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Autore: Melanto    29/07/2011    15 recensioni
[Partecipa al concorso: "One shot dell'estate!"]
«Ma se sono stato io a proporre che si venisse qui? Che estate sarebbe senza una sana prova di coraggio? Il bello dei ritiri è proprio questo!»
Ryo Ishizaki, l'Uomo dalle Ultime Parole Famose, ha coinvolto quattro suoi amici in una fantomatica prova di coraggio, come nella più classica delle tradizioni.
Ma sarà stata un'idea furba?
O si trasformerà nel peggiore degli incubi?
L'estate può riservare sempre molte sorprese.
Genere: Commedia, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Ryo Ishizaki/Bruce Arper, Shingo Aoi, Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota Iniziale: ammetto che questa storia l’avevo in testa da prima che uscisse fuori il contest di EFP, però quest’ultimo mi ha dato l’incentivo in più per scriverla. X3
Non aspettatevi niente di che, eh! XD

Buona lettura! :D

La Casa

 

«Io continuo a ribadire che questa è stata una pessima, pessima idea.»
Mamoru chiudeva la piccola fila indiana. Camminava con passo svogliato e le mani nelle tasche attraverso il sentiero che si perdeva nella foresta alle spalle del resort dove la Nazionale stava effettuando un breve ritiro estivo di preparazione. Il caldo micidiale, che si appiccicava addosso nonostante fosse tramonto inoltrato, quasi sera, non aiutava per niente a migliorare la sua insofferenza.
Ryo, che invece era a capo del gruppetto composto da Urabe, Aoi, Misaki e loro due, si girò di scatto, puntandogli contro la torcia spenta. Aveva una mano al fianco e il sorriso trionfante già sulle labbra.
«Ah-a! Ammettilo che lo dici solo perché te la stai facendo sotto dalla paura!»
«Tsk. Scommettiamo che quello che fuggirà a gambe levate sarai tu, Ishizaki?» Mamoru sorrise di sfida. «Già ti ci vedo che urli come una donnetta al primo rumore sospetto.»
«Ma se sono stato io a proporre che si venisse qui? Che estate sarebbe senza una sana prova di coraggio? Il bello dei ritiri è proprio questo!» Ryo annuì da solo alle proprie parole e tornò a guidare gli altri. «E poi quello che sarebbe scappato sarebbe stato di sicuro Morisaki! L’hai sentito anche tu, no? ‘No, grazie. Queste cose mi impressionano’!» e giù a ridere nel ripensare al portiere che declinava la sua proposta di andare a vedere una vera casa stregata.
Da quando, la sera prima, era circolata la voce che nella foresta di abeti bianchi e faggi c’era una vecchia casa abbandonata, dove sembrava vivesse un fantasma, Ryo aveva arbitrariamente deciso che si doveva fare un sopralluogo. Ovviamente, l’aveva girata a ‘grande prova di coraggio’ cui Urabe non si era voluto sottrarre per nessun motivo - loro erano in sfida perenne, ma nessuno dei compagni era ancora riuscito a capire ‘per cosa’ -, Misaki era stato costretto perché Ishizaki aveva preteso di avere un testimone attendibile che confermasse la sua versione, una volta che avesse superato eroicamente la casa e il suo spaventoso ospite, mentre Shingo… Shingo era capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
«Fammi il favore. Le prove di coraggio le facevamo quando eravamo poppanti. E comunque sappi che sei stato davvero un bastardo con Yuzo» riprese Izawa, incrociando le braccia al petto. «La battuta sul fatto che lo impressionavano anche le pallonate avresti potuto risparmiartela.»
«Maddai, era per scherzare. Piuttosto», gli rivolse un’occhiata sottile, «che sei venuto a fare, tu?»
«Ma per vederti urlare dalla paura, che domande.»
Hanji ridacchiò.
«Ah, e poi il ragazzino sarei io? Due contro uno, eh? D’accordo, vi farò vedere di che pasta è fatto Ryo Ishizaki! Non sarò di certo io il primo che urlerà!»
«Potrai sempre essere il secondo.»
«Sta’ zitto, Urabe!»
«Ma io posso tornare indietro?! Non mi piacciono le case stregate, i fantasmi e gli zombie. E poi», Shingo si trovava al centro del gruppetto e brandiva una bomboletta di repellente anti zanzare, «è già la quarta volta che mi pungono! To’! To’! To’!» disse, cominciando a spruzzare tutt’intorno come un forsennato. «Maledette bestiacce! Non vi godrete il mio sangue! Sarò il vostro ultimo pasto!»
«Shingo, non ci sono zombie.» Ryo fece scattare la torcia un paio di volte, per vedere se funzionava.
«Ma fantasmi sì!»
Urabe si prese il mento tra le dita, con fare pensieroso. «Si parlava di incidente. Il ragazzo è morto proprio durante una prova di coraggio. Doveva restare una notte, da solo e incatenato al muro della cantina, chiuso in quella casa. Peccato che la paura sia stata tanto grande da farlo morire d’infarto. Almeno, così dicono.»
Il piccolo Aoi rabbrividì, nonostante il caldo-umido, facendosi scudo con la bomboletta.
Poi, Ryo comparve all’improvviso da dietro il compagno del Jubilo Iwata, con la luce della torcia che lo illuminava dal basso.
«Uuuuuuuh!» ululò e Shingo andò a nascondersi dietro Misaki, mentre il difensore se la rideva della grossa. «Ecco! Abbiamo trovato chi urlerà per primo!»
«Ryo, smettila.» Pur sorridendo, Taro lo ammonì con il suo tono pacato. «Non devi aver paura, Shingo, non è mica detto che questo fantasma esista davvero, sono solo storie.»
Ma Aoi non se ne faceva capace.
«Io non ci volevo venire…»

La foresta si infittiva talmente tanto, che sembrava non avere una fine.
Già vista dall’esterno, appariva come un muro compatto verde scuro. Passeggiando per i suoi sentieri artificiali che, a guardar bene, non si riuscivano più a distinguere da quelli naturali, si riscopriva il muschio cresciuto nelle parti più umide. Le cicale cantavano come se non ci fosse stato un domani per farlo ancora ma, per quanto si guardassero attorno, gli occhi dei giovani non riuscirono a scorgerle da nessuna parte, anche se sembravano vicinissime. Alla fine del loro concerto, qualche grillo iniziò il proprio assolo.
Era estate, ma lì sembravano essere tutte le stagioni e nessuna, contemporaneamente.
Nonostante le zanzare, nonostante grilli e cicale, l’aura di quella foresta stagnava come una palude. Poi, si aggiunse la foschia. Scivolò attorno alle loro caviglie mentre percorrevano gli ultimi metri di sentiero, copriva i passi sfiorando la carne in un tocco più freddo rispetto al resto dell’aria.
Infine, apparve.
La foresta la circondava seguendo il perimetro del vecchio cancello in ferro battuto e mezzo diroccato. Le sbarre erano diventate dimora di rampicanti e muschi nel rosicchiare continuo della ruggine che aveva divorato la vecchia vernice.
Al centro, la villa sembrava nascere dalla nebbia.
«Molto pittoresco» commentò Mamoru con neutralità. Ryo e Hanji finsero di non sentire il brivido che saliva lungo le loro schiene, mentre Shingo se ne fregava delle apparenze.
«Io me ne vado! Mettere piede là dentro; fossi matto?!»
«Non provarci! Ormai siamo arrivati non puoi tirarti indietro!»
Ryo lo afferrò per un braccio, Hanji per l’altro.
«Ben detto, e poi finiresti col perderti nella foresta se tornassi da solo. Siamo in ballo.»
«Ma io non voglio ballare!» piagnucolò Aoi, mentre veniva letteralmente trascinato verso l’ingresso. «Taro! Aiutami!»
«Vai tranquillo, Shingo, se continui a urlare così, sono sicuro che lo farai scappare, il fantasma» l’incoraggiò Misaki, camminando accanto a Izawa. Differentemente dai tre che formavano l’avanguardia, la metà pacata della Golden Combi non era minimamente intimorita da quel luogo spettrale né dall’intera vicenda di spiriti e affini. Anzi, la cosa sembrava interessarlo parecchio. «Che altro sapete di questa storia?»
Mamoru si strinse nelle spalle. «La villa appartiene ai proprietari del resort dove alloggiamo. Comprarono l’intero terreno tempo fa e solo dopo seppero del fattaccio. I proprietari lo videro come un presagio di sventura e lasciarono la villa abbandonata a sé stessa in attesa di decidere cosa farne. Prima venivano periodicamente i guardiani a controllarla, ma dopo le prime, strane apparizioni e i rumori molesti, non è venuto più nessuno.»
«Oh, interessante. Apparizioni di che tipo?»
«Mah, parlavano di una figura con i lunghi capelli neri, abiti bianchi logorati dal tempo, pelle livida e rumori di catene. E’ morto d’estate e quindi appare solo durante questa stagione.»
Taro annuì poi inspirò a fondo, sollevando lo sguardo al cielo sgombro dalle fronde. «Ho sempre pensato che l’estate fosse il periodo perfetto per i misteri; è un po’ misteriosa anche lei, dopotutto.»
«In che senso?»
«Beh, dopo che per mesi restiamo chiusi nel letargo invernale, l’estate è come se ci facesse rinascere. E spesso ci riscopre capaci d’esser imprevedibili e pieni di sorprese» rise infine, nel suo modo affabile.
«Mh, non male come filosofia.» Mamoru gli rivolse una smorfia divertita.  
Camminarono ancora fino ad arrivare agli scalini che portavano all’enorme portone di ingresso.
La villa era in stile occidentale, costruita su due piani, e di dimensioni imponenti. Dovevano esserci decine di stanze in cui il fantasma avrebbe potuto nascondersi.
Interamente in legno, le tavole erano in buona parte marcite, mentre quelle della facciata seriamente danneggiate. I vetri erano stati ingrigiti dalla polvere e dalle ragnatele, non permettevano di poter scorgere sagome all’interno, mentre quelli che erano rotti lasciavano scivolare, nell’assenza di vento, sfilacciate tenebre di tende sporche. La brezza estiva era come morta e l’aria stagnava attorno a loro madida di un sudore surreale.
«Non mi piace… non mi piace per niente…» Shingo, che ormai si muoveva per forza di inerzia, mandò avanti i due difensori, tenendosi un po’ più in disparte e sempre con la famosa bomboletta a portata di mano.
Ryo guardò gli scalini della veranda, stringendo con forza la torcia. Deglutì a vuoto. Forse, Shingo non aveva tutti i torti a essere intimorito.
«Cos’è, Ishizaki, ci fermiamo già?» Mamoru non perdeva occasione per pungolarlo.
«Manco morto!» rispose il difensore, inacidito. «Mi sto solo concentrando!»
Izawa e Misaki si scambiarono un’occhiata di intesa, ma nessuno dei due aggiunse altro.
«Ishizaki» Hanji afferrò il compagno per un braccio, guardandolo con aria tesa e solenne. «Ormai ci siamo. Questa sfida decreterà definitivamente chi dei due è il migliore. Lo so che non ce ne sarebbe bisogno perché sono io-»
«Non darti tante arie! Sarò io, vedrai!»
Tra i loro spiriti combattivi volarono lampi e scintille, tanto che se li avesse visti Tsubasa sarebbe stato fiero di entrambi.
Per non dare vantaggio all’altro, decisero di muoversi insieme, ma ci misero troppo vigore e il primo scalino si spezzò di schianto.
«AAAAAAAAAH!» urlarono in sincronia perfetta, alzando le mani al cielo.
«Bene, avete gridato tutti e due, sfida persa, ce ne possiamo and-»
«Neanche per sogno, Shingo! Siamo stati solo colti alla sprovvista!»
«Ci schiarivamo la voce!»
Si giustificarono, accavallando le voci.
«Taro, ovviamente questo non vale ai fini della prova!» ci tenne a sottolineare Ryo, agitando poi animatamente l’indice in direzione di Mamoru. «E tu piantala di ridere!»
Ripreso il coraggio, entrambi i difensori salirono – questa volta facendo attenzione a dove mettevano i piedi – fino ad arrivare davanti alla porta. Il legno scricchiolava in maniera sinistra sotto i loro pesi.
«D’accordo, un pomello ciascuno» decretò Ryo rivolgendosi ad Hanji, il quale annuì severamente. «Al mio tre, la apriamo.»
La prova di coraggio poteva iniziare.
«Uno… due…» il pomo d’Adamo del difensore salì e scese rapidissimo. «…tre!»
La porta si aprì con uno schianto sotto la spinta. Cigolò così forte che temettero potesse spaccarsi da un momento all’altro, però rimase in piedi. A cadere, e rovinare su di loro, fu un denso e fumoso velo di polvere.
«Ah! Ma che cazzo… coff coff… nessuno ci pulisce qui dentro?... coff…»
«Ryo, è una casa abbandonata. Se ci venissero a fare le pulizie mi spieghi che diavolo di casa abbandonata sarebbe?!»
- Gnègnègnè. - pensò l’interpellato facendo il verso a Izawa, ma non si volse.
La luce della torcia fendette il pulviscolo rimasto sospeso in aria, mentre schiariva l’oscurità che inglobava l’interno.
L’ingresso non si presentava molto diverso dalla facciata esterna. Le ragnatele sembravano essere divenute parte dell’arredamento e coprivano i mobili in disegni tridimensionali e complicati. Eleganti baldacchini di bava.
«Ghhh… semplicemente… disgustoso» Ryo si fece avanti con movimenti circospetti. La torcia ruotava seguendo i gesti del capo. «E poi Yukari dà a me del disordinato: questa casa è un vero cesso.»
«Che dici?!» sbottò il piccolo giocatore dell’Albese, montandogli praticamente in groppa con un balzo al fine di tappargli la bocca. «Non farti sentire dal fantasma! Potrebbe offendersi!»
«Shingo… mphf… cofì… mi foffochi…!» Con fatica, riuscì a liberarsi dalla sua presa da anaconda. «E comunque, ma quale fantasma e fantasma. Dieci a uno che qui non ce n’è nemmeno l’omb-»
Ta-clang.
Gelo.
Gelo e silenzio.
E poi ancora: ta-clang, ta-clang.
Shingo si pietrificò a mo’ di statua di sale. «Avete sentito?!»
«C-che cosa? I-io non ho sentito niente.»
«Come sarebbe che non hai sentito niente, Ryo?! Sembravano catenacci!»
«Ah, quelli!» Ishizaki minimizzò, portandosi le mani ai fianchi e sollevando il mento con sprezzo del pericolo. «Massì, sarà stato il rumore di qualcosa che è sbattuto. L’hai visto anche tu, Hanji, che buona parte dei vetri sono sfondati. Qualche spiffero-»
«Spiffero? Ma se fuori non c’è un filo di vento» il tono di Mamoru era sottile e spettrale, molto in sintonia con l’ambiente.
Lui gli rivolse un’occhiata truce che sembrava dire: “Sta’ zitto! Non vedi che sto cercando di autoconvicermi di quello che sto dicendo?!”, ma non replicò. Preferì riprendere l’esplorazione dell’atrio della villa. Era spazioso con al centro una grande scala in legno, che portava al piano superiore, e due corridoi – sul lato destro e sinistro –, che conducevano alle stanze del pianterreno. Decise che sarebbero saliti dopo.
«A destra o a sinistra?» domandò.
«A casa!» ribadì Shingo.
«Destra» scelse Urabe e insieme si mossero.
Scoprirono che il corridoio in realtà era uno solo, che girava intorno all’intero perimetro della villa, riunendosi a quello di sinistra. Controllarono le stanze una ad una. La cucina, un bagno di servizio con scarafaggi annessi, la grande sala da pranzo-svago-lettura-tè, ma niente: del fantasma nemmeno un segno. 
Da fuori, la luce si affievoliva in maniera inesorabile, e anche se il tramonto avrebbe dovuto essere ancora nel pieno del suo fuoco, lì sembrava che il cielo fosse già divenuto indaco.
Dopo il giro, si ritrovarono nuovamente all’ingresso.
Ryo si portò le mani ai fianchi e gettò il capo all’indietro, ridendo a piena bocca. «E allora? Tutto qui? Devo averlo spaventato a morte questo fantasma, visto che si ostina a non farsi vedere. Si deve essere accorto che sono troppo un duro per potermi spaventare.»
Urabe si accodò alla sua risata, dandogli una sonora manata sulla spalla. «Sì! E io sono Cleopatra! Stringiti la fascetta, Rambo, guarda che c’è ancora il piano superiore da ispezionare.»
«E allora? Non credere che la cosa mi spaventi, tsk!» Ishizaki gonfiò il petto.
Shingo batté le mani con un sonoro schiocco. Si era un po’ più rilassato, tanto da metter via addirittura la mitica bomboletta. «Non so voi, ma io sono più che soddisfatto. È stato bello. Che ne dite se abboniamo l’altro piano come se l’avessimo già ispezionato e ce ne andiamo?! Eh?!»
«No! Nessun giocatore degno di vestire la maglia del Jubilo Iwata scapperà di fronte al pericolo!» Ryo alzò la torcia al cielo, con sguardo solenne.
«Poco male, tanto io gioco nell’Albese, quindi, me ne chiamo fuori! »
Ma l’altro non gli diede modo di tentare d’allontanarsi perché gli passò il braccio attorno al collo, quasi stritolandolo nel suo impeto auto-celebrativo.
«Shingo, noi siamo i samurai del Giappone! Dobbiamo essere uniti, fare fronte comune e-… voi due la smettete di borbottare?!» disse, indicando Mamoru e Taro che parlavano fitto un po’ più in disparte.
Il giocatore dei Marinos sospirò. «Cosa c’è, adesso?»
L’altro assottigliò lo sguardo, squadrandolo con circospezione. «Tu che parli tanto e fai l’eroe senza macchia e senza paura… sbaglio o non ti ho mai visto avventurarti in una delle stanze? Siamo sempre stati noi tre i temerari! Osi negarlo?! Devo forse pensare che in realtà sei paralizzato dal terrore?!»
Mamoru sprofondò il viso in una mano, la rassegnazione scivolò fuori assieme a un sospiro. «Siamo a questi livelli? D’accordo. Non so voi, ma io ho fame, quindi vediamo di muoverci.» Con decisione e passo spedito s’avvicinò a Ryo tanto da appropriarsi della sua torcia con un gesto deciso. Piantò gli occhi scuri in quelli del difensore e tese un ghignetto perfido. «Adesso ti faccio vedere io quanta paura ho del tuo fantasma da quattro soldi.» La luce saettò tra le ragnatele fino a che non riuscì a illuminare quello che stava cercando. «Ah, eccola.»
La sicurezza dei suoi movimenti aveva un che di autoritario degno di un leader, non per nulla era stato lui il regista della Shutetsu, alle elementari, prima che si fondessero con la Nankatsu. Mamoru si avvicinò, strappando ragnatele a piene mani incurante dei proprietari che scappavano velocissimi sui fili d’argento. Batté le nocche sul legno.
«Guardate un po’ cosa ho trovato.»
La porticina era lì, un po’ seminascosta tra la polvere e i mobili accatastati alla rinfusa.
«E quella? Non l’avevo notata…» Ryo la guardò con perplessità, imitato anche dagli altri. Taro appariva confuso e non disse nulla.
«Ma è la cantina, signor Prova di Coraggio. L’ho vista appena siamo entrati.»
«La Cantina?!»
Il coro si levò perfetto e terrorizzato al punto giusto dalle bocche di Urabe, Aoi e Ishizaki.
«Esatto. Proprio dove è morto il povero disgraziato. E sai che faccio adesso? Ti vado a stanare il tuo fottutissimo fantasma. Da solo» sentenziò Mamoru, afferrando saldamente la maniglia.
«NO!» Shingo era in preda al panico «Non farlo! Quella è… è la cantina
«Lo so, l’ho appena detto.”
«Ma film come ‘Non entrate in quella casa’, ‘Non aprite quella porta’, ‘Non scendete quella scala’ non ti hanno insegnato nulla?! E’ proprio lì che l’assassino colpisce sempre la vittima di turno!»
«Ah, sì, eh? Beh, buono a sapersi, così la facciamo finita subito.» Senza pensarci oltre spalancò la porta, i cui cardini cigolarono sofferenti, e guardò dritto la scala che si immergeva nelle viscere della casa. «Ci vediamo tra poco» ridacchiò con ironia.
Urabe lo vide scendere senza alcuna difficoltà e rimase a guardarlo dall’alto, accanto a Ishizaki. «Non pensi che dovremmo… andare con lui?»
«Vai avanti tu» propose il difensore del Jubilo che ormai non riusciva più a scorgere il compagno di Nazionale.
«Bella merda qui sotto!» esclamò proprio quest’ultimo.
Lui e Urabe si scambiarono un’occhiata perplessa, mentre Shingo faceva appena capolino.
«E allora? Vedi niente?» domandò Ryo.
«Che dovrei vedere oltre alla sporcizia e alle ragnatele? Qua sotto è più grande di quello che pensassi.»
«Beh… non saprei… qualsiasi cosa…» ma non arrivò nessuna risposta. «Mamoru?»
«Ommioddio…»
«Mamoru… che succede?»
«…oddio… cosa sei?… non avvicinarti! Non avvicina-
Un grido soffocato, qualcosa cadde, ombre si disegnarono improvvisamente sulla parete dando vita a sagome informi che scomparvero in un attimo tra frusciare di tessuti e tintinnare di metallo. La porta della cantina si chiuse di schianto davanti ai nasi degli altri senza che nessuno di loro l'avesse toccata.
«Mamoru! Mamoru!»
Taro chiamò e colpì con forza il legno, tirò la maniglia ma nulla. Shingo aveva le mani nei capelli, mentre Ryo e Hanji prendevano insieme a calci l’entrata che alla fine si spalancò con un suono cupo. Con l’altra torcia rimastagli scesero di fretta gli scalini e si trovarono davanti un ampio ma basso ambiente pieno di vecchie botti, sporcizia e la pila elettrica abbandonata al suolo, ma di Mamoru nemmeno l’ombra.
«Il fantasma! Io l’avevo detto! E' la maledizione delle cantine!» Shingo non sapeva più dove guardare.
I giocatori del Jubilo Iwata si misero a ispezionare le pareti e a chiamare a gran voce il loro compagno, ma invano. Mamoru era scomparso.
Ma mentre qualcuno spariva, qualcos’altro si manifestava.
Toc. Toc. Toc.
Il rumore di passi riecheggiò fin dentro la cantina e i quattro levarono gli occhi alle travi di legno della controsoffittatura.
«E’ sopra di noi…» mormorò Urabe.
Trattennero il fiato e rimasero ad ascoltare quel lento passeggiare sulle loro teste. Qualcosa veniva trascinato e aveva un suono più metallico.
«E’… è il fantasma con le sue catene… adesso viene a prenderci…» Shingo si strinse alla figura di Taro, poi si rivolse aspramente a Ishizaki. «Hai visto?! Lo hai fatto arrabbiare! E’ perché hai detto che la sua casa è un cesso!» ma il difensore non ebbe modo di rispondere che Hanji corse verso le scale.
«Dove vai?!» Ryo gli urlettò dietro con toni acuti.
«A cercare Izawa, no? Se troviamo il fantasma, troveremo anche lui! Vieni, muoviti!»
«Ma… ma devo proprio? Insomma, non possiamo aspettare che vada via e poi andiamo a chiamare aiuto? Che so… torniamo al resort, ci portiamo quel colosso di Jito e lui gli fa un culo cos-»
«Cammina!» Hanji lo afferrò per trascinarlo con sé. «Non avrai mica paura, vero? Non era tua l’idea della prova di coraggio? E ora che un nostro compagno è nei guai vorresti tirarti indietro?!»
A quelle parole, Ryo gonfiò il petto, ferito nell’orgoglio. «Che cosa? Tirarmi indietro? Non ci penso neppure!»
Si misero a correre su per le scale seguiti da Taro e Shingo e quando arrivarono nuovamente nel grande atrio non trovarono nessuno, a una prima occhiata.
«E’ lì!» Aoi indicò l’enorme scalone che portava al piano superiore.
Gli altri ebbero solo il tempo di sollevare lo sguardo e vedere una sagoma in bianco che spariva dietro al muro.
Hanji si lanciò all’inseguimento, portandosi dietro un sempre più reticente Ryo che si bloccò sul primo scalino e gli diede una sonora manata sulla schiena.
«Ti copro le spalle!» affermò con decisione.
«Non provarci.» Urabe riprese a trascinarlo contro la sua volontà e il difensore, suo malgrado, fu costretto a scapicollarsi con lui sulla scalinata. Una volta sul pianerottolo, però, il fantasma era nuovamente scomparso.
«Dannazione! Sparisce come il vento!» imprecò Hanji.
«Per fortuna!»
«Cosa?!»
«Volevo dire: che disgrazia!»
«Deve essere entrato in una di queste porte. Dividiamoci.»
Stavolta fu Ryo ad attaccarsi al braccio di Urabe. «Dividersi?! Ma ti ha dato di volta il cervello?! In ogni film dell’orrore, alla brillante idea di ‘dividersi’ muoiono tutti!»
«Andiamo! Il fantasma è solo uno e noi siamo in quattro, cosa mai potrebbe farci?!»
«Quello che ha fatto a Izawa e che ancora ignoro e che, fondamentalmente, vorrei continuare a ignorare per tutto il resto della mia vita?! Taro, digli anche tu che-» ma quando si volse, Ryo scoprì, con orrore, che Misaki non c'era più. «Shingo…» mormorò «…dov’è Taro?»
Aoi si guardò intorno con movimenti frenetici. «Ero sicuro fosse dietro di me! Ho salito di corsa le scale per raggiungervi e lui c’era! Ne sono convinto!»
Ishizaki divenne più pallido del fantasma. «Oh. Mio. Dio. Ho perso… Taro Misaki?! Ho perso Taro Misaki?! Lo sapete cosa significa questo?! Lo sapete?!» con gli occhi sbarrati, afferrò Urabe per le spalle, scuotendolo con violenza. «Significa che il Mister del Jubilo Iwata mi ammazzerà! Mi scuoierà vivo! Come cazzo gli dirò che mi sono perso il suo giocatore migliore?! Eh?! Me lo spiegate?!»
«Ryo, dannazione, calmati! Adesso lo troviamo! E troveremo anche Izawa! Shingo, tu perlustra la prima stanza, io controllerò la seconda. Ryo, tu occupati della terza. Mi raccomando, state attenti e occhi aperti!»
Ma il suo compagno di J-League non lo sentì affatto, preso com’era dalla propria disperazione.
«Finito! Sono un uomo finito! Mi sbatterà fuori dalla squadra senza stare a pensarci un momento, si rivestirà il divano con la mia pelle. Mi userà come tappetino per la doccia! Oppure farà di me un raccattapalle a vita!»
Solo quando levò nuovamente lo sguardo si accorse d’esser rimasto da solo nel mezzo del pianerottolo. La schiena divenne un puntaspilli di brividi.
«Ragazzi?... Ragazzi dove siete?!»
Ma di Hanji e Shingo non c’erano tracce e lui, ora, non sapeva più cosa fare e dove andare.
Forse, sotto sotto, l’idea della prova di coraggio era stata una vera cazzata. Avevano perso Mamoru, avevano perso Taro – e al solo pensiero di dover dire: “Mister, sono mortificato, ma Taro è stato rapito da un fantasma” poteva già sentire il proprio culo che veniva preso a calci – e quel cavolo di spirito maligno era ancora in giro, pronto ad aggredire anche lui.
Ishizaki tentò di farsi coraggio e strinse forte la torcia ancora accesa, guardandosi attorno. «E che può farmi?... già, ha ragione Hanji. Mica può toccarmi, no? I fantasmi non sono solidi. Però così non posso nemmeno provare a colpirlo… ma nemmeno lui può colpire me. Dovremmo essere pari, no? Ma perché nessuno ha ancora inventato gli zaini protonici?!»
Mentre seguitava a parlare da solo, prese a camminare per il corridoio osservando gli usci chiusi. Li ignorò, sicuro di non voler scoprire cosa ci fosse dietro, e si diresse verso la stanza con la porta aperta. Che era anche l’unica. Mandando prima la torcia in avanscoperta, Ryo affacciò il braccio e poi fece capolino oltre la soglia. Come le altre, anche questa camera era in stato d’abbandono con mobili coperti da lenzuola ormai luride e assi cigolanti. La finestra era stata chiusa con alcune tavole e tra gli spifferi non entrava nemmeno uno spillo di luce. Girò su sé stesso e tirò un mezzo sospiro sollevato quando sembrò convincersi che non c’era nessun’altro oltre lui. Ma non sarebbe potuto restare là in eterno. Doveva trovare Shingo e Hanji e fuggire per andare a cercare aiu-…
«Ryo…»
…to
«…Ryyyyo…»
Lui si piantò sul posto; occhi sbarrati e labbro tremante.
Forse non era proprio solo-solo.
«…sono venuto a prenderti, Ryo…»
La voce era metallica, falsata. Lo conosceva addirittura per nome! S’aggiunse anche un lento e vicino suono di passi.
«…a… iu… to…» riuscì a sibilare con un filo di fiato. «…a… i… u… to…»
I passi si fermarono dietro di lui accompagnati da quel basso e faticoso respirare. Poi, una mano si poggiò sulla spalla. Alla faccia della convinzione che gli spiriti fossero incorporei.
«…possiederò la tua anima…»
E lì, Ryo Ishizaki decise che era meglio salvare la pelle, così mandò a fanculo orgoglio, coraggio e gloria; si esibì nel più forte urlo della storia che andava da Tarzan a Munch e schizzò fuori dalla porta nemmeno avesse avuto il tasto della ‘velocità smodata’(1) incorporato da qualche parte. Inforcò l’uscita senza guardarsi indietro nemmeno per un attimo, le mani dritte in avanti come si vedevano solo nelle più classiche puntate di Scooby Doo e la torcia che illuminava in maniera scomposta la via da percorrere. Nella corsa, travolse anche Shingo e Hanji, richiamati dal suo grido senza fine. Li agguantò, chi per un braccio e chi per l’altro, e li trascinò con sé lungo il corridoio, giù per le scale, fuori da quella maledetta villa.
In dissolvenza, si sentirono ancora le sue grida che si perdevano nella foresta.
«Aaaaaaaah! Mi ha toccato! Sono posseduto! Yukariiiiiiiiii!»
Nella casa, il silenzio cadde adagio, sullo spegnersi di quella ‘i’ allungata all’infinito, ma non durò a lungo. Passi scoordinati si sommarono gli uni agli altri riecheggiando sul legno del pavimento. Tre figure fecero capolino sulla soglia. Una incrociò le braccia, appoggiandosi con la spalla allo stipite aperto della porta.
«L’avevo detto io che sarebbe scappato. Corresse così quando è in campo, darebbe del filo da torcere anche a Nitta.»
Mentre parlava, una mano gli scivolò sul braccio.
«Bu
«Vedi di toglierti quella parrucca, tu. Di Sadako ne basta una.» Senza girarsi, Mamoru pungolò con un dito la fronte del presunto ‘fantasma’ alle sue spalle.
«Vuoi dire che i capelli lunghi mi stanno male? Peccato, ci avevo fatto un pensierino.»
Taro era appoggiato allo stipite opposto rispetto a dove si trovava Izawa e anche se osservava i due compagni di Nazionale con un sorriso divertito, non poteva ancora credere a quello che avevano messo in piedi.
«Mi avete lasciato davvero senza parole. Dico sul serio» affermò, osservando il fantasma che sfilava via la parrucca. Aveva il viso pieno di cerone e il nero doppio della matita attorno agli occhi, ma, sì, sotto tutto quel trucco si poteva ancora scorgere Yuzo Morisaki. «Quando Mamoru mi ha detto: ‘Stiamo facendo uno scherzo a Ishizaki, stai al gioco’ sono rimasto un attimo perplesso. Ma con la storia della cantina ho capito tutto.»
Terzino e portiere si scambiarono un’occhiata di intesa prima di ridacchiare perfidamente.
«L’idea è stata di Yuzo, io l’ho solo aiutato a metterla in pratica.»
«Ammetto che un po’ ci speravo nel famoso fantasma. Devo confessarvi che sono un grande amante delle storie horror e quindi l’intera vicenda mi aveva incuriosito. Certo che però potevate dirlo anche a Shingo e Hanji.»
«Veramente…» Yuzo si sforzava di non ridere «…sono anche loro nostri complici.»
«Ah, sì?! Accidenti sono stati bravissimi!»
«Oh, puoi dirlo forte! Shingo in particolare, da premio Oscar. Un attore nato» affermò Mamoru. «A lui piacciono gli scherzi, mentre con Urabe è bastato fare il nome di Ryo per farlo accettare a scatola chiusa.»
E Taro non aveva dubbi, a riguardo: i due stavano sempre a battibeccare e punzecchiarsi; era il loro modo di dimostrarsi affetto e stima reciproci. Un modo tutto loro, eh, ma pur sempre un modo.
«Adesso posso sapere il motivo?»
Mamoru si portò una mano al petto, facendo il verso allo stesso Ishizaki: «Ma perché altrimenti che estate sarebbe senza una sana burla in compagnia?»
Yuzo, invece, sorrise. «Diciamo che ho voluto rendere a Ryo la pariglia per tutte le volte che mi ha preso in giro. Compresa quella di oggi sulle pallonate.»
«Yuzo-kun! Non ti facevo così vendicativo!»
«Naaa! Vendicativo, che brutta parola!» arrossì l’interpellato passandosi una mano sulla nuca, ma Mamoru si affacciò oltre la sua spalla, annuendo.
«Vendicativo, vendicativo.»
«Ah, non è vero!»
Taro rise, scuotendo il capo, e in quel momento gli venne in mente il discorso che aveva affrontato con Mamoru, mentre si dirigevano alla villa. Osservò di nuovo il portiere e annuì adagio, parlando a sé stesso. «Pieni di sorprese…»
«Cosa?»
«No, niente. Quindi, alla fine, la storia era tutta un bluff.»
«Oh, no. E’ vera» rispose Yuzo «L’ho saputa, per caso, dal signore che passeggia sempre lungo i vialetti dei bungalow. Sembra che sia uno dei vecchi proprietari del resort e, quindi, di questa casa. Però, se può consolarti, per tutto il tempo che siamo stati impegnati a preparare lo scherzo e a imparare i passaggi segreti, non abbiamo vist-»
Uno strano rumore metallico gli impedì di finire la frase. Per la precisione: un rumore di catene trascinate.
I tre si voltarono simultaneamente per osservare il fondo della casa, divenuto di colpo nero e imperscrutabile, quasi senza fine.
«Ce ne stiamo andando?» buttò lì Mamoru con non chalance.
«Sì, che si fa tardi.»
«E poi a breve sarà ora di cena.»
Nemmeno il tempo di dirlo e stavano già seguendo – a passo molto, molto sostenuto – le orme di chi li aveva preceduti. In un attimo non furono più in grado di scorgere la villa, e poiché non pensarono neanche lontanamente di voltarsi, non videro il portone di ingresso che si richiudeva da solo nonostante l’assenza di vento o filo di corrente.
Nei rumori della sera che lì sembrava essere calata prima che altrove, una risatina si nascose dietro al canto delle civette.
La sua estate era appena iniziata.

 


[1]: è una citazione dal film “Balle spaziali” di Mel Brooks. XD se non l’avete visto… VEDETEVELO ORASUBITO! \O/ è una delle cose più divertenti dell’universomondo!


 

Fine

 

Curiosità:Non scendete quella scala’ non esiste come film dell’orrore XD, però sarebbe azzeccatissimo, visto che tanto una scala che porta in cantina c’è SEMPRE! XDDDDD

Nota Finale:
XD scemenzina per passare il tempo prima di partire!
E’ venuta più lunga di quello che volevo – come sempre! XD – ma spero che vi siate divertiti almeno un po’!
Buone vacanze a tutte/i! *w*

   
 
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