Titolo:
Perché tu incontrassi me
Titolo del Capitolo: I dubbi mentali di Thalia Grace
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Thalia Grace,
Sorpresa.
Genere: Introspettivo
Rating: Verde
Avvertimenti: One-shot.
Conteggio Parole: 1550
Note: 1. Pur troppo non è betata
2.
Non è un missing moment è un
puro atto di inventiva. Odio la politica cacciatrice, se capite.
3.
Ok, se doveste recensire per un
miracolo divino, vorrei che mi diceste cosa avete capito tra le righe,
per
vedere se da qualche parte sono arrivata.
4.
Io sono una Thalike, ma desidero
questa coppia, visto la fine di Luke.
5.
I sopranomi sono abbastanza
ovvi. Quello sul Vulcaniano Spok è una gag continua del
personaggio. Se non
sapete chi è … Vergognatevi.
6.Il
personaggio che ho scelto è un
ragazzo tormentato da se stesso, che preferisce camuffare il tutto con
le
risate (Ergo è difficile gestirlo)
Buona lettura.
Perché
tu incontrassi me
“Sai
cosa penso” si
era seduto accanto a lei, enunciando quella frase.
Thalia
che era seduta
per conto suo sotto il pino pensierosa, quando lui si era accomodato
accanto a
lei.
Disturbandola.
“No”
rispose secca
lei, che non aveva affatto voglia di parlare con lui.
Thalia
Grace era una
cacciatrice e per questo non amava parlare con i ragazzi.
In
verità non le
dispiaceva avere a che fare con i ragazzi, lei non era come
tutte le
altre.
Però
conosceva le
regole, nessun uomo doveva entrare nel suo cuore.
Non
che la cosa la
preoccupasse, dopo l’ultima volta era una cosa che lei non
avrebbe più
permesso.
Non
solo per il voto.
E
tutti i ragazzi che
aveva conosciuto, avevano capito che lei era inaccessibile.
Ma
lui no. Lui era
convinto che lei fosse nel suo destino.
E
Thalia non lo
tollerava per questo.
“Be,
pensavo che …”
stava cominciando lui, “Cosa ti fa pensare che mi interessi, fiammiferaio”
rispose schiva lei.
Non
gli interessava
quello che pensava.
Non
gli interessava
nulla di lui.
Il ragazzo ridacchiò e gli tirò una leggera gomitata, “Secondo me in fondo, in fondo, ti interessa cos’ha da dire questo Vulcaniano qua” esclamò lui malizioso, dandosi qualche secondo dopo dello stupido per essersi
chiamato
Vulcaniano
dopo aver passato tutta la vita a dire che non era Spok.
Patetico,
parlava di lui anche in terza
persona.
“No.”
ribadì Thalia, non
gli interessava.
Pensò
di andare via, ma
non lo fece.
Il
ragazzo cercò di
ignorare l’acidità di Thalia, perché lui lo sapeva
che lei non era poi così
fredda.
“Ho
imparato che la
vita di un semidio non è mai un caso” aveva cominciato
lui, con gli occhi scuri
improvvisamente seri.
Thalia
lo guardò, non
l’aveva mai visto così serio.
Non
gli dispiaceva
vederlo serio.
Ma che pensava?
“Secondo
me, se sei
diventata un albero per sette anni …” aveva ripreso e
sembrava seriamente intenzionato
a fare un discorso serio e Thalia, aveva abbandonato ogni buon senso e
lo stava
ascoltando.
“ … E ci scommetto che eri anche una bellissima piantina” si era perso lui, riprendendo a dire quelle sue frasi stupide, tipo quando diceva che le mucche facevano Muu o di non chiamarsi Spok e poi chi mai era
Spok?
“Pensavi
se fossi o
meno una bella pianta?” chiese Thalia, scettica ed irritata.
Ora
lo ammazzava,
chi se ne importava se
probabilmente il destino del mondo posava anche su quelle spalle tanto
idiote.
“No,
cioè si. Lo
pensavo, ma non volevo dirti questo” aveva detto lui, di fretta
ed in
difficoltà.
Thalia
non aveva
parlato.
“Bene
…” disse di
nuovo il ragazzo, battendo le mani sul jeans e cominciando a guardare
con un
certo interesse la sua cintura per non guardare la figlia di Zeus.
“Dicevo,
se sei stata
un pino per anni c’era una ragione, come che tu sia divenuta una
cacciatrice”
aveva detto lui.
O
be questo Thalia lo
sapeva. C’era un ragione.
Semplice
accanimento
contro di lei.
Infondo
era lei che
era cresciuta senza un padre. Con il ricordo di un fratello pensato
morto. Una
madre alcolista.
Poi
era sempre lei
che era scappata di casa. Si era innamorata. Era diventata un albero.
Il
ragazzo che amava l’aveva cercata di uccidere.
Era
tornata in vita
solo per sentire sulle sue spalle il peso gravoso del mondo.
Si
c’era una ragione
a tutto. Sfiga nera.
L’unica
cosa positiva
era l’esser diventata una Cacciatrice.
“E
quale sarebbe per
te, piccolo elfo di babbo natale
altamente infiammabile?” chiese Thalia, giusto per sapere,
cosa dicevano
quegli ingranaggi difettati da meccanico, che ruotavano nella testa di
lui.
Che
l’avevano tanto
reso famoso al campo.
“Che tutto è stato predisposto, perché tu incontrassi me ...” aveva esclamato lui d’un fiato, la figlia di Zeus aggrottò le sopraciglia. “In modo che tra di noi non ci fosse troppa differenza d’età” aveva aggiunto lui, che
sembrava
trovare la cosa davvero elementare.
“Quindi, secondo te, aver perso un fratello e tutte le altre sfortune che mi sono capitate nella vita, sono state causate perché io, Thalia Grace, luogotenente di Artemide, incontrassi te?” chiese lei, con una
certa
rabbia.
Era
un idiota, un
idiota!
Come
poteva pensare
una cosa del genere?
Il
ragazzo annui con
convinzione.
“Ho
sofferto le pene
del Tartaro e ti assicuro che non l’ho fatto per incontrare te”
ringhiò
la semidea, piena di rabbia, sentiva i capelli neri drizzarsi, l’elettricità
scorreva nel suo corpo assieme all’aria e il sangue.
“Anche
io ho sofferto”
si difese il ragazzo, liberandosi di quel malizioso sorriso, per
guardarla
seriamente, ancora.
La
ragazza Punk si
sentì un po’ a disaggio.
“Ma
sono realmente
convinto che se hai dovuto attendere tanto è perché
… be … aspettavi me”
lo disse ancora.
Non
c’era malizia,
non c’era doppio senso. C’era solo sincerità.
Lui
aveva lo sguardo
di un ragazzo innamorato,
seriamente.
E
Thalia nella sua
vita aveva già visto un ragazzo guardarla così.
E
non avrebbe fatto
il bis.
Gli
tirò un buffetto,
passandoli la scossa.
“Be,
sei una che non
avrà mai bisogno di un Taser” ridacchio lui, tornando
quello di sempre.
Thalia
sorrise
appena, poi si morse il labbro.
“Tu
hai la capacità
di controllare il fuoco, vero?” chiese lei.
“O
si, sono un
favoloso figlio di Efesto latino pirotecnico” disse lui con orgoglio, “Pirocinetico”
lo corresse Thalia.
“Be, si quello” aveva detto lui con un leggero imbarazzo, Thalia sorrise, poi tornò seria. “Bene visto che hai questo dono-maledizione, perché non ti dai fuoco?” gli chiese, alzandosi ed andandosene via.
“Posso provare se proprio vuoi,
ma sono
immune alle fiamme” esclamò lui, alzandosi ed inseguendo
la cacciatrice.
Thalia non vedeva l’ora di lasciare di nuovo il campo, di tornarsene nei boschi a vivere nelle tende e a sentire le congetture assurde di Phoebe. Amava i suoi amici, ma non vedeva l’ora di lasciargli e tutto
perché
quel ragazzo idiota, le dava il
tormento.
“Mi
hanno detto che
sei scappata di casa …” gli aveva urlato lui,
raggiungendola, Thalia non aveva
risposto, “L’ho fatto anche io, ben sei volte” aveva
esclamato lui.
Voleva
dimostrare a
Thalia, che loro erano simili.
Che
avevano sofferto
allo stesso modo ed era vero che era destino.
“So
che tua madre è
morta. Lo è anche la mia” urlò il ragazzo, Thalia
si voltò verso di lui,
leggendo negli occhi di Leo una tristezza che lei non poteva capire.
“Ma la tua non era un’alcolista bugiarda che ha fatto scappare tuo padre ed ha preferito farti vivere con l’idea che fosse colpa sua se tuo fratello non c’era più” aveva urlato Thalia al ragazzo, non voleva
farlo,
non voleva perdere il controllo.
Ma
la sola presenza
di lui la stressava tanto
da
portarla ad un punto di rottura.
E
poi con quasi suoi
discorsi.
Aveva
anche citato
sua madre.
Gli
veniva quasi da
piangere. Dannati ragazzi come potevano farla piangere ancora?
“No, mia madre era una dolcissima donna, che mi amava e mi ha insegnato il codice Mors” rispose lui, con gli occhi neri che si inumidivano, “Ma io ho perso il controllo e …” aggiunse, non finì la frase, ma
non
ce
n’era alcun bisogno.
Thalia
avrebbe dovuto
mormorare qualche frase di conforto.
Chiedere
scusa.
Ma
era stato lui a
cominciare quel discorso.
“Ma
questo non fa
altro che convincermi che tu stavi aspettando me”
esclamò lui.
Thalia
sbuffò. Non
cambiava mai.
“Cercherò
di esser gentile”
cominciò la figlia del signor del cielo.
“Io
sono una Cacciatrice.
Non sono ma stata interessata a te, non
lo sono adesso e non lo sarò mai” esclamò
Thalia.
“Mai
dire mai.
Tu mi stavi aspettando” esclamò il ragazzo, con
più sicurezza.
Perché
lui ne era
certo.
Thalia
era il suo
destino.
“No,
non ti stavo
aspettando” rispose la ragazza Punk.
Lei
non lo stava
aspettando. Lei non lo stava aspettando. Lei non lo stava
aspettando?
Niente
dubbi Thalia,
lei non lo stava aspettando.
Ma
il ragazzo sorrise
ancora in modo malizioso, più Thalia ribadiva quella cosa, più
lui si
convinceva del contrario.
Thalia
aveva ribadito
a lui quella cosa più volte.
Ma
alla fine non
aveva neanche più voglia lei.
Non
sapeva come
spiegarglielo.
Poi
senza quasi che
lo volesse, la frase era scappata alle sue labbra.
“Se
sto aspettando
qualcuno, di certo quello non sei tu” aveva detto.
E
nella testa di
Thalia un volto ben specifico c’era stato quando
l’aveva detto.
Il
volto del ragazzo
si era rabbuiato, ma non aveva detto niente.
La
cacciatrice era
andava via a passo svelto e questa volta il figlio di Efesto non
l’aveva
seguita.
Cercava
di scacciare
dalla testa il volto sfregiato e meraviglioso di Luke
Castellan, che con
prepotenza ritornava a torturarla.
Ma
mentre camminava
si era accorta di una cosa.
Era
stato un processo
automatico.
Involontario.
Riflessivo.
Ma
non si era
ritrovata più a scacciare solo il volto di Luke, ma anche
quello triste di
lui.
Perché
ci stava
pensando?
Perché?
Infondo
quello non
era solo un irritante ragazzino che gli prestava troppa attenzione?
Doveva
smetterla. Insisteva
a pensarci.
Il
punto era che non
riusciva a toglierselo dalla testa.
Doveva
andare via
quando al sua testa lo aveva detto.
Perché
Ade non l’aveva
fatto?
O
per le mutande a
pois di suo padre, non stava riaccadendo.
No,
non poteva.
Non
l’avrebbe
permesso.
Non
di nuovo.
Ringhiò:
“Dannatissimo
Leo Valdez”