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Autore: RinoaHeart    29/07/2011    8 recensioni
"Ora,possiamo parlare." ero appoggiata a lui,il mio orecchio sul suo petto.Era vivo,era vivo,era vivo.Sentì la mano che mi stava accarezzando il braccio fermarsi. Senza troppi giri di parole puntai i miei occhi nei suoi. "Perchè?O meglio,perchè non hai resisitito.E non dirmi che lo so.No,voglio sentirlo uscire dalla tua bocca." mi staccai da lui,in attesa di una risposta.
(Fa parte di "Diari della famiglia Brief")
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Diari della Famiglia Brief'
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Quando seppi che mio marito era morto nella battaglia contro Majin Bu il cuore mi si lacerò irrimediabilmente. Non mi importava più nulla del suo comportamento imperdonabile al Torneo Tenkaichi, non mi importava più nulla di sapere il perché avesse agito in maniera tanto incomprensibile. Ero arrabbiata e confusa. Non avrei più potuto chiedergli spiegazioni, non avrei più potuto prenderlo per il bavero di quella dannata tuta e scuoterlo chiedendogli incazzatissima il perché, né poterlo poi perdonare. Non avrei più potuto chiedergli se c'entravo io in quel suo folle gesto, se il mio, il nostro amore non era bastato a frenarlo dalla follia, perché quello era il mio sospetto più grande e sarebbe rimasto per sempre senza certezza. Ma io me lo sentivo.. quando nell'aereo sentimmo quell'esplosione il mio cuore sapeva già che era successo qualcosa al mio principe. Nella mia testa si mischiavano le immagini della nostra vita come fossero un puzzle impazzito, i segreti nella nostra camera, le nostre litigate, i momenti con Trunks si mescolavano alle immagini di mio marito che uccideva senza pietà centinaia di persone. Urlai come una pazza, mentre Chichi sveniva per la perdita di suo figlio. Sentii le mani di Yamcha afferrarmi saldamente per evitare di cadere o peggio fare una follia. Non potevo, non dovevo. La mia vita probabilmente sarebbe finita a breve, ma io avevo ancora il mio adorato Trunks a cui pensare e non l'avrei abbandonato fino all'ultimo. Repressi il dolore, ricordando a me stessa che ero la moglie del principe dei Sayan e pensare allo sguardo di rimprovero che Vegeta mi avrebbe rivolto vedendomi in quello stato mi aiutò a ricompormi. Fu poi mio figlio stesso in un momento rubato a quella frenesia dovuta all'imminente lotta contro quel mostro a regalarmi un po' di sollievo riportandomi le parole di suo padre.

 
"Mamma..." Trunks mi venne vicino poco dopo essere tornato dalla frettolosa ricerca delle sfere del drago. Guardai il mio bambino che lottava strenuamente anche lui per la salvezza del pianeta e fui orgogliosa di lui immensamente. Anche suo padre lo era,ne ero certa. Accarezzai la zazzera lavanda di mio figlio.

"Dimmi tesoro" risposi cercando di sorridere. Mio figlio fece un'espressione così triste che ancora oggi, solo al pensiero mi si stringe il cuore. In fondo aveva solo otto anni, e doveva già affrontare una lotta disperata e la morte di suo padre contemporaneamente. Ma quello fu l'unico momento di debolezza che gli vidi.

"Papà..." si soffermò un attimo a trattenere le lacrime. "...mi ha abbracciato sai...lui...lui si è sacrificato per noi...mi ha detto...ha detto che sapeva di non essere un buona papà per me e di prendermi cura di te, mamma." a quel punto le lacrime scendevano copiose. "Io manterrò la promessa mamma. Ti salverò. Ma.. vorrei tanto dire a papà che per me...per me era il papà migliore del mondo!" abbracciai mio figlio ormai in lacrime anche io. Rimanemmo così per qualche secondo, che parvero secoli. Poi asciugai le lacrime di Trunks mentre le mie continuavano a scendere anche sopra il mio sorriso. "Sono sicura che tuo papà è fiero di te e lo sarà sempre Trunks. Anche io lo sono e sono sicura che ti prenderai cura di me come avrebbe fatto lui." baciai quelle guance bagnate. "Ora basta piangere. E' il momento di dimostrare a tuo padre, ovunque egli sia, che suo figlio è il degno erede del Principe dei Sayan."

Trunks mi rivolse un sorriso carico di fiducia. Dio,aveva lo stesso sguardo e la stessa espressione del padre e io non avrei retto un secondo di più. Lo mandai con un buffetto sul sedere via a raggiungere Goten mentre io mi lasciavo andare a un pianto liberatorio nascosta dietro a una colonna.

 Vegeta aveva veramente sacrificato la sua vita per proteggerci? Ero ancora più arrabbiata e nello stesso tempo infinitamente felice. Mio marito non era allora diventato del tutto il mostro che credevo. Aveva abbracciato suo figlio e raccomandato di proteggermi. Mi aveva pensato a un passo dalla morte e questo era veramente incredibile. Sapevo benissimo che per Vegeta nel combattimento non esistevano i sentimenti ma solo la spietata concentrazione di un Sayan. E il fatto che mi avesse pensata mi rendeva così felice e disperata nello stesso momento. Non l'avrei più rivisto. Non avrei più potuto dormire con lui, litigare la mattina su chi avesse la precedenza sulla doccia, obbligarlo a venire con me a fare spese e farmi convincere a fare l'amore nei posti più assurdi. Soprattutto non avrei più continuato a mostrargli le meraviglie della vita insieme a noi sulla Terra e cercare di penetrare nelle sue barriere per cercare di comprenderlo ogni giorno di più. Flash su flash continuavano a bombardarmi la mente facendomi impazzire di dolore. Mi schiaffeggiai, decisa a non mollare al dolore. Nuovamente mi ricordai chi ero e qual era il mio dovere. Ma era così difficile...

Quando sentii la sua voce intimare ai terrestri di dare la proprio energia per la Genkidama di Goku il mio cuore si riempì di felicità. Stava veramente facendo qualcosa per salvare tutti noi? Stava veramente aiutando Goku per creare la sfera? Ero allibita, felice, straripavo di energia che donai con tutto il cuore. Ora attendevo solo il momento della resa dei conti, capire se mio marito era vivo, sarebbe tornato da me oppure se era una di quelle occasioni eccezionali che gli dei concedevano. C’era una speranza dentro di me che non voleva arrendersi, sapevo che sarebbe tornato. E finalmente lo rividi.

"Papà!!" la voce di Goten e Trunks all'unisono ci fece scoprire l'arrivo di Goku e gli altri. Non so perché la mia mente in quel momento fece un pensiero tanto assurdo come realizzare quanto suonasse strano quel "Papà" invocato dai figli di due rivali come loro. Io fui per un momento, solo un attimo, paralizzata. Come dovevo affrontare questa situazione? Me ne fregai. Corsi verso mio marito che ovviamente era di spalle. Trunks era già attaccato al suo braccio.

"Papà!!Sei tornato!!" Vegeta rivolse al figlio solo un mezzo sorriso ma Trunks pareva non curarsene troppo estasiato dal rivedere il padre. Si girò un minimo e i nostri sguardi si incrociarono. Mi avvicinai lentamente e approfittando del lieve vantaggio che dava la mia statura appoggiai un gomito sulla sua spalla. Lo guardai facendo un sorriso sardonico. "Dunque.. mi hanno detto che hai avuto qualche imprevisto, tesoro." Vegeta sorrise sarcastico. "Niente che non sia alla mia altezza...come puoi ben vedere, donna." rimanemmo un secondo buono a fissarci. E poi lo abbracciai senza ritegno sentendo che diventava di marmo, senza bisogno di guardarlo per sapere che stava arrossendo come non mai. Non me ne importava nulla.. che ci provasse pure a respingermi. Io, ero felice. Mio marito era tornato a casa, come un eroe. Avrei pensato dopo a dipanare i dubbi e a chiedere spiegazioni. Ora l'importante era sentire la sua pelle contro la mia così calda.. così viva. Non ci guardava nessuno, solo Trunks con un sorriso da un orecchio all'altro. Me lo avvicinai e lo infilai nel nostro abbraccio. Pensavo che Vegeta sarebbe morto nuovamente, ma di infarto o vergogna. Non importava. "Bulma..lasciami!!" gridò soffocato. Non mollai. Lo sentì arrendersi e stringermi la vita mentre l'altra mano andava timidamente sulla spalla di Trunks. Sciolsi l'abbraccio lentamente. Di sfuggita vidi Trunks guardare per un secondo Goten che veniva preso in braccio dal padre ridendo mentre Chichi si stringeva a suo figlio Gohan per vedere poi che anche loro si stringevano in un abbraccio sicuramente più caloroso del nostro. Misi io una mano sulla spalla di Trunks per riempire il vuoto lasciato dalla frettolosa mano del padre. Vegeta scambiò rapidamente uno sguardo d'intesa con Piccolo, chissà cos'era successo a quei due.

Quando vidi Majin Bu mi prese un colpo ma sistemata la faccenda e salutato tutti quanti fu ora di tornare a casa per concederci il meritato riposo.

Abbracciai Goku felice di sapere che stava bene e che sarebbe rimasto con noi.

Presi una delle mie capsule e tirai fuori l'aeronave che ci avrebbe portato finalmente a casa. Non avevo assolutamente intenzione di farmi portare volando fino a lì e immaginavo che anche Vegeta e Trunks se lo sarebbero risparmiato. Ormai erano andati via tutti volando o con delle aereo-capsule prestate da me, quindi c'eravamo solo noi. Ci incamminammo verso l'aereo mentre vedevo Trunks stranito e un po' triste. "Tutto bene tesoro?" chiesi. Si girò con un sorriso forzato. "Si si certo." Poi vidi una mano che afferrava Trunks per la collottola. Vegeta l'aveva sollevato senza sforzo e l'aveva preso in braccio. Mio figlio mi fece uno sorriso di gioia mentre abbracciava meglio il padre. Ecco qual era il problema, pensai ridendo.

"Non dire le bugie a tua madre. Ha già avuto abbastanza preoccupazioni" disse con il suo solito tono che rendeva dure anche affermazioni come queste. Quindi anche lui si era accorto che Trunks era triste? Incredibile. Si girò verso di me. Feci scivolare il mio braccio sotto il suo appoggiandomi a lui.

"Andiamo a casa." dissi, il sorriso sempre sul mio volto.

Quando arrivammo svegliai Trunks che dormiva abbandonato sul padre prima che Vegeta se lo scuotesse via. Eravamo rimasti in silenzio per tutto il viaggio, entrambi consapevoli che non era il momento di dare spiegazioni. Sapevo già...prima Goku, e poi Piccolo, dopo l'annuncio della morte di Vegeta, mi avevano preso da parte per spiegarmi sommariamente cosa era successo. Il bambino assonnato mi diede un fuggevole bacio prima di sparire dentro casa mormorando "Voglio dormire fino a dopodomani".

Beati i bambini il cui tutto si risolve con una dormita. Per lui l'importante era che tutto fosse tornato come prima. Per noi no. Era giunto il momento.

Vegeta varcò la soglia di casa e io da dietro lo abbracciai. "Bentornato a casa, tesoro." Lui mi prese il braccio neanche troppo delicatamente e mi fece girare.

"Parliamone adesso, così non mi scoccerai più." esordì guardandomi negli occhi. Gli accarezzai una delle ferite ancora aperte sul braccio.

"No, adesso no. Prima devi, anzi dobbiamo, farci una doccia, direi." dissi calma.

Cominciai a baciare quelle ferite. C'era tempo, avevamo tutta la vita per chiarirci. Ora volevo sentire davvero che mio marito era tornato a casa.

Mi presi cura di lui come una brava moglie nonostante le sue proteste. Gli lavai la schiena, ampia e ancora un po’ massacrata dai lividi. In fondo non protestò neanche troppo. Che differenza rispetto a tanti prima, dove anche volergli mettere un cerotto era fonte di litigi. Ormai erano proteste proforma, fatte perché erano quasi una tradizione. "Come mai hai ancora tutte queste ferite? Non c'era anche Dende con voi?" chiesi mentre con la spugna detergevo il sangue rappreso e la terra. La stanza doccia era grande, ed ero comodamente inginocchiata dietro di lui, seduto su uno sgabello come quello delle terme, entrambi completamente nudi. Giocava distrattamente con il tappo del bagnoschiuma che aveva in mano. "Si ma doveva curare me e Kakaroth e non c'era abbastanza tempo per curare al 100% tutti e due.. è rimasta qualche escoriazione, niente di che." mi prese il braccio, stavolta con più delicatezza, e mi attirò a sé. Lo abbracciai facendo cadere la spugna. Non c'era tempo per le parole, non c'era tempo per prendersi cura di lui. Ci buttammo sotto la doccia forse entrambi speranzosi che l'acqua avrebbe portato via tanti dei pensieri che affollavano la mente di entrambi, insieme alla sporcizia, esteriore e interiore, alla stanchezza. Lo volevo così tanto da non sapere quasi dove accarezzarlo, volevo reimprimere nei miei ricordi tattili nuovamente tutta la sua pelle, tutte le sue cicatrici, tutta la sua storia seppur per la maggior parte torbida.
Facemmo l'amore così, sotto la doccia in maniera stranamente dolce, per i nostri standard. Sapevamo di aver rischiato tanto, tutto, entrambi. Fu come farlo per la prima volta, eppure non era passato così tanto tempo.. mi ritrovai in lacrime e non ci fu bisogno di chiedermi spiegazioni. Mio marito mi baciò le lacrime con forza, mentre mi prendeva e mi faceva sua, nuovamente, completamente, per sempre speravo. Avevo paura di quello che sarebbe successo dopo, volevo solo rimanere lì, dimenticare tutto, nell'unico momento in cui mio marito abbassava le sue difese, dove non uccideva nessuno, non pensava ai combattimenti, dove il suo corpo aveva sete solo di me, non di sangue.

Rimanemmo abbracciati a lungo, schiena appoggiata al muro, io in braccio a lui, l'acqua che scrosciava su di noi, il vapore che nascondeva le nostre espressioni che nascondevano a loro volta i nostri pensieri. 

Vegeta allungò una mano sul mio viso e mi guardò. Il cuore mi mancò diversi battiti, mentre avvicinandomi a lui mi sussurrava in un orecchio "Ti amo". 

Lo soffiò come le altre due volte in cui lo aveva fatto nella sua vita, nella nostra vita. Erano parole pesanti come macigni per lui, cinque lettere che sgorgavano dalla sua gola come pezzi di vetro. Poteva farsi ammazzare senza pensarci due volte, ma dire ti amo era il suo sacrificio più grande. Lo guardai negli occhi, poi li chiusi appoggiando la mia fronte alla sua. 

"Ti amo anche io" gli sussurrai, labbra sulle labbra. Rimanemmo così, abbracciati non so quanto tempo prima di alzarci per andare finalmente a letto. Lui mi prese in braccio, completamente nuda e in silenzio, per andare in camera.

Risi un po' scioccamente mentre mi sollevava, mentre lui abbozzava un sorriso prima di baciarmi fino al letto. 

Inutile dire che facemmo di nuovo l'amore vero? Stavolta con la passione che ci contraddistingueva, senza inibizioni, senza freni, feci ricordare a mio marito uno dei tanti motivi per cui stare qui con me, con noi, non poteva essere messo a paragone con null'altro nell'universo. Ero una vera strega e lo sapevo.. ormai dopo anni sapevo benissimo quali erano i suoi punti deboli,  quello che lo faceva impazzire.

Riscoprimmo il nostro modo di fare l'amore senza fronzoli, senza contorni romantici. 

Non nascondo che la prima volta che mi diventò biondo nel letto rimasi un attimo senza parole, ma ormai in quel periodo mi ci ero già abituata. Ma non ero come Chichi. A me piacciono i teppisti, ma credo di averlo già detto..

Esausti ci lasciammo andare sul letto, senza una parola.

"Ora, possiamo parlare." ero appoggiata a lui, il mio orecchio sul suo petto.

Era vivo, era vivo, era vivo.

Sentì la mano che mi stava accarezzando il braccio fermarsi. Senza troppi giri di parole puntai i miei occhi nei suoi. "Perché? O meglio, perché non hai resistito. E non dirmi che lo so. No, voglio sentirlo uscire dalla tua bocca." mi staccai da lui, in attesa di una risposta.

"Perché dovevo. Ci ho pensato per un attimo." a resistere, intendeva. "Ma non potevo. Anzi no, non volevo." quelle parole mi davano un dolore lancinante, ma non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi piangere. Non per quel motivo.

"Tutti questi verbi.. dovere, volere, potere...hanno un senso concreto per te, Vegeta? L'ultima volta che hai falciato il pubblico noi, io ,eravamo solo a 20 metri." mi squadrò. "Ho mirato." mi rigirai come se mi avesse morso una vipera.

"Ci arrivi da solo vero che a me questo non importa??" urlai. "Passi il centinaio di gente che hai ucciso, so benissimo chi ho sposato, e so benissimo che nel tuo cervello avevi già calcolato le sfere del drago.. ma IO? Io, cazzo!" raramente imprecavo così ma stavo esplodendo. Un sorriso diabolico e tirai la mia stilettata. "Qualcosa poteva andare storto, non sei invincibile". Potevo usare mille altri termini, e lo sapevo. Lo sapeva anche lui mentre si alzava di scatto dal letto e in un secondo fu vestito. "Non volevo ucciderti, idiota! Non l'avrei mai fatto."

 "Non te ne saresti accorto." sibilai con gli occhi ridotti a una fessura accusatoria.

Rimase in silenzio, che generalmente è di gran lunga peggio di quando parla. Stava per uscire quando mi precipitai davanti la porta.

"No non te ne andrai. Noi ora parliamo. E ne parliamo fino allo sfinimento, perché io devo capire, e non mi importa quanto ciò per te sia difficile. Dio, pensa a me una sola, maledetta, volta!" scandii chiaramente. Seconda stilettata, da parte mia estremamente ingrata. Ma ero davvero troppo arrabbiata per rendermene conto. Era un gesto pericoloso intromettermi nella sua rabbia, ma me ne fregai. Sentii il pugno, arrivare contro il muro lasciando una crepa. Era anche trattenuto, o avrebbe distrutto quanto minimo la parete. Neanche per un secondo dubitai che fosse per me. Non mi aveva mai, mai usato violenza e non avrebbe iniziato quel giorno, ne mai, ecco perché potevo rischiare. Mi prese per un braccio guardandomi negli occhi. "Cosa diavolo vuoi che ti dica donna? Eh? Non c'è niente da dire!" sfruttai i miei centimetri in più, l'unico vantaggio su di lui, per squadrarlo.

"Io penso che iniziare dal chiedere quantomeno scusa, potrebbe essere un passo avanti." mi diede le spalle. "A me non importa il perché, lo conosco benissimo...a me dispiace perché io, perché noi...." non ce la feci a trattenere il pianto. "...non siamo stati abbastanza per te, come sempre. Siamo anzi diventati quasi il motivo che ti ha spinto a farti possedere, perché eravamo una debolezza, come se questi otto anni non fossero mai esistititi!"

"Siete stati anche il motivo per cui mi sono fatto ammazzare!" mi gridò addosso con rabbia. Silenzio. Sentire quelle parole mi rendeva felice, ma nello stesso tempo mi fecero sentire un'ingrata. Ma non potevo mollare.

"E di questo ti sarò sempre grata, ma prima...prima Vegeta, cosa hai fatto? Per superare Goku, per combattere fino al tuo limite. Era così necessario anche solo pensare di eliminarci da dentro di te?"

"E non ci sono comunque riuscito." abbassò lo sguardò. "Né a eliminarvi, né a uccidere Majin Bu." si era seduto sul letto braccia sulle ginocchia. "Non ci sono riuscito, lo sai questo? Sai che siete stata l'ultima cosa a cui pensato? A cui ho pensato, IO ,capisci?" sibilò rabbioso. Mi inginocchiai nello spazio libero lasciato dalle sue gambe. Gli presi il volto fra le mani, e lui si ritrasse. Insistei. Sapevo che era una tortura per lui ammetterlo. Lo fissai. "Lo rifaresti?" non era necessario specificare cosa.

Si alzò nuovamente, sciogliendosi dalla mia presa con uno scatto.

Avevo chiesto la luna.

Me l'avrebbe portata? In un interminabile momento, con lui di spalle a braccia conserte, riflettei a cosa avrebbe portato una risposta positiva.

Amandolo innegabilmente, avrei potuto continuare a stare con lui lo stesso?

Avrei potuto stare con lui sapendo di essere solo un effetto placebo per la sua vendetta?

Avrei potuto sopportare di essere una debolezza e non una forza?

Avrei potuto.. "No." e detto ciò spiccò il volo dalla finestra aperta.

Piansi...piansi a lungo, sfogandomi dello stress, della rabbia repressa, della frustrazione e anche di liberazione. Non piansi di gioia, non per come erano andate le cose. Non era così che doveva andare, non dopo l'idillio iniziale. Ma ero consapevole di cosa avrebbe comportato parlarne. Abbracciai il cuscino e mi addormentai. Fu solo molte ore dopo che sentii il suo calore nel letto. Mi svegliai di soprassalto, già lucida e pronta al secondo round, le lacrime ancora incrostate sul mio viso e gli occhi rossi. Non feci in tempo. Mi trovai schiacciata dal suo peso, la fronte incollata alla mia, i penetranti occhi neri a un solo centimetro. "Perdonami." sussurrò, prima di baciarmi con furia, a lungo, senza darmi neanche il tempo di rimare allibita per quella parola che suonava sempre assurda detta da lui .

"Ho imparato qualcosa, nonostante sia dovuto andare letteralmente all'inferno per ammetterlo, da Kakaroth." finalmente spuntò quel suo sorriso sardonico, da schiaffi. "Ora so qual è la mia forza." mentre abbandonava la testa sulla mia spalla. Lo abbracciai, nonostante quelle spalle ampie fossero impossibili da circondare per le mie esili braccia. "Perdonami anche tu. Ho detto delle cose che non pensavo veramente." e lui sapeva bene quali fossero. "E poi..." con un dito sotto il mento lo feci girare per guardarlo negli occhi. "....grazie." Non era un grazie "solo" per essersi sacrificato per noi.

Era perché aveva rinunciato ad altre eventuali occasioni future, perché aveva smesso di considerarci un impedimento, perché aveva cominciato a realizzare che noi eravamo la sua forza.

E tutto ciò era già abbastanza per un uomo normale.

Lo baciai dolcemente, delicatamente. "Sai cosa mi ha detto Trunks, quando mi ha detto cosa avevi fatto?" nostro figlio non aveva realizzato appieno cosa fosse successo al padre.

Non sapeva dei suoi tormenti interiori, della sue debolezze. Era solo un eroe. "Stupiscimi." mormorò distrattamente a occhi chiusi. Eravamo abbracciati nel letto, io fra le sue braccia, finalmente. "Ha detto, che la cosa che più gli dispiaceva era non averti potuto dire che per lui sei il papà migliore del mondo." mi gustai la sua faccia e il suo rossore, prima che mi soffocasse sul suo petto.

Sorrisi. L'avevo stupito.

 

   
 
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