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Autore: axeldj    26/07/2011    0 recensioni
Jon, un ragazzo di 17 anni con notevoli capacità matematiche, incontra un'attraente ragazza, Miriam, con una strana mania: World of Warcraft. Lei consiglia al ragazzo a provare il videogame e lui accetta la proposta solo per poter passare la notte con lei.
Improvvisamente per cause misteriose i due si ritrovano intrappolati nel videogioco e scoprono, grazie ad un applicazione che la ragazza ha scaricato sul cellulare, di non essere gli unici ad aver fatto quella fine. L'unico modo per avere speranze di ritornare nel mondo reale è ricongiungersi con le altre vittime sparse per tutta Azeroth e, con il loro aiuto, capire chi ha costruito la "Trappola Virtuale" che li ha imprigionati.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO – Tra Gioco e Passione

PROLOGO – Tra Gioco e Passione

 

“Gli adolescenti della piccola isola di Procida sono parecchio strambi”, diceva sempre la signora Gesi, madre di ben tre ragazzi che, a parte uno, tutto facevano fuorché studiare.

“D’estate sono sempre lì in piazza a far conoscenze con i turisti, mentre d’inverno rimangono chiusi nelle loro abitazioni davanti a quel videogioco diabolico.”
Come la signora Gesi, anche le altre mamme dell’isola si lamentavano sempre più spesso di quel passatempo che osteggiava le carriere scolastiche dei propri figlioletti. Già, quel videogioco era diventato davvero la moda del momento sull’isola.
“Io non capisco che divertimento ci sia…” si domandava il marito. “Se studiassero tutto il tempo che sprecano davanti allo schermo, avrebbero voti ottimi, come Jon” rimpiangeva come di solito i suoi figli più piccoli ma loro non volevano sentire ragioni e continuavano imperterriti a sedersi davanti ai computer.


Jon era l’eccezione. Lui era il classico ragazzino adorato dai genitori per le sue qualità scolastiche, era molto intelligente e rapido nei conti:Un dio della matematica’ diceva sempre sua madre che già progettava di iscriverlo nella migliore università d’Italia.

Era alto e snello, con un aspetto trasandato che non si poteva certo definire brutto: occhi smeraldini che facevano un delizioso contrasto con la folta capigliatura nera, dei lineamenti gentili e un sorriso perenne su un volto bronzeo.

La vita sociale del ragazzo però non era molto soddisfacente anzi, forse non aveva una vera e propria vita sociale, poiché non riusciva ad accomunare i suoi interessi con quelli dei compagni. Soventemente proponeva passatempi un po' insoliti per la sua età, e proprio per questo ogni sabato sera si ritrovava da solo nell’unico pub dell’isola a osservare le solite persone che a volte litigano, a volte si ubriacano e altre volte pomiciano.

 

Un piovoso sabato di fine Settembre trovò il tavolo, dove era solito consumare la sua cena, occupato da una ragazzina bionda che spiccava per il suo viso angelico con gli occhi azzurri e pelle candida. Non l’aveva mai vista prima ed era sola, proprio come lui. Spinto da un’irresistibile curiosità, si diresse verso di lei.

“Ciao!” la salutò sedendosi davanti “non ti ho mai visto da queste parti, sei da sola?”
“Già, non sono stata io a decidere di trasferirmi qui!” Sbuffò la sconosciuta con tono freddo. “Scusa sono nervosa…” disse dopo aver dato un grosso sorso alla sua birra “Mi chiamo Miriam!” si presentò porgendogli la mano.
La novità lo incuriosiva parecchio, era dalla fine dell’estate che quel pub era aperto quasi esclusivamente per lui. “Io sono Jon” rispose facendo un cenno al cameriere. Seguì un lungo silenzio imbarazzante interrotto dal rumore della birra che Jon era solito ordinare.

“Triplo malto…” osservò lei “Classica birra di chi passa ore e ore ad aspettare che finisca la serata”. Il commento era leggermente offensivo ma veritiero.

“Bionda ad alta gradazione…” Rispose lui “Birra di chi beve per dimenticare!”. 
Stavolta fu lei a essere colpita ma non sembrava offesa; sorrise per la prima volta “avevo molti amici a Milano, dovrò abituarmi a questa solitudine. Posso incontrarli online… tra una settimana dovrebbe arrivarmi l’ADSL a casa”.
“Già... e quindi tra una settimana starò di nuovo qui a bere la mia birra da solo” ribatté ironico Jon mandando giù un po’ di birra, era molto fredda e dal retrogusto liquoroso. 
“Non hai amici?” chiese lei “Dovrà pur esserci qualcuno, su quest’isola! Che siano timidi per caso?”.
Jon si prese un po’ di tempo per pensare sorseggiando ancora la birra “In realtà ci sono altri ragazzi… solo che non amano mettere il naso fuori di casa…” abbozzò cercando di rendere abbastanza credibile quella che era la triste verità di quel posto. Lei lo guardava curiosa appoggiando il mento su un braccio.
“In sostanza sia i ragazzi sia le ragazze di Procida passano le loro giornate seduti alla scrivania davanti al monitor di un pc… Giocano a uno strano gioco che crea parecchia dipendenza. Ha contagiato anche la mia migliore amica... meno male che ci incontriamo a scuola!”.

“Che tipo di gioco si tratta?” chiese con rinnovata curiosità la bionda.

“Mi sembra che tratti temi fantasy e che bisogna fare delle missioni…se non ricordo male!”
A quel punto la ragazza scoppiò a ridere “Non mi dire che qui giocano tutti a Word of Warcfraft?” sembrava davvero contenta della notizia “Lo sai che a Milano hanno aperto delle sale per i LAN party?”.
Jon sembrava confuso e Miriam cercò di essere più chiara: “I giocatori più incalliti hanno la possibilità di riunirsi in delle sale attrezzate con almeno una ventina di pc tutti connessi. Così giocano insieme e passano serate divertenti”.
“Qualcosa mi dice che anche tu giochi a questo gioco…” commentò lui annoiato.

“Già, il mio personaggio è sacerdotessa e ho il ruolo di curare i miei amici nelle missioni… Proprio stasera avevo un appuntamento con il gruppo, solo che non posso connettermi a internet…”.
“Ragazzi che posso portarvi da mangiare” interruppe il cameriere spuntando all’improvviso.

Jon contento per l’interruzione, scelse un abbondante panino con salsicce e friarielli mentre la ragazza si limitò a una porzione di patatine con abbondante ketchup. Quando l’uomo si allontanò, Miriam prese un pacchetto dalla borsa e lo mise sul tavolo.

“Che interessi hai?” chiese senza badare al pacchetto “Spesso mi perdo a parlare delle mie passioni e posso sembrare antipatica.” 
“Studio matematica, sono anche abbastanza bravo.” rispose sorridendo “Credo che m’iscriverò alla facoltà di scienze matematiche o informatiche. Mi rendo conto che è un argomento che può annoiare, per questo non ne parlo con nessuno.”.
“A me non annoia la matematica… anzi la uso spesso per scegliere le armature. A ogni armatura, per esempio sono associati dei parametri numerici che indicano varie qualità. Con questi parametri numerici è possibile stabilire quale combinazione di armamentari sia la migliore.”.
“Aspetta… credo di essermi perso!” la interruppe Jon grattandosi la chioma scombinata. “Già, chi non gioca non può capire! Tutti pensano che sia un semplice gioco di guerra, ma in realtà è un gioco di strategia matematica e abilità di calcolo.”.
“Sinceramente…” replicò il ragazzo “I miei compagni di classe non sembrano delle cime in matematica, eppure perdono interi pomeriggi davanti allo schermo”.
“Forse perdono interi pomeriggi proprio perché sono scarsi in matematica!” ipotizzò la ragazza osservando il vassoio tra le mani del cameriere che si stava avvicinando al tavolo. 
I due consumarono la cena in silenzio. Quando Miriam ingoiò l’ultimo boccone, indicò il pacchetto che in precedenza aveva messo sul tavolo “se vuoi te lo presto… solo per questa settimana però!”
“non posso accettarlo… a parte che non sono interessato al gioco, poi ho paura di rovinartelo” rispose lui spostando il pacchetto verso di lei.
“Io insisto, non sai che ti perdi!” ripeté lei afferrandogli il polso. Jon notò per la prima volta che aveva le mani molto curate che evidenziavano un piccolo tatuaggio che raffigurava una doppia W, le decorava il dorso.
“No davvero! Grazie mille!” terminò lui ritirando velocemente la mano. Seguì un momento di silenzio. I due si stavano studiando e lei sembrava molto divertita.
“e se… se mi offrissi di essere la tua guida personale.” Ammiccò lei inclinando leggermente la testa in modo da far scivolare sulla spalla i suoi capelli biondi. Jon non capiva, dove volesse apparare la ragazza, ma la curiosità era troppo forte per permettersi il lusso di rifiutare quell’offerta piuttosto stramba.
“Va bene, domani verrai da me e mi darai qualche dritta! Però il gioco lo terrai tu.” Finì il ragazzo facendo nuovamente cenno al cameriere.
“Per me possiamo iniziare subito!” intervenne la ragazza “Sempre se per te non è un problema ospitare una ragazza il sabato sera!”.
Diversi pensieri sconnessi iniziarono a vorticare nel cervello di Jon. Una ragazza, mai vista prima, gli aveva proposto di passare la notte con lei… per giocare a quel dannato gioco. Era troppo strana come situazione e qualcosa non quadrava. Ricordò quasi immediatamente che i suoi genitori erano a Napoli per lavoro e che per quel fine settimana sarebbe rimasto solo. 
“Va bene, andiamo da me!” disse in modo distaccato “però è strano che tu accetti di andare a casa di uno sconosciuto a passare la notte… i tuoi sono d’accordo?”
Miriam scoppiò nuovamente a ridere: “Ma dove vivi? A diciassette anni devo chiedere il permesso per dormire fuori il sabato sera?” Jon rimase in silenzio e si sentì stupido. Probabilmente le mamme milanesi sono diverse da quelle procidane, ipotizzò. “A Milano ci riunivamo spesso a casa di un mio amico per giocare quando gli internet cafè chiudevano. Non credo ci sia molta differenza tra le due situazioni. Anzi, per ricambiare l’ospitalità ti offro la cena” Iniziò a scavare nuovamente nella borsa e cacciò un portafoglio firmato zeppo di carte di credito e lasciò venti euro sul tavolo.
“Andiamo, non perdiamo tempo!” esclamò la ragazza e trascinò il ragazzo fuori dal locale.

 

La pioggia che avvolgeva l’isola iniziava a essere violenta e quell’unico ombrello non bastava per coprire entrambi i ragazzi. Jon aprì velocemente il cancello in ferro battuto del piccolo giardino che circondava l’abitazione e, evitando le copiose pozzanghere sul selciato raggiunse l’ingresso principale. La ragazza lo seguì stringendo tra le mani il manico dell’ombrello.

Jon, che era rimasto in silenzio durante tutto il tragitto, parlò non appena varcò la soglia.

“Fa come se fossi a casa tua, ho bisogno di cambiarmi un attimo.” Accese la luce della sala d’ingresso e s’infilò in una stanza in fondo al corridoio.

Jon abitava in una modesta abitazione nei pressi di una spiaggia. L’intonaco delle mura esterne era graffiato dalla salsedine e in alcuni punti spuntava il tufo bianco dei mattoni. Miriam si guardò intorno e nel frattempo avvertì una sensazione di disagio, probabilmente causata dal rumore delle onde del mare mosso che risuonava tra le alte mura della casa. La casa era grande ma male arredata e un po’ dispersiva. Spiccava una forte fragranza di lavanda, profumo per la casa che ogni giorno la madre di Jon diffondeva per coprire l’odore della salsedine. Curiosando in giro, la biondina si trovo in un’ampia cucina un po’ in disordine. Nel lavello c’erano un paio di piatti e delle posate incrostate. Subito dopo notò un tavolo di legno lucido pieno di briciole e in angolo un divanetto con sopra dei panni, presumibilmente da stirare, che verteva in direzione di un televisore di ultima generazione: quaranta pollici, tecnologia a LED. Quel televisore faceva letteralmente a pugni con il resto dell’arredamento. Alle pareti vi erano dei quadri rappresentanti delle barche di legno e i suppellettili erano in pietra grezza.
“Prendi questi, per stanotte dovrebbero bastare!”

Miriam ebbe un tuffo al cuore e si sentì in colpa stupidamente per aver provato a dare un valore economico a quell’abitazione. Jon aveva indossato una maglietta di cotone rosso a mezze maniche, un paio di shorts sportivi azzurri, calzini di lana bianca e pantofole nere; tra le mani aveva dei vestiti.

“Inviti una ragazza in casa e ti presenti in questo modo?” ridacchiò lei divertita dallo strano abbinamento del ragazzo.

Jon non sembrò offeso e sorrise mostrandole una tuta azzurro cielo con lo stemma della sua squadra del cuore: “Questa invece è per te! Non credo che presentarsi a casa di un ragazzo bagnata come un pulcino sia tra le tue aspettative. Di là sta il bagno!” Disse infine indicandole una porta con una vetrata opaca.

Miriam afferrò la tuta e si diresse in bagno divertita “Inizia ad accendere il computer intanto!”.

 

Miriam rimase in bagno per un buon quarto d’ora e Jon ne approfittò per rifare il letto e per ordinare la stanza. Quando sua madre era fuori, quella casa diventava un vero porcile. L’unico posto sempre in ordine era la scrivania dove passava interi pomeriggi a studiare matematica. Tutti sanno che l’ordine non è una prerogativa dei matematici e Jon di certo non era un’eccezione. Il ragazzo fece appena in tempo a nascondere un paio di mutande sporche, quando Miriam non fece ingresso in camera. L’azzurro della tuta del Napoli le donava nonostante questa fosse di almeno due taglie più grande. I capelli umidi erano tenuti insieme da un bastoncino mentre le macchie di trucco sciolto dalla pioggia era sparite. Senza trucco Miriam sembrava più giovane almeno di due anni. “Ora veniamo a noi…”, disse sedendosi sul letto appena fatto, ma appena aprì bocca un forte squillo di tromba riempì la stanza.

Miriam prese la sua borsa e da questa ne trasse un cellulare di ultima generazione rivestito con una custodia in silicone di color verde. “E’ Clara, una mia compagna di Milano… Scusami un secondo!”. Rispose alla chiamata:

“Tesoro…”

Una voce metallica urlò qualcosa dall’altro capo del telefono e Miriam fece una smorfia;

“Si hai perfettamente ragione… però mi sono trasferita da due giorni…”.

La voce metallica sembrava davvero arrabbiata ma Jon non riuscì a capirne il motivo.

“Scusami ma l’Adsl… Non potete trovare qualcun altro?”

Non terminò la frase che si sentì un bip, Clara aveva chiuso la conversazione.

“Qualcosa di grave?” chiese incredulo Jon.

“No no… Questa ragazza è il mio capo-gilda e oggi era in programma una missione.”

Jon sbatté le palpebre incredulo:

“Avete litigato per un gioco?”

“Litigato? Se non fosse per wow, non l’avrei neanche conosciuta… A dire il vero non è un’ amica così intima, quindi… passiamo a noi due: inserisci questo DVD nel computer e procediamo all’istallazione”.

“D’accordo capo” esclamò deluso Jon afferrando il cd; non aveva immaginato di passare realmente la serata davanti ad uno schermo.

 

L’istallazione durò circa un’oretta e Miriam parlava in continuazione di come si divertiva insieme al suo gruppetto milanese, delle missioni e delle armi che aveva indossato. Jon cercava di assecondarla sperando che quell’incubo finisse in fretta, si stava sicuramente annoiando. Quella ragazza era più incallita dei suoi fratellini, aveva addirittura scaricato un’applicazione sul suo i-phone che le permetteva di interagire con il gioco in tempo reale, una vera maniaca.

“Quel tatuaggio…” disse lui improvvisamente mentre lei eseguiva gli ultimi passaggi dell’iscrizione “la W sta per World of Warcraft immagino…”.

Lei scoppiò a ridere mostrandosi per la prima volta realmente allegra “Sei impazzito? Mi credi così NERD da tatuarmi il nome di un videogioco sulla pelle?” Rideva tanto da perdere l’equilibrio cadendo sul tappeto.

“E allora cosa significa?” chiese sbigottito e quasi scandalizzato.

La biondina non riusciva a smettere di ridere e rispose solo dopo due grossi respiri. “E’ una M non una W… È l’iniziale del mio nome!” A quel punto Jon si sentì un vero idiota e scoppiò a ridere insieme alla ragazza.

“Non fa niente, ci hai provato!” ironizzò lei impugnando nuovamente il mouse “inserisci la tua password e abbiamo finito.”

Jon prese la tastiera e iniziò a scrivere quando un violento rumore smosse l’aria, qualcosa come un tuono, improvvisamente sentì un forte bruciore ai polpastrelli e alla infine perse i sensi.

 

   
 
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