Capitolo 1
Sacred Broken Heart
Frank poteva già dire di odiare quel posto.
Sembrava tutto incredibilmente surreale. I prati che circondavano il lungo viale
alberato che portava dai grandi e pesanti cancelli di ferro battuto - sui quali
gli stemmi del Sacred Heart College e del St. Agnes High School erano ben
visibili incisi su due grandi scudi dorati che brillavano sotto il sole di fine
Agosto - erano incredibilmente verdi e curati. Il viale era pulito e non c'era
nemmeno l'ombra di una carta o di una cicca di sigaretta a terra. Probabilmente
era anche severamente vietato fumare lì dentro.
Quando l'auto arrivò al cortile nel quale regnava sovrana una
grande fontana in marmo sulla cui facciata anteriore erano incise delle frasi in
una lingua a Frank incomprensibile, cominciò a sentirsi nervoso. C'erano gruppi
di ragazzi sparsi nel cortile. Chi leggeva, chi chiacchierava, chi giocava a
palla. E sembrava tutto così perfetto che Frank si sentì nauseato.
Aveva detestato quella scuola dal giorno stesso in cui sua
madre gli portò la brochure informativa. Corsi speciali, professori qualificati,
sport all'aperto, un panorama bellissimo e stronzate varie. Era certo che quella
scuola non aveva niente di meglio di un semplice istituto statale nei sobborghi
di New York, ma ovviamente alla St. Agnes c'erano splendidi e confortevoli
dormitori, divise e regole rigide, giovani da formare per un futuro roseo e
felice come direttori di aziende multinazionali.
E poi non aveva ancora capito il senso del frequentare una
scuola d'Elite quando le sue aspirazioni per il futuro includevano tutto tranne
che qualsiasi cosa necessitasse di un diploma prestigioso.
Sospirò, quando sua madre spense il motore dell'auto.
«Hai bisogno di una mano? Vuoi che ti accompagni?» domandò
sua madre sorridendo.
Frank scosse la testa facendo una smorfia «No, mamma, ci
manca che mi faccio accompagnare da mia madre. Già sarà una tortura così, non
diamo a questi figli di papà l'opportunità di sfottermi più di quanto faranno...»
sbuffò aprendo lo sportello della macchina. Scese senza dare a sua madre la
possibilità di replicare. Lei voleva ricordargli che anche lui era un figlio di
papà, tanto per cominciare, e che non doveva per forza venir preso di mira dai
suoi compagni anche qui. Era proprio per quello insomma, che aveva deciso di
fargli frequentare un college di prestigio: in quella scuola sarebbe stato tutto
più facile, si era detta.
Frank aprì il bagagliaio e tirò giù la sua chitarra ed una
misera valigia nella quale c'erano alcuni dei suoi dischi e libri preferiti e
qualche vestito, nonostante sapesse che da lì a pochi giorni avrebbe dovuto
indossare unicamente la divisa dell'istituto.
Gli venne il voltastomaco al solo pensiero.
Sua madre scese dall'auto e si avvicinò per abbracciarlo,
prima di lasciarlo finalmente alla sua nuova vita da alunno responsabile e
privilegiato.
Daphne e Leah erano due delle tante sfortunate a non avere alcuna persona al
mondo con la quale passare le vacanze estive. Così mentre i loro genitori erano
in giro per il mondo a stringere affari con personaggi di rilievo, loro due
erano segregate in quel campus ad osservare i nuovi arrivati, sperando di
trovare qualcosa di buono.
Poggiate con la schiena ad un tronco d'olmo, riparate dai
suoi lunghi e folti rami, si guardavano intorno con aria annoiata.
Ogni anno solo cinquanta giovani, maschi o femmine che
fossero, avevano l'opportunità di entrare in quell'istituto. Così dalla mattina
erano arrivate già la maggior parte delle matricole. Daphne puntava gli occhi su
ogni ragazzo minimamente carino.
«Chi sverginerai, quest'anno?» domandò Leah guardando nella
direzione in cui stava guardando la sua amica.
C'era un'auto scura parcheggiata di fronte alla grande
fontana al centro del cortile, ed una signora stava stritolando suo figlio in un
abbraccio decisamente soffocante. Leah non riuscì a trattenere una risatina, e Daphne
la lasciò fare. Entrambe non erano abituate a tanta dimostrazione d'affetto da
parte dei genitori. Era proprio per quello che avevano legato tanto, all'inizio.
Erano entrambe sole, con dei genitori troppo impegnati a guadagnare sempre più
soldi senza mai volerli spendere davvero, e si erano trovate ad andare davvero
d'accordo, nonostante Leah fosse di un paio d'anni più piccola di Daphne e che
quest'ultima fosse, tra l'altro, una delle ragazze più popolari e chiacchierate
della scuola.
Daphne si morse il labbro e sospirò. Si passò una mano tra i
lunghi capelli color caramello, sistemati sulla testa con un anonimo cerchietto
bianco, e si fece coraggio.
«Eccolo.» annunciò sorridendo maliziosa, mentre quel ragazzo
salutava sua madre con un cenno della mano mentre la macchina stava finalmente
ripercorrendo il viale per andare via.
Gerard Way camminava a passo svelto verso il teatro della scuola, dove presto i
nuovi alunni avrebbero dovuto presentarsi ai docenti ed ai Presidi degli
istituti. Indossava la giacca della divisa, sopra una t-shirt nera, ed un paio
di jeans sgualciti, i primi che aveva trovato nella sua camera a Belleville,
dove era andato a prendere suo fratello per portarlo con se alla St. Agnes High
School, l'istituto elitario che frequentava ormai da tre anni.
Suo fratello lo seguiva a pochi passi dietro di lui, col
fiato corto e lo zaino stracolmo di roba che doveva spostare da una spalla
all'altra per non morire sotto il suo peso.
Si guardava intorno affascinato. Era andato lì almeno due
volte l'anno, da quando Gerard era stato ammesso, a trovare suo fratello, ma
quella era tutt'altra storia: lui stava per diventare un vero e proprio studente
di quel collegio, e la cosa lo entusiasmava più del dovuto.
«Sia ben chiaro, non devi dare troppo nell'occhio...» disse
Gerard quando finalmente arrivarono davanti alla porta del teatro «...perché se
dai nell'occhio, la gente verrà a rompere le palle a me. E se la gente viene a
rompere le palle a me, io ti farò maledire il giorno in cui sei voluto entrare
in questo istituto.» disse con tono serio, dandogli una pacca sulla spalla,
mentre con l'altra mano apriva la porta.
I dormitori maschili erano situati nella parte destra del campus. Dalla facciata
che dava all'esterno si potevano ammirare i campi sportivi e il fantastico
panorama. La camera di Gerard Way però dava all'interno, le sue finestre si
affacciavano sui cortili e davanti al dormitorio delle ragazze, lontano
abbastanza da far credere impossibile sgattaiolare da un dormitorio all'altro ai
presidi, ma vicino quanto bastava per arrivarci di nascosto durante la notte o
notare messaggi in codice mandati da torce accese a tempo durante la notte.
Come in ogni cosa, c'era un mondo nascosto dietro tutta
quella facciata di perfezione e disciplina a cui i presidi delle due scuole
tenevano tanto.
Un mondo che prendeva vita durante le ore notturne, quando
calava il buio e tutti dovevano essere nei propri letti a dormire per riposare
ed affrontare con mente lucida una nuova giornata di studio.
Ma c'era un gruppo d'elite, una cerchia di persone che
potevano infrangere quelle regole, che potevano scegliere di passare le notti in
bianco, giustificando le occhiaie e l'aria stanca con nottate dedicate al
ripasso delle materie più difficili.
Gerard entrò nella sua camera, che divideva con Ray e da quel
giorno in poi avrebbe diviso anche con un nuovo arrivato. Detestava l'idea di
qualcuno di nuovo lì, ed avrebbe preferito avere con sé Mikey, che per lo meno
gli avrebbe dato meno problemi di quanto poteva immaginare gliene avrebbe dati
un perfetto sconosciuto.
Il suo letto era proprio sotto la finestra, Ray era ancora in
vacanza e in giro per il campus c'erano meno della metà degli studenti
effettivi. Si sedette sul materasso e si tolse la giacca. Faceva dannatamente
caldo e si sventolò un pò con la mano davanti al viso.
Poi prese una scatola da sotto il letto e l'aprì. Sorrise
guardando tutta la sua merce. C'era tutto ciò di cui aveva bisogno per almeno un
mese. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una bustina ben chiusa e la buttò lì,
tra confezioni di pillole e bustine d'erba. Lui aveva tutto. Lui era il
fornitore di droghe della scuola, ed il gruppo d'elite si rivolgeva a lui ogni
volta che qualcuno voleva sballarsi un pò.
Richiuse la scatola in fretta, sperando che al suo ritorno
Ray portasse con se qualche altra sostanza stupefacente da aggiungere al loro
listino. Era iniziato tutto per gioco ed ora avevano una bella mazzetta di
banconote nascosta nell'armadio che i due dividevano.
Gerard si sdraiò sul letto, pensoso.
Pensò ad Eliza, chiedendosi quando sarebbe tornata dalle
vacanze. Gli mancava sentirsi bussare sul vetro della finestra in piena notte, e
trovarsi Eliza e le sue amiche scavalcare per entrare nella sua camera, per
prendere un pò di merce e qualche alcolico quando tutto andava bene.
Non che Eliza avesse mai dimostrato vero interesse nei
suoi confronti. Ma d'altronde non dimostrava interesse in nulla, se non
nello sballo e nelle serate ad alta carica sessuale.
Eliza guardava sua madre fare l'oca con l'insegnante di surf. Sogghignò,
immaginando sua madre dispersa nell'oceano, aggrappata ad una tavola da surf,
circondata da una famiglia di squali affamati.
Era quello che si meritava, per essere così spudorata e
frivola.
Se ne stava comoda su una sdraio, i suoi grandi occhi azzurri
nascosti dietro un paio di occhiali da sole Gucci e la pelle dorata abbronzata
dal sole Polinesiano.
Allungò una mano verso il tavolino accanto alla sua sdraio,
dove un fresco cocktail fruttato non aspettava altro che venir gustato dalle sue
labbra. Frutti esotici e tanto, decisamente tanto Rum Bianco. Bevve un lungo
sorso, assaporando gli ultimi giorni di vacanza prima del rientro alla Sacred
Heart.
Non poteva dirlo ad alta voce, sarebbe sembrata una secchiona
sfigata, ma le mancava quel posto. Le mancavano Daphne e le altre. Le mancavano
le nottate in loro compagnia. E comunque due settimane con sua madre erano
decisamente troppe.
Afferrò il suo cellulare e sorrise componendo un sms.
Trovare il cellulare nella borsa era un'impresa decisamente ardua per Hailey. Si
morse un labbro per non imprecare, o il compagno di sua madre le avrebbe
lanciato un bel ceffone lì davanti a tutti.
Quando finalmente riuscì a tirar fuori il suo Blackberry
sorrise leggendo il messaggio di Eliza. Le ricordava che da lì a poco sarebbero
tornate alla pacchia del collegio, dove la voglia (e la possibilità) di
infrangere le regole regnava sovrana.
Non fece nemmeno in tempo a premere il tasto per risponderle
che Marcus la fulminò con lo sguardo afferrandole il polso «Ti ho detto mille
volte che non devi usare il telefono a tavola. Vorrei ricordarti che è una cena
di lavoro e che non sono ammessi comportamenti infantili, quindi metti a posto
quel cellulare e torna a mangiare.» disse con tono severo.
Hailey si irrigidì, cercando però di restare calma. Voleva
urlargli che era uno stronzo e che non lo sopportava. Voleva piangere e battere
i piedi a terra, nel migliore dei comportamenti infantili, e dirgli di
riportarla alla Sacred Heart.
Posò il telefono nella borsa e fece un respiro profondo.
Detestava quella famiglia, quel posto, quelle cene di lavoro in cui si discuteva
su quali attività a conduzione famigliare buttar giù per costruire enormi
grattacieli ed ampi parcheggi.
Spostò una ciocca di capelli mossi e castani dal volto, e
tornò a fingere di mangiare e di sorridere ai presenti. Erano in uno dei più
lussuosi ristoranti di New York, seduti intorno ad una tavolata bianca come
tutto il resto del locale. Era tutto così limpido che faceva venire mal di
testa.
Il suo patrigno riprese a parlare con i suoi colleghi di
lavoro, proprio come niente fosse.
Lei si augurò che si strozzasse con il prossimo boccone.
- - -
Ok. Ci siamo.
Eccomi con una nuova FF ispirata a tante, tantissime cose.
Non ho ancora un'idea precisa di come si svolgeranno le cose, ormai chi mi legge
sa che tutto viene da sé.
In questo capitolo ho voluto più che altro presentare i personaggi e dare
un'idea dell'ambientazione.
Detto ciò spero che vi piaccia e che vogliate continuare a leggerla. Se così non
fosse, mi dispiace ma io continuo a scrivere lo stesso!
E cominciamo con i ringraziamenti ad Ann e Vale. La prima per l'approvazione
della prima bozza, la seconda per i consigli sui nomi, cosa che per me è
totalmente complicata.
Quindi, vabbè, alla prossima.
xoxo <3
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