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Autore: Narcis    25/07/2011    1 recensioni
Il terribile attentato avvenuto in Norvegia ha colpito tutta la nazione, anche fino alla più piccola e abbandonata isola del territorio norvegese. In questa fic un personaggio di mia invenzione rappresentante di una isoletta norvegese racconta come il dolore abbia colpito il cuore di tutti.
Per favore, non fate i moralisti con me. Questa fic l'ho scritta per esprimere, in qualche modo, la rabbia e la tristezza che mi hanno inondato in questi ultimi tre giorni proprio a causa di questo attentato. Alla fine è una normale fiction storica, come tante altre che se ne vedono in giro, solo raccontata dal punto di vista soggettivo. D'altronde, chi non ne scrive...?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Coperto.
Nuvole grigie tappano completamente il cielo a poco meno le quattro del pomeriggio.
Almeno, credo siano le quattro. Non so leggere l’orologio, non ho mai imparato, nessuno me l’ha insegnato.
Sento una profonda ferita al petto, come se un qualche strano artiglio mi avesse lacerato la carne. Mi tocco preoccupato il punto soffrente, ma non perdo sangue.
E allora cos’è…?

Inizia a piovere. Le nuvole si fanno sempre più dense.
Passeggio in giro, a testa bassa, il naso affondato nel colletto della camicia e le mani in tasca. Non soffro il freddo, nemmeno qui nella isolata e disabitata isola Edgeøya. Pochi mi conoscono, forse quasi nessuno. In fondo, sono solo un piccolo e stupido pezzetto di terra norvegese.
Il suolo è ghiacciato, la fauna è limitata, la popolazione nulla. Sono solo, lo sono sempre stato.

Piove sempre più forte e quella strana ferita non smette un secondo di farmi male.
Il dolore aumenta sempre di più.
Mi blocco, le mie gambe cedono. Cado.
In ginocchio a terra, i sassolini pungenti mi fanno male alla pelle.
Stringo con una mano la stoffa della maglietta all’altezza del cuore. Mi sento morire, perché questa terribile sensazione…? Non sono ferito, e allora perché..?

…Cos’è questa?
Non è semplice pioggia, quella che mi riga le guance.
Queste sono…come si chiamano…
…Lacrime..?
Come mai tutto questo? E cosa sono questi rumori? Grida?
No. Non è possibile. Questa isola è disabitata. Ci sono solo io con me. Non può essere vero….
E allora chi è che sta emettendo queste strazianti grida?
Mi copro istintivamente le orecchie con le mani, non le sopporto proprio. Non voglio sentirle, basta!
Come mai gridate?! Perché sto lacrimando?!

Tuona.

Il cielo sta piangendo. Sta gridando.
E’ così in tutta la Norvegia.
Particolarmente a Oslo e Utoya.

Rimango lì, in balia della tempesta che si sta innalzando, e inizio anche io a gridare.
Tira il vento, le gocce incessanti di pioggia bucano la mia pelle come fossero spilli appuntiti, lampi e tuoni squarciano il cielo.
Tutto intorno si fa scuro, sempre di più, divorato da sofferenza estrema.
Tutto piange.
Una luce. Voglio una piccola fiammella di speranza.
Ma dove posso trovarla?
Come posso io, piccola e inutile isola, cercare di risolvere all’immenso errore di un altro?
L’unica cosa che posso fare è piangere.
Sono inutile, io. La gente muore e non me ne rendo conto. Sono sempre stato solo, e sempre lo sarò.
La mia unica compagna è la sofferenza.





}“E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell’aria.
Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte,
chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla.
Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio.”{
  
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