I'll be back

Era una gelida giornata di inverno;il sole,pallido e lattiginoso,era circondato da soffici,candidi batuffoli che cercavano,inutilmente,di oscurarlo.

La distesa di viole e girasoli che circondava la tenuta era velata da un leggero strato di neve che,delicatamente,andava ad insinuarsi fra l'infinità di petali d'oro e d'ametista.

Una miriade di minuscole perle trasparenti adornavano gli steli,conferendo ad essi un aspetto fragile,quasi irreale.

Mi alzai,scrollando alcuni fili d'erba dal velluto nero dei pantaloni.

Mossi alcuni passi in avanti,beandomi della sensazione di morbidezza che il prato,a contatto con la pelle dei piedi,mi donava.

Sempre ad occhi chiusi,iniziai a correre.

Violente raffiche di vento sferzavano il mio viso,lasciando i miei riccioli liberi di ondeggiare nella densa nebbia invernale.

Amavo correre. Correndo,potevo rompere le catene che la tenevano legata al mio cuore.

Riuscivo a sfogare la rabbia che portavo costantemente dentro.

In poco tempo,raggiunsi il mio nascondiglio segreto.

Infatti,ben nascosto dalla rigogliosa vegetazione,fra piante rampicanti e verdi cespugli,c'era il mio piccolo angolo di paradiso. Una deforme macchia grigia con diverse sfumature di lavanda ed indaco.

Entrai all'interno della grotta,e mi rannicchiai nel mio spazio,portando le gambe all'altezza del petto.

Tesi le orecchie,attento a percepire il minimo rumore.

Nulla.

Alzai lo sguardo al soffitto;avevo scavato dei piccoli buchi nella roccia per permettere alla luce di entrare.

Le mie pupille saettarono al centro dell'ampio spazio.

Il piccolo stagno,con la cui acqua ero solito bagnarmi,era ricoperto da un pesante strato di ghiaccio.

Rilassai la schiena contro una delle pareti.

Quella grotta rappresentava l'unico luogo nel quale mi sentivo protetto,lontano dalla crudele realtà,dalle occhiate d'odio di mio padre o dai muti rimproveri dei miei fratelli.

Lì,lontano da tutto e da tutti,mi sentivo in pace con me stesso.

Non avevo mai portato nessuno nella grotta,nemmeno Elijah,che era l'unico che sembrava tenere alla mia persona e dimostrare un minimo d'affetto nei miei confronti.

Nessuno,tranne lei.

Lei,la donna che mi aveva portato in grembo e dato alla luce.

Mia madre.

Istintivamente,strofinai una mano contro un muro,e li trovai.

I solchi che aveva lasciato,incidendo una frase nella dura superficie.

Mi voltai e la lessi :

Ty moĭ zhiznʹyu, detka. S lyubovʹyu, mama ,

Aveva scritto,con l'ausilio di una pietra levigata ed appuntita.

Sentii le lacrime ballare sulle mie ciglia e,prontamente,le ricacciai indietro.

Piangere non sarebbero servito a riportarla in vita.

Mi avvicinai al laghetto ghiacciato e mi ci specchiai.

Fu un fulmine,ma lo vidi.

Da color verde acqua qual era,divenire ambrato.

Mi tornarono alla mente le sue parole.

Tu sei diverso dagli altri tuoi fratelli. Sei speciale,mio piccolo Klaus.

Hai qualcosa di unico,dentro te,bisbigliò al mio orecchio,un giorno.

Inizialmente,non ne capii il significato.

In quel momento,però,tutto fu più chiaro.

Avevo visto,seppur per un secondo,il particolare che mi rendeva diverso.

Qualcosa,improvvisamente,mi distolse dalle mie riflessioni.

La vidi,intrappolata nel ghiaccio.

La carnagione lattea,un sereno sorriso sulle labbra color rosa pallido,i riccioli di seta nera posati,in una morbida carezza,sulle minute spalle.

Restai secondi,minuti,forse ore,a fissarla,finché non sentii una voce chiamarmi : 

- Niklaus! Torna a casa! -

Di malavoglia,mi alzai. 

Tornerò,mamma. Ti libererò. Promesso,pensai,uscendo dal mio mondo.

* Sei tutta la mia vita,piccolo. Con Amore,mamma,in Russo.