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Autore: YuukiOnna    29/07/2011    2 recensioni
Ovvio,no? Il suo credo religioso non approvava le relazioni omosessuali, così come il mio ma…
“Lovi ~” cercai di riprendere un tono calmo “Nel mio Paese i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono possibili.”
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi era capitato di avere numerose colonie nella mia vita. Il mio impero coloniale si era esteso su tutti i continenti. Ma mai una colonia mi era stata tanto cara quanto quel piccolo bambino, parte meridionale di quello che era chiamato e tutt’ora si merita il soprannome di Bel Paese. Eppure, in quanto a ricchezze, non poteva competere con altri Stati e tutti sapevano quanto la mia sete di oro e altri averi fosse implacabile.
Quella piccola parte di uno Stato, tanto bello quanto debole, mi era stato effettivamente donato da quell’altezzoso austriaco ed io, felice di ottenere l’ennesima colonia, mi ero lasciato rifilare un bambino pigro e maldestro.
Chi lo avrebbe detto che mi sarei affezionato tanto a qualcuno, a detta degli altri, di così inutile.
E, con la mia piccola colonia, si alternavano i giorni tranquilli, in cui raccoglievamo pomodori dai campi del mio Paese, a quelli più movimentati, dove cercavo di salvare il mio Sud Italia dalle grinfie di Turchia o Francia. E, tra una siesta e una battaglia, capivo quanto i miei sentimenti per quel bambino, ormai ragazzo, fossero mutati in qualcosa di più di sentimenti fraterni o paterni o quello che volete.
Quel che provavo era già ben consolidato quando la mia piccola colonia ottenne l’indipendenza e andò a vivere con suo fratello.
Ok, credo di avervi annoiato abbastanza con questa “storia” ma il vero racconto è un altro.
Forse penserete che, essendo io il Paese detta passione, mi sia dichiarato e che Romano mi abbia detto, imbarazzato e balbuziente, che provava lo stesso per me e tutto sia finito con quei finali felici tipici delle storie che si sentono dai genitori da bambini. Ma non è andata così, e il perché ve lo spiegherò con questo racconto…
 

Una piccola verità

 
A volte Romano si recava a cene di famiglia con Feliciano e tutte le regioni italiane. Quella sera io, lo ammetto, mi auto-invitai a casa sua e lo trovai che si stava preparando ad una di quelle riunioni familiari. Come al solito mi accolse in modo burbero, inondandomi di parole degne del più rozzo degli scaricatori di porto salvo poi dirmi a mezza voce e distogliendo lo sguardo che se volevo potevo aspettarlo,fino al suo ritorno.
“Non ci metterai molto, vero?” chiesi, con la voce più pietosa e dolce che potei tirare fuori, mostrandogli la mia intenzione di stare con lui.
“E che ne so, fottuto bastardo.” fu la frase di rimando alla mia domanda, detta con la sua solita voce alta e tono arrabbiato.
“Comunque ti aspetterò qui.” Sentenzia infine, buttandomi sul letto della sua camera e osservandolo mentre si specchiava per darsi gli ultimi ritocchi. Poco dopo uscì ed io restai da solo, indeciso se dormire o prepararmi subito qualcosa da mangiare.
 
Tornò verso le due e mezzo di notte, svegliandomi dal mio pisolino mentre cercava di aprire la porta, imprecando contro le chiavi che non volevano entrare nella serratura. Con il solito sorriso, mi precipitai lungo il corridoio, aprendogli la porta e urlando un “Bentornato”. Non ero sorpreso di vederlo tornare a quell’ora visto che, a volte, ero andato ad alcune feste con la famiglia della mia ex-colonia e sapevo quanto alcune regioni potessero costringerti a rimanere ad ascoltare le loro storie per ore ed ore. Comunque, appena vidi il volto dell’italiano, notai le guancie arrossate e una certa difficoltà da parte sua a stare eretto normalmente sulle gambe. “Normali sintomi di ebbrezza” fu il mio primo pensiero, che accuratamente tenni per me mentre affermavo al mio piccolo Romano che il suo viso somigliava a un pomodoro. L’unica cosa che uscì dalle sue labbra fu un mugugno e, poggiandomi una mano sul petto, mi spinse a lato, per poi dirigersi verso la stanza da letto.
Quando lo raggiunsi, era già disteso sul letto, con gli occhi chiusi ma ancora sveglio. “Lovi ~” lo chiamai, abbracciandolo. Non rispose subito. “Perché ti ostini a volermi stare vicino?” questa domanda mi sorprese ma risposi ugualmente, ponendogli un’altra domanda “Davvero non lo sai,Lovi~?”. La frase che pronunciò in seguito non rispondeva alla mia domanda: “Spagna,credo che tu sappia quanto ti voglia bene…”. Avevo capito bene, anche se la sua frase era spezzata in più punti a causa del singhiozzo, avevo capito perfettamente cosa voleva dire e non mi accorsi che la frase non era stata completata. “… Ma nonostante questo non potrei mai instaurare una relazione con te.” Ora aveva finito e la frase, così come mi fece rallegrare, distrusse quella felicità appena creata. “Perché no? Dammi una ragione!” mi ritrovai a urlare contro il ragazzo disteso sul letto che mi rispose in modo tranquillo “La… Chiesa…”. Ovvio,no? Il suo credo religioso non approvava le relazioni omosessuali, così come il mio ma…
“Lovi ~” cercai di riprendere un tono calmo “Nel mio Paese i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono possibili.” La calma mi ritornò naturale dopo questa frase. “Quindi… Se tu ti trasferirai da me… Potremmo…” “No.” Una risposta secca, pronunciata dalle labbra dell’italiano, non mi permise di finire la frase. “Perché…?” “Perché dovrei abbandonare il mio di Paese.” Fu la sua risposta “Dovrei separarmi nuovamente da mio fratello e se tornassi, ma soprattutto per la Chiesa…” Si mise a sedere, poggiando la testa sul mio petto “… Io ti voglio davvero tanto bene ma non posso disubbidire a colui che mi ha dato la vita.” Non mi diede il tempo di rispondergli che si addormentò. Lo faci stendere di nuovo. “Lovi ~” il suo nome mi era uscito dalle labbra non come un dolce richiamo ma come un lamento, uno di quelli che i bambini emettono quando viene tolto loro qualcosa. Mi alzai lentamente e, pensando continuamente a quello che mi aveva appena detto, e uscì dalla casa di Romano. Prima di tornare in Spagna, volsi lo sguardo alla finestra della sua camera, pronunciando nuovamente il mio lamento.
 
Sono passati anni da quella notte e Romano non da segno di ricordare nulla ma io, nelle sue parole, credo. “Ascolta sempre un ubriaco, dirà sempre la verità” si dice.
Dopo quel episodio non sono riuscito a smettere di credere in Dio, ma mi sono allontanato da lui così come lui allontana me e Romano.
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Piccola storia nata mentre pensavo ai rapporti tra omosessuali e Chiesa cattolica.
Spero che a tutti coloro che la leggeranno possa piacere.
Prego anche di lasciare un commento e anche consigli o critiche che possano farmi maturare come scrittrice.
  
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