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Autore: koorime    31/07/2011    8 recensioni
Una strega lancia la maledizione delle tre scimmie - non vedo, non sento, non parlo - su Dean, Sam e Cas.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Titolo Titolo:  The voice of the touch
Autore
:  koorime_yu
Fandom
: Supernatural
Pairing/Personaggi
: Castiel/Dean Winchester (Destiel ♥), Sam, Balthazar
Rating
: pg
Charapter
: 1/1
Beta
: hikaruryu l’ha letta in anteprima ♥
Words
: 2041 (fiumidiparole)
Genere
: introspettivo, romantico (?)
Warning
: pre-slash
Summary
: Una strega lancia la maledizione delle tre scimmie - non vedo, non sento, non parlo - su Dean, Sam e Cas.
Note
: scritta per la La Sagra dei Kink di kinkmemeita, su questo prompt lanciato da hikaruryu.

DISCLAIMER: vorrei tanto possedere Castiel, ma no, né lui né nessun altro mi appartiene .__. Neanche Dean, no *sigh*

 

 

Dean si strofinò la bocca cercando di ingoiare quel nodo che gli ostruiva la gola da ore, ormai.

Non ci riuscì, ovviamente, e la sua frustrazione aumentò.

Era tutta colpa di quella fottuta strega se si trovavano in quella maledetta situazione.

 

Erano arrivati in città tre giorni prima, seguendo le tracce di stregoneria disseminate per il paese per più di un mese. Quando finalmente erano riusciti ad avvicinarsi abbastanza a lei per tentare almeno un attacco, si erano ritrovati a combattere contro un’orda di Golem, e Sam aveva sentito il bisogno di specificare che la loro quantità e forza dipendeva direttamente dal potere di chi li evocava. Sempre ottime notizie dal suo fratellino, evviva. Era stato per questo che avevano chiamato Castiel, perché altrimenti sarebbero morti e nessuno dei due fremeva dalla voglia di fare un altro giro su quella giostra.

Castiel era comparso al suo primo richiamo, si era guardato attorno con cipiglio guerriero e aveva sfoderato la sua Grazia, spazzando via tutti i nemici in un battito di ciglia. Dean e Sam si erano coperti occhi e orecchie, mentre tutt’attorno a loro i vetri del magazzino abbandonato esplodevano e le urla di quegli esseri stridevano come unghie sulla lavagna. Si erano rialzati intontiti, doloranti e sporchi, ma vivi e decisi più che mai a fare fuori quella stronza megera.

Purtroppo per loro però, i Golem erano stati solo un diversivo affinché la succitata strega potesse battere in ritirata. Dean aveva imprecato, prendendo a calci una testa di cera – o era una mano? – e si erano diretti alla macchina, cercando indizi su dove potesse nascondersi quella fottutissima stronza, come l’aveva rinominata Dean subito prima di schiarirsi la gola, sentendo qualcosa che gliela ostruiva.

Capì che c’era qualcosa che non andava quando notò con la coda dell’occhio Sam, sul sedile del passeggero, tentare di sturarsi insistentemente le orecchie e vide Castiel, dallo specchietto retrovisore, sbattere le palpebre con una frequenza innaturale – almeno per un Angelo del Signore. Tentò di sincerarsi delle loro condizioni, ma quando l’unica cosa che produsse fu un suono strozzato, si preoccupò.

Da quel momento in poi le cose non avevano fato altro che peggiorare, fino a quando, due ore dopo, avevano perso rispettivamente l’uso di voce, udito e vista.

Dopodiché avevano chiamato Bobby in cerca di una soluzione.

Lo avevano chiamato due volte, perché la prima volta Sam, preso dall’abitudine, aveva scorso la lista contatti del telefonino e avviato la chiamata, incurante del fatto che non sentisse neanche la propria voce.

Ovviamente la telefonata non era andata in porto, Bobby aveva riagganciato dopo aver tentato di sovrastare la voce del minore dei Winchester e un’imprecazione, e Sam si era beccato uno schiaffo dietro la nuca da suo fratello, che poi gli aveva strappato il telefonino di mano. Quando quello aveva cominciato a squillare, Dean aveva accettato la chiamata e l’aveva poi passato a Castiel, l’unico tra loro tre in grado di sostenere una conversazione telefonica.  

Così avevano cominciato a fare ricerche, cercando di capire che tipo di fattura gli avesse fatto la strega e come potesse essere annullata.

 

Dean voltò pagina del libro che stava sfogliando da ore in cerca di una soluzione o almeno un indizio e, come c’era da aspettarsi, non trovò niente. Solo l’ennesima serie di nozioni inutili e noiose.

Lo mise da parte con un gesto nervoso e si passò una mano tra i capelli, scivolando con i piedi oltre il bordo del letto.

Castiel, seduto poco distante da lui, rimase immobile, con le mani raccolte in grembo, il capo chino e lo sguardo vuoto.

A Dean fece male il cuore.

C’era qualcosa in quella figura ingobbita in trench che lo pugnalava direttamente al petto. Gli ricordava troppo l’angelo caduto pre Apocalisse, ma c’era anche qualcos’altro, qualcosa che accompagnava Castiel perennemente e che in quel momento sembrava essersi acutizzata.

Castiel si sentiva solo.

Il problema era che la fattura non aveva colpito semplicemente il vessillo, ma proprio Castiel, la sua essenza angelica, relegandolo e bloccandolo in quel corpo mortale, rendendolo inefficiente.

E la cecità doveva aver ingigantito quella sensazione di perpetua solitudine con cui doveva avere a che fare l’amico – davvero, non doveva essere semplice essere l’unico emotivo nel Paradiso degli insensibili e l’unico angelo in un mondo di uomini. Soprattutto se il suo mondo si riduceva a lui, Sam e Bobby – perché erano ore ormai che era fermo in quella posizione, impossibilitato a dare una mano con le ricerche. Doveva sentirsi solo e inutile, proprio come l’altra volta.

Dean si mosse con attenzione, scivolando sul bordo del materasso e sistemandosi accanto a lui.

Va tutto bene, ci sono io qui con te, avrebbe voluto dirgli, ma non poteva – e se avesse potuto forse non l’avrebbe neanche fatto – quindi fece l’unica cosa possibile: allungò una mano e gliela poggiò sulla spalla, stringendo appena la stoffa del trench sotto le dita.

L’amico alzò il viso su di lui e il nodo nella gola del cacciatore si ingigantì. Gli occhi di Castiel erano sempre stati la parte più espressiva di lui, quella che dava voce al suo intero essere, e sembrava che la fattura li avesse colpiti nel profondo. Erano ciechi e muti.

Dio, doveva sentirsi davvero solo.

Il cacciatore si sforzò di sorridere nel vano tentativo di infondere coraggio, ma si rese conto quasi subito che non serviva a niente. Quindi strinse la presa e Castiel stirò le labbra, prima di abbozzare un sorriso, che però si fermò appena sotto le rughe espressive che gli contornavano gli occhi. E poi fece qualcosa di non previsto: fece un piccolo sospiro e poggiò la testa sulla sua spalla.

Dean s’irrigidì, preso in contropiede, ma non ebbe il coraggio di scostarsi o allontanarlo, così, semplicemente, si impose di rilassarsi e lasciò che la sua mano scivolasse attorno alle spalle dell’altro, invitandolo a sistemarsi contro di lui come meglio credeva.

L’angelo lo assecondò e piegò il capo, strofinando piano le labbra contro il cotone della sua maglietta, in un gesto un po’ troppo intimo per essere un semplice ringraziamento, almeno da parte di un uomo – angelo.

-Ho trovato qualcosa!- urlò Sam, circondato di libri, dalla sua postazione al portatile, facendolo sussultare e scostarsi da lui.

Dean pensò bene di lanciargli l’involucro appallottolato del loro ultimo pasto – il cui recupero sarebbe rimasto nella top ten dei momenti più assurdi del Team Free Will, secondo il suo modestissimo parere – colpendolo su quella sua stupida testa intelligente.

-Ehi!- si lamentò il fratello, passandosi una mano in quei capelli odiosamente perfetti e guardandolo con cipiglio offeso. In un battito di ciglia divenne curioso e – Dean poteva giurarlo – malizioso, quando notò la vicinanza tra loro e la mano che ancora sostava sulla spalla dell’angelo. Ma non disse niente, probabilmente a causa dell’occhiataccia fulminante del maggiore e del cenno che gli rivolse per farlo continuare.

-Sì, giusto.- disse, sempre con il tono di voce un po’ troppo alto, prima di schiarirsi la gola e tornare con gli occhi sul libro tra le sue mani. -Ecco, qui. Ti ricordi la storia delle tre scimmiette, Dean?- domandò e quando quello annuì con incertezza, lui continuò: -Le tre scimmie sagge si tappavano occhi, bocca e orecchie per, rispettivamente, non vedere, parlare e sentire il male ed erano, per questo motivo, le guardie simboliche del mausoleo dello Shogun Tokugawa Ieyasu. Non ne sono certo, ma credo che sia in qualche modo collegato all’incantesimo della strega.- [1]

Meraviglioso, pensò Dean sbuffando. Afferrò un pezzo di carta e una matita e ci scarabocchiò sopra “Come lo annulliamo?” prima di appallottolarlo e lanciarlo in testa al fratello, di nuovo intento a borbottare con il naso tra i libri.

-Dean!- lo richiamò offeso quello e la testa di Castiel scattò dall’uno all’altro con espressione contrita e confusa. E a Dean venne solo molta più voglia di picchiare suo fratello perché, a ben vedere, era a causa sua e della sua stupida voce oltraggiata se Castiel sentiva la solitudine aumentare e abbracciarlo.

-La smetti di colpirmi?- sbottò Sam, raccogliendo l’arma del delitto e leggendola. -Può farlo solo la strega.- gli rispose poi scrollando le spalle. -Dean, cosa facciamo se non riusciamo a trovarla?- continuò dopo un attimo di tentennamento, lanciando uno sguardo all’angelo. Dean lo imitò e scosse la testa.

Non sapeva cosa fare, ma di una cosa era certo: non lo avrebbe abbandonato mai, anche se questo avrebbe significato che lui avrebbe dovuto prendersi cura di un angelo cieco.

Quando riportò gli occhi sul fratello, quello stava sorridendo, probabilmente conscio dei suoi pensieri, e lui incassò la testa nelle spalle cercando di mascherare l’imbarazzo – difficile, ma non impossibile. Si schiarì la gola  e scrisse ancora: “La prossima mossa?”.

-Dobbiamo trovare la strega.- gli rispose prontamente il minore -Ma non ho idea di come fare. Non credo che un semplice incantesimo d’appello funzioni con lei, è troppo forte.-

-Potrei trovarla io.- li sorprese Castiel, raddrizzando le spalle con orgoglio. Durò giusto un attimo, poi sbatté le palpebre sugli occhi ciechi e s’incurvò nuovamente sotto lo sconforto. -Ma non sono certo di poterla catturare. Non così.-

Senza pensarci, Dean allungò una mano e gliela poggiò tra i capelli, lasciandoci una carezza discreta. Ricevette un sospiro piccolo e grato che gli scaldò il cuore e gli fece arricciare le labbra in un sorriso intenerito. Sparì però un istante dopo, lasciando il passo a un broncio burbero, quando incontrò gli occhi divertiti di suo fratello.

E poi, di nuovo, la voce di Castiel li richiamò all’assurda situazione in cui vertevano.

-Balthazar.- affermò -Lui potrebbe aiutarci.-

-Cosa?- urlò Sam, strizzando gli occhi e fissandogli le labbra, forse nel vano tentativo di leggere il labiale. Dean roteò gli occhi e glielo scrisse sull’ennesimo pezzo di carta che poi appallottolò e gli tirò addosso.

Sam gli scoccò un’occhiataccia, ma dispiegò il foglietto e lesse, annuendo poi in accordo.

-Se glielo chiedi tu, suppongo di sì.- ponderò, guardandosi attorno in cerca degli ingredienti per l’incantesimo di appello. Castiel sembrò rendersene conto nonostante la cecità – evidentemente li conosceva molto meglio di quanto loro due sospettassero se riusciva ad anticiparli così facilmente – e chiuse gli occhi, mormorando tra sé una breve litania in enochiano – o almeno così sembrò a Dean.

Un attimo e un battito di ali dopo, Balthazar comparve nel bel mezzo della stanza con un flute di champagne in una mano e una fragola succosa nell’altra.

-Ragazzi, cosa posso fare per voi?- domandò, addentando il frutto e scivolando con lo sguardo su loro tre. Aggrottò le sopracciglia, soppesando il fratello con attenzione, mentre masticava lentamente il boccone dolce. -Cassey, chi ti ha fatto questo? E che diavolo sta facendo il piccolo gigante con gli occhioni da cucciolo bisognoso d’affetto?- aggiunse poi con un misto di preoccupazione e apprensione, quando notò l’espressione concentrata di Sam, che continuava a fissargli insistentemente la bocca.

-Come?- chiese quest’ultimo a voce alta -Non ti sento. Una... una strega ci ha fatto una fattura.- aggiunse poi, rispondendo senza neanche saperlo alla domanda dell’altro -È per questo che ti abbiamo chiamato. Forse possiamo annullarla, ma abbiamo bisogno del tuo aiuto per trovarla.-

Dean lasciò suo fratello e Balthazar a cercare un modo di comprendersi per pianificare un piano d’attacco e si voltò verso Castiel, ancora fermo accanto a lui, ancora teso e ingobbito dallo sconforto.

Non gli piaceva vederlo così e, al diavolo, quando avrebbero recuperato i sensi perduti, avrebbe fatto di tutto per ficcare in quella fottutissima testa piumata che non era solo. Era lì con lui e ci sarebbe rimasto per un bel po’, perché dopotutto Castiel era solo un moccioso troppo cresciuto – o per meglio dire, un essere millenario con uno scoppio ritardato di sviluppo mentale – e doveva essere tenuto d’occhio costantemente se non voleva vederlo trasformarsi nella sua versione emo e depressa.

Gli rivolse uno sguardo concentrato e pensò che gli piaceva molto di più il solito Castiel, silenzioso e fedele, anche se molto spesso fuori luogo, quindi, a ben vedere, avrebbe dovuto proteggerlo per sempre. Ma, ‘fanculo, ne valeva la pena per lui, no?

Con un respiro profondo lasciò che la sua mano scivolasse in quella che l’altro teneva abbandonata sul grembo e strinse le dita tra le sue, fino a quando non ricambiarono con la stessa intensità.

Era strano, ma era il loro unico modo di comunicare, quindi chiuse gli occhi e si prese cura del suo angelo.

 

   
 
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