Bene in questo capitolo c'è finalmente un OC e vorrei sapere cosa ne pensate di lei.
Ringrazio vivamente chi
Recensisce
Segue
Ricorda
Preferisce.
Grazie veramente.
Le*Storie*Di*Una*Vita
Due
settimane
del matrimonio tanto atteso.
“Tuo
fratello Ken sa tutto …” mi disse Ben, mentre
camminavamo a passo felpato lungo
i corridoi, “E Julie?”
chiesi cosciente che non avrei saputo assolutamente
mentire alla mia amica una cosa tanto grande, “Sa, ma non sa. Cioè lei sa, ma
fa finta di non sapere, aspetta che un giorno io prenda il coraggio di
dirglielo” mi rivelò Ben, con gli occhi bassi,
“Da quando pensi che sappia?”
chiesi, decisamente a disaggio, passandomi una mano sulla coda di
cavallo, “Dal
principio” mi rispose Ben, con la voce di chi si sentiva
colpevole o meglio di
chi lo era. “Ken invece lo sa da
un bel po’ è stata Kai a dirglielo, al 3
appuntamento credo” disse Ben, cercando di espiare
l’argomento che ben sapeva
che presto sarebbe entrato in scena, “Tu pensi di in …”,
“Non lo dire” mi
fermò
in tronco mio cugino, che non era una di quelle persone che scappavano
dalle
situazioni difficili, ma da quella era scappato, era fuggito, si era
rintanato
in un posto lontano ed aveva chiuso a chiave il ricordo di quella vita,
avendo
la forza di vivere come se niente fosse successo, ma quella situazione
aveva
trovato la chiave ed ora era entrata con prepotenza nella vita di chi
avrebbe
dovuto accompagnarla dentro, non lasciare la porta aperta, ma
accompagnarla
dentro con dolci parole e tenendole la mano, ma non c’era stato
questo
riscontro da favola, non la prima volta almeno. “Si, ma devi fare qualcosa …”
dissi, “Io penso a Ken”
disse Ben, con un innaturale freddezza, lui pensava a
suo figlio Ken? Si preoccupava di come avrebbe potuto prendere la
storia?
Avrebbe perso la bussola e si sarebbe abbandonato in un buio
dell’anima, ma era
un bambino forte, avrebbe reagito, avrebbe trovato il positivo e
sarebbe stato
felice e magari quando queste acque si sarebbero acquetate sarebbe
potuto
essere la spalla per lo sconforto di Davlin nello scoprire chi era sua
madre,
perché ero certa che il mio bambino non l’avrebbe presa e
bene ed ero anche
convinta che dare a Davlin e a Ken notizie così scioccanti
contemporaneamente
era veramente crudele. “Ben, ma
se non si fosse formata questa situazione, tu
me l’avresti mai detto?” chiesi a mio cugino a
tradimento, Ben mi guardò
intensamente, “Forse, tra un
paio d’anni!” rispose in un sussurro, non potevo
davvero credere che Ben avrebbe dimenticato, io non avevo dimenticato
il mio
Davlin, mi ero impegnata per cercarlo, dopo essermi ripresa, ma di
Kevin e del
mio bambino nulla, ma sebbene non avessi detto niente a nessuno non
avevo mai
dimenticato, mi ero nutrita di quei bei ricordi e di quelle emozioni.
“Tu a Davlin
quando dirai la verità?” chiese Ben, spostando dal
tema principale da lui a me,
“Presto, al momento propizio e
quando prenderò coraggio!” risposi, stringendo i
pugni sulla camicia da Risolutore.
“Gwen,
comunque oggi ti tocca un lavoro davvero divertente!” mi
rivelò Ben cambiando
direttamente argomento, “Cosa mi
tocca?” chiesi abbastanza preoccupata, vedendo
il sorriso soddisfatto che era nato sul volto di mio cugino, “Rieducazione”
cantilenò lui ed io sbuffai, “Non puoi mandarmi a sturare gli intestini
dei
vermi Lauresiani?” chiesi con una certa speranza nella
voce, “Gwen su dai, una
volta amavi la rieducazione” mi disse Ben, lo guardai in
malo modo, “Io vado,
prima inizio, prima finisco” gli dissi, aggiunsi: “Ma ti assicuro che noi
dobbiamo finire una conversazione!” e con passò
svelto mi diressi alla sezione
con il passaggio del vuoto totale, pronta ad un estenuante giornata di
rieducazione, che l’ammetto, una volta mi piaceva davvero molto,
quel lavoro
richiedeva molta socialità e grande conoscenza delle regole ed
io avevo
entrambe le cose, solo che dopo la missione semestrale sul pianeta
Kylmyys, non
ci si è più abituati a stare a contatto con le menti in
Rieducazione, che poi
non sono altro che creature che hanno vissuto nel vuoto totale a cui
viene data
la libera uscita o un permesso di vacanza a lungo termine o di breve
durata nel
nostro mondo,dove si insegna a loro come vivere in un modo più
civilizzato, non
che il vuoto assoluto non lo sia, ma è un mondo molto più
selvaggio, quando una
persona va in visita in quel mondo è sempre sorvegliata
perché non succeda
nulla e viene avvisata con molte precauzioni, quando si va a vivere
lì per un
desiderio personale, tutto è più complicato e le persone
devono seguire un
corso di auto difesa, un addestramento fisico ed imparare almeno
parzialmente
le regole, invece quando veniva scortato un nuovo prigioniero si davano
poche
direttive e ci si assicurava solo che lui facesse il suo lavoro
d’obbligo
aiutando nei campi i contadini e cose simili.
“Gwen!
Ben arrivata!” esclamò Helena, seduta sulla sedia
di guardia e sollevando
appena il capo per vedermi. Elena si occupava sempre del passaggio del
vuoto
totale, “Che gruppo mi tocca?”
chiesi abbastanza annoiata, accomodandomi sul
tavolo, lei si grattò la testa e mi sorrise “Sapendo che ora stai aiutando Kai
con il vestito, Ken con la prova e Davlin con le magie. Sono stata
buona, ti ho
affidato l’unico caso di soggiorno vacanziero di questi giorni”
mi disse, con
un sorriso sghembo, sospirai: “E
chi è?” chiesi, legandomi in una coda alta, i
capelli fluenti che quel giorno avevo lasciato sciolti, “Uh … Non ha crimini
alle spalle e vive nel vuoto totale perché i suoi genitori sono
criminali, di
livello rosso” rispose lei, mi arricciai i capelli con il dito. I
livelli dei criminali, si sceglievano in base al colore, blu: un
abnorme
quantità di piccoli crimini, giallo: esilio politico, verde:
banditi,
arancione: potenzialmente pericolo e rosso: criminali pericolosissimi.
“E
perché viene?” chiesi, “I parenti che non ha mai conosciuto, forse
…” ipotizzò
Helena, passandosi una mano sui capelli scuri, “Quanti anni ha?” chiesi,
“12
fra tre mesi. Mi pare” rispose lei, cercando di non notare
la mia faccia
sconvolta, una bambina di quasi 12anni che abbandonava il vuoto totale
per una
vacanza? Strano, molto strano. Il portale per il vuoto totale si
aprì e con un
passo svelto uscì fuori dall’apertura Pierce, trascinando
con se una minuta
ragazzina, dai capelli biondi e gli occhi di
un colore così particolari, violetti, le labbra gonfie,
la pelle bronza
ed il volto terribilmente famigliare, “Gwen, Helena. Posso presentarvi Jean
Star?” disse Pierce con un sorriso gentile, “Ciao Jean” dissi io, guardando
quella ragazzina che sorrideva sfacciata.
“Salve
…” ci disse, con un tono di voce
timido
rispetto al sorriso sfacciato che aveva. “Bene, Jean. Posso chiamarti Jean o
signorina Star? Io sono Gwen e sarò la tua guida per la
rieducazione al mondo
fuori in volto totale, particolarmente la Terra” dissi con fare formale, “Si Jean va benissimo,
tanto è il mio nomignolo, in verità anche Jean Star
è un nomignolo” ci rivelò
la ragazzina, parlottando fra se e se, “Bene, tu puoi chiamarmi Gwen”
le dissi,
con tono gentile, Pierce lasciò la mano della ragazzina e si
diresse da Helena,
si alzò dalla sua scrivania e diede al ragazzo un dolce bacio,
poi si
allontanarono, “Scemo mi hai
punto!” urlò Helena spostando bruscamente la mano
dal braccio di Pierce, si portò un dito alle labbra per pulirlo
da una gocciolina
di sangue, “No, cara, tu ti sei
punta” disse lui come difesa, sollevando le
mani per scagionarsi, lei gli regalò una pessima occhiata, poi
si concentrò su
la piccola Jean, “Cara vieni che
ti registro” le disse Helena, risedendosi
dietro la sua bella scrivania, la ragazza sorrise e da un borsellino
tirò fuori
i suoi documenti e si diresse da Helena per svolgere le ultime pratiche
di
libera uscita, la prima metà le aveva dovuto svolgere
probabilmente con Manny
nell’altra parte di vuoto totale. Finite tutte le pratiche in cui
Jean si era
rifiutata di rivelare chi era il parente da cui sarebbe stata,
ritenendolo un
suo diritto da futura cittadina dal certificato penale totalmente
illibato,
probabilmente andava da qualche parente dei genitori anch’esso
ricercato, ma se
i Risolutori non l’avevano mai trovato significava o che era una
persona
veramente irrilevante o forse era
sparito così tanto dalla circolazione che ormai non importava
più nulla a
nessuno. “Bene, fai la brava. Ci
vediamo tra due settimane i tuoi oggetti li
puoi prendere alla riconsegna di oggetti al piano di sotto!”
le raccomandò
Pierce, prima di aprire di infilarsi nel varco spazio temporale e
mandando un
bacio ad Helena che si mantenne sostenuta, ma appena il varco si
richiuse mi
guardò e smielata, come mai l’avevo vista, mi disse:
“Non è bellissimo?”,
trascinai via Jean, prima di addentrarmi in una plausibile
conversazione su
quanto poteva essere bello Pierce.
Io
e la ragazzina ci dirigemmo al piano di sotto dove arrivavano
direttamente le
valigie. “Hei mia dolce
Principessa Guerriera” mi disse Connor che stava
appunto a quel reparto, “Biondino
Pallidino quando sei tornato?” chiesi con un
bel sorriso, abbracciandolo, “Questa
mattina alle cinque, ma ci mancava
qualcuno qui e mi sono offerto. Ma è solo temporaneo, visto che
ho davvero
sonno!” mi disse regalandomi
un bel
sorriso, Jean posò le mani sul bancone d’acciaio freddo,
“Potrei avere il mio
bagaglio?” chiese cortese Jean, ma sotto anche un velo di
irritazione, “Certo
signorina, com’è il bagaglio e com’è il tuo
nome?” chiese Connor, la ragazzina
disse: “È una discreta
valigia rossa e ci sono incise sopra le iniziali: J M”,
Connor annui, cercò tra le valige, “Ecco” le rivelò
porgendogliela, “Grazie!”
disse la ragazza senza vera gratitudine, posò la valigia per
terra, infilò la
mano dentro la borsa a tracolla e tirò fuori una serie di fogli
allegati
insieme, voltò in fretta le pagine si fermò ad una,
strizzò gli occhi e rifilò
i fogli nella sacca, con un colpo netto mosse le mani verso la valigia,
dalle
mani si emanò un raggiò lieve di mana di un bel amaranto,
le valigie si
rimpicciolirono e la ragazza le infilò dentro la borsa, “Possiamo andare” disse
soddisfatta. “La tua origine?”
chiese Gwen, distinguendo bene che non era
un’anodite e neanche una semplice umana con la capacità di
apprendere l’arte
magica, ma sicuramente qualche membro della sua famiglia doveva essere
alieno,
“Strega da parte di madre e da
parte di padre, aliena, una specie poco comune,
simile agli anodite e agli osmosiani, ma il nome non lo ricordo proprio”
rispose la piccola strega aliena, con un dolce sorriso, Gwean sorrise
radiosa,
“Noi andiamo!”
disse poi all’amico, concentrandosi solamente sulla ragazzina.
Jean
Star era una ragazzina svelta ad imparare, davvero molto, gli spiegavo
le
regole del vivere civile e lei subito le appuntava nella sua mente, era
una
persona troppo alacre per impiegare le sue giornate nei campi o nelle
miniere
del vuoto totale. “A casa tua
lavori o studi?” chiesi curiosa, “Studio magia e lavoro
nei campi” rispose Jean con un sorriso sincero, “Studi magia?” le domandai,
abbastanza stuzzicata di avere una giovane maga davanti a me, “Mia madre mi
istruisce …” rispose, prima vogliosa di esporre, ma
poi il cielo azzurro ed i
ragazzini che giravano sugli skateboard volanti
la distrassero, guardava, “Cosa
guardi?” domandai, notando che i suoi
occhi violetti erano concentrati altrove, “Non sapevo che il cielo fosse così
chiaro. Mio padre me l’aveva detto che era bellissimo, ma non
pensavo fosse
così bello!” mi rispose con voce impregnata di
meraviglia, alzai gli occhi al
cielo, la terra non aveva la visione migliore del cielo, c’erano
pianetti da
dove il cielo era veramente una poesia, ma il cielo del vuoto totale
era
oscuro, si aveva le stelle, ma non erano
così belle e poi, probabilmente, Jean
non aveva mai visto un cielo azzurro, “Mio padre diceva che quando
viveva sulla terra non aveva mai fatto caso al cielo, perché lo
vedeva tutti i
giorni. Ma nel vuoto totale è stata una delle cose che ha
rimpianto di più!” mi
spiegò Jean, rincollando gli occhi grandi all’azzurro. Il
cielo era una cosa a
cui eravamo abituati, particolarmente a quello di città, quello
di campagna era
molto più bello, il cielo era sempre lì, nessuno ci
faceva caso, ma a sentire le parole di
quella ragazzina, mi rendevo
conto di quanto era bello il cielo azzurro, o anche quando era plumbeo
perché
nuvoloso, “Aspetta di vederlo di
sera!” le enunciai, lei annuì eccitata, “Voglio
vedere il tramonto, per ora l’ho visto solo in foto, il signor
Levin ha una
foto del tramonto, dove c’è lui ed una ragazza dalla
chioma rossa. Mamma dice
sempre che quello è stato uno dei momenti più belli della
vita del signor
Levlin, aveva solo diciassette anni …”
continuò a vaneggiare Jean, passandosi
una mano sui capelli chiari, io rimasi immobile, le sue parole mi
scivolavano
addosso come infiniti suoni senza senso e nella mia testa rimbombavano
solo
determinate parole: Tramonto, signor Devlin, chioma rossa, momenti
più belli.
Ricordavo bene quel giorno, era impresso nella mia memoria come un
altro
ricordo splendido che mi portavo di Kevin, uno di quei ricordi che in
un
momento di sconforto e di solitudine ti
facevano compagnia, te ne nutrivi e cibavi e dopo averlo consumato ti
restava
l’amaro nel petto ed un dolore maggiore, questo era il brutto dei
ricordi,
erano immortali, erano perpetui, erano magnifici, ma erano passati.
“Ero io la
rossa nella foto con Kevin” mi lascia sfuggire, ricordando
il tramonto, le mani
di Kevin sulla mia vita ed il suo naso tra i miei capelli, Julie faceva
delle
smorfie per farci ridere, mentre Ben cercava di fare quella dannata
foto che
gli avevo chiesto, ma Kevin continuava a farmi il solletico e farmi
ridere,
insieme alle facce buffe di Julie.
Jean
Star mi guardò con occhi grandi e vacui, sembrava che nel suo
sguardo
focalizzato su di me lei cercasse altro, poi lo trovò, non so
cosa, ma dopo
aver aggrottato le sopraciglia pallide nei suoi occhi particolari si
era accesa
una luce, un’illuminazione. “Era un’amica del signor Levin nel suo
periodo
buono” non era una domanda, era un’affermazione,
vispa di chi aveva capito
tutto, annui comunque, mi passai una mano sui capelli tirati nella
coda, un
sorriso inquietante attraversò il volto di Jean, un sorriso che
mi ricordò
tanto Mike Morningstar, prima di diventare un semi morto ambulante,
quando era
vigoroso e forte, l’attimo prima di prosciugarmi di ogni potere.
Improvvisamente qualcosa mi si accese anche nelle mia testa, Jean Star,
era una
strega con un parente alieno, un altro flash, la valigia rossa con le
iniziali
JM, lo stesso identico inquietante
sorriso di Mike, il volto famigliare e gli occhi violetti, anche quelli
già
visti. “Cosa vedono i miei occhi!”
urlò una voce, una voce gioconda, buona, che
conoscevo bene, in ogni tono e sfumatura, quella di mio figlio; Alzai
gli occhi
per trovare Davlin sospeso in aria, che si abbassava gradualmente,
sulla sua
tavola da skate volante, accanto a lui su un’altra tavola
c’era mio nipote Ken.
I due ragazzini posarono i piedi a terra, Davlin mi salutò con
cortesia, Ken mi
abbracciò, prima di vedere Jean e divenire rosso come un
pomodoro, esattamente
come Ben alla sua età, tentato di presentarsi ma troppo
impacciato per farlo,
ero già pronto ad aiutarlo, presentandoli io, che Jean si era
fiondata su Davlin
e l’aveva stritolato in un abbraccio, “Jeanne Morningstar! Sono felicissimo di
vederti!” urlò mio figlio, ricambiando la stretta,
realmente contento di
rivedere quella che doveva essere la
figlia di Mike. “Vi conoscete?”
chiesi, posando una mano sulla spalla di Ken,
che continuava a guardare i due ragazzini abbracciati, che ora si
liberavano,
“Siamo cresciuti insieme!”
ci rivelò mio figlio, scompigliando i capelli chiari
di Jean, che sorrise gioconda. “Ken
…”
cominciò Davlin indicando quello che, anche se non lo sapeva,
era suo cugino,
“Lei è Jeanne Jean Star Morningstar” terminò
mio figlio, mentre le gote
di Ken erano in fiamme, mentre prendeva coraggio per allungare la mano
verso la
ragazza, “Jean, lui è il
mio amico Kenneth Kenny Tennyson”
lo presentò alla ragazza, che con uno scatto
veloce gli afferrò la mano e sorriso, questa volte il suo
sorriso non era
inquietante ma giocondo. “Tennyson
come il grande Ben?” chiese poi con occhi
curiosi Jean, “È mio padre”
disse imbarazzato Ken, al contrario gli occhi di
Jean si fecero come due stelle luccicanti, “Deve essere fantastico avere un
padre come lui!” esclamò, Davlin si intromise nel
discorso, “Il signor Tennyson
è eccezionale” enunciò, poi
lanciò
un’occhiata a me, “Anche
la signorina Gwen è eccezionale!” inclinando la
testa
verso di me, “Si, lei è
mia zia!” mi presentò Ken aggrappandosi alla mia
mano,
la faccia di Jean Star rimase come
pietrificata, nella sua testa tanti piccoli puzzle erano lì che
si
ricomponevano, non so cosa effettivamente avesse compreso, ma alla fine
doveva
aver capito qualcosa. Gli tremarono le gambe e strinse la mano sul
braccio di
Davlin, “Cosa ti è preso
Jean?” gli chiese mio figlio, sorreggendola, “Io …
credo … Insomma … “ stava blaterando,
cercava nei miei occhi le risposte:
“Niente …”
tagliò corto, mio figlio la guardò confuso, “Ho avuto un giramento
d’aria, non sono abituata a tutta questa luce e all’aria
così respirabile”
esclamò Jean, facendo finta di respirare con fatica, Davlin
sorrise, le
accarezzò i capelli e le disse che si sarebbe abituata a
respirare lì, Jean le
regalò un sorriso dolce, fu come un flash, vedere Davlin e Jean
così carini, mi
ricordò i momenti dolci che avevo avuto con Kevin, certo non
alla loro età, ma
mi ricordarono davvero noi, pregai che quell’amore non fosse
travagliato e
complicato come lo era stato il nostro e con non bruciasse, lasciando
alle loro
spalle solo cenere dolorosa, mio figlio meritava di meglio. “Potete farle voi
da guida per il resto della giornata. L’indispensabile per la
convivenza ormai l’ho detto” enunciai,
scompigliando i
capelli di Kenny, che annui gioioso, rivolgendo poi uno sguardo a
Davlin e
Jean, anche mio figlio annui giocondo, sorrisi e mi voltai, andai via.