La realtà mi ha fatto atterrare
Il mio errore fu di errare
E non ero un eroe
Ma sono vivo
E sono qui
(Io sono qui, Claudio Baglioni)
Soldato?
Bambino, forse
Non ti sentivano mentre lo dicevi
Non ti vedevano mentre sognavi di tornare in Grecia
Lo sapevano
Ma questo a loro non importava
Geórgos
Significava "contadino", in greco
I contadini amavano la terra
E tu la tua terra l'amavi
Come loro, anche di più
Ti hanno chiamato come un eroe
Della Guerra d'Indipendenza
Ti hanno chiamato come il Re d'Inghilterra
Ma il tuo sole era in Grecia
"Brigante?
Ma sì,
chiamatemi così.
E' una bella cosa, la legge,
Ma davvero non fa per me"
E scrollavi le spalle, sorridevi
"Non lo nego"
Ti guardavano un po' male, quelle volte
"Per vocazione, però"
Ti prendevano per matto
"Lo sapevo"
Ti mettevano in prigione
Te ne andavi
"Che pretendevate?"
Sparta
Gli schianti, gli scoppi
Nella città della guerra
Non finivano mai
E guarda quelle lame incrociate
Chissà chi vincerà
"Pensavo, a volte, come un ateniese
Questo sì"
Più delle armi amavi le parole
Quelle parole per cui non bastava il fiato
A pronunciarle
A rileggerle ad alta voce
Da quelle pagine dei tempi che furono
Di quelli che chiamavano "anni d'oro"
Quelle parole che, per leggerle,
Dovevi respirare la polvere
Indietreggiare un poco
E tenere una mano, una mano sul cuore
Contemplare fino in fondo la saggezza
Il valore senza limiti
Di quegli uomini protetti dagli Dei
E allora forse le capivi
E la vedevi
L'Età degli Eroi
Con la voce delle ninfe nelle orecchie
Navigavi
E vedevi
Le Nereidi, le Oceanine, le Sirene
Le creature delle onde, Poseidone
E sognavi l'antica flotta di Sparta
Volevi fare il marinaio
Un marinaio un po' pirata
Il Capitano
Come tuo padre
La città
Che bruciava nella rosa delle fiamme
Gli sconfitti
Il cavallo
La potenza dell'inganno
Quella freccia nel tallone
La sentivi
E morivi un po' con loro
Ma soltanto per un po'
Loro erano eroi
Tu no
E avevi una paura
La paura di morire
Di non vedere la fine
Della linea del cielo
Di perdere il sole
Di non esserci più
E facevi cadere
Cadere le stelle
Con la tua pistola
I tuoi occhi feriti
Non cadevano, le stelle
Non cadevano per te
Non cadevano per gli uomini
Non cadevano da lì
"Bruno cielo senza cuore,
Non lo vedi che succede?
Ho paura di sapere
Che non m'hai ascoltato mai"
E ci parlavi, tu
Ci parlavi, col cielo
Il tuo nemico, confidente
Un avversario degno di te
E poi, George, tu avevi un sorriso
Che era un raggio di sole
Una stella caduta
Lo potevi raccogliere
E infilare in tasca
E potevi cambiare
I pensieri, i respiri
Aver negato una vita
E non dire di no
Era successa una cosa
Che andava oltre ai versi
Centenari
Dell'Iliade
Agli esametri dattilici
Ai confini illuministi
Della tua filosofia
Ti chiedevi cosa fosse,
Cosa fosse quel calore
Aveva acceso un fiammifero
Nel tuo cuore,
Natal'ja
Tanto bella
Da morire
Tanto bella
Da far piangere
Anche te
Che amavi come amavano
I Greci di un tempo
Ed eri un uomo
Ma amavi come un eroe
E t'avrebbero insegnato, a Sparta
A vivere per una morte degna di te
Con il petto squarciato da un coltello
O tra le lacrime di una donna
Troppo amata
Come lei
E a Natal'ja avresti detto, un giorno:
"La gente dice che sono matto.
E' una definizione che, tutto sommato, mi piace.
Ti chiederanno di me e tu risponderai:
George scriveva citazioni dell'Iliade sulle mie scale, con conchiglie e sassolini.
Lo facevo, da piccolo, a Liverpool, in vacanza da papà
Lo facevo, quando tu eri una bambina e avevo sempre voglia di abbracciarti
George sparava alle stelle.
George mi amava.
E nessuno al mondo dubiterà delle tue parole"
Avrebbe imparato, poi, quella piccola donna
Dagli uomini di Sparta
Che il mondo poteva essere venduto
E scagliato da quel cielo
Per un pugno d'acqua santa
Per le lacrime di George
E ora guarda quel figlio
Aiace
Non ti sembra cresciuto
Sempre più uguale a te?
Quella luce negli occhi
Cercala
E' la tua
Lisistrata il cuore te l'ha distrutto abbastanza
Almeno lui avrà un'infanzia
Cynthia, sorella luna
La carrozza per Atene
I suoi libri, la sua voce
La carezza della sera
E tuo nonno, in mezzo al fumo
Aveva vinto la guerra
E la gloria a Navarino
Aveva portato l'Indipendenza
La cacciata dei Turchi
Gli Egiziani che scappavano
Il sorriso sulle labbra
La vittoria della Grecia
Sulla nave per El Cairo
Sei tornato prigioniero
Senza i Kléftes, senza il nonno
Senza le coste biancheggianti
Della tua Ellade luminosa
E la nonna, certe volte,
Ti leggeva l'Odissea
Ora hai solo una pistola
Schegge di sangue sotto la pelle
Ormai puoi leggere solo la morte
Ormai puoi solo farti male
Da quel giorno, a sette anni
Non sei più un bambino
Sulla spiaggia di Patrasso
La speranza ti uccideva
Per le sfide eterne di Sparta
Per la mamma, Dekapolites
I tuoi compagni, Dimokratìa
La bambina che hai protetto
E che proteggeva te
Ora sei tornato a
casa
E sei solo un ragazzo
Per quel mare d'Inghilterra
Troppo freddo, forse
Per la tua pelle da greco
Il tuo gatto, le conchiglie
Le risate, le catene
Della libertà mancata
E quegli occhi troppo stanchi
E lo xiphos che stringevi
E un giorno, forse
Gli Dei ti avrebbero sorriso da lontano
E l'avresti avuto, quel mondo,
In una mano
Quante stelle hai colpito
Finora,
George?
Note
Eccolo, Gee.
George,
il protagonista di Sic Volvere Parcas, il brigante filosofo, un po'
marinaio un po' pirata, un po' ragazzo un po' eroe, che muore un po'
nel sole greco e nel cuore guerriero della sua Sparta.
Un personaggio difficile, tanto, terribilmente incoerente e controverso, un po' uomo e un po' bambino, che vive un giorno nell'Iliade e un giorno nel mondo.
Bambino soldato sotto il sole d'Egitto e paladino distratto e antieroico della sua bella Grecia.
Un Rivoluzionario, però. Un sognatore.
George, che sparava alle stelle. Lui è così.
E adesso sto scrivendo la poesia di Stephen, un altro personaggio assai complicato.
Per tutti coloro (neanche fossero chissà quanti!) che in Sic Volvere Parcas l'hanno odiato, che ci hanno sperato, in un suo cambiamento.
Sarà la prossima poesia, la sua rivincita.
Sto zitta, adesso.
Sto scrivendo troppo, in questi giorni, lo so.
A presto! ;)
Marty