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Autore: Blue Flower    18/07/2011    0 recensioni
Tre vite che si intrecciano... Due anime che ancora una volta si trovano ad amare una stessa persona. La storia si ripete ancora una volta a Mystic Falls, dove - dopo la disastrosa morte di Elena per mano di Klaus- Damon Salvatore incontra una persona che gli cambierà la vita per sempre: Bianca Blake... Sedici anni di tristezza e rinnegamento della propria natura. Purtroppo, come sappiamo, è una cittadina molto ripetitiva questa e Stefan non se ne può stare in disparte eh?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bonnie Bennett, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Damon era distrutto.

Ormai Bianca era scomparsa da due settimane e Stefan non stentava ad immaginare dove fosse diretta: stava cercando Klaus per capire chi fosse lei e che cosa ne avrebbe dovuto fare della sua vita.

Dopo la sua dipartita nel 1353, Bianca era apparsa solo una volta a Stefan e lui se la ricordava come se fosse passato solo un giorno… del resto, la ragazza era stata la sua unica migliore amica.

 

 

 

Quel giorno, lui si era saziato con qualcosa di simile a undici giovani vergini fiorentine e Damon era già partito per cercare la redenzione che ovviamente non avrebbe trovato.

Nel momento in cui stava per prosciugare la dodicesima, il suo volto mutò e si ritrovò davanti a quello di Bianca Djokovic che lo guardava supplichevole. “Che cosa stai facendo, Salvatore?” gli domandò con un tono freddo come il ghiaccio, mentre prendeva possesso del corpo della ragazza morente. “B… Bianca?” lei annuì, mentre si alzava dal sofà e passava attraverso i cadaveri disseminati nella stanza a casaccio.

Ad un certo punto, si avvicinò ad una delle tante e le sfiorò il collo intriso di sangue. “Oh Stefan, Stefan… anche io sono stata tentata dal sangue in vita” “Di cosa parli? Tu non puoi sapere… eri umana” “Oh sì, lo sono stata… Ma ti ricordi il signor Lombardi? Indovina un po’ chi ha assaggiato il suo sangue?” Stefan scosse la testa. “No, non è possibile… Tu…” “Sì che è possibile, mio dolce bignè alla crema! Sei sempre stato così ingenuo e alla fine ti sei fatto soggiogare da una stupida, insulsa doppelganger… Ti facevo più furbo” Bianca si portò il dito sporco di sangue alle labbra e gli occhi della ragazza, ancora posseduta dallo spirito dell’amica di Stefan, si fecero neri come la pece: erano gli occhi di un demone. “Non può essere…” “E invece è così. Ma io mi sono pentita delle mie azioni… E infatti non ho trasformato né Damon né te… Mi sono trasformata per voi. E infine sono morta” silenzio. “Ma non siamo qui per parlare di me. Sei tu quello che ha un problema” si sedette ancora una volta vicino a Stefan e i suoi occhi, che fino a quel momento erano stati di ghiaccio, si sciolsero e tornò l’amica di un tempo. “Che cosa stai facendo Stefan?” la sua voce era rotta dal pianto. “Non finire come me. Non farlo!” urlò aggrappandosi alla camicia sporca di sangue dell’amico. “No, aspetta!” ma il viso della ragazza posseduta stava diventando grigio e marcio in un modo rivoltante e l’urlo di Bianca rimase impresso nelle pareti del casato Salvatore.

Della ragazza rimase solo un mucchio di polvere.

Questo ti aspetta se continui a uccidere. La voce di Bianca rimbombò nella sua mente come una eco in stanze grandi e deserte.

Da quel momento in poi, Stefan bevve solo sangue animale e tutte le volte che si sentiva tentato, pensava a Bianca.

 

 

All’insaputa del fratello, uscì dalla loro casa nella disperata ricerca di Bianca.

Sperando che non fosse stato troppo tardi.

Sperando di darle la salvezza, come lei l’aveva data a lui anni prima.


 

“Stefan sta arrivando” disse Elijah mentre entrava nella stanza in cui la sorella stava sorseggiando una tazza di thè.

“Che venga pure” disse lei.

Ora si ricordava tutto, grazie a suo fratello.

Lei era Bianca Djokovic, una degli Originari e Klaus era suo fratello così come lo era Elijah.

Nel 1352 si era perdutamente innamorata di Damon Salvatore, un giovane signore italiano che però era decisa  a non trasformare. Così, decise di diventare lei un’umana per vivere una vita felice insieme a lui, ma il Potere di una Originaria era troppo da incanalare in un corpo umano così è morta l’anno seguente.

Si ricordava di aver vagato sulla Terra per diversi anni, nella spasmodica speranza di salvarsi dall’Inferno che la attendeva a braccia aperte. E aveva visto Stefan tornare sulla giusta via, Damon passare all’oscurità  dopo una serie di tragici eventi… Era stata spettatrice passiva della vita dei fratelli Salvatore per tutti quegli anni, fino al momento nel quale la sfortunata combinazione di sua madre con suo fratello l’aveva riportata in vita.

E Damon le aveva mentito, aveva omesso tutto ciò che sapeva di lei.

Un ricordo la assalì: risaliva alla primavera nella quale Damon era ritornato dall’esercito. Quando lo aveva conosciuto, lui ancora non aveva perso i classici tratti del ragazzino e non si era innamorata esattamente dal primo istante, ma conoscendolo. Per lei era stato un duro colpo lasciarlo andare verso la guerra.

 

 

Guardavo la mia immagine riflessa nel sontuoso specchio della mia casa.

Ero bella. E i sei terribili mesi di solitudine erano passati. O quasi. Damon sarebbe tornato la settimana dopo, ma non sapevo cosa aspettarmi. Era cambiato? Non mi voleva più come amica? Volteggiai dentro al mio abito rosso fuoco, con tanto di corpetto ricamato. Quel giorno sarei andata a pranzo insieme alla mia famiglia a casa dei Salvatore, anche se l’idea di Klaus ed Elijah seduti allo stesso tavolo di comuni umani mi inquietava non poco. Avevo passato molto tempo lì durante gli ultimi anni. Stefan era l’unico che, ogni tanto, mi faceva sorridere. Io avevo diciott’anni, lui sedici ma mentalmente era più grande… Sembrava che fosse nato adulto.  Tra di noi si era instaurata una bella amicizia e ci eravamo convinti ad andare avanti l’uno con l’aiuto dell’altra. Strinsi il nastro del mio vestito ed ero pronta. Qualcuno bussò alla porta. Io aprii e mi trovai davanti a Stefan, che aveva un sorriso smagliante. “Ehi!” mi salutò con un cenno del capo ed entrò trotterellando nella camera. Era cresciuto molto negli ultimi tempi e sfiorava il metro e ottantacinque. Aveva messo su delle spalle larghe e in confronto a me sembrava un grandissimo armadio. “Ti va di parlare un po’?” domandò. Io annuii e ci sedemmo sulle due poltrone della camera. “Mi manca tantissimo…” dissi abbassando il capo. Le lacrime stavano affiorando lentamente. “Magari si è scordato di me e tornerà con una stupida provinciale” “No. Lui non si scorderebbe mai di te” il mio amico sembrava risoluto. “Oh, l’esercito cambia le persone… Non mi sorprenderei se non volesse più tornare” sussultai. “Non lasciarti andare proprio adesso… Manca poco più di una settimana. E poi oggi ci divertiremo” sorrise dandomi una gomitata scherzosa. Cercai di non annientare la sua felicità. Ma le persone cambiano durante sei mesi di assenza. Cambiano e magari non in meglio. “Ti voglio bene… So che anche a te è mancato Damon” gli misi una mano sulla spalla e lui sembrò apprezzare il gesto. Nella stanza irruppe Giacomo, il maggiordomo che sussurrò qualcosa all’orecchio del mio amico. I suoi occhi verdi si fecero grandi e brillanti. “Ci vediamo più tardi, Bianca” detto ciò corse verso l’uscita con una foga che non avevo mai visto in lui. Che maleducazione! Non feci in tempo a chiedere cosa stesse succedendo perché era già lontano e il mio vestito impediva i movimenti. Sbuffai. Mancava poco all’ora di pranzo ed io non ero ancora uscita di casa. Decisi di fare una passeggiata nel giardino, dato che mi stavo annoiando a morte. Uscii dalla villa e mi diressi verso lo stagno, quello percorso da un incantevole ponte che portava con sé mille ricordi. Al di là del ponte c’era il giardino dei Salvatore, dove avevo corso tante volte. Okay, il vestito che indossavo non era esattamente da passeggio ma mi potevo adeguare. Il corpetto era troppo stretto e le scarpette facevano un male tremendo. L’erba del prato, durante quel marzo del 1353 era d’un verde simile agli smeraldi e le rose rosse crescevano nelle siepi. Mi avvicinai per godere del loro profumo quando sentii delle voci concitate dall’altra parte del laghetto.

Andai in quella direzione, soffermandomi all’inizio del ponte. “E’ un gioco che loro chiamano calcio” qualcuno stava parlando con Stefan. “Ma questa palla è troppo pesante per essere lanciata” si lamentava il mio amico. “Infatti, va calciata” a parlare era un uomo dai folti capelli neri, vestito di tutto punto. Era alto circa come Stefan e… “Ehi!” esclamò il mio amico. Si voltarono entrambi verso di me. Quel ragazzo… Quell’uomo, più che altro… Chi poteva essere? Anche lui sembrava perplesso quanto me. Poi, i nostri sguardi si incrociarono.

Occhi azzurri e profondi.

Era lui.

Il respiro si mozzò sul colpo e per un istante che parve interminabile tutto fu avvolto da una calma inverosimile. “Bianca” sussurrò lui. “Damon” ribattei io. Mossi il primo passo, lui il secondo e in meno di un attimo ci trovammo avvinti in un abbraccio. Non avevo immaginato che quel momento sarebbe stato così… commovente. I miei occhi si fecero umidi e sprofondai nell’incavo della sua spalla. Anche lui si commosse, ma non pianse. “Come fai a non piangere?” gli domandai tra le lacrime. “Ti avevo promesso che non sarei più stato il Dan fifone. Mantengo le mie promesse nei confronti di una persona importante” e mi strinse ancor di più nel suo forte abbraccio. Stavo scomparendo tra quelle braccia muscolose e inaspettatamente mi ritrovai a volerlo baciare. No, lo volevo tempestare di baci. Volevo affondare le mani in quei capelli neri come la notte e perdermi negli occhi azzurri di un tempo. Mi vergognai anche solo di averlo pensato. Di sicuro lui non provava lo stesso per me… L’abbraccio si sciolse lentamente.

Solo a quel punto mi accorsi quanto fosse grande, con dei tratti… adulti. Mi sembrava quasi impossibile che fosse lo stesso bambino singhiozzante che avevo salutato sei mesi prima. “Non sei più il bambino paffuto eh?” gli domandai sorridendo. “E tu sei sempre la stessa, bellissima donna Bianca Djokovic” “Io sono nella norma Damon” ribattei. “Ah sì? E chi è il fortunato che si è aggiudicato la tua mano?” arrossii di colpo davanti a quel Dan rinnovato. “Nessuno” lui sembrò quasi sollevato.

Mi sorrise e una rughetta d’espressione comparse vicino agli occhi.

A quel punto capii una verità inequivocabile: mi ero innamorata.

 

Quel ricordo le provocò un vuoto al petto, dove una volta il suo cuore batteva grazie al suo sangue e non a quello di altri.

“Bianca? Ti ha trasformata?” Stefan. La guardava dall’entrata e Bianca sentiva che aveva ricollegato la sua immagine di vampiro a quella di cinquecento anni prima. Sorrise di nascosto vedendo quel faccino sempre tormentato e triste.

Era stata lei a renderlo così?

Lo stava facendo soffrire ancora?

“Stefan, possiamo parlarne?” domandò incerta. “No, capisco perfettamente” e corse fuori dalla stanza. “No, Stefan!” gli urlò mentre lo rincorreva. Era già in strada e non la ascoltava.

Lo raggiunse in un secondo e lo abbracciò da dietro, sentendosi minuscola rispetto a lui che era una montagna di muscoli e folti capelli biondi.

“Stefan?” lo chiamò, rimanendo stretta a lui. “Continuo a volerti bene” lui si girò e la abbracciò normalmente, sovrastandola e dandole un senso di pace che mai aveva provato da quando era diventata una vampira, da quando era tornata a rivestire il suo ruolo di Originaria. “Anche io te ne voglio” sorrise lui. “Pensavo che per una volta sarei stato io a salvarti da un’eternità di sofferenza” lei scosse il capo, rimanendo attaccata a lui. “Non lasciarmi, ti prego” “Non lo farei mai, ma tu devi tornare da Damon” “Lui mi ha mentito” “Lo ha fatto per il tuo bene” si guardarono. “Non mi accetterebbe mai come vampiro” disse infine lei. “Tu almeno provaci” Stefan sorrise.

“Lo farò” concluse Bianca, mentre i suoi occhi si illuminavano di speranza.

  
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