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Autore: Stratovella    24/07/2011    4 recensioni
"Break abbassò lo sguardo, rimanendo in silenzio di fronte all’amico piangente.
Pensava, pensava stringendo i pugni e cercando di non cedere a tutti quei discorsi, tirati fuori da persone che in realtà non sapevano niente di lui, ma che,
nonostante questo, insinuavano di comprenderlo come se lo conoscessero da sempre. Si sbagliavano. Tutti lì dentro si sbagliavano."

Angst. Contiene spoiler per chi non segue il manga.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gilbert Nightray, Reim Lunettes, Un po' tutti, Xerxes Break
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Can't change the past, can't change the future

 

Reim scese rapidamente la lunga gradinata di scale della sede di Pandora, intento a raggiungere gli altri, che si erano radunati nel grande salone della magione. Era nervoso e terribilmente preoccupato.  Aveva ragionato a lungo su ciò che stava per fare e per questo motivo non aveva chiuso occhio la notte. Camminava a passo svelto, scaricando al contempo la forte tensione che lo attanagliava da quando aveva messo piede fuori dal letto. Doveva resistere, Reim. Se c’era un’occasione giusta per dire ciò che doveva dire, era quella.

Doveva approfittare della situazione, perché la signorina Sharon non si sarebbe presentata quel giorno. Aveva deciso di trascorrere un po’ di tempo con sua nonna, la duchessa Rainsworth, perché negli ultimi giorni anche lei, la giovane erede al ducato, era avvolta da un forte senso di nostalgia, dalla voglia di rivivere momenti del passato che erano trascorsi troppo rapidamente. Dal canto suo, Reim si sentiva allo stesso modo, con la differenza che lui non aveva una famiglia a cui appoggiarsi, aveva solo lei, e il suo migliore amico. Proprio per questo non poteva permettere che uno dei due si facesse del male, chi in un modo, chi in un altro.

Spalancò le porte del salone, ritrovandosi di fronte a coloro che a breve sarebbero partiti per una nuova missione. Bevevano del thè, chiacchierando come solevano fare in ogni giorno normale.

 

“Ah! Buon giorno Reim-san!”

 

Oz Vessalius si rivolse al servo di casa Barma con il suo solito viso allegro. A seguire, anche Gilbert fece un cenno di saluto, tornando poi a sorseggiare il suo thè.

 

“Buon giorno a tutti…

 

Reim si avvicinò a loro, questa volta con passo più calmo. Ormai era lì, e non poteva più tornare indietro.

 

“Vuoi una tazza di thè?”

 

Domandò il duca Vessalius, anche lui allegro e sorridente.

Reim prese posto su una sedia lì vicino, ma declinò la proposta del signor Oscar.

 

“Vi ringrazio ma, no…

 

Si tolse gli occhiali e cominciò a lucidarne le lenti come soleva fare quando era nervoso. Da quel gesto, tutti capirono che Reim non era venuto per bere del thè e farsi due chiacchiere in compagnia. Aveva qualcosa da dire e, dalla foga con cui strofinava quelle lenti già perfettamente trasparenti, sembrava che si trattasse di qualcosa di serio.

 

“Qualcosa non va?”

 

Domandò Oz, notando la sua espressione visibilmente preoccupata.

Reim riadattò la montatura degli occhiali al suo viso, cercando di impiegarci più tempo possibile. Seguirono due colpi di tosse, e poi una richiesta.

 

“Posso avere un bicchiere d’acqua?”

 

Oscar annuì e subito gli portò ciò che aveva chiesto.

Reim bevve, ancora con la lentezza di chi non ha il coraggio di cominciare a parlare.

 

“E’ tutto apposto, Reim?”

 

Il duca volle accertarsi che non fosse accaduto nulla di brutto ma, un attimo dopo aver posto la sua domanda, Reim scosse la testa.

 

“No.”

 

Ci fu un silenzio generale, in cui persino Alice, B-Rabbit, smise di ruminare la sua adorata carne, incuriosita da quell’atmosfera cupa e pesante che si era venuta a creare. Si fece più vicina al gruppo, prestando un orecchio alla conversazione.

 

“Questa notte ho preso una decisione.”

 

Affermò Reim, ormai deciso a rivelare le sue angosce.

 

“In realtà, è un po’ di tempo che ci penso, ma… Non ho mai avuto il coraggio di prendere l’iniziativa, in quanto, beh… Sapete, no?  Non sono certo il tipo di persona adatta a questo genere di cose…

 

Tutti lo ascoltavano con grande interesse, ansiosi di scoprire dove Reim volesse andare a parare con il suo discorso.

 

“Ieri però, dopo l’ennesimo avvertimento che mi sono ritrovato davanti, ho deciso che è inutile continuare a far finta di niente, nascondendomi dietro alla mia codardia…

 

Gilbert cominciò a sospettare qualcosa di brutto e, con tono calmo, cercò ulteriori chiarimenti.

 

“Di che cosa stai parlando, Reim?”

 

Il servo di casa Barma tirò un profondo sospiro. Gilbert aveva capito, e ora attendeva solo la conferma dei propri sospetti. Reim lo guardò fisso negli occhi, cercando di far bastare come risposta una sola parola.

 

Xerxes…

 

Lo stupore generale dei presenti aggravò ancora di più l’atmosfera già pesante. Solo la voce di B-Rabbit servì a smorzare per un attimo quel momento di gelo.

 

“Chi? Il clown?”

 

La chain aveva ripreso a mordicchiare quello che ormai, da cosciotto succulento, era diventato un osso privo di sostanza.

 

“E’ morto il clown?”

 

Domandò, nella sua profonda ingenuità e nella sua ancora poco matura comprensione della sensibilità umana.

 

“Alice!”

 

Oz la sgidò, urlando solo il suo nome.

 

“Stupido coniglio!”

 

La insultò Gilbert accigliato.

Reim cercò di placare la situazione, dimostrando di non dare importanza a ciò che aveva detto la ragazza.

Deglutì per un istante, scaricando ancora un po’ dell’ansia che aveva accumulato.

 

Ultimamente…

 

Riprese a parlare, con lo sguardo rivolto verso il basso.

 

“Ho trovato tracce di sangue ovunque nella sua stanza… Non solo sulle lenzuola dove dorme, ma anche su alcuni indumenti e addirittura sui manici del cassettone dove ripone i vestiti.”

 

Tutti lo ascoltavano con il medesimo sguardo basso, eccetto B-Rabbit, che se ne stava a braccia conserte, ancora offesa da come Gilbert le aveva risposto.

 

Sapete… Purtroppo temo che questa situazione vada avanti da molto più tempo.”

 

Bevve un altro sorso d’acqua, e continuò.

 

“Credo che fino a poco tempo fa, accorgendosi di ciò che sporcava, ripulisse tutto prima che io potessi notarlo. Trovavo spesso dei vestiti bagnati stesi fuori dal balcone ad asciugare, o il guanciale semi bagnato rivoltato dall’altra parte.”

 

Oz e Gilbert rimasero sconcertati dalle parole di Reim. Break era davvero in grado di arrivare a tanto per celare a tutti loro il progredire della sua malattia? Conoscendolo, probabilmente sì.

 

“Però credo che adesso, non potendo vedere, non si renda conto delle tracce di sangue che lascia allo scoperto… O almeno, prova ancora a nasconderle, ma non ci riesce più come prima. Ieri ho trovato nell’ultimo cassetto del suo comò un paio di federe appallottolate, piene di macchie rosse.”

 

“Ma Reim!”

 

Oz lo interruppe all’istante.

 

“Hai perquisito la sua stanza?”

 

Reim si vergognò di ammettere che il ragazzo aveva ragione, e si portò le mani alla testa, stringendo con rabbia i propri capelli.

 

“Sì, lo so! Non si dovrebbe fare, è una cosa meschina e imperdonabile, ma… Ma…!”

 

La sua voce divenne soffocata a causa delle lacrime che avevano cominciato a cadergli dagli occhi nel momento in cui disperazione e vergogna avevano cominciato a convivere nel suo cuore.

Gli altri compresero la natura di ciò che lo aveva spinto a compiere una simile azione. Soprattutto Gilbert, che per il suo padrone avrebbe fatto di tutto, riuscì a capire i sentimenti di Reim e, ponendogli una mano sulla spalla, lo invitò a sfogarsi quanto più potesse.

 

“Non preoccuparti, capiamo come ti senti.”

 

Ma il pianto di Reim non durò a lungo. Doveva sbrigarsi, non aveva tempo di buttarsi giù in quel modo proprio ora che aveva trovato il coraggio di fare il primo passo.

 

Ascoltate…

 

Cominciò ad asciugarsi le lacrime, determinato ad andare avanti nel suo discorso.

 

Io… Non credo che Xerxes sia in condizioni tali da poter prendere parte alle prossime missioni. Lui finge di star bene, vuole dare l’impressione di essere abbastanza in forze per affrontare una battaglia, ma non è così! Tutto quello che dice e che fa, lo fa per non farci stare in pensiero… Ma nel frattempo quest’atteggiamento non fa che ritorcersi sulla sua salute.”

 

Oscar comprese la paura di Reim.

 

“Vuoi dirglielo, non è così?”

 

Reim annuì e cercò l’aiuto di coloro che gli stavano attorno.

 

“Io voglio evitare che Xerxes prenda parte ad altre missioni, ma ho bisogno che voi mi supportiate in questa scelta, perché io lo conosco… Lui non sopporterebbe di essere tagliato fuori, però…

 

Alzò lo sguardo, fissando uno ad uno tutti i presenti.

 

“Se noi non facciamo qualcosa, se non proviamo neanche a fermarlo… Un giorno potremmo pentircene.”

 

I suoi occhi ricominciarono a riempirsi di lacrime.

 

“Io lo so…

 

Abbassò nuovamente la testa e parlò con voce soffocata.

 

“Lo so che non gli rimane molto da vivere, ma…

 

Mentre pronunciava quelle parole, non voleva credere al significato in esse contenuto.

 

“Non voglio che quel momento arrivi prima del previsto.”

 

Questa volta fu Oz a tranquillizzarlo, cercando di rasserenarlo con un sorriso.

 

“Non ti preoccupare, Reim. Siamo con te, giusto?”

 

Cercò con gli occhi lo sguardo degli altri presenti, che subito annuirono alle sue parole, tutti d’accordo sulla decisione presa da Reim. Oz si girò, incontrando lo sguardo di B-Rabbit.

 

“Anche Alice è d’accordo, vero?”

 

Domandò alla chain, che subito divenne rossa per come il biondino la guardava.

 

S… Sì…

 

Disse, puntando imbarazzata gli occhi da un’altra parte.

Reim tirò un altro profondo sospiro. Ora era il momento di dirlo al suo amico e la sola idea gli creava un insostenibile nodo alla gola. Almeno, adesso poteva contare sul supporto di tutti gli altri.

 

 

***

 

Se ne stava in piedi, di fronte allo specchio, come se fosse stato ancora in grado di vedere la propria immagine riflessa in esso. Negli ultimi mesi, nonostante avesse perso completamente l’uso della vista, Xerxes Break aveva mantenuto le abitudini di sempre. Anche in quel momento, mentre si abbottonava la camicia partendo dal basso, puntava lo sguardo sullo specchio che sapeva essere di fronte a lui. Alla sua destra, sopra il piccolo comò, se ne stava poggiata la sua preziosa e immancabile bambola, Emily.

 

“Allora? Come pensi che mi stia, Emily?”

 

Domandò con un ghigno malizioso sul viso.

 

“Bene, si vede tutto!”

 

Rispose la bambola per volere del suo possessore. Come Break riuscisse a far parlare Emily era ancora un mistero per gli altri.

 

“Tutto?”

 

Xerxes ripercorse con le dita la sequenza di bottoni e s’accorse di averne dimenticato uno. Lo cercò attentamente, ma l’unica cosa che sentì fu un filo che usciva fuori dal tessuto della candida camicia.

 

“Uh, non c’è…

 

Probabilmente lo aveva smarrito da qualche parte, ma non se ne fece un problema. Afferrò il gilet della divisa, abbottonandoselo sopra alla camicia in parte scucita.

 

“Problema quasi risolto.”

 

S’infilò poi la giacca nera e beige, tipica di ogni membro di Pandora. Abbottonata anche quella, prese la bambola dal comò e se la posizionò sulla spalla sinistra. In ultimo, cominciò a sistemarsi il foulard intorno al collo, stando ben attento a metterlo nel modo giusto.

In quel momento, qualcuno bussò alla porta.

 

“Avanti!”

 

Esclamò, mentre cercava di capire se il foulard fosse messo nel verso corretto.

L’ospite aprì la porta ma, invece di entrare nella stanza, rimase sull’uscio. Osservò Break prepararsi con cura per la prossima missione e questo non fece altro che aumentare la sua angoscia.

 

“Buon giorno… Xerxes.”

 

Disse con voce flebile.

Break si girò all’istante, sorridendo all’amico.

 

Reim-san! Sono già tutti giù, vero? Mi spiace che vi abbia fatto aspettare ma, da un po’ di tempo a questa parte, sono un po’ lento nel vestirmi… Che ore sono?”

 

Reim guardò l’orologio, stupendosi lui stesso di come il tempo fosse passato in fretta da quando si era alzato.

 

“Sono le undici meno un quarto…

 

Break rimase sbigottito e cercò di sistemare quel dannato foulard nella maniera più decente possibile, infischiandosene del verso giusto.

 

“E’ decisamente tardi, l’appuntamento era più di un quarto d’ora fa e io sto ancora a gingillarmi con questo coso…

 

Di fronte all’immagine dell’amico che s’impegnava nel prepararsi nel migliore dei modi, Reim non poté non provare un brivido amaro che lo colpì dritto nel cuore. Nonostante fosse conscio della sua malattia, Break sembrava deciso a voler prendere parte alle missioni comunque, anche se questo avesse gravato sulla sua salute. Ma questo Reim non poteva permetterlo. Non poteva rimanere con le mani in mano mentre il suo migliore amico trattava il proprio corpo come un oggetto vecchio che presto avrebbe buttato via. Perché era così che Break parlava di sé: diceva che mano a mano che il tempo sarebbe trascorso, il suo corpo sarebbe caduto a pezzi come il giocattolo vecchio di un bambino un po’ maldestro. Reim odiava l’indifferenza con cui Xerxes pronunciava quelle parole, perché sembrava non solo che non gl’importasse niente di se stesso, ma che non avesse interesse neanche nei confronti di chi gli voleva bene, come la signorina Sharon o lo stesso Reim.

 

Reim.”

 

La voce di Xerxes lo risvegliò dai suoi pensieri.

 

“Per evitare di sprecare altro tempo, me lo sistemeresti tu il foulard?”

 

Fu così che si venne a creare l’unica chance che Reim aveva a disposizione per tornare indietro. A seconda di come avrebbe risposto a quella domanda, a seconda di un “sì” o di un “no”, forse sarebbe stato in grado di cambiare le cose… O forse no. Poteva accadere che se avesse accettato la richiesta dell’amico, quello avrebbe continuato ad abusare delle poche forze che aveva fino alla morte. Oppure, se si fosse rifiutato di esaudire la sua richiesta, ci sarebbe stata la vaga possibilità che Break potesse rinunciare ai suoi scopi e, di conseguenza, che la sua salute non si aggravasse ulteriormente.

Era su un bivio, Reim. Si trovava oscillante fra due scelte, che apparentemente lo attiravano con la stessa intensità. Ma si sa che, in realtà, quando ci si trova di fronte a due possibili strade, ce n’è sempre una che si desidera maggiormente intraprendere .

 

Reim?”

 

Break non aveva ancora udito alcuna risposta e gli venne il dubbio che l’altro se ne fosse andato.

 

Reim, sei ancora qui?”

 

Il servo di casa Barma guardò l’amico indirizzare lo sguardo verso di lui, e gli fece impressione il fatto che non fosse in grado di capire se stesse ancora lì o meno. Era già un po’ di tempo che Xerxes non vedeva più, ma a questo Reim non ci aveva ancora fatto l’abitudine. Per un attimo, fu tentato dallo scappare da ambedue le strade, prendendo il sentiero di mezzo, senza assumersi la grossa responsabilità della scelta.

Quasi involontariamente, indietreggiò di un passo, ma si bloccò praticamente subito, pensando che in quel modo non avrebbe fatto altro che prendere in giro l’amico a cui tanto teneva.

 

“Sì, sono qui…

 

Break assunse uno sguardo più serio, cominciando a fiutare qualcosa di strano in quell’atmosfera nera come la pece.

 

“Allora, mi aiuti o no? Guarda che a questo punto faccio prima da solo…

 

Reim scosse la testa, confortato dal fatto che l’altro non lo vedeva, poi, tirato un profondo sospiro, scelse la sua strada.

 

No… Mi dispiace.”

 

Break schiuse leggermente le labbra e rimase immobile con lo sguardo rivolto verso l’amico.

Il nodo che Reim aveva alla gola si fece sempre più stretto ma, a quel punto, conveniva essere veloci nel rivelare il resto.

 

Non… Non c’è bisogno che indossi la divisa oggi.”

 

Xerxes aveva un brutto presentimento, ma cercò ugualmente di smentire i suoi stessi sospetti, nella speranza che fossero errati.

 

“Non si parte più?”

 

Domandò, conscio al novanta percento che non fosse quello il motivo per cui l’amico gli aveva detto di non indossare l’uniforme.

 

No… Si parte.”

 

Break ci aveva provato a prendersi in giro, fingendo di credere in quel misero dieci per cento, ma gli fu inutile.

 

“E allora dimmi…

 

Il suo tono divenne più serio e, tra le sue parole, si sentivano i respiri pesanti di chi cerca già di trattenere la rabbia.

 

“C’è una qualche macchia su questa divisa ché mi dici di non metterla?”

 

Reim vedeva l’unico occhio vermiglio di Break incendiato da un misto di rabbia e delusione. Era tempo di finirla con gli indovinelli e con i giri di parole. Sapeva che questo genere di cose, in una situazione simile, non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione già delicata. Decise di essere chiaro e parlò liberamente.

 

Xerxes, lo so che detesti che gli altri ti vedano debole o non in condizione d’intraprendere una missione, ma… Tutti noi sappiamo quanto vali in realtà e questo ci basta per capire che non sei inutile o di peso per qualcuno. So che hai un obiettivo, e che ci tieni a realizzarlo, però… E’ la stessa ragione per cui lavoriamo noi di Pandora. Tu hai fatto molto in questi anni per noi, e te ne siamo grati, ma… Nelle condizioni in cui ti trovi adesso, non vale la pena che sacrifichi la tua salute così. Non devi dimostrarci niente, lo sai. Non devi, perché noi conosciamo già il tuo valore.”

 

Per tutto il suo discorso, nonostante fosse conscio che Break non potesse vederlo, Reim non aveva avuto il coraggio di guardarlo in faccia. Sollevò gli occhi solo alla fine, notando l’amico puntare anche lui lo sguardo verso il basso. Stringeva i pugni, trattenendo la rabbia e la delusione.

 

“Pensi davvero che io mi ostini a combattere perché abbia paura del vostro giudizio?”

 

Reim sgranò gli occhi. Poste in quel modo, quelle stesse parole che aveva pronunciato lui un attimo prima, sapevano di tutt’altra musica.

 

Reim, per chi mi hai preso?”

 

Il servo di casa Barma scosse la testa.

 

“Non era quello che intendevo dire, lo sai!”

 

“Ah no? E allora cosa intendevi?”

 

Reim si fece intimorire dal tono alterato dell’amico. Era difficile, era molto difficile che Break si arrabbiasse. Farlo arrabbiare significava aver toccato un argomento per lui delicato o molto irritante.

 

“Intendevo dire che non devi sentirti debole perché sei malato.”

 

Dopo quell’affermazione, Xerxes si bloccò un attimo, ragionando sulle parole dell’amico. Subito dopo, abbassò lo sguardo nell’ombra e fece un sorriso un po’ ironico.

 

“Aspetta, aspetta, aspetta… Malato? Interessante questa parola!”

 

Si avvicinò di più a Reim, fissandolo con un occhio che in quel momento sembrava tutt’altro che cieco.

 

“In che senso malato? No, perché, sai, se ti riferisci a qualche sputo rosso che tossisco ogni tanto, quello, beh, mi succede da dieci anni ormai!”

 

“Non è qualche sputo rosso, lo sai.”

 

Nonostante la forte tensione di quell’atmosfera diventata ormai più che pesante, il servo di casa Barma si fece coraggio e riuscì a rispondere senza esitare.

 

“E tu che ne sai? Ora perché non mi metto a saltare di gioia quando vedo dei miglioramenti non significa che io non stia meglio, no?”

 

“Miglioramenti?”

 

Reim aggrottò le sopracciglia, stupito da quella parola.

 

Xerxes… Hai sempre parlato con toni pessimistici della tua salute e adesso ti aspetti che io creda che tu stia meglio?”

 

Break si allontanò dall’amico e tornò vicino al suo letto, togliendosi infastidito Emily dalla spalla.

 

“Non lo so Reim, in fondo tu saresti capace di credere a tutto ciò che ti si dice, no? Quindi perché non dovresti credere a questo?”

 

Reim strinse i pugni, ferito dal fatto che l’amico lo ritenesse ancora un ingenuo.

 

“Perché nascondere le prove dentro a un cassetto non significa sentirsi meglio.”

 

In quel momento Break, la quale rabbia stava oltrepassando il limite, tornò a voltare di scatto lo sguardo verso l’altro.

Non disse niente. Non si sprecò a pronunciare una sola parola di fronte a una persona che aveva spiato nelle sue cose.

Intento a lasciare la stanza, afferrò il suo bastone e si tolse con rabbia il foulard che quella mattina aveva tanto odiato. I suoi movimenti erano veloci e violenti. Reim non avrebbe mai voluto vederlo così e fece il possibile per evitare il peggio.

 

Xerxes, dove vai?”

 

Gli sfiorò la spalla con la mano, ma l’altro la cacciò via inferocito.

 

“Non toccarmi!”

 

Abbandonò la stanza, dirigendosi in fretta nella sala dove gli altri si erano radunati in attesa della partenza.

 

Xerxes!”

 

Reim lo seguì lungo il tragitto, senza avere più il coraggio di toccarlo. Quella reazione, quella spaventosa reazione di scacciargli via la mano, lo riportava con la mente a quindici anni prima, quando Break, apparso dal nulla, solo e spaesato, non voleva saperne di niente e di nessuno.

 

 

***

 

 

Nel frattempo, nel salone della grande magione, giunse un ospite inaspettato.

Scortata da alcuni membri di Pandora, Ada Vessalius varcò la porta d’ingresso, destando stupore soprattutto da parte del fratello.

 

“Ada!”

 

Oz balzò in piedi, sorpreso di vedere la sua sorellina.

 

Onii-chan!”

 

La ragazza si avvicinò al biondo e lo strinse in un forte abbraccio.

 

“Che ci fai qui Ada? Non verrai in missione con noi, vero?”

 

Domandò Oz, già preoccupato che Ada potesse cacciarsi in qualche guaio. Ma la ragazza scosse la testa, togliendo subito ogni dubbio all’adorato fratello maggiore.

 

“No, è che oggi le lezioni sono finite un po’ prima, così ho pensato di venirti a salutare visto che non ci vedremo per un po’!”

 

In quel momento, orgoglioso della propria nipotina, lo zio Oscar arrossì di fronte alla scena.

Aaah! La mia piccola Ada! Sempre così candida e innocente .”

Ma quel momento di tenerezza durò ancora per poco. In lontananza, dal corridoio, si sentiva la voce di Reim, che cercava inutilmente di calmare il suo amico.

 

Xerxes, ti prego, fermati! E’ stata un’idea mia, loro non c’entrano!”

 

Conoscendo la sensibilità della sorella, Oz pensò che sarebbe stato meglio mandarla via.

 

“Scusami Ada… Noi dobbiamo fare una cosa adesso, ti dispiace se ci vediamo dopo?”

 

Ma non fece in tempo a dirlo, che Break e Reim erano già entrati nella sala.

Ci fu un silenzio generale e nessuno ebbe il coraggio di parlare per primo. Xerxes si trovava pochi metri più avanti rispetto alla porta d’ingresso. Dietro di lui c’era Reim.

Gilbert aveva il volto girato verso la finestra. L’unica volta che aveva visto Break arrabbiarsi, avevano finito per insultarsi a vicenda. Persino B-Rabbit, che in tutto quel discorso era forse colei che c’entrava di meno, sentiva che non era il caso di puntargli gli occhi addosso.

Dopo un po’ che nessuno parlava, Break prese in mano la situazione.

 

“Scusate il ritardo.”

 

Affermò semplicemente.

 

“Ho perso un po’ di tempo…

 

Lanciò un’occhiata sprezzante a Reim.

 

…In discorsi inutili.”

 

Il silenzio continuò a regnare sulla scena, creando un’atmosfera nera di vuoto. Break fece un sorriso un po’ ironico e, stringendo forte l’impugnatura del suo bastone, continuò a parlare.

 

“Beh, se siamo tutti, possiamo anche andare, no?”

 

Dopo un po’, fu Oscar a prendere per primo la parola.

 

Xerxes…

 

Break girò lo sguardo in direzione della voce che aveva sentito.

 

“Ci abbiamo pensato un po’ e… Crediamo che non sia il caso che tu prenda parte a questa missione.”

 

Xerxes sentì il suo cuore accelerare ancora di più il battito. Era vero, allora anche tutti gli altri erano dello stesso parere di Reim. Si erano veramente coalizzati tutti contro di lui?

Strinse ancora di più l’impugnatura del suo bastone, cercando di trattenere la rabbia repressa, che si faceva però evidente nel tono di voce che aveva.

 

“Ma come, Oscar-sama? Mi state dicendo che non avete bisogno di me?”

 

La voce gli tremava leggermente, non tanto per la tristezza, quanto per la rabbia di sentirsi escluso.

 

“No, non è questo che sto dicendo.”

 

“E allora perché? Perché non mi volete con voi?”

 

“Non è che non ti vogliamo con noi, Xerxes… Crediamo solo che sia meglio che tu riposi un po’, ultimamente ti sei stancato molto nelle precedenti missioni.”

 

Ma Oscar non aveva ancora accennato al vero motivo di tutta quella discussione, e Break non aspettava altro che qualcuno si decidesse a dire chiaramente come stavano le cose.

 

“Break.”

 

Questa volta la voce che appellava la sua attenzione era quella di Oz.

 

“Zio Oscar sta solo dicendo che ti farebbe bene startene un po’ tranquillo per recuperare le forze, dato che negli ultimi tempi tu e il tuo chain avete lavorato molto.”

 

Break fece un altro sorriso ironico e rivolse nuovamente lo sguardo al duca Vessalius.

 

“E quindi pare che per questa volta non ci sia lavoro per me. Peccato… Avevo già indossato la divisa, sarà per la prossima volta.”

 

“Non ci sarà una prossima volta, Break.”

 

La voce seria e decisa di Gilbert in fondo alla sala richiamò l’attenzione di Xerxes dritto di fronte a lui.

 

“Per te combattere comporta un grosso rischio, e non va bene che abusi così del tuo potere. Sappiamo che ci tieni a collaborare, ma noi, in quanto tuoi amici, non vogliamo che questo gravi sulla tua salute. Perché è di questo che stiamo parlando Break, e di nient’altro.”

 

Chiaro e conciso, fu l’unico che disse esplicitamente quello che gli altri non erano riusciti a dire.

Break deglutì, sentendosi vittima di un gioco crudele e meschino.

 

“Ma come Gilbert… Proprio tu…

 

Il Nightray stette ad ascoltare la voce di Xerxes, che gli si rivolgeva con tono aspro e provocatorio.

 

“L’uomo che non sa combinare niente senza l’ausilio del suo padrone viene a dire a me quello che devo e non devo fare? Patetico!”

 

Reim, ancora dietro all’amico, cercava di calmarlo, almeno a parole.

 

Xerxes, ti prego…!”

 

“Sta’ zitto Reim! Non rivolgermi la parola!”

 

Dal canto suo, Gilbert non poté subire in silenzio le offese di Break.

 

“Sto solo cercando di farti capire che agendo in questo modo non fai del male solo a te stesso, ma anche a tutti noi!”

 

Xerxes scoppiò in una risata sonora ed isterica.

 

Ahahahahah! Ma per piacere! Da quando in qua a questa gente è venuta voglia di fare i sentimentalisti? Guardiamoci in faccia e vediamo la realtà delle cose: qui ognuno usa l’altro a suo piacimento, ed è sempre stato così, quindi non venirmi a dire che improvvisamente siamo tutti una grande famiglia, perché non è mai stato vero!”

 

Gilbert si sentì come se fosse stato appena colpito da una pugnalata al petto. Non avrebbe mai immaginato che Break si sarebbe spinto a tanto con le parole. Era evidente che stesse gradualmente perdendo il senno a causa della rabbia.

 

“Adesso basta, Break.”

 

Il Nightray cercò di evitare che Xerxes continuasse a far uscire dalla sua bocca cose che non avrebbe voluto dire, ma il suo tentativo non servì a molto, se non a peggiorare la situazione.

 

“Stai delirando, non ti rendi conto di quello che dici perché sei arrabbiato! Non ti chiedo di stare in silenzio e accettare le nostre condizioni, perché capisco quanto possa essere difficile sentirsi dire certe cose, ma rifletti! Lo stiamo facendo per te, e non contro di te! Se solo ogni tanto ragionassi con quella testa invece di agire così impulsivamente ti renderesti conto di quanta gente fai stare in pensiero con la tua cocciutaggine!”

 

Break avvertì un brivido colpirlo al petto. Bruciava, bruciava intensamente e non riusciva a sopportarlo.

Puntò con odio l’occhio vermiglio verso l’uomo che non poteva vedere. Sentì il sangue ribollirgli nelle vene e ogni gesto o pensiero razionale divennero solo un lontano ricordo.

 

“Come osi parlarmi così, Gilbert! Dopo tutto quello che ho fatto per te! Sei un ingrato, un parassita che vive sulle spalle del proprio padrone, incapace di affrontare il mondo da solo! Mi fai pena! Se non fosse per me adesso non saresti nemmeno qui, a riabbracciare l’unica cosa per cui secondo te valga la pena respirare! Tu non hai una tua volontà, Gilbert! Ti fai comandare a bacchetta da chi ti sta intorno, facendoti manipolare dai più subdoli individui, come quella sanguisuga di tuo fratello! Ancora non te ne sei liberato!? Ancora che gli dai retta!? Sei proprio insignificante come tutti i Nightray che ho conosciuto!”

 

Gilbert scattò in piedi, intento a mettergli le mani addosso.

 

“Fermati Gil, non farlo!”

 

La voce di Oz servì ad evitare il peggio.

 

Oz?”

 

Gilbert guardò il suo padrone con gli occhi sbarrati.

 

“Non farlo Gil… Non voglio che questa cosa finisca per nuocere a qualcuno. Dobbiamo cercare di risolvere la questione a parole ed evitare di scannarci l’un l’altro come se ci odiassimo a vicenda. Non fare qualcosa di cui potresti pentirti…

 

Gilbert  abbandonò l’impulso di attaccare Break, confortato dalle parole sempre sagge del suo padrone.

 

Oz…

 

Nel frattempo, Xerxes riprese a provocarlo, ancora colmo di rancore.

 

“Bravo, dai retta al tuo padroncino! E’ lui che sa come ti devi comportare!”

 

Il Nightray lo guardò con aria di sufficienza, voltandogli le spalle.

 

“Non ti ascolto più Break, puoi dire quello che ti pare, ma per me in questo momento tu non esisti!”

 

“Uh! Che paroloni odono le mie orecchie, siamo sicuri che tu non sia semplicemente una marionetta nelle mani del tuo burattinaio?”

 

A quel punto, fu Oz a rispondere.

 

“Break, per quanto tu possa essere convinto del contrario, ti assicuro che Gilbert è più testardo di quel che sembra. E’ un servo molto fedele, per questo mi è così devoto, ma non scambiare la devozione con la subordinazione. Per me Gil è anzitutto un amico… Il fatto che sia il mio servo è solo qualcosa che serve a rendere il nostro legame ancora più stretto.”

 

Break rivolse lo sguardo al suo nuovo interlocutore, abbozzando un sorriso amaro.

 

Oz-kun… Tu sei sempre così ottimista e allegro.”

 

Il biondo percepì  un tono sprezzante in quelle parole.

 

“Qualunque cosa accada tu riesci sempre a trovare un motivo per sorridere, riesci sempre a scovare una soluzione alternativa che ti faccia evadere dalle tenebre della tristezza e del dolore. Ma dimmi, Oz…

 

Il giovane Vessalius lo ascoltava attentamente.

 

“Come fai a vivere tranquillo se scappi puntualmente alla possibilità di conoscere il dolore?”

 

Oz rimase pietrificato, non tanto dalle parole di Xerxes, quanto dall’espressione insana con cui lo guardava.

 

“In che mondo pensi di vivere Oz? Pensi di poter scappare in eterno? Credi davvero che sfuggire al dolore ti aiuti a sopravvivere?”

 

“Sbagli Break.”

 

Il biondo strinse i pugni con gli occhi tremanti, rivolti verso il basso.

 

“Io so cosa significa provare dolore, e lo sai… Te ne ho parlato una volta.”

 

Break scosse la testa, incredulo del fatto che l’altro non avesse saputo interpretare le sue parole.

 

“E che cos’è il dolore, Oz? Lo schiaffo di tuo padre? Pensi che sia questo!? No! Non è questo! Io sto parlando della morte Oz! Ne hai mai sentito parlare!? Ci sei mai andato così vicino da poterla sfiorare con un dito? Hai mai visto la morte portarti via tutto quello che hai in una sola notte?”

 

Il giovane Vessalius non disse una parola, spaventato dalla brutta piega che stava prendendo la situazione.

 

“No, io credo di no…

 

Concluse Break, abbassando il tono.

Oz si ricordò di come Break non amasse parlare del suo passato con gli altri. Negli ultimi quindici anni, aveva tenuto nascosta la sua vera identità persino alle persone a lui più vicine. Il biondo si rese conto che proseguire su quella linea non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, così cercò di cambiare strada.

 

Break…

 

Strinse forte i pungi e tornò a rivolgere lo sguardo al suo interlocutore, con un’aria che cercava di essere più serena possibile.

 

“Io non so quasi niente di te, è vero… Però so che il Break che ho conosciuto è lo stesso che ha aiutato Gilbert per più di dieci anni, lo stesso che mi avrebbe tirato fuori dall’Abisso se non avessi incontrato Alice, lo stesso che ha già rinunciato una volta al suo obiettivo per amore della propria padrona…

 

Fece un passo avanti, abbandonando piano piano l’insicurezza accumulata fino a quel momento.

 

“A me non interessa sapere chi sei stato in passato, perché il Break che conosco è quello che sei adesso. Capisco che tu non riesca a dimenticare quello che hai vissuto, ma… E’ così per tutti noi. Ognuno di noi vorrebbe cancellare una parte del proprio passato, ma per quanto possiamo provarci, solo l’Abisso è in grado di farlo. Quindi Break, credo che tutti noi dovremmo cercare di vivere al meglio quest’occasione che ci è stata offerta di stare tutti insieme, senza buttare via un solo giorno di questo tempo che abbiamo a disposizione.”

 

Nel frattempo, Ada aveva ascoltato le parole del fratello, e ne ammirava commossa la saggezza.

 

Onii-chan…

 

Xerxes…

 

Oscar richiamò nuovamente l’attenzione di Break, cercando anche lui di confortarlo.

 

“Quando ti ho conosciuto neanch’io sapevo chi fossi in realtà… Però anche dopo averlo saputo siamo rimasti amici allo stesso modo di sempre, perché per noi conta quello che siamo adesso e non chi siamo stati quando non ci conoscevamo.”

 

Break ascoltava quelle parole e la sua iride rossa tremava, mossa da un brivido che gli percorreva il petto.

 

Oscar-sama ha ragione…

 

Poi fu Reim a continuare, tranquillizzato da un’atmosfera che sembrava più mite.

 

Xerxes… Io avevo paura di tutto, ricordi? Ho sempre cercato di evitare quelli che mi schernivano perché ero debole e insicuro, tuttavia…

 

Alzò lo sguardo verso il suo migliore amico, con gli occhi colmi di una tristezza nostalgica, che non riusciva a controllare.

 

“Quando sei apparso dal nulla… Quella è stata la prima volta che non ho avuto paura di niente. Eri coperto di sangue, e prima d’allora non potevo vederne neanche una goccia, che svenivo all’istante. Tutti mi prendevano in giro per la mia codardia, ma io sono stato l’unico che ha avuto il coraggio di avvicinarsi a te, che eri così scontroso e solitario.”

 

S’avvicinò di più a lui, ancora timoroso di toccarlo per paura di rovinare la calma che si era venuta a creare.

 

Xerxes, io…

 

Notò una certa malinconia apparire anche nello sguardo attento e languido di Break, che ascoltava ogni parola a metà tra rabbia e commozione.

 

“Tu sei una persona molto importante per me, tu mi hai insegnato a vivere…

 

Mentre diceva quelle parole, il servo di casa Barma non poté trattenere le lacrime che avevano cominciato a calargli lungo il viso.

 

“Io ho sempre rispettato le tue scelte, ma non posso rimanere immobile mentre vedo che ti fai del male…

 

Break abbassò lo sguardo, rimanendo in silenzio di fronte all’amico piangente.

Pensava, pensava stringendo i pugni e cercando di non cedere a tutti quei discorsi, tirati fuori da persone che in realtà non sapevano niente di lui, ma che, nonostante questo, insinuavano di comprenderlo come se lo conoscessero da sempre.

Si sbagliavano. Tutti lì dentro si sbagliavano.

 

“Non è così…

 

Cominciò a dire con un filo di voce, mentre gli altri si chiedevano come stesse reagendo.

 

“Non si fa così… Voi state…

 

Il suo tono tremante tornò a caricarsi di rabbia, mentre l’occhio rosso era rivolto fisso sul pavimento.

 

“Voi state cercando d’intenerirmi con i vostri discorsi sull’amicizia e sull’amore, tentando di trovare una valida giustificazione al fatto che mi stiate ordinando cosa devo e non devo fare?”

 

Alzò lo sguardo e si girò dall’altra parte, voltando le spalle a Reim.

 

“Ma che cosa significa tutto questo? Pensate che io mi diverta!? Veramente siete convinti che faccia tutto questo senza pensare a ciò a cui vado incontro? Credete che alla mia età abbia ancora bisogno di qualcuno che m’insegni come vivere!?”

 

Il silenzio era tornato a riempire la scena, ormai sprofondata nuovamente nel caos più nero.

 

“Allora? Non rispondete!?”

 

Il respiro di Break si fece più pesante. Attendeva una risposta, aspettava che qualcuno si facesse avanti. Ma nessuno ebbe il coraggio di parlare, perché vedere Xerxes arrabbiarsi in quel modo era qualcosa che lasciava le corde vocali e il respiro in balia di un nodo che non voleva saperne di sciogliersi.

 

“Che cosa state facendo? Vi gesticolate fra di voi!? Tanto lo so che lo fate, me ne accorgo! Vi sento benissimo anche quando non parlate!”

 

A quelle parole i presenti si sentirono attanagliati dal senso di colpa. Era vero. A volte succedeva che ci fosse uno scambio di sguardi tra di loro in presenza di Break, ma si trattava sempre di informazioni inerenti a quel medesimo argomento, visto che era già da un bel po’ di tempo che tutti ragionavano su come fare in modo che Xerxes evitasse di peggiorare la sua situazione. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che si fosse accorto anche di quello.

 

“Prima mi prendete in giro e poi pretendete anche che vi stia a sentire!? Ma che razza di persone siete, non avete neanche il coraggio di farvi avanti da soli! Cosa c’è? Vi siete coalizzati perché avete paura di me? Avete paura che possa aggredirvi e gettarvi in pasto al mio chain!? Forse avete ragione, potrei farlo! In fondo ormai lo sapete che non sarebbe la prima volta, giusto!?”

 

Gilbert riprese in mano la situazione, rispondendo a nome di tutti.

 

“Finiscila Break! Se volessimo prenderti in giro come dici, allora ce ne infischieremmo di starcene qui ad urlare per farti capire che vogliamo aiutarti! Ma evidentemente hai la testa troppo dura per ragionare in modo sensato, quindi tanto vale per noi lasciarti sbraitare contro il vuoto finché non ti sarai dato una calmata!”

 

Gil...!”

 

Oz cercò di fare in modo che anche Gilbert si calmasse, ma questi lo bloccò immediatamente.

 

“Lasciami stare, Oz… Devo dimostrare a quest’uomo che ha torto marcio sul mio conto! Devo fargli entrare in quella zucca vuota l’idea che io non sono un incapace! Io non mi appoggio al sostegno di nessuno! Sono in grado di reggermi sulle mie gambe e di proteggere da solo chi mi sta a cuore!”

 

Furono quelle ultime parole, quell’ultima frase pronunciata da Gilbert a bloccare completamente il respiro di Break.

 

Proteggere… Chi ti sta a cuore…

 

Si mise le mani tra i capelli, assalito da un’angoscia profonda che gli lacerava l’animo.

 

Xerxes…!?”

 

Dietro di lui, Reim, preoccupato, cominciò ad avvicinarsi, assicurandosi che stesse bene.

Ma proprio mentre stette per toccarlo, l’altro alzò il volto precedentemente calato nell’ombra, e urlò indignato contro il suo interlocutore.

 

“NON PUOI! Nessuno può farlo! Né io, né te!”

 

Gilbert sgranò gli occhi, impressionato da come l’altro lo guardava. Quelle parole dovevano averlo toccato in un punto fragile del suo cuore.

 

“Non si vive per gli altri, Gilbert! Non si può vivere per gli altri! Se cerchi di proteggere qualcuno farai solo il suo male! Perché quel qualcuno un giorno vorrà vivere per te, e quando tu non ci sarai più perché sarai morto per salvargli la vita, allora chi si occuperà di lui!? Come continuerà a vivere per sé se non è in grado di farlo!?”

 

Il Nightray era rimasto in silenzio di fronte all’immagine di Break che gli aveva urlato tutte quelle cose. Non aveva la vaga idea di cosa rispondere. Doveva essere accaduto qualcosa nella vita di Xerxes, che lo aveva indotto ad avere quella reazione così violenta.

 

“Allora Gilbert? Non parli più? Non dici più niente!? Giustifica quello che dici e che fai! Solo così puoi dimostrare di saper camminare sulle tue gambe! Tu NON SAI come vivere da solo Gilbert! E’ per questo che non riesci a dimostrarlo!”

 

Gilbert abbassò il capo, stringendo i denti. Sebbene quelle parole fossero state dette senza mezzi termini e con molta freddezza, c’era un fondo di verità nel loro significato.

 

Gil…

 

Oz gli si avvicinò preoccupato, ma il servo respinse di nuovo il suo aiuto.

 

“Perdonami Oz… Non voglio parlare adesso.”

 

Il biondo spostò lo sguardo su Xerxes, che nel frattempo continuava ad urlare.

 

“Voi tutti dite che l’importante è conoscere chi sono adesso? Che non v’importa di chi io sia realmente perché tanto quello è passato? Sbagliate!”

 

L’ultima parola fu esclamata con più rilevanza delle altre e fece sentire il suo eco rimbombare nella stanza.

 

“Voi pretendete di dire che mi conosciate per quello che sono adesso, infischiandovene di tutto il resto!”

 

Poi il suo sguardo puntò quello di Oz.

 

Oz…

 

Il biondo stette attento ad ascoltare.

 

“Tu hai detto che ognuno di noi vorrebbe cancellare una parte del proprio passato, che solo l’Abisso è in grado di farlo…

 

Il giovane Vessalius temette di aver detto qualcosa di sbagliato.

 

…Ma quella parte del mio passato che io vorrei cancellare… E’ tutta la mia vita.”

 

Ci fu un attimo di silenzio. L’occhio tremante di Break cominciò a trattenere a stento una lacrima che ormai da tempo minacciava di scendere.

 

“La maggior parte della mia vita è il momento che vorrei cancellare, Oz!”

 

Il biondo percepiva il dolore trasudante dalle parole di Break e deglutì, sentendosi anche lui prossimo al pianto.

 

Xerxes Break non è neanche un quarto della vita che ho vissuto fin ora. Mi spieghi come faccio a rimuovere tutto il resto? Mi spieghi come voi possiate pretendere di conoscermi e di giudicarmi se ignorate quello che sono stato e cosa ho vissuto prima di essere stato scaraventato in questo posto!?”

 

Il suo tono si fece di nuovo aggressivo e colmo di rabbia.

 

“E poi l’Abisso, Oz… Credi veramente che possa cancellare il passato? No, magari può cercare di cambiarlo, quello sì! Ma non potrà mai rimuovere dalla mia testa quello che ho visto! Non potrà mai cancellare i ricordi che sono qui, nella mia mente! Luoghi, momenti, persone!”

 

Mentre urlava indignato quelle parole, Break si martellava il capo quasi impazzito.

 

Onii-chan…!”

 

Ada si aggrappò alla giacca del fratello e scoppiò a piangere, impressionata da quello sguardo insano.

Nel frattempo, Xerxes respirava intensamente, cercando di recuperare l’aria che aveva perduto durante il suo discorso. Non appena si sentì pronto, continuò a rivolgersi al giovane Vessalius.

 

“Puoi darmi tutti gli schiaffi che ti pare, puoi chiamarmi sudicio e scaraventarmi nell’Abisso con le tue stesse mani, e io mi metterò a ridere! Perché questo non è dolore, Oz! Questo non è, assolutamente, niente!”

 

Scandì con violenza le parole di quell’ultima frase, tremando per il forte battito del suo cuore.

 

“Ti sei sentito solo Oz? Ti sei sentito rifiutato? Per quanto tempo? E da chi? In quindici anni di vita hai sempre avuto con te il tuo servo, tuo zio, tua sorella e chissà quante altre persone! Hai trovato compagnia persino quando eri confinato nell’Abisso! Ora vuoi dirmi che per una persona che non ti ha voluto tu hai capito il significato della solitudine? Del rifiuto!? Lo sai per quanto tempo sono stato solo io!? Lo sai per quanti anni sono stato costretto a scappare per sopravvivere!? Lo sai quante persone avevano paura e si allontanavano da me soltanto, sentendo, il mio, nome!?”

 

Dietro di lui, Reim cadde in ginocchio e si portò le mani alla testa.

 

Basta… Smettila, per favore!”

 

Ma Break non diede retta un solo secondo alle sue parole. Ormai la sua mente era altrove, non riusciva più a ragionare coerentemente e aveva completamente perso il controllo della parte razionale di sé. Gli faceva male la testa e sentiva il sangue pulsargli violentemente nelle tempie. Per un istante, si portò una mano alla fronte, come per cercare di fermare la confusione che gli aveva stravolto il cervello. Il suo occhio rosso bruciava, nell’attesa di buttare giù ancora più lacrime.

Nel frattempo, Reim non riusciva a trattenere i singhiozzi del suo pianto e continuava a dare libero sfogo alla disperazione di vedere il suo amico in quelle condizioni.

 

“Che cosa c’è? Perché piangi, Reim?”

 

Xerxes si girò verso di lui, tempestandolo di domande.

 

“Hai paura di me adesso!? Anche tu? Perché piangi!? Ti senti in colpa per quello che hai fatto!? Rispondi!”

 

Ma il servo di casa Barma non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia. Non voleva sapere con quale sguardo l’amico lo stesse puntando, non voleva che un giorno lo potesse ricordare in quel modo; l’unica cosa che in quel momento Reim avrebbe voluto fare era scusarsi, ma le sue corde vocali erano bloccate da qualcosa che gli soffocava la voce e il respiro.

 

“Tu parli di rispetto, dici di accettare le mie scelte, ma poi frughi nelle mie cose senza permesso! Mi controlli approfittando delle mie debolezze! Come pretendi che la smetta, Reim!? Come!? Rispondi!”

 

Ma di fronte a quella scena, non sopportando di vedere l’egoismo con il quale Break si rivolgeva all’amico che più gli voleva bene, Gilbert non poté tacere e, ancora una volta, si scagliò contro di lui.

 

“Possibile che tu non lo capisca, Break! Reim ha agito così perché è tuo amico e non sopporta di vederti in questo stato!”

 

Quell’affermazione scatenò un’ultima, lacerante reazione in Xerxes, che si girò all’istante verso il suo interlocutore con un’espressione insana di rabbia e di dolore.

 

“NO, NON E’ VERO! I MIEI AMICI SONO TUTTI MORTI OLTRE CINQUANT’ANNI FA! NON E’ RIMASTO NESSUNO, SONO STATI UCCISI, TUTTI QUANTI! HO SCAVATO GIORNO E NOTTE UNA FOSSA PER CIASCUNO DI LORO E DA SOLO GLI HO TRASCINATI UNO AD UNO NELLE LORO TOMBE! GIORNO PER GIORNO, SETTIMANA DOPO SETTIMANA, MA COSA VUOI SAPERNE TU!? TU NON SEI NESSUNO! TU NON SEI NIENTE!”

 

Quelle parole rimbombarono per tutta la sala, scatenando lo sgomento da parte dei presenti. Gilbert rimase immobile a fissare Xerxes, che si sentiva  la fronte e le guance bruciare. Il cuore gli aveva pompato così in fretta il sangue alla testa, che per poco non perse l’equilibrio. Riuscì a restare in piedi solo grazie al sostegno del suo bastone, che stringeva con entrambe le mani.

Ada aveva ripreso a piangere spaventata tra le braccia del fratello, anche lui scosso dalle ultime parole di Break. Ci fu un po’ di silenzio e poi, versate le ultime lacrime sul pavimento, Xerxes pose fine a quella discussione, andata avanti anche fin troppo.

 

“Volevate proprio che lo dicessi, vero?”

 

La sua voce era tremante e sofferente e il suo sguardo puntava verso il basso.

 

C-cosa ci faccio qui…?”

 

Mentre singhiozzava a stento quelle parole, si portò una mano al volto e scappò via dal salotto, correndo verso la sua stanza. Mentre percorreva con rapidità i corridoi della grande magione, nella sua mente riaffioravano i volti e i ricordi delle persone con cui aveva condiviso tutto, quelle stesse persone che aveva trovato morte il giorno in cui non era stato in grado di proteggerle. Amici, parenti, e altre vittime innocenti di quella spietata carneficina a cui lui era sfuggito per puro caso. Quante volte avrebbe preferito morire lì insieme a loro, nel tentativo di proteggere la famiglia del proprio signore, invece di sopravvivere assalito dall’angoscia e dal senso di colpa.

Mentre correva, perse la percezione dello spazio intorno a lui e inciampò nel primo gradino della grande scalinata che conduceva al piano superiore. Si rialzò quasi immediatamente, così profondamente ferito nel’animo, che ancora non fece caso al dolore della caduta.

Si appoggiò al corrimano e raggiunse più rapidamente possibile la sommità di quella lunga serie di gradini che sembravano infiniti. Giunto davanti alla sua camera da letto, aprì la porta con forza e la sbatté con una violenza tale da provocare una spaccatura in prossimità della maniglia. Raggiunse il suo letto, cominciando a tirare via le lenzuola in un impeto di furia e disperazione e, in preda alla totale mancanza di controllo, afferrò Emily, scagliandola con forza contro il muro, pentendosi di quel gesto nell’esatto istante in cui lo compì. Si mise le mani tra i capelli e urlò disperato, rimpiangendo la mancanza del suo occhio sinistro, che aveva lasciato al destro il compito di versare quella valanga di lacrime tutto da solo. Sentì le sue gambe indebolirsi e tremare sempre di più. Passò dall’altra parte del letto e s’accovacciò per terra, accanto al comodino, mosso dal bisogno di sparire, di non essere visibile da niente e da nessuno.

 

 

***

 

 

Le ultime parole pronunciate da Break prima di abbandonare la stanza avevano lasciato i presenti in mezzo a un’atmosfera cupa e silenziosa. Oz teneva lo sguardo basso, stringendo tra le braccia la sorellina, che aveva cominciato a tranquillizzarsi. Gli occhi del giovane Vessalius erano pensierosi e tristi.

 

Oz…

 

Gilbert si avvicinò al suo padrone, preoccupato dal grigiore che lo avvolgeva.

 

Oz… Non devi affliggerti per quello che ti ha detto Break.”

 

Il biondo alzò lo sguardo verso il suo servo.

 

“Lui non sa… Lui non può sapere come ti sei sentito in questi anni. Ognuno di noi ha alle spalle qualcosa che vorrebbe dimenticare ed è impossibile stabilire quale male sia più lieve e quale invece più dannoso, perché ognuno di noi percepisce il dolore in modo diverso e proporzionalmente a ciò che ha vissuto e che è abituato a vivere.”

 

Gil…

 

Oz rimase sorpreso dalla profondità di quelle parole. Gilbert gli parlava attentamente e nei suoi occhi traspariva tutto l’amore e la preoccupazione che nutriva nei suoi confronti. Il biondo sorrise, facendo arrossire il servo.

 

“Grazie Gil.”

 

Il moro ricambiò il sorriso, carezzandogli i capelli dorati.

 

“Non pensavo che fossi così saggio!”

 

Esclamò poi il giovane Vessalius. Gilbert lo guardò sbigottito.

 

“Sai, Gil… Non credo che qualcuno che non sia in grado di provvedere a se stesso e che si appoggi esclusivamente sulle spalle di un altro sarebbe in grado di parlare così.”

 

Oz…

 

Il biondo lo guardò più intensamente.

 

“Neanche tu devi affliggerti, Gil.”

 

Gilbert sorrise nuovamente, rincuorato da quelle parole.

Nel frattempo, pochi metri più in là, di fronte a una finestra, Oscar parlava con Reim, che si rinfrescava gli occhi con un panno bagnato d’acqua.

 

“Non sarebbe successo… Tutto questo non sarebbe accaduto se fossi rimasto al mio posto…

 

Il servo di casa Barma continuava a dannarsi per aver agito in quel modo.

 

“Non devi sentirti in colpa per quello che è successo, Reim. E’ naturale che tu fossi preoccupato per Xerxes. Dopotutto, sei o non sei suo amico, scusa?”

 

Reim scosse la testa, ancora attanagliato dal rimorso.

 

“A questo punto, non lo so più…

 

Il duca Vessalius gli diede una piccola gomitata sul braccio.

 

Aaah! Ma non dire stupidaggini! Figurati se per una cosa del genere non siete più amici!”

 

Il servo di casa Barma smise per un attimo di rinfrescarsi gli occhi e puntò il suo sguardo su quello del duca.

 

“Ma quello che ho fatto è una cosa gravissima! Mi sono permesso di guardare dentro ai suoi cassetti, di controllare i suoi vestiti, senza preoccuparmi di rimetterli nello stesso modo in cui gli avevo trovati, approfittando del fatto che lui non se ne sarebbe accorto. Sono una persona orribile, Oscar, nessuno vorrebbe uno così come amico!”

 

Dapprima, il duca lo guardava con sguardo serio, poi, una volta che Reim smise di parlare, sul suo volto apparve un sorriso leggero.

 

“Hai finito?”

 

Domandò semplicemente.

Reim incontrò di nuovo il suo sguardo, con aria sorpresa.

 

“Ti sei sfogato abbastanza adesso?”

 

Oscar appoggiò le proprie mani sulle spalle dell’altro, incrociando intensamente il suo sguardo.

 

“Il motivo per cui hai fatto tutto questo tu lo sai, e anche lui. Xerxes non è stupido. Ha capito perché hai agito così, e ti dico che io, se fossi al suo posto, sarei più che contento di sapere che qualcuno mi voglia bene a tal punto da compiere anche qualcosa di sbagliato per me.”

 

Reim rimase zitto ad ascoltare. I suoi occhi erano sbarrati e attenti a ogni parola. Oscar allargò di più il suo sorriso.

 

“Coraggio, va’ a parlargli!”

 

Ma il servo di casa Barma scosse la testa, ancora accaldato dal pianto.

 

No… Non posso! Io adesso… Non me la sento.”

 

Il duca inclinò la testa da una parte e socchiuse gli occhi.

 

“Non adesso… Fra un po’. Dagli giusto il tempo di riposarsi un attimo. E riposati anche tu, d’accordo?”

 

Reim annuì insicuro, domandandosi come avrebbe fatto a riposare tranquillo con il senso di colpa che gli appesantiva il cuore.

Dopo un po’, abbandonò il salotto e si diresse verso la sua stanza, trovandosi costretto a passare davanti a quella di Break. Prima di avanzare oltre la porta dell’amico, Reim rimase fermo per un po’, imponendosi di attraversare quel metro con la massima naturalezza, senza farsi sopraffare dall’ansia o dalla paura, senza costringersi a camminare in silenzio o velocemente; il suo passo doveva essere naturale, quasi indifferente, perché Xerxes era suo amico, e non c’era motivo né di prenderlo in giro, né tantomeno di averne paura.

Chiuse gli occhi e passò avanti, avvertendo immediatamente dopo una placida sensazione di sollievo, destinata a svanire nel momento in cui si rese conto che scappare da lui non sarebbe servito a niente.

Fece ingresso nella sua stanza, richiudendo silenziosamente la porta alle sue spalle. Si sdraiò di schiena sul letto, lasciando fuori le gambe. Tirò un profondo sospiro, mentre si stringeva tra le braccia, sfogando la sua voglia di avvolgere il suo amico e di fargli capire, attraverso l’intensità del suo abbraccio, tutto il dolore e il dispiacere di ciò che aveva fatto.

Chiuse gli occhi e riuscì miracolosamente ad addormentarsi. Forse il bruciore delle sue iridi color terra lo aveva aiutato nell’impresa di prendere sonno.

Una volta sveglio, guardò l’orologio, accorgendosi che era già pomeriggio inoltrato. Si alzò lentamente, tirando il copriletto raggrinzito sul quale aveva dormito. Si sciacquò la faccia e si diede un’ultima guardata allo specchio, prima di recarsi dall’amico.

Uscì silenziosamente dalla stanza, giungendo di fronte a quella di Break. Una volta lì davanti, si accorse di qualcosa che prima non aveva notato: all’altezza della maniglia c’era una grossa crepa, che non permetteva alla porta di chiudersi normalmente. Xerxes doveva averla sbattuta con violenza, in preda alla rabbia.

Tirò un profondo sospiro, rimanendo lì davanti finché non ebbe il coraggio di dire qualcosa. Non sapeva cosa Break stesse facendo lì dentro, se stesse dormendo, o se semplicemente stesse pensando a quanto accaduto. L’unica cosa certa era che sentiva di dovergli parlare. Ormai quella che era stata un’idea di Oscar era diventata un’esigenza assoluta che, in un modo o nell’altro, Reim avrebbe dovuto seguire. Strinse i pugni, sperando con tutto il cuore che l’altro si sentisse disponibile a dialogare. Scelse di non bussare, perché non sentirsi rispondere immediatamente “avanti” era la cosa più terribile da immaginare.

Deglutì, annullando di botto ogni altro pensiero nella sua mente, dando un taglio a tutta quella titubanza e a tutta quell’inutile paura, che non avrebbero fatto altro che tenerlo ancora chiuso nel guscio della sua insicurezza.

 

Xerxes.”

 

Silenzio.

Dall’altra parte della porta non si udì alcun rumore o risposta. Si domandò se l’amico non l’avesse sentito, e lo richiamò, alzando di poco la voce.

 

Xerxes.”

 

Non ricevette ancora alcun responso e cominciò a temere che l’altro non ne volesse sapere di parlare con lui. Aspettò qualche minuto, e lo chiamò nuovamente.

 

Xerxes…

 

Questa volta, la sua voce era più tremante a causa del battito cardiaco, che era accelerato nel momento in cui il suo cuore aveva ricominciato a riempirsi di tristezza e di paura.

Niente, non ci fu risposta.

Pensò che forse fosse il caso di ritornare più tardi, che probabilmente fosse ancora troppo presto per parlare con lui. Tuttavia, non era sicuro che più in là nella giornata sarebbe riuscito di nuovo ad avere abbastanza coraggio di parlargli. Rifletté un secondo, pensando che così facendo, non avrebbe fatto altro che agire come suo solito, rimandando le situazioni difficili a più tardi. Decise che non aveva importanza che Break gli rispondesse in quel momento, non era indispensabile ricevere una risposta, perché se Xerxes non se la sentiva, aveva tutto il diritto di non parlare. Ma Reim, Reim invece aveva bisogno di parlare adesso. Aprì un po’ di più la porta, avvicinandosi col viso allo spiraglio. Il corridoio era deserto, ma non voleva che qualcun altro che non fosse Xerxes potesse sentirlo, neanche per errore. Prese aria diverse volte prima di cominciare, nel tentativo di placare il pulsare rapido del suo cuore. Schiuse le labbra, e parlò.

 

“Ti chiedo scusa.”

 

Dovette fare una pausa dopo quelle sole tre parole. Inspirò ed espirò varie volte, e poi continuò.

 

Io… Non avevo il diritto di comportarmi così. Ho agito impulsivamente, senza riflettere. Ho pensato soltanto a quello che faceva comodo a me, senza rispettare le tue decisioni. Non mi sono fidato di te e ho preteso di sapere meglio di te quello che provi, quello che pensi. Ho avuto la presunzione di sentirmi colpito al posto tuo, di capire quello che si prova…

 

Non riuscì a trattenere un singhiozzo, mentre si vergognava di essersi accorto soltanto in quel momento di non avere la minima idea di cosa si provi a sapere di dover morire. Si portò una mano alla bocca, cercando di coprire i gemiti repressi, che volevano accompagnarsi alle lacrime.

 

Xerxes…

 

Riprese a parlare, rinunciando a trattenere quelle lacrime più forti di lui. Parlò tra un singhiozzo e l’altro, senza star più a badare al modo in cui esprimeva ciò che aveva da dire. Esplicitò a parole ciò che direttamente gli veniva dal cuore, smettendo di dare importanza anche al tono di voce, che divenne più alto e meno riservato.

 

“Non volevo!”

 

Si strinse il tessuto della camicia, mentre disperato, tra una frase e l’altra, stringeva i denti assalito dal dispiacere e dalla vergogna.

 

“Non volevo che tu ti arrabbiassi! Non volevo farti urlare così! Non volevo che tu dicessi quelle cose! Non volevo farti ricordare quello che vuoi dimenticare!”

 

Si portò le mani al volto e cadde in ginocchio, versando le lacrime sul pavimento.

 

“Io credevo…

 

Scosse la testa, stringendosi i capelli.

 

“No, io… Mi sono illuso che facendo così… Avrei risolto le cose.”

 

Si rese conto della stupidità di quel suo pensiero e annuì ripensando a tutte le volte che Break gli aveva rimproverato la sua eccessiva ingenuità.

 

“Hai ragione, Xerxes… Io sono ancora un bambino.”

 

Fece calare di nuovo le mani sul volto, sentendosi ancora più sciocco.

 

“Io faccio esattamente quello che tu dici che non si dovrebbe fare. Io m’illudo che tutto possa andare bene, scappo dal dolore e credo nella possibilità che le cose possano risolversi anche quando non è possibile! Io non so accettare il male! Non so come comportarmi da persona adulta, perché non sono mai cresciuto veramente! Io… Ho soltanto un’enorme paura di affrontare la vita e tutto ciò che comporta… Ho paura di perdere le poche cose a me care, perché so che altrimenti non avrei alcun punto d’appoggio e che mi troverei spaesato… Io ti ho chiesto aiuto, io ho sempre chiesto il tuo aiuto Xerxes, ma non ho mai pensato che potessi essere tu quello che aveva bisogno di essere compreso, perché ti ho sempre visto forte, ai miei occhi tu sei sempre stato invincibile! Per questo…

 

Liberò il viso dall’oscurità e guardò verso la porta.

 

…Per questo mi sembrava impossibile che proprio tu potessi essere spaesato, che proprio tu…

 

Ma la voce gli venne a mancare. Improvvisamente, dopo tutte quelle cose che aveva detto, le sue corde vocali si bloccarono, soffocate da un brivido che lo aveva colpito al petto, e che era poi risalito alla gola, impedendogli di continuare.

Deglutì svariate volte, e poi il suo discorso volse alla conclusione.

 

Xerxes… Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Se tu non hai paura, ti prometto che non avrò paura neanch’io!”

 

Liberò un ultimo, intenso gemito di dolore e di pianto, riprendendo poi a respirare sempre più regolarmente, con sempre meno fatica.

Rimase lì davanti per un po’ di minuti, non per vedere se l’amico avrebbe risposto, ma solo per stargli accanto, anche se da lontano. Quando anche le ultime lacrime si seccarono sulle sue guance, volle aprire di più la porta per poterlo vedere almeno dall’uscio. Badò a farla cigolare, affinché l’altro capisse che non intendeva spiarlo di nascosto. Ma quando l’anta di legno fu completamente aperta, Reim non vide nessuno. Timoroso che Break non fosse lì dentro, decise di entrare senza dire una parola.

Si avvicinò alla finestra, subito oltre al letto: era lì, alla sua destra, accovacciato per terra con la schiena poggiata al comodino. Si teneva stretto in un lenzuolo, tremando violentemente non per il freddo, ma per il brivido che gli si era scatenato dentro.

La sua iride rossa vibrava, e puntava lo sguardo di Reim, come se potesse vederlo chiaramente. Ma la cosa che più colpiva il cuore, era che piangeva. Un pianto allo stesso tempo intenso e soffocato, che lasciava intendere quanto le parole di Reim fossero state profonde e d’impatto. Se Break non aveva risposto, era perché non ci riusciva. Non riusciva a pronunciare una sola sillaba da quella bocca digrignata e tremolante.

Reim aveva sgranato gli occhi, preoccupato che non riuscisse a respirare bene.

 

Xerxes…!”

 

Si chinò anche lui a terra, avvicinandosi all’amico. Gli pose una mano sulla spalla, cercando di tranquillizzarlo. Dopo quel gesto, Xerxes chiuse l’occhio e gli venne incontro, chinandosi sul suo petto.

Diede sfogo alle lacrime con più libertà e senza alcun tipo di vergogna. Mentre piangeva, stringendo la divisa dell’amico, tossiva sangue senza controllo, e Reim lo stringeva forte  a sé, avvolgendogli la vita con un braccio, e carezzandogli i capelli con la mano. Lo scaldò, come solo un amico come lui avrebbe saputo fare, finché l’altro non si fosse abbastanza tranquillizzato da poter parlare.

 

Reim.”

 

Il suo timbro di voce era debole a causa della tosse che lo aveva colpito.

 

Xerxes…

 

Il servo di casa Barma fu così felice di risentire quella voce. Break staccò il suo viso dal petto dell’amico per potergli dare l’illusione di guardarlo negli occhi. La sua mano destra rimase sulla sua spalla, e anche il braccio con cui Reim lo avvolgeva non aveva smesso di stringere il suo fianco.

 

“Se ti dicessi che non ho paura, sarebbe una bugia.”

 

Reim ascoltava attentamente la sua voce bassa e straziata.

 

“La morte Reim… Ti porta via tutto in un istante, cancella la tua esistenza…

 

Tossì ancora e poi riprese fiato.

 

“E’ impossibile non temere una cosa del genere… Almeno io, che per te sono invincibile… Non riesco, sebbene cerchi di dimostrarlo, a non avere paura di lei…

 

Scosse leggermente la testa.

 

“La verità… E’ che non si può dimostrare qualcosa in cui non si crede…

 

Spostò la sua mano e lo sguardo sul petto di Reim, all’altezza del cuore.

 

“Quindi Reim, voglio che tu sappia una cosa…

 

Il suo occhio tornò a puntare il volto dell’amico.

 

“Non è importante che io sia qui con te. Quello che è realmente importante è che io ci sia stato…

 

Strinse il tessuto della sua divisa, con la stessa mano che aveva spostato un attimo prima.

 

“Quello che importa è che io sia qui.”

 

Bussò leggermente il pugno sul cuore di Reim, che aveva mantenuto lo sguardo immobile su di lui per tutto il tempo.

 

“Chi si trova qui, Reim… C’è stato, c’è, e per sempre ci sarà.”

 

Spostò quella stessa mano, dal petto di dell’amico al suo cuore.

 

“Anche tu sei qui Reim.”

 

Reim non riuscì più a trattenere le lacrime che avevano minacciato di scendere già da tempo. Break sentiva i suoi singhiozzi e lo guardava con dolcezza.

Dal cuore, portò la mano sulla sua guancia sinistra, carezzandola e togliendo di tanto in tanto le lacrime che si rinnovavano sul suo volto.

 

Reim, promettimi… Che non dispererai.”

 

Il servo di casa Barma strizzò gli occhi per rendere più nitida l’immagine dell’amico che gli parlava.

 

“Quando arriverà quel momento Reim… Quello sarà il momento in cui tu comincerai a imparare, come hai sempre voluto fare.”

 

Reim gemette, ascoltando le parole del suo caro amico.

 

“Te lo prometto...”

 

Fu la sua risposta, che riuscì a pronunciare malgrado i singhiozzi.

Break sorrise, e anche il suo occhio si riempì nuovamente di lacrime.

 

“Grazie Reim… Grazie…

 

La sua mano si ammorbidì, toccando leggermente il collo dell’amico. Cominciò anche lui a singhiozzare, mentre a stento pronunciava le ultime parole di quel loro discorso.

 

Sei… Il migliore amico… Che abbia mai avuto… In tutta la mia vita…

 

A quelle parole, Reim non poté più trattenersi, e diede libero sfogo ai gemiti di felicità e di dolore che uscivano fuori controllo dalla sua bocca serrata. Si abbracciarono forte, sdraiandosi sul pavimento con i loro corpi a stretto contatto. Un legame intenso, quasi passionale, che metteva in comunicazione i cuori nei quali l’uno conservava l’altro. Un affetto e una sensazione così forte, da essere invulnerabile a qualsiasi altra forza esistente. Un’amicizia che non vedeva ostacoli, che non poteva essere neutralizzata nemmeno dal tempo. Qualcosa in grado di abbattere persino i limiti della morte.

 

 

***

 

Angolo dell’autrice

 

Questo colore azzurro e molto allegro vuole un po’ smorzare la tragicità di quanto scritto sopra…

Avevo voglia di scrivere qualcosa di struggente e d’infinitamente triste. E’ la prima volta che concentro così tanta disperazione in una sola storia, e mi scuso per l’eccessiva lunghezza del racconto. Mi rendo conto che chiamarla One Shot è quasi una bestemmia! Il titolo invece è un po’ arrangiato… Di solito non vedo l’ora di rileggere la mia storia per attribuirle un titolo degno, ma in questo caso non mi è venuto in mente nulla di migliore. Per quanto riguarda i personaggi, sono stati trattati in una situazione estrema e molto particolare, quindi ho immaginato, secondo le loro solite personalità, come avrebbero agito se si fosse verificata tale situazione, cercando di rimanere il più possibile IC. Spero di esserci riuscita. Per quanto riguarda il rapporto fra Break e Reim invece, devo ammetterlo, sono una fan della coppia. Tuttavia, in questa storia ho voluto limitarmi a chiamarla amicizia, in modo che chi voglia vederci qualcosa di più, sia libero di farlo, senza imporre per forza una relazione più stretta a chi invece li vede solo come amici.

 

Alla prossima!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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