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Autore: shadowsdimples_    21/07/2011    1 recensioni
Seguito di 'Teenage dream'
"Piacere, Jared", disse lui stringendole la mano.
"Piacere, Hilary", ricambiò lei con un sorriso.
"Hai una bella voce", ammise Jay. Non era il tipo di persona che si lasciava andare a commenti di quel genere.
"Anche tu non scherzi", replicò lei, il sorriso che si faceva più grande.
Ecco, così siamo rimasti.
Ritornano le storie di Hilary e Jared, col loro amore incasinato, contorto ma romantico.
Ritornano Ambra e Shannon, col loro amore passionale ed intenso.
Ritornano Ashley e Jeremy, con una perdita terribile e il loro amore delicato come una farfalla.
E ritorna Tomo, che non ha un ruolo specifico nella storia, se non quello di sfogo o spalla su cui piangere.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Che cavolo, proprio non riesco a stare ferma! Volevo farvi aspettare un po' di più, ma non ci riesco xD Questo capitolo mi sembrava troppo bello per non essere postato subito ** Beh, che dire, la storia la conoscete già, negli avvertimenti ho messo Missing Moments, perchè verranno inseriti dei pezzi che in 'Teenage Dream' non ho messo, perciòòòò... Buona lettura! XD

Ila.


30 Seconds To Mars - L490




Los Angeles, 8.47 AM

Hilary*

 


“Hilary? Hilaryyyyy??” Mi girai incazzata come una iena: che cavolo, ci sentivo ancora!
“Che cavolo ti urli, me lo spieghi?!”
“Sono quaranta minuti che ti chiamiamo, perché non rispondi?”, fece Ambra poggiando il premio sul sedile.
“Sto pensando…”
“A cosa?”, chiese Ash piano.
“Mah, niente di importante…” Grande stronzata: Jared non era niente di importante. Jared era al centro dei miei fottutissimi pensieri. Tutti rivolti verso lui, che, come una calamita, mi attraeva.

“Merda…”, borbottai quando il bicchiere di vetro che avevo in mano mi scivolò e cadde a terra, sbriciolandosi con un botto non indifferente. Mi chinai a raccogliere i vetri, prima che i cani ci mettessero le zampe sopra. Sentii dei passi dietro di me.
“Hil, tutto bene?” Ash stava appoggiata allo stipite della porta, che si teneva la pancia.
“Si, si, mi è scivolato un bicchiere. Tu? Tutto bene?”
“Si, si… Mi fa solo male la pancia.”, disse con una smorfia, sedendosi sul divano. La sua pancia non era cresciuta tanto, da un mese a quella parte, era solo un leggero rigonfiamento. Poggiò la testa sulla spalliera del divano.
“Sicura? Vuoi andare all’ospedale?”
“No, tranquilla… Vuoi una mano?”
“No!” Dovevo aver detto ‘No!’ con un po’ troppa enfasi, dato che sobbalzò. “No, non ti preoccupare, adesso butto tutto.” Raccolsi gli ultimi pezzi del bicchiere e li buttai. Mi voltai verso Ashley: non aveva una bella cera.
“Stai bene, Ash? Io vorrei portarti in ospedale…”
“No! No, per favore…” Sgranò gli occhi. Ecco, ci siamo, pensai. “Devo fare pipì” Sospirai.
“Avvisa, cavolo! Mi hai fatto prendere un accidenti!” La aiutai a rialzarsi, era di due mesi, ma aveva la fiacca peggio di una di otto mesi. La accompagnai al bagno e aspettai di fuori, dato che a volte vomitava anche.
“Hil…”, la sua voce non era normale, era spaventata. Entrai immediatamente nel bagno.
“Che cavolo…?” Aveva del sangue che le colava sulle gambe.
“Portami in ospedale…”, mormorò con gli occhi gonfi di lacrime. La aiutai a rivestirsi e in mezzo secondo eravamo in macchina. Chiamai Jeremy, nel frattempo.
“Hil! Che succede?”
“Ash ha delle perdite. E non sono neanche piccole.”, dissi fredda mentre guidavo veloce.
“Cosa?! Stai scherzando spero!”
“Pensi che scherzerei su una cosa del genere?! Gronda sangue come una con il ciclo!”
“Arrivo subito.”
“Stiamo andando all’ospedale. Raggiungici li.” Attaccai e parcheggiai. Al pronto soccorso ci diedero codice rosso, così Ash venne caricata su una barella e venne portata in una stanza, accerchiata da medici ed infermiere. Non so quanto aspettai li, fuori da quella, camminando incessantemente avanti e indietro, so solo che arrivò Jeremy di corsa.
“Che è successo?”
“Non lo so, aveva mal di pancia, è andata in bagno e quando sono entrata, aveva le gambe piene di rivoli di sangue.” La finestra era stata chiusa, non potevamo vedere niente. Jeremy era afflitto, sembrava un bambino troppo cresciuto, coi suoi occhioni verdi tristi. Dopo mezz’ora, uscì fuori un dottore.
“Signor Anderson?” Jeremy scollò la fronte dal muro e guardò il medico riprendendo vita.
“Vorrei parlarle in privato, se possibile…”, disse guardandomi. Storsi il naso: che ero, un’appestata?
“Può parlare anche davanti a lei.”, disse Jeremy incrociando le braccia al petto. Mi sembrava di rimpicciolirmi e che lui crescesse ancora di più.
“Vede… La signorina Night, prima di questa gravidanza, era poco predisposta ad un concepimento con metodi naturali. La mancanza di determinati ormoni, ha impedito al feto di svilupparsi…” Già non ci capivo niente. Poco predisposta, impedire al feto di svilupparsi… che cavolo? Rimasi a riflettere, mentre il dottore continuava coi suoi termini complicati. Jeremy sospirò: era arrivato al limite della sopportazione pure lui. “… Ciò ha portato alla perdita del feto.”
Silenzio.
Cosa?
“Cosa?”, feci io come un automa. Jeremy chinò la testa.
“Mi dispiace, ma il feto non ce l’ha fatta… tuttavia, se deciderete di riprovare ad avere un bambino, con le adeguate cure e trattamenti, ci saranno più probabilità che la gravidanza verrà portata a termine.”
“Ma… Lei… Non le è successo niente! È stata attenta, non è possibile, lei… Lei non può averlo perso!”, gridavo frasi sconnesse, avevo perso tutta la ragione che avevo. Jeremy mi prese per le spalle, cercando di farmi calmare, con le lacrime che scendevano copiose sui nostri visi. Mi sentivo vuota. In quelle settimane, sentivo di essermi legata al feto, e ora che non c’era più, mi sentivo… Boh, non lo so come mi sentivo.
“Le ho già spiegato che non è per qualcosa che le è successo, ma è semplicemente perché il suo corpo non produceva quantità di ormoni sufficienti…”
“Oh, per favore, la smetta di usare sti termini complicati, che mi fa venire il mal di testa!”
“Hilary, calmati.” La voce profonda di Jeremy mi fermò prima che iniziassi a prendere a parolacce il dottore.
“Chiudi la bocca.” Si voltò verso il dottore. “Posso vederla?”
“La stiamo preparando per l’intervento. Solo cinque minuti.” Jeremy annuì ed entrò nella stanza. Mi scusai con il medico.
“Non si preoccupi. Sono abituato a peggio.”, mi rassicurò con un sorriso sotto i baffi grigi e sparì dietro l’angolo del corridoio spulciando una cartella. Mi asciugai le lacrime, facendomi le mani nere, causa rimmel. Poco dopo, Jeremy uscì.
“Vuole parlare con te.” Ashley era sdraiata sul letto, lo sguardo vitreo rivolto al soffitto. Mi guardò: i suoi occhi non erano mai stati così… spenti, privi di emozioni. Di solito c’era sempre una qualche emozione: tristezza, allegria, euforia, rabbia… Ma stavolta niente.
“Ehi…”, sussurrai carezzandole una guancia, cercando di dipingermi sul viso un sorriso, ma con il risultato di una smorfia. Non mi guardò, continuò a fissare il soffitto.
“Non è giusto…”, sussurrò Ash. Chinai la testa e mi sedetti sulla sedia.
“Ash, non è colpa tua… se tu e Jeremy deciderete di riprovare ad avere un bimbo, le probabilità di riuscita della gravidanza saranno molto più alte, lo ha detto il dottore.”
“Si, ma questo bambino non potrà mai essere rimpiazzato, lo capisci?! Non posso concepire un altro bambino così, per rimpiazzare quello che ho perso!”, disse agitandosi. Cercai di farla calmare, ma entrò l’infermiera.
“Signorina, deve uscire, la dobbiamo portare in sala…”
“Va bene.”, dissi sospirando. Stavo per uscire, ma Ashley mi prese per il polso. Mi avvicinai al letto.
“Chiama Ambra e dille di venire…”
“Va bene… Ci vediamo dopo..” Le sorrisi e uscii. La portarono in sala e rimanemmo li fuori ad aspettarla. Io telefonai ad Ambra.
“Ambra?”
“Ciao Hil! Non puoi capire, sono da Barney’s, il reparto bambini è qualcosa di incredibile, non puoi immaginare…”, disse gasata. Scossi la testa.
“Ambra, posa tutto.”
“Cosa? Hil, non essere invidiosa, comprerò anche per te e Ash…”
“No, Ambra, non hai capito: posa tutto e vieni all’ospedale, Ash ha perso il bambino.” Silenzio.
“Ambra?”
“Cosa?”
“Ambra, vieni al White Memorial. Stanno operando Ashley.”
“No…”
“Come no?”
“Cavolo… Arrivo.” Tempo dieci minuti, Ambra era nel corridoio a disperarsi tra le mie braccia. Le porte dell’ascensore si aprirono e uscì fuori la barella con Ashley sopra. Jeremy camminava accanto alla barella tenendole la mano.
“Ash!” Ambra corse verso di lei, con me appresso. Aveva una mascherina sul viso e dormiva.
“E’ sotto anestesia. Si sveglierà tra un paio d’ore.”, disse l’infermiera. Annuimmo ed entrammo nella stanza. Dopo che l’equipe di medici se ne fu andata, restammo noi tre a controllarla. Verso le otto di sera, Ash riprese conoscenza.
“Am…bra…”, sussurrò. Ambra scattò vicino a lei.
“Ciccia… Che ti è successo?”
“Ho… sete…” Presi il bicchiere con l’acqua e le avvicinai la cannuccia alle labbra secche.
“Ancora?” Scosse la testa. In quel momento, rientrò in stanza Jeremy, dopo che lo avevamo convinto ad andare a prendere un po’ d’aria. Con due passi, si ritrovò seduto sul letto, accanto ad Ash.
“Piccola, come ti senti?”, chiese accarezzandole il visino.
“Mi fa male…”, disse con la voce debole.
“Chiamo l’infermiera.”, annunciai. MaryAnne entrò nella stanza.
“Ciao piccola. Come ti senti?” Le indicò dove le faceva male, ovvero, il basso ventre.
“E’ normale. Cerca di resistere, tesoro, se continuerà a farti male ti porto l’antidolorifico, ok?” Ash annuì e Mary le accarezzò la testa, prima di uscire. Una settimana dopo, Ash tornò a casa. Jeremy doveva andare a Glasgow da sua sorella, aveva avuto un incidente, Ash lo aveva costretto ad andare.
“Vai, dannazione, Ambra e Hilary mi tengono sotto sorveglianza. Sono in cassaforte”, disse sorridente. Jem la guardò di sottecchi, poi si chinò a baciarla e ci lanciò uno sguardo eloquente prima di uscire dalla stanza. Ash non riusciva a muoversi, qualsiasi movimento facesse le procurava fitte lancinanti al basso ventre. Riuscimmo, con un po’ di sforzo e con l’aiuto degli infermieri, a metterla sulla sedia a rotelle e a portarla a casa. Dopo averla sistemata in salotto, sul divano, con telefono e telefonino, potemmo rilassarci mentre la pioggia di fine settembre si abbatteva sul tetto della casa, creando un rumore rilassante, che fece addormentare tutte e tre. Ci svegliammo col campanello che suonava insistente. Ash ronfava ancora. Capirai, pensai, con l’anestesia da smaltire dormirà ancora più profondamente.
“Hil!”
“Shan! Ciao!” Feci entrare l’animale, che era zuppo.
“Come mai non rispondevate?”
“Ci siamo addormentate. Gran bell’idea andare in moto sotto l’acqua”, dissi sfottendolo.
“Si, si, sfotti, ancora non pioveva quando sono uscito da casa.”
“Come mai qui?”
“Volevo venire a trovare Ash. Sta dormendo?”
“Si, effetti dell’anestesia, finisci di smaltirla dopo un mese.”
“Ambra?” Ambra comparve dietro le scale.
“Cucciolo…”, mormorò lei abbracciandolo. Si stropicciò gli occhi e lo baciò. Li lasciai da soli e tornai da Ash. Stava allungata sul divano, il plaid le era scivolato dalle spalle. Glielo tirai su e pensai alla cena. Infilai le lasagne che avevo fatto scongelare nel forno ed apparecchiai.
“Shan, resti a cena?”
“Non vorrei dis…” Lo guardai: aveva mai fatto complimenti?
“Stai scherzando? Non è la prima volta che resti a cena qui.”
“Mh, ok. Senti, posso farmi una doccia?”
“Certo! Sai dov’è la mia camera?”
“Si, certo. Vado” E sparì nell’oscurità del corridoio. Apparecchiai e andai in camera mia. Mi feci coraggio ed aprii il cassetto. Scavai a fondo e trovai la tuta che cercavo. Era di Jared, gliel’avevano regalata dei fans, ma gli stava troppo grande e se l’è dimenticata a casa mia. La lasciai sul letto: a Shannon sarebbe andata bene. Tornai in camera da pranzo e svegliai Ashley.
“Ash…” Mugolò e si coprì il viso con la coperta.
“Ash, svegliati, è ora di cena…”
“Non ho fame…”
“Si, invece. Forza, alzati, ti do una mano…” La tirai piano per il braccio.
“Hil, sei una palla al piede…”, brontolò riprendendo vita.
“Modestamente.” Si tirò su e, con qualche smorfia si piazzò sulla sedia a rotelle e la portai al suo posto, a tavola, mentre chiamava Jeremy. Tolsi la lasagna dal forno e la tagliai. Ambra e Shannon comparvero dal corridoio mano nella mano. Mi girai e non vedevo più Ashley: dov’era? Poi la vidi vicino la finestra al telefono. Sorrideva. Sorrisi anche io e portai la lasagna a tavola.
“Mmmh, ho già fame”, fece Shannon rubando un pezzo di angolo della lasagna, il più croccante.
“Ehi!”
“Quando mai…”, borbottò Ambra. Ci mettemmo seduti dopo che ebbi fatto i piatti e iniziammo a mangiare.
“Ah, mamma, quanto ti amo…”, fece Shannon. Sorrisi, Ambra lo guardò storto.
“Mamma Constance è la migliore a fare le lasagne”, dissi sorridente. Un paio di settimane prima Shannon mi si era presentato davanti con una teglia enorme di lasagne. Quella era l’occasione perfetta per papparsela. Dopo tante risate e discussioni, andammo tutti a letto. Mentre caricavo la lavastoviglie, Shannon mi si avvicinò.
“Ehi”
“Ehi, non vai a dormire?” Avevamo invitato Shan a restare per la notte, dato che fuori pioveva ancora.
“Volevo parlarti un po’…”
“Dimmi”, dissi sorridente. Chiusi la lavastoviglie e la feci partire.
“Da quanto tempo non vedi Jared?”, chiese di punto in bianco. Il sorriso scomparve dalla mia faccia.
“Perché?”
“Tu dimmelo…” Non era un ordine, era una semplice richiesta.
“Dai MMA”, dissi pulendo il bancone.
“Come siete rimasti?”
One day, maybe we’ll meet again.
“Siete rimasti con la frase di una nostra canzone?”, chiese scettico.
“Sono sicura che ci rivedremo.”, dissi sciacquando lo straccio.
“Hilary…”
“Shannon, tuo fratello non si fidava più di me, devo ricordartelo? No, non credo, la mia vita va avanti, anche quella di tuo fratello, devo prendermi cura di Ashley, non posso permettermi altre distrazioni, quali un fidanzato geloso e malfidato.”
“Jared è cambiato.” Sorrisi senza allegria.
“Che vuoi dire, che di punto in bianco, adesso mi crede?”
“No, non di punto in bianco, ma, facendolo ragionare, ha capito che ha fatto una stronzata.” Sospirai.
“Mi dispiace Shan. Tuo fratello non ha voluto capirmi.” Spensi i faretti della cucina e accesi la lampada che lasciavo accesa la notte.
“Hilary, dagli una possibilità.”, disse Shannon dietro di me. Mi girai, ferita.
“Non sono io che devo dargli una possibilità. È lui che deve darla a me, secondo tuo fratello. Secondo lui, sono io quella che deve farsi perdonare.” Anche se quel giorno, il giorno dei MMA, il suo sorriso mi ha fatto sentire così bene, completa, come se in quel momento ci fossimo dimenticati di quello che era successo tra di noi.
“Buonanotte Shan.” Entrai e lo sentii mormorare ‘Notte’ poco prima che chiudessi la porta.
 

   
 
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