli altri, i miei compagni! Sono andati a parcheggiare qui vicino… Eccoli laggiù! » esclamò indicando un furgoncino poco distante. Ne uscirono un pipistrello dalla carnagione pallida ed una lince dalle gambe robotizzate che, sentendo la voce di Aoi, si diressero a passo svelto verso l’abitazione.
« Ragazzi, ce ne avete messo di tempo! » esclamò la lepre, squadrandoli da capo a piedi e mettendo le mani ai fianchi.
« Ad ogni angolo c’era un divieto di sosta, non potevamo di certo parcheggiare lì! » ribatté la lince, che si aggiustò gli occhiali e si sgranchì le braccia. Il pipistrello rimase alquanto impassibile e si limitò a sbuffare.
« Ehilà, ragazzo! Immagino che tu sia Erskine Der Stahl. Io sono Hunter Mao, mentre il musone qui alla mia sinistra… » fece cenno al pipistrello bianco « … Si chiama Brake the Bat! Tool per gli amici! »
« Sono in grado di presentarmi da solo. » sentenziò Brake, incrociando le braccia.
« Eddai, sto solo tentando di rompere il ghiaccio! » spiegò Hunter.
L’echidna rimase ad osservarli per qualche secondo: si aspettava che fossero un po’più vecchi della lepre, ma a quanto pareva si era sbagliato. Sicuramente erano tutti coetanei. Propose al trio di entrare, perciò andarono verso il salotto. Lì trovarono Spinda, ancora intenta a giocare con la console, ed i genitori dei due gemelli. Questi ultimi si alzarono dal divano per stringere la mano ai tre giovani.
« È un piacere fare la vostra conoscenza! Dovete aver fatto un viaggio abbastanza lungo per venire fino a qui… Gradireste uno spuntino, o qualcosa da bere? » domandò la madre Cinerea.
« Apprezziamo il pensiero, ma non credo che… » si scusò educatamente Aoi, prima di essere interrotta da un’affamata lince.
« Io invece credo che sia un’ottima idea! Ho una fame terribile, stamattina dalla fretta di partire non ho fatto colazione! »
« Hunter, tu pensi solo a mangiare! » lo sgridò la lepre.
« Suvvia, non c’è problema! » sorrise l’echidna « Posso offrirvi del tè coi biscotti, se volete! » ed andò in cucina, invitando i tre ricercatori a prendere posto sul divano. Spinda spense il televisore e la console e si sedette accanto al fratello. Si creò un silenzio imbarazzante, interrotto solamente da un colpo di tosse del padre.
« Ehm… Dunque voi siete degli studiosi! » disse Spinda, cercando di trovare un argomento di cui parlare.
« Proprio così! » le rispose Hunter « Per essere precisi, siamo degli studenti universitari che hanno deciso di specializzarsi in geologia. Viaggi di studio come questo sono la regola, per noi! »
« Immagino che sia abbastanza dura… » considerò Erskine. In effetti, per lui sarebbe stato alquanto complicato riuscire ad organizzare lo studio e, contemporaneamente, viaggiare per luoghi poco conosciuti. Probabilmente l’università offriva opportunità formative molto differenti da quelle a cui era abituato con la scuola. Poco dopo fece ritorno Cinerea, reggeva un ampio vassoio con alcune tazze di tè fumante e un piatto pieno di biscotti.
« Prego, servitevi pure! » disse, appoggiando il vassoio sul tavolino al centro del salotto. La lince mandò giù velocemente la bevanda, non curandosi di quanto scottasse, seguita da una decina di biscotti al cioccolato. Aoi ne sgranocchiò volentieri un paio, mentre Brake si limitò a sorseggiare il suo tè.
« C’è una cosa che volevo chiedervi, dato che Erskine non era riuscito a saperne di più » fece la mamma del ragazzo dopo un po’ « Quanto tempo dovrebbe durare questo viaggio di studio? Un paio di settimane? »
« Per essere precisi sono tre. » le rispose Aoi, prendendo un altro sorso di tè.
« Sembra un gran lasso di tempo… » mormorò la madre, avendo un ripensamento. Erskine iniziò a preoccuparsi, temeva che la sua mamma potesse cambiare opinione sulla spedizione ed impedirgli di partire. I suoi timori si rivelarono fondati quando pose ulteriori domande alla lepre azzurra « Come farà dopo mio figlio a recuperare le lezioni di scuola perse? Non verranno contate come assenze? E se dovesse ammalarsi o farsi del male? Quasi un mese lontano da casa non è affatto poco… Per quale destinazione, poi? »
Aoi lanciò un’occhiata interrogativa all’echidna come per chiedergli Sei sicuro di aver informato per bene tua madre? e cercò di trovare in qualche modo una soluzione al problema appena saltato fuori.
« Signora Der Stahl, non si preoccupi: suo figlio sarà in buone mani. Io ed i miei compagni siamo persone responsabili, e l’ultima cosa che vogliamo è che gli accada qualcosa di brutto. » Hunter e Brake annuirono all’unisono, dunque la ragazza continuò il discorso « La nostra meta sono le Mystic Ruins, che non sono poi così distanti da qui, e vi rimarremo per una settimana. Proseguiremo poi per le Red Mountains e trascorreremo lì una decina di giorni, per poi fare ritorno ad Amabane Town attraversando il canyon entro i prossimi giorni. Comunque, tre settimane scorrono abbastanza rapidamente! Per quanto riguarda la scuola, non ci saranno problemi: il viaggio è appunto di studio, quindi suo figlio non avrà affatto problemi, anzi! Verrà considerato tra i crediti formativi! »
Cinerea rimase a riflettere per alcuni secondi e guardò negli occhi prima Erskine, poi Aoi ed infine il marito. Il ragazzo era piuttosto agitato, ed il senso di colpa aveva ripreso a martellargli il cervello. Se solo glielo avessi detto prima… continuò a ripetersi Avremmo potuto discuterne con calma… Diamine, quanto sono stupido! Tutto quanto sta per andare in fumo esattamente a causa mia! Io e il mio stupido orgoglio!
« Penso che mi sarebbe piaciuto parlarne di più con mio figlio, però… Ritengo che possa essere una buona esperienza per lui. Se anche mio marito è d’accordo, ha il permesso definitivo di partire » concluse la madre. Daru-Da fece un cenno di assenso ed Erskine si sentì immediatamente sollevato, come se qualcuno gli avesse tolto un peso dalle spalle. Fece un sospiro di sollievo ed abbozzò un piccolo sorriso. La sorella gli diede una pacca alla schiena per incoraggiarlo, contenta che i loro genitori avessero deciso di lasciarlo andare.
« Bene, ora credo proprio che sia il momento di partire! Che cosa ne dite? » fece Hunter, consultando il suo orologio da polso ed alzandosi dal divano. Tutti quanti lo imitarono, uscirono dall’abitazione e si diressero verso il camper, parcheggiato in doppia fila lungo la strada. Prima che potessero salire sul camper furono interrotti da Spinda, che fino a quel momento era rimasta dentro.
« Aspettate! » urlò precipitandosi fuori dall’abitazione. Teneva fra le mani la sua inseparabile macchina fotografica.
« Prima facciamo una bella foto ricordo, che ne dite? »
« In effetti non è una cattiva idea! Che ne pensate ragazzi, immortaliamo questo evento? Dopotutto è la sua prima spedizione! » disse Aoi, rivolgendosi ad Erskine.
Hunter si mise subito in posa davanti al camper, sfoderando un sorriso smagliante e cingendo con un braccio le spalle di Brake, che non appariva così entusiasta e si limitava a tenere le braccia dietro la schiena. La lepre si accucciò davanti ai due ragazzi, sorridendo e tenendo i pollici all’insù. Erskine decise di mettersi accanto a lei e di fare l’occhiolino alla fotocamera.
« Adesso ditemi un bel “cheese”! » esclamò Spinda, scattando la foto « Ecco fatto! Non appena sarà pronta la spedirò all’indirizzo e-mail di Erskine! A proposito fratellone, ti sei ricordato di mettere il portatile nella valigia, vero? »
« Sì, mamma… » la prese in giro, evitando per un pelo uno scappellotto da parte della sorella. Fece per salire sul furgoncino assieme agli altri, ma si bloccò e corse ad abbracciare Spinda.
« Mi mancherai tantissimo… » le sussurrò, stringendola a sé.
« Già, anche a me… » gli rispose con voce rauca. Sapeva che non poteva farci nulla, però scoppiare in lacrime di fronte a degli estranei e a suo fratello era l’ultima cosa che desiderava. Si staccò da lui e, con un sorriso a trentadue denti, esclamò « Beh, adesso bando ai sentimentalismi, caro il mio futuro geologo! E ricordati di tornare con un bel souvenir! »
Il gemello allora la salutò e salì sul mezzo di trasporto, pronto a partire per l’avventura. La ragazza agitò le mani per salutare tutti quanti, tornò in fretta e furia in casa per nascondere alla loro vista gli occhi rossi e gonfi e si diresse di corsa verso la sua stanza. Si sedette alla finestra e rimase ad osservare a lungo il camper, la cui sagoma lungo la strada diventava sempre più piccola, fino a confondersi con l’orizzonte.
 
  
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