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Autore: manubibi    22/07/2011    3 recensioni
Si fa tutto un gran parlare della morte. Riempie le prime pagine dei quotidiani, si diffonde come un morbo attraverso il passaparola in neanche un minuto in tutto il mondo, fa più notizia e scuote gli animi più di un aereo a bassa quota sulla Piazza Rossa, cambia vite - paradossalmente - e ne distrugge virtualmente altre. A dire il vero, gente, non è che sia tutta questa gran cosa. C'è tutto il terrore prima che venga (se la vedi arrivare) e ci si immagina come sarà. Le domande sono sempre le stesse. Perché io? Soffrirò? E mia sorella? E il resto del mondo? Sì, questa è una mia aggiunta, perché ho un ego enorme anche se lo nascondo spesso dietro una certa riservatezza che mi identifica per la mia cultura.
Uh, sì, dovevo presentarmi. Mi chiamo Jude Law, vengo da Londra, ho trentacinque anni e sono morto.
AU, death!fic, rating variabile.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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'Sono fottuto' Pensai, deglutendo. Sì, Robert mi faceva davvero paura ora. 

«I-incontrarmi?» Chiesi, sentendomi un coglione a parlare da solo davanti al computer.

"Sì, ci facciamo una bevuta, una sigaretta, non lo so... E parliamo, tranquillamente. In realtà mi piaci perché nessuno era mai riuscito ad entrare nel suo database. E poi perché sei davvero carino. E anche tua sorella non è male!"

«Se-- Lascia stare mia sorella» Balbettai, sudando come non facevo da tanto tempo. Sapevo che mi stavo facendo manipolare troppo facilmente, ma dopotutto io non ero abituato ad essere beccato. Anzi, non mi era mai successo. Nemmeno a scuola quando imbrogliavo i test, e se mi avessero colto in fallo allora probabilmente non avrei mai continuato gli studi. Dall'altra parte ero anche elettrizzato, mi sembrava di essere in un film. Robert era bravissimo, e la cosa mi disturbava. Non ammettevo che il figlio di un riccastro che nella mia testa era stato cresciuto da principino fosse più bravo di me. Io i miei computer li avevo comprati coi miei risparmi, avevo fatto dei sacrifici. Doveva esserci qualcosa sotto, non potevo proprio ammettere che la realtà fosse diversa da come me l'ero immaginata.

"No, no, non faccio niente a Natasha! Dicevo per dire, davvero. E poi non sono un sicario mafioso, sono uno come te."

«Dubito» Dissi, in tono a metà fra il sarcastico ed il dubbioso.

"Ho pagato l'ultima rata del mutuo ieri, proprio come te. E ho qualche problema ad arrivare a fine mese, per questo faccio il doppio lavoro. Come te, già."

«Vaffanculo» Esclamai infine. «Chi cazzo sei, che cazzo vuoi da me? Okay, lascio il sito, mando a fanculo chi mi ha pagato il lavoro, ma lasciami in pace!" Aggiunsi, quasi strillando per lo spavento. 

"Calma, non voglio farti del male. davvero" Scrisse subito, e stranamente mi tranquillizzai. La verità è che sono sempre stato dubbioso e diffidente, ma sentivo quasi il tono dolce di quella voce.

«Lasciami in pace» Supplicai con un filo di voce, fissando lo schermo e continuando a passarmi la mano fra i capelli. Avevo tantissima paura. Come minimo sarebbero arrivati in casa mia ad uccidermi torturandomi lentamente, e poi sarebbero andati ad uccidere tutta la mia famiglia e poi mi avrebbero diffamato pubblicamente e--

"Okay. Però ti lascio il mio numero, in caso ti venisse voglia di uscire con me."

E mi scrisse una sequenza di numeri. Mi chiesi se fosse legittimo, dopotutto chi va in giro a lasciare il proprio numero di telefono a relativi estranei - anche se in verità quello sapeva probabilmente più cose di me di quanto volesse farmi credere.

«Uscire?» Ripetei, sentendomi un coglione che probabilmente stavo sembrando. Cioè, sicuramente con la faccia che avevo mi avrà preso per un cretino che non sa nemmeno violare un sito senza farsi surclassare da un figlio di papà. Cosa che, riflettendoci, effettivamente ero.

"Sì, uscire. Ti ho già detto che sei carino, giusto?" Fu il messaggio successivo. "Mi piacerebbe offrirti qualcosa da bere. Anche senza parlare del sito, se non vuoi parlarne. Non mi interessa così tanto". Avrei dovuto sapere che non era vero. Avrei dovuto sapere che in realtà gli interessava solo quello. Ed altre cose non meno triviali. Ma ero stupido, troppo stupido. Comunque, allora lessi più volte l'affermazione, con un piccolo bagliore di fiducia che si faceva spazio nel mio falso cinismo. Mi torturai il labbro.

"Smettila, sei troppo carino."

«Non mi stai lusingando, mi stai spaventando!» Esclamai, cercando di non suonare sconvolto. Che cazzo. Certo, sono gay, ma non mi piaceva tutta quella situazione. 

"Scusa. È che sei davvero bellissimo" Scrisse. Testuali parole, non mi sto inventando niente. Era troppo melenso - ed inquietante - per essere vero. E ne ho conosciuti di uomini gay, ma non pensavo ne esistessero di così... Non lo so. In realtà gli uomini che mi scopavo di solito erano perfettamente mascolini da questo punto di vista. Sesso, sesso, sesso, sesso. O anche amore, qualche volta, ma non così, da... Complimenti. O forse sono cresciuto male, non lo so. Comunque mi sorprese. Anche perché il tipo mi stava spiando dalla mia webcam! Ed ora che ci penso, stava sicuramente spingendo sul pedale del romanticismo (o almeno credo che quello per lui lo fosse) credendo di farmi abboccare... Cosa che successe, effettivamente. 

Rimasi in silenzio, emettendo qualche sillaba senza senso.

"Hahahaha. Su, per favore... Posso corteggiarti come si deve? So che non ti dispiacerebbe."

«Chi cazzo sei per sapere cosa mi piace e cosa no?» Sbottai, ormai dimentico che stavo parlando con un fottuto schermo. Quell'uomo aveva avuto la mia totale attenzione. Avrei dovuto ignorarlo. Non avrei mai dovuto accettare... Invece è quello che feci. Dopo qualche sua insistenza, alla fine cedetti.

«Va bene. Dove?» Chiesi cautamente.

"Regent's Park? A quel bar con tutta la roba bio?"

Ci riflettei su qualche secondo. Regent's è uno spazio aperto, sempre pieno di turisti. C'era la possibilità che fosse davvero un appuntamento informale ed innocuo. "Alle quattro" Aggiunse quando mi vide tentennare ancora.

«Okay» Dissi. E spensi il computer, accendendo una sigaretta. Avevo smesso da molto, ma ne avevo assolutamente bisogno. E, rilassandomi contro lo schienale della sedia, mi persi fra congetture e sbuffi di fumo.

 

 

*** 

 

Regent's Park mi ha sempre spaventato. Ci sono tantissimi uccelli e a me i volatili spaventano. Mi hanno sempre spaventato, fin da piccolo ero apprensivo quando mi si avvicinava un uccellino, perché non volevo che si mettesse a volare. Le cose che volano in generale mi spaventano, ecco. Quindi non so perché accettai di incontrare un perfetto sconosciuto in un luogo che mi metteva a disagio. Fissai a lungo le anatre ed i cigni che nuotavano tranquillamente nel lago artificiale che si collegava ad altri bacini che percorrevano tutto il grande parco. Arrivavo da Primrose Hill, perciò dovevo attraversare tutti i campi da gioco con i turisti e i bambini con i gelati in mano. E, una volta attraversato il ponte e le aiuole - odiavo gli insetti, avevo paura di loro - mi ritrovai alla fine delle serre, tirando un sospiro di sollievo. Per fortuna avevo con me il mio walkman, con le vecchie cassette. 

Mi avvicinai al piccolo bar all'aperto che conoscevo bene e mi sedetti, lanciando sorrisi di circostanza al gestore che mi fissava in attesa di un ordine. Ma non volevo ordinare proprio niente, volevo solo che Robert apparisse e mi dicesse come era entrato nel mio computer.

Nessuno tocca il mio computer. Non lo permetto nemmeno ai pochi occasionali visitatori che vengono a trovarmi qualche volta. Non tollero quindi che qualcuno si metta a frugare fra le mie cose, eppure dietro tutto quel risentimento c'era anche della stima e dello stupore. Robert era evidentemente qualcuno da cui imparare. Imparare mi piace, perciò ero impaziente di vederlo. Me l'aspettavo un po' come il classico tipo sfigato, con gli occhiali spessi come fondi di bottiglia, i brufoli e la t-shirt stra-usata di Star Wars, o qualcosa del genere. 

Quando però apparve pensai che fosse un turista che si era perso. Invece sorrise e rimasi stupito. Era davvero bello. È bello. Indossava una camicia bianca che riluceva al raro sole di Londra e faceva risaltare la superficie del suo viso. Portava una appena accennata barba di qualche giorno e capii che doveva essere decisamente più anziano di me. Da subito capii che dietro quell'aspetto c'era qualcosa di incomprensibile, anzi qualcosa che ancora non avevo compreso ma che ora ho capito perfettamente, anche se è troppo tardi. Mi tese la mano e rimasi ad osservarla per qualche secondo, diffidente. Infine la strinsi e lui si sedette davanti a me, assolutamente non invitato. Mi accigliai appena fissandolo, cercando di fargli capire che non apprezzavo questa iniziativa di sedersi senza che glielo avessi detto io. Sì, non mi piace che gli sconosciuti si prendano delle confidenze senza che lo permetta. Ma lui si è sempre preso tutto come voleva, perciò ora lo comprendo. Ma quel nostro incontro non iniziò nel migliore dei modi, diciamo. Rimanemmo a fissarci per qualche minuto mentre al bancone ci guardavano a loro volta, ponderando. Era il caso di venirci a chiedere cosa volevamo? Forse l'atmosfera tesa si era diffusa fino a loro, suggerendo che no, forse era il caso di ignorarci. 

«Sei proprio carino come in foto. Anzi, di più» Esordì lui, sorridendo in un modo che non mi piacque. Il suo sorriso non si spandeva fino agli occhi, quelli rimanevano neri e freddi come fossero morti. E quella frase mi inquietò proprio come gli insetti. Mi trovavo davanti ad uno sconosciuto che iniziava le conversazioni con complimenti non richiesti. Non aveva detto niente per presentarsi e questo mi mise sulla difensiva.

«Grazie.» Mi limitai a rispondere, irrigidendomi sulla sedia. Finsi di cercare qualcosa nelle tasche, mi guardai attorno, mi grattai il naso. E lui rimaneva lì a fissarmi, sempre con quel sorriso enigmatico fra le pieghe espressive del suo viso. «Allora, cosa vuoi?» Chiesi infine, fiutando una certa sorpresa nell'aria. Robert si scosse e si diede un colpo sulla fronte, ridacchiando.

«Sì. Beh, in realtà volevo conoscerti, la tua tecnica è... Interessante.»

Falso.

Scrollai le spalle e mi rilassai leggermente, sbadigliando e schermando il viso contro il sole estivo, senza credere ad una sola delle sue parole. «Beh, grazie.»

Mi guardò ancora in modo analitico e quando lo fissai freddamente di rimando sbatté le palpebre.

«Come hai fatto ad entrare nel mio computer?» Domandai, diretto.

Robert ridacchiò allegramente e si morse il labbro, riflettendo come fosse una domanda difficile.

«Beh, se fai questo lavoro dovresti sapere cos'è un trojan*» Rispose, prendendomi in giro. Mi agitai sulla sedia, certo di essere arrossito per la vergogna.

«Certo che lo so, ma... Come sei riuscito a farmelo scaricare?»

«Cazzo, Jude, sei divertente. Ho piazzato un virus nel sito, non dirmi che non te n'eri accorto.»

«... Me n'ero accorto» Dissi lentamente. Era vero; c'era un codice lunghissimo che trovavo obsoleto, ma l'avevo ignorato. Per me i virus sono scemenze da principianti, non pensavo fosse un diversivo. «Mi hai proprio fatto un giochetto alla Ulisse, cazzo» Aggiunsi, iniziando a sciogliermi. 

«Sai, a volte le cose ovvie ti sfuggono, un po' come quel racconto di Poe.»

«Sì» Risposi, sorridendo appena. «E immagino che tu abbia usato TeamViewer*»

Annuì, divertito. «Sì, e non è stato semplice entrare nel tuo pc, comunque. Questo te lo devo.»

«Ho una password impossibile» Convenni, ridendo. 

«Impossibilissima, ho dovuto premere tasti random prima di trovarla... Per puro caso.»

L'atmosfera si era distesa velocemente. Dopotutto, parlando, ci scoprimmo appartenenti alla stessa specie. Quelli che da piccoli sognavano creature provenienti da Haumea, quelli che a scuola ficcavano il naso nei libri di scienze ricordando solo le cose meno utili, quelli che segretamente miravano a possedere un TARDIS per viaggiare nel tempo e nello spazio, quelli che sognavano invenzioni impossibili come le lenti a contatto interattive; quelli che non avevano mai capito le dinamiche sociali come il codice di abbigliamento e molto altro. O meglio, che le rigettavano in toto. Quelli che ascoltavano il suono del mare invece della radio, quelli che leggevano vecchi libri di cantina invece dei tascabili colorati in libreria, quelli che guardavano infinità di volte Beetlejuice e i Goonies sgranocchiando le peggiori schifezze sul mercato.

Ma, ora che ci penso - no, non sto esattamente pensando, ma non importa - credo che Robert non facesse altro che assecondare attivamente tutto quello che dicevo. Intendo dire che sicuramente ha una mente elastica in grado di capire qualsiasi punto di vista senza farlo proprio. Insomma, era in grado di fingersi perfettamente qualcuno che non era. Per esempio io credo che Robert non si sia mai interessato di astrofisica eppure ne sapeva molto, sapeva tutto il conosciuto sui buchi neri e sull'antimateria. E non si comportava come una persona tipica. Mi guardava come se in ogni istante mi stesse analizzando e questo non mi piaceva. Ma mi attirava. Compresi di aver trovato un uomo particolare che, arrivato a quarant'anni, non si fosse appisolato sulle certezze che si era costruito in una vita. Questo faceva di lui una persona intelligente, ai miei occhi. E mi dissi che le sue stranezze erano sicuramente parte di lui e che probabilmente non se ne rendeva nemmeno conto. E poi sorrideva molto, anche se quelle espressioni erano molto cortesi e poco rassicuranti. Eppure mi riscaldavano. 

La sua è stata tutta una rete tessuta in un angolo buio.

«Cosa cercavi nel sito di mio padre?» Chiese, diretto, senza guardarmi molto a lungo e assumendo un atteggiamento indifferente, talmente rilassato che al nostro fianco comparve un cameriere che prontamente mandammo via.

«... Cose» Dissi. Lui mi guardò ed annuì, stringendosi nelle spalle e giocherellando con la scatola di sigarette. «Comunque sei carino» Ripeté, senza guardarmi. «Vorrei vederti di nuovo... Ora devo proprio scappare. Facciamo da un'altra parte?»

Ebbi l'impressione che volesse liberarsi di me.

«Okay, rivediamoci.»

«Okay, rivediamoci» Ripeté di nuovo. Rimasi in silenzio provando un certo imbarazzo, poi sorrisi. «Sempre qui. Ti aspetterò di nuovo.»

Mi lanciò un'occhiata divertita e poi sorrise, anche con gli occhi.

«Ciao.»

E mi lasciò lì, a riflettere sulla conversazione estremamente facile che avevo appena avuto. Perché per me nessun contatto diretto era mai stato semplice, fin dalle prime ore di solitudine a scuola. Quando i ragazzi insicuri e popolari lanciavano i miei oggetti fuori dalla finestra e mi prendevano in giro per il mio cognome. Ah ah ah, ecco che arriva la Legge.

Con Robert invece era stato facile. Facilissimo.

Troppo facile.

 

 

NdA

*Trojan: non è un vero e proprio virus, ma può essere "abbinato" ad un virus perché venga infiltrato nel sistema del computer che si vuole invadere. Funziona come un vero e proprio cavallo di Troia dato che viene spesso camuffato da file come un videogioco piratato e che l'utente la maggior parte delle volte lo scarica consapevolmente, certo senza sapere cos'è. Serve, dicendola papale papale, a dare comandi al computer "invaso", che possono andare dall'autoinviarsi agli amici attraverso le mail al creare collegamenti fra il pc del mittente e quello del ricevente.

*TeamViewer invece è un programma distribuito anche legalmente che serve a creare reti fra piccì, e conseguentemente a controllare altri computer a distanza. Immagino che sia stato scritto per lavori d'azienda o scolastici, ma mi è stato detto che non di rado viene utilizzato da hacker per entrare nei computer altrui.

Mi piacerebbe parlare di hacking vero e proprio e di defacing nei prossimi capitoli, e anche dei gruppi di hacker come LULZsec o Anonymous, ma non saprei proprio come fare e se farlo XD

   
 
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