Serie TV > Dead like me
Segui la storia  |       
Autore: cdm    01/08/2011    2 recensioni
[Dead like me]
Raccolta di one shot: Betty, Daisy, George, Mason, Roxy, Rube. Partecipa alle challenge: The one hunderd prompt e Syllables of time
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Autore: cdm

Titolo Fanfic: Questa è la storia di uno di noi

Titolo Capitolo: Sonetto 18

Personaggio: George

Prompt: 56.Passato

Frase: E improvvisamente sono diventata una parte del tuo passato, la parte che non dura.

Citazione: Sonetto n°18 Di William Shakespeare

Rating: Arancione per contenuto di parolacce ed argomenti poco leggeri.

Note: Post film, molto post sarebbe 75 anni dopo.

E' una What if in cui calcolo che tutti i vecchi compagni di George non ci sono più.

Sono i clichè a farvi guarire è una frase di Clancy Lass nel telefilm stesso.


The One Hundred Prompt Project


Sonetto 18

Sono i clichè a farvi guarire



Seduta sulla sedia li osservo dal primo all'ultimo, alcuni sono appena stati catapultati in questa esistenza chiamata non morte ed altri sono veterani, come me, che stanno attendendo l'ultimo post it.

Jane come al solito si abbuffa ed appena finisce rischia di infilarsi in automatico la forchetta in tasca. Jane è l'ultima arrivata, morta quattro settimane fa per una sua rapina in banca, soffre di cleptomania ed è stata l'ultimo post-it di Mason; il mio caro Mason ora è salito di livello, speriamo che ci siano Roxy e Rube a controllarlo se combina guai.

Affianco all'ultima arrivata c'è Kim, un signore anziano di bell'aspetto che è un appassionato di musica e filosofia; di solito alla vittima fa sempre una citazione, spaziando tra canzoni e libri, prima di toccarla e dopo quando l'accompagna alla luce. Lui come al solito sta bevendo il caffè amaro ristretto, come lo fanno in Italia, a quanto dice.

Dall'altra parte del tavolo ci sono Lauren e Margaret due sorelle di origine francese che sono morte nello Tsunami dell'Indonesia, sì quello fatto da quello stronzo di Cameron. Sono state mandate in questo gruppo da un due annetti ormai, è terribile tengo ancora il conto degli anni, e non mi ci trovo affatto male.

Ed io? Chi sono io? Be sono sulla sedia a capo tavola col mio caffè all'americana e un waffle pronto per essere fatto a pezzi. Io sono George, assistente della morte da ormai ottantatré anni, io come tutti loro sto aspettando il mio ultimo post-it.


-Bene è giunto il momento di darvi i compiti di oggi.

-Mica siamo dei bambini?

-S...

-No, Kim scusami, ma adesso non è il caso di una citazione. Eccoti il tuo post it. Questo è il tuo Lauren e questo è il tuo Margaret, invece tu ed io Jane andiamo insieme, vorrei evitare che succedesse di nuovo il casino dell'ultima volta.

-Ho capito che non si può evitare di farlo saltare, perchè ci sono degli effetti devastanti...dai non ho voglia di altri insegnamenti George.


L'ultimo casino di Jane diciamo che è lo stesso che feci io agli inizi, con la valanga di morti per la fascia dell'addome, e che commise Roxy con Arnold: saltare un appuntamento.

Nello specifico Jane aveva accuratamente evitato al ragazzo che le piaceva in vita, di evitare il luogo dove sarebbe morto a causa di una tegola, in cambio il giorno dopo lo stesso tipo avrebbe ucciso quattro persone e tenuto ostaggio la scuola che frequentava. Alla fine comunque è morto il ragazzo e se ne è andato verso la luce, dopo aver fatto la ramanzina alla cleptomane e aver dovuto dare delle spiegazioni a quei mocciosi, insopportabili.

Ritorniamo a noi, mentre vengo sgridata da Kim per averlo castrato, metaforicamente parlando, sulla sua sapienza ne subisco ancora lamentele da Jane.


-Suvvia Jane, sei ancora in apprendistato.

-Noi andiamo, vieni anche tu Kim? È vicino a dove stiamo andando noi?

-Sì, giusto.

-A dopo.

-Grazie mille Lauren e Margaret. A dopo.


Sono la mia salvezza, tendo dopo un po' a spazientirmi nell'accoppiata Kim e Jane, sembra che siano stati mandati da me con lo stesso scopo delle zanzare per gli uomini: esercitare più pazienza possibile.


-Dai finisco di mangiare il waffle ed andiamo, ci vuole un po' di strada da qui all'appuntamento.

-Uff...


Sorrido al broncio di Jane e finalmente mi gusto il mega waffle della House, sapete dopo che la Waffle's House era stata fatta esplodere nell'incendio, non pensavo più di ritornare nella stesso luogo, abbiamo cambiato sedi un bel po' di volte con gli altri, ma con questo nuovo locale, che offre un po' di tutto a buoni prezzi, io e Mason ci è parso di nuovo sentire l'odore e la sensazione che la Waffle's House ci dava, e non solo per il nome similare, ma per l'ambiente stesso: caldo ed accogliente, la gente gentile che ti conosce dopo la terza volta che ti rivede, una casa per noi che non dovremmo essere qui.

Il waffle finisce in fretta, come sempre essere assistenti della morte non ti priva di quegli appetiti di cui soffrono gli uomini in vita, ed ora ci tocca andare a vedere la prossima vittima di Jane.


-Andiamo.

-Yuppi!

-Jane tira subito fuori le posate dalla tasca.

-Cos...ops

-Dai, andiamo.


Pago il conto e lascio la mancia, intanto non ho più questo eccessivo bisogno di soldi, dopo la Happy Time, ho lavorato per un giornale, come free lancer, e ora vado nelle varie case, la mia mania di curiosare nelle case altrui non è rimasta invariata, a pulire o assistere qualche anziano, cose in nero che non rubano eccessivamente tempo e mi danno il giusto necessario per badare a me ed ai miei colleghi.

Jane cammina, come al solito, con la schiena un po' ricurva, è una bella ragazza che tende ad essere timidissima, e la testa abbassata e quasi da rituale io le do una piccola sberla sulla parte della colonna non posizionata nel posto giusto.

Usciamo e la faccio salire sulla mia macchina definita dagli estimatori d'epoca per i suoi quarantanni di vita, ed io mi metto a guidare.

Guidare con Jane affianco è una tortura dato che lei desiderava tanto avere la patente, ma ora da non morta non po' più prenderla. Sì ha sedici anni, più piccola di quando ero morta io, ma rompi scatole quanto una sedicenne viva, nello stile della mia defunta sorellina. Sì, ormai delle persone che conoscevo in vita non è rimasto più nessuno, ma almeno non sono morti per eventi esterni.

Appena arriviamo freno di scatto, così che con il colpo che riceve Jane, almeno per due minuti, si azzittisca e scenda.

L'incarico è come al solito un lavoro alla TTT, codice inventato da Kim per definire le nostre fasi di lavoro: trovare il nominativo del biglietto, toccare il soggetto nominato, trasportarlo fino alla luce, non chiedetemi cosa c'è oltre alla luce che nessuno me l'ha ancora spiegato. Forse dovrei utilizzare uno di quei poeti italiani che cita sempre Kim per convincere al morto di attraversare la luce, per dare un senso o una profondità alla luminescenza dell'al di là.

Va be, il mio compito è solo controllare che la mia cara cleptomane faccia il suo dovere e non rubacchi in giro come al solito, in questi casi sembra quasi una fusione tra me e Mason, sicuramente è una cosa terribile credo che Rube si sarebbe trapanato la testa, e non per uno sballo permanente, ma sicuramente per non dover badare a alla nostra fusione.

Vederla andare in giro a strappare informazioni dal destino è divertente perchè lei tende alla schiettezza, eccessiva schiettezza per essere precisi, e domanda direttamente alla gente come si chiama. Mi rendo conto perfettamente che la cosa più imbarazzante e difficile di questo lavoro, non è tanto il toccare qualcuno per vederlo morire, è cercarlo tra la gente, perchè te la rende unica come persona e sinceramente non ti viene più voglia nemmeno immaginare come i graveling possano condurre il soggetto alla morte.

Be immagino dalla faccia del simpatico signore col gelato in mano, che Jane ha trovato a chi fare un favore nel tirarlo fuori prima di morire.

Ed eccoli là i grigi ed antipatici signori che fanno accadere l'inevitabile.

-Jane, vieni qua.

Le suggerisco di venire vicino a me, affetto da sorella maggiore che ora non posso più sfogare?Può essere.

Reggie, ormai non c'è più, morta nel sonno circandata dai suoi cari.

Mi ricordo ancora che fu Michael a contattarmi e dirmi che mia sorella sarebbe passata a miglior vita, nella speranza che non sarebbe rimasta affianco a me ad assistere morti su morti come le due sorelle francesi del mio gruppo.

Oddio nella mia mente è proprio impressa l'immagine dell'entrata in scena sua, sgargiante e pieno di se, ma che quel giorno non entrò bruscamente nei nostri discorsi a pavoneggiarsi per le avventure eroiche che aveva compiuto per arrivare al suo post-it, invece attese che finissimo di parlare, in piedi in silenzio.

Non l'avevo mai visto così, quindi decisi di sbrigarmi in fretta la consegna dei talloncini gialli, e suggerii di andare a fare il loro dovere.

Quando tutti i nostri simili uscirono dal locale, lui si sedette e iniziò a parlare.


-Mia cara, come stiamo oggi?

-Bene Michael e tu?

-Accompagnami al lavoro che ho oggi.

-Perchè mai?

-Non hai tu appuntamenti per oggi, altrimenti il post it sarebbe sull'agenda.

-Vero, ma posso avere altro da fare oggi, dammi un buon motivo per venire con te.

-Perchè sono figo.

-Dipende dai punti di vista.

-Non essere così crudele, George.

-Ti do la possibilità di ritentare poi, vado a pagare e me ne vado.

-George, ho il biglietto di tua sorella per sta sera.


Quando me lo disse non ebbi fiato, eppure avrei voluto insultarlo per non avermelo detto prima e aver cazzeggiato liberamente con sciocchezze, ringraziarlo che voleva farmela salutare un ultima volta, pregarlo che lei non sia l'ultimo suo post it. Ero terrorizzata da quel pensiero.

Solo dopo una probabile apnea di un minuto, almeno credo so che dopo quel minuto di vuoto mutismo dovetti respirare con forza per avere aria in corpo.


-Andiamo allora.

-Dopo di te, mia cara.


Da lì in poi mi ricordo solo di essere salita sulla sua vettura e ebbi come compagnia vocale solo i cd country di Michael, li conoscevo a memoria, dopo anni di frequentazione imparai i suoi gusti e le sue canzoni, e questo in retrospettiva mi ha decisamente calmato e preparato ad dire addio all'unica persona che conoscesse realmente chi era George Lass.


Arrivammo nella villetta dove viveva la nonna Reggie, nonna a causa dei bambini troppo piccoli che giocano nel giardino ed adulti che fanno cambio di turno nel controllare la prole. Michael parcheggiò di fronte al vialetto che conduceva all'ingresso della casa attirando l'attenzione dell'adulto di turno. Scesi dall'auto, avevo la voglia irrefrenabile di correre da mia sorella ed abbracciarla e dirle che sarebbe andato tutto bene, fu Michael a trattenermi, col il suono della voce.


-Milly andiamo a parlare con la signora Lass?


Milly, il nome di questo corpo, il nome d'arte per l'attore che deve recitare un tranquillo cittadino.


-Certo, Efram


Ci avvicinammo, e osservai i miei bis nipoti così piccoli e così pestiferi, hanno proprio ereditato i geni dei Lass, ed i miei nipoti, i figli di mia sorella, che si erano riuniti quasi a fare muraglia sulla porta per non farci passare, almeno era quello il mio pensiero momentaneo.


-Buongiorno, signori è in casa la signora Reggie Lass?

-Buongiorno sì è in casa a prendere il the e chi la starebbe cercando.

-Io sono Efram e lei è Milly siamo i figli di una vecchia amica della signora Lass, e dato che non si poteva muovere ci ha chiesto di parlare con la signora.

-Entrate pure.


In tutto quello scambio di parole io osservai come i geni dei Lass avessero saltato una generazione, i figli assomigliavano a tutt'altra famiglia, non riuscii a riconoscere in loro nulla di Reggie, di nostra madre e di nostro padre. Si non spiaccicai parola e quando entrammo nel salottino dove mia sorella stava bevendo, feci fatica a riconoscerla.


Quanto il tempo passa e trasforma i viventi, noi non morti non subiamo questa decadenza, eppure per quanto ormai i capelli dorati non ci fossero più e le rughe si erano moltiplicate, i suoi occhi appena mi videro ebbero quello scintillio della Reggie che mi aveva appena scoperto essere un'assistente della morte.


-Mamma questi sono...

-Lo so tranquilla, so chi sono. Sedetevi pure e figliola puoi preparare dell'altro the, ormai questo è finito e vorrei offrirlo a loro.

-Aspetti signora le do una mano in cucina.

-Ma non c'è prob...

-Insisto, mi dispiace che vi scomodiate solo voi.


Michael per quella giornata mi vizziò, mi lasciò solo con la mia adorata sorella che fra un po' sarebbe morta. Avrei voluto parlarle subito domandarle se stava bene o cose del genere, ma non mi uscivano, un'altra volta, le parole di bocca. Il silenzio calò per un minuto abbondante e poi fu mia sorella a parlare.


-Quanto ancora stari qua?

-Qui in questa casa, non posso starci molto.

-No, quanto ancora farai l'assistente?

-Non lo so, il mio ultimo compito lo scoprirò solo quando accadrà.

-Ed oggi ti tocca guardare la mia di dipartita.

-Mi dispiace.

-Oh no, è solo che...Ora tocca a me. E tu rimarrai sola.

-Non ti preoccupare, ho tanti colleghi e un giorno anche io verrò. E tu hai una bellissima famiglia.

-Sì, è stato bellissimo vivere la vita, sai come si chiama mia figlia, quella che ti sta preparando il the?

-No.

-George, l'ho chiamata come te, ma per fortuna non abbiamo mai avuto il rapporto che avevate tu e la mamma.

-Almeno quello.


Ridacchiai, in quel momento la tensione era calata ed io avevo per un attimo immaginato le litigate tra me e mia mamma dal punto di vista della mia piccola sorella.


-Sarai tu a prelevarmi?

-No


Le risposi di getto e come di getto lei mi aveva ricordato che cosa ero io, ed in quel momento mi aveva ferita, ma non potevo farglielo capire.


-Sarà Efram a farlo.

-Sentirò dolore?

-No, lo facciamo proprio perchè non proviate dolore.

-Allora grazie.

-E' il nostro dovere.

-E' ironico, non credi?

-Cosa c'è più ironico della vita?

-Il fatto che improvvisamente sono diventata una parte del tuo passato, la parte che non dura. E sarai tu a portarmi fiori sulla tomba e a rimpiangermi.


Il destino è sempre stato ironico, e in quel caso l'ironia che aveva colto mia sorella era veramente crudele, ma vera. Non so' perchè lo feci, ma mi venne in mente uno dei sonetti di Shakespeare che papà decantava tanto nelle aule universitarie, quelle stesse aule in cui riuscì dopo due mesi dalla mia morte a superare il dolore della mia perdita.


-Quando penso che ogni cosa che nasce
resta perfetta solo per brevi istanti,
che questa immensa scena ci offre sol fantasmi
su cui le stelle tramano con arcano influsso;
quando vedo gli uomini, al pari delle piante,
illuminati e minacciati dallo stesso cielo
vantarsi in gioventù, all'apice decrescere,
e cancellarsi da memoria l'orgogliosa primavera:
allora il pensiero di questa precaria vita
ti presenta agli occhi miei, ricco di giovinezza,
mentre il Tempo distruttore cospira con l
a Morte
per cambiare il tuo fresco giorno in fetida notte:

ed in piena guerra col Tempo, per amor tuo,

come esso ti strappa, io ti ripianto ancora.

Grazie Reggie, di tutto sono una sorella orgogliosa.

Quel sonetto decretò la fine della cortesia ed un milione di lacrime da parte della mia sorellina, che per tutta la vita mi aveva ripiantato nei suoi gesti, nel chiamare sua figlia come me ed io che avrei visitato d'ora in poi la sua tomba e a avrei vissuto il dolore di un'ennesima perdita e che mi potevo solo piantarla nei miei ricordi.

Arrivarono subito dopo Michael ed i loro figli tutti preoccupati per cosa stava succedendo, non riuscimmo a smettere, era troppo liberatorio, ci impegammo molto tempo, non chiedetemi quanto, avevo smesso di controllare l'ora da quando mi era stata data la notizia della morte della mia piccola sorellina, colei che aveva vissuto una vita incredibile, aveva avuto dei figli e dei nipoti, colei che era riuscita a vivere al meglio delle possibilità.

Appenna finimmo di piangere lei mi chiese subito da dove avevo tratto il sonetto.


-E' un sonetto di Shakespeare, leggiteli sono molto belli.

-E' ora di andare Milly.


Quella frase fu l'affermazione che la sua ora stava per scoccare. Annuii e salutai i parenti miei, che non sapevano di esserlo, e poi non dissi più nulla a mia sorella, ormai le parole che ci dovevamo dire erano state dette. Non spostai lo sguardo quando Michael le strinse la mano e segnò che il suo compito era stato eseguito alla perfezione.

Uscii di casa con calma, ora ero pronta a vivere senza mia sorella, e ci introducemmo in auto e il saccente Michael mi chiese, fingendo ovviamente di aspettarlo che aveva dimenticato qualcosa in casa. Avrebbe condotto mia sorella dall'altra parte, quella parte che non era a me concessa.



-George! Ehi George.

-Dimmi Jane.

-Andiamo, ho voglia di andare da qualche parte.

-Sì, ma prima restituiscimi ciò che mi hai preso dalla tasca.

-Io non ho preso nulla...adesso te lo dimostr...


Sorrido e gli accarezzo il capo dopo che mi sono ripresa le chiavi dell'auto.


-Dove vuoi andare?

-Qual'è il luogo più indicato per noi?

-Il cimitero, ma non credo che tu abbia voglia di andarci.

-Infatti è lugubre!

-Be allora se vuoi andiamo al cinema.

-Ci sto! Offri tu ovviamente!

-Mi sorprenderei del contrario.


Saliamo in macchina ed accendo l'auto, premo l'acceleratore ed andiamo, fin quando la morte non ci dirà basta.


-Cosa andiamo a vedere?

-Un vecchissimo film del 1998.

-E di che parla?

-Dato che ti piace Shakespeare, c'è all' Old Cinema Shakespeare in love.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Dead like me / Vai alla pagina dell'autore: cdm