Anime & Manga > No. 6
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Autore: Shichan    27/07/2011    4 recensioni
[No.6; Shion, Nezumi]
No.6 era una città perfetta, con vite perfette e persone perfette.
Eri libero dalla paura, libero dalle preoccupazioni, dai mali del mondo e persino dalla possibilità di essere infelice.
Ma Shion, libero, lì non ci si era sentito mai.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi sono copyright di Asano Atsuko.
E’ sempre bello partire con l’idea di un’introspezione di un pg e finire con un pov alternato tra Shion e Nezumi 8D
Mi ero ripromessa di non scrivere nulla finché non avessi approfondito un po’ i personaggi vedendo almeno metà dell’anime, ma essendomi basata quasi solo sullo Shion dodicenne – quindi su un unico episodio – confido che non sia uscito proprio un obbrobrio, ecco °_°”
Basata anche sul primo capitolo della novel, ma se non si è letta è comprensibile comunque: l’unica differenza è che nella novel le idee di Shion sulla città sono più ampie (e lui più logorroico).

 

No.6 era una città perfetta, con vite perfette e persone perfette.
Eri libero dalla paura, libero dalle preoccupazioni, dai mali del mondo.
La gente era sempre felice – d’altronde chi non lo sarebbe stato con la prospettiva di una vita così tranquilla, di una vecchiaia placida e di una morte serena che li avrebbe raggiunti quando non avrebbero potuto chiedere nient’altro alla loro esistenza?
Un ciclo ininterrotto, la materializzazione del sogno comune a tutti gli esseri che nascono sapendo che la loro vita non sarà eterna: trovare la massima felicità.
Il 7 Settembre del 2001, in tante parti del mondo nasceva qualcuno.
A No.6 nasceva Shion.


La fregatura di essere bambini è che l’unica realtà che conosci è quella che ti propinano gli adulti; a giudicare per conto tuo ci arriverai poi. Ma nel frattempo la tua testa sarà già piena delle opinioni altrui.
Anche a No.6 funziona così: appena sei in grado di sostenere i test di cui hanno bisogno ti prendono, e chissà come analizzano le tue capacità. Quando hanno finito ti danno un’etichetta – “genio”, “classe superiore”, “mediocre”, “nella norma”, non importa davvero quale sia dopotutto – e con quella beh, decidono come vivrai da allora in poi.
…Si dice che “non importa, tanto sempre di un’etichetta si tratta”, ma in realtà non è proprio così. Tu non lo sai ancora – nessuno lo sa – ma da quel momento si decide il tuo futuro.
E non potrai cambiarlo.
Non è un po’ ironico? Tu sei lì a farti analizzare, e sei solo un cacchio di poppante che a malapena riesce a formulare il pensiero “pappa” e quelli decidono per te.
E semmai avrai un sogno diverso, puf!
Sparito, ancora prima che tu potessi desiderarlo.
Che razza di scherzo è?


A voler minimizzare un po’ la cosa, No.6 non si comportava poi tanto diversamente da un sistema d’istruzione molto selettivo.
Certo, c’erano delle differenze sostanziali – quello che in una scuola normale era un orientamento per scegliere l’indirizzo scolastico più congeniale alle proprie capacità, a No.6 ti indicava tutto il tuo futuro e non soltanto “la scelta consigliata” – ma non era vero che non c’era possibilità di decidere individualmente. Per esempio, i docenti che da un certo punto dei tuoi studi ti avrebbero assistito personalmente. Oppure la specializzazione da prendere, e il lavoro da fare.
E, insomma, di certo non sceglievano con chi farti sposare o cose del genere.
Perciò non sarebbe stato corretto dire che “No.6 ti influenzava completamente la vita”  fin dalla nascita, togliendoti la possibilità di scegliere.
Dopotutto ti indirizzavano, certo, ma in cambio ti davano una vita che chiunque avrebbe desiderato, e non solo; analizzavano le tue capacità, dandoti l’opportunità di impegnarti in qualcosa di adatto a te, che ti avrebbe certamente portato dei risultati e delle soddisfazioni.
Il 7 Settembre del 2003 – o poco dopo – Shion veniva riconosciuto di classe superiore per la sua intelligenza.
Non lo aspettava che una vita felice e perfetta.


Una vita comoda, non c’è che dire.
Sei lì che ti sforzi e sai che otterrai, e non impari nemmeno che vuol dire “delusione” – perché non mi si venga a raccontare che finire tra i ricchi anziché i ricchissimi sia una tragedia. Qualcuno che conosco potrebbe azzannarvi ad altezza caviglie per una cosa simile – e oh, si vive bene eccome, così.
Ma la definiscono “vita”? Qualcuno ha veramente il coraggio o la faccia tosta che serve a dire, sul letto di morte, di aver vissuto la propria vita?
Per come la vedo io – o molti della mia ‘specie’ – un’esistenza del genere è priva di significato.
Un insieme di anni pilotati da chissà chi, fatti di taciti ordini e impercettibili divieti, che ti riempiono completamente – il sangue, come fossero veleno, o i polmoni, come farebbe l’inquinamento – e ti consumano finché sei lì, finché non è ora di morire.
Ovvio che nessuno ha mai rimpianti, a No.6.
Non ha nemmeno la vaga idea di cosa si sia perso lungo la strada, continuando a guardare dritto anziché ogni tanto perdersi la briga di osservarsi intorno.
O di abbassare lo sguardo.
Che cosa c’è di così affascinante in una vita che non è vita, come quella di questa città maledetta?
Ti prendono, ti plasmano l’anima, e ti lasciano recitare.
Sai che affare.


Per Shion non c’era mai stata una realtà diversa da quella che aveva osservato per tutti quegli anni.
Poi, nella monotonia completa di una vita destinata a non cambiare mai, c’era stato qualcosa – qualcosa di totalmente casuale, un fenomeno naturale che nessuno avrebbe potuto controllare. Sarebbe potuto arrivare anni dopo, o anni prima, o anticipare di una settimana, o non arrivare mai e chissà, chissà se sarebbe stato lo stesso.
Shion se lo sarebbe chiesto, un giorno.
Il 7 Settembre del 2013, Shion compiva dodici anni. Festeggiava felice del pensiero infantile di aver ricevuto in regalo addirittura un tifone nella propria città, e urlava come non aveva urlato mai. Si liberava di qualcosa, non solo un pensiero né solo un sentimento; era una massa un po’ confusa, c’era tutto e c’era niente.
E poi all’improvviso qualcos’altro entrava nella sua vita – dalla finestra, un modo certamente originale – e si preparava a scombinarla come nient’altro, nemmeno un tifone avrebbe potuto fare.
Shion incontrava Nezumi per la prima volta.


Quattro anni dopo, quell’ingenuo aiuto dato ad un coetaneo così strano capitato quasi per caso nella sua vita, tutto sembrava ripercuotersi insieme; quasi come se fino a quel momento, tutto fosse rimasto ancora, testardamente immobile a No.6.
Shion guardava una città in cui sembrava che non sarebbe potuto tornare mai più, a discapito delle cose importanti che vi aveva lasciato – sua madre, e in un certo senso anche Safu che vi sarebbe tornata da lì a due anni.
Nezumi quasi gli imponeva con prepotenza di dimenticare, come se indietro avesse lasciato solo foto e vecchi vestiti, come se gettare i sentimenti fosse come accartocciare della carta su cui hai fatto un errore nello scrivere.
Shion guardava una città che sembrava stesse per distruggersi dall’interno, e la osservava senza capire cosa si facesse più pressante nella sua mente: se il desiderio di allontanarsene o di tornarvi, se quello di salvarla o di lasciare che venisse distrutta. Senza capire se fosse più impellente il bisogno di vederla ergersi nel massimo del suo splendore o quello di vederla finalmente spezzare quella presunta perfezione.
Con sentimenti che si agitavano dentro di lui, seguiva le orme di Nezumi nei primi passi verso qualcosa che non vedeva, e che non sapeva cos’era; un po’ si accusava, un po’ si diceva che non era sua la colpa, e non capiva davvero dove stesse la verità o quale fosse.
Cercava la risposta nei suoi ricordi quasi fosse certo che da qualche parte, in un momento preciso, No.6 gli avesse sussurrato la risposta nell’eventualità che un giorno gli servisse.
Ci pensava e ripensava, per potersi aggrappare ad essa, perché lo guidasse nel fare la cosa giusta… ma non la trovava. Sembrava non essere da nessuna parte.



No.6 era una città perfetta, con vite perfette e persone perfette.
Eri libero dalla paura, libero dalle preoccupazioni, dai mali del mondo e persino dalla possibilità di essere infelice.
Ma Shion, libero, lì non ci si era sentito mai.

   
 
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