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Autore: Ella_Sella_Lella    02/08/2011    4 recensioni
“Bene …” disse di nuovo il ragazzo, battendo le mani sul jeans e cominciando a guardare con un certo interesse la sua cintura per non guardare la figlia di Zeus.
“Dicevo, se sei stata un pino per anni c’era una ragione, come che tu sia divenuta una cacciatrice” aveva detto lui.
O be questo Thalia lo sapeva. C’era un ragione.
Semplice accanimento contro di lei.

Buona lettura
(Non siate crudeli)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pandora

Titolo:  Perché tu incontrassi me
Titolo del Capitolo: I dubbi mentali di Thalia Grace
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Thalia Grace,  Sorpresa.
Genere: Introspettivo
Rating: Verde
Avvertimenti: One-shot.
Conteggio Parole: 1550
Note: 1. Pur troppo non è betata

2. Non è un missing moment è un puro atto di inventiva. Odio la politica cacciatrice, se capite.

3. Ok, se doveste recensire per un miracolo divino, vorrei che mi diceste cosa avete capito tra le righe, per vedere se da qualche parte sono arrivata.

4. Io sono una Thalike, ma desidero questa coppia, visto la fine di Luke.

5. I sopranomi sono abbastanza ovvi. Quello sul Vulcaniano Spok è una gag continua del personaggio. Se non sapete chi è … Vergognatevi.

6.Il personaggio che ho scelto è un ragazzo tormentato da se stesso, che preferisce camuffare il tutto con le risate (Ergo è difficile gestirlo)

Buona lettura.

Perché tu incontrassi me

“Sai cosa penso” si era seduto accanto a lei, enunciando quella frase.

Thalia che era seduta per conto suo sotto il pino pensierosa, quando lui si era accomodato accanto a lei.

Disturbandola.

“No” rispose secca lei, che non aveva affatto voglia di parlare con lui.

Thalia Grace era una cacciatrice e per questo non amava parlare con i ragazzi.

In verità non le dispiaceva avere a che fare con i ragazzi, lei non era come tutte le altre.

Però conosceva le regole, nessun uomo doveva entrare nel suo cuore.

Non che la cosa la preoccupasse, dopo l’ultima volta era una cosa che lei non avrebbe più permesso.

Non solo per il voto.

E tutti i ragazzi che aveva conosciuto, avevano capito che lei era inaccessibile.

Ma lui no. Lui era convinto che lei fosse nel suo destino.

E Thalia non lo tollerava per questo.

“Be, pensavo che …” stava cominciando lui, “Cosa ti fa pensare che mi interessi, fiammiferaio” rispose schiva lei.

Non gli interessava quello che pensava.

Non gli interessava nulla di lui.

Il ragazzo ridacchiò e gli tirò una leggera gomitata, “Secondo me in fondo, in fondo, ti interessa cos’ha da dire questo Vulcaniano qua” esclamò lui malizioso, dandosi qualche secondo dopo dello stupido per essersi 

chiamato Vulcaniano dopo aver passato tutta la vita a dire che non era Spok.

Patetico, parlava di lui anche in terza persona.

“No.” ribadì Thalia, non gli interessava.

Pensò di andare via, ma non lo fece.

Il ragazzo cercò di ignorare l’acidità di Thalia, perché lui lo sapeva che lei non era poi così fredda.

“Ho imparato che la vita di un semidio non è mai un caso” aveva cominciato lui, con gli occhi scuri improvvisamente seri.

Thalia lo guardò, non l’aveva mai visto così serio.

Non gli dispiaceva vederlo serio. Ma che pensava?

“Secondo me, se sei diventata un albero per sette anni …” aveva ripreso e sembrava seriamente intenzionato a fare un discorso serio e Thalia, aveva abbandonato ogni buon senso e lo stava ascoltando.

“ … E ci scommetto che eri anche una bellissima piantina si era perso lui, riprendendo a dire quelle sue frasi stupide, tipo quando diceva che le mucche facevano Muu o di non chiamarsi Spok e poi chi mai era 

Spok?

“Pensavi se fossi o meno una bella pianta?” chiese Thalia, scettica ed irritata.

Ora lo ammazzava, chi se ne importava se probabilmente il destino del mondo posava anche su quelle spalle tanto idiote.

“No, cioè si. Lo pensavo, ma non volevo dirti questo” aveva detto lui, di fretta ed in difficoltà.

Thalia non aveva parlato.

“Bene …” disse di nuovo il ragazzo, battendo le mani sul jeans e cominciando a guardare con un certo interesse la sua cintura per non guardare la figlia di Zeus.

“Dicevo, se sei stata un pino per anni c’era una ragione, come che tu sia divenuta una cacciatrice” aveva detto lui.

O be questo Thalia lo sapeva. C’era un ragione.

Semplice accanimento contro di lei.

Infondo era lei che era cresciuta senza un padre. Con il ricordo di un fratello pensato morto. Una madre alcolista.

Poi era sempre lei che era scappata di casa. Si era innamorata. Era diventata un albero. Il ragazzo che amava l’aveva cercata di uccidere.

Era tornata in vita solo per sentire sulle sue spalle il peso gravoso del mondo.

Si c’era una ragione a tutto. Sfiga nera.

L’unica cosa positiva era l’esser diventata una Cacciatrice.

“E quale sarebbe per te,  piccolo elfo di babbo natale altamente infiammabile?” chiese Thalia, giusto per sapere, cosa dicevano quegli ingranaggi difettati da meccanico, che ruotavano nella testa di lui.

Che l’avevano tanto reso famoso al campo.

“Che tutto è stato predisposto, perché tu incontrassi me ...” aveva esclamato lui d’un fiato, la figlia di Zeus aggrottò le sopraciglia. “In modo che tra di noi non ci fosse troppa differenza d’età” aveva aggiunto lui, che 

sembrava trovare la cosa davvero elementare.

“Quindi, secondo te, aver perso un fratello e tutte le altre sfortune che mi sono capitate nella vita, sono state causate perché io, Thalia Grace, luogotenente di Artemide, incontrassi te?” chiese lei, con una 

certa rabbia.

Era un idiota, un idiota!

Come poteva pensare una cosa del genere?

Il ragazzo annui con convinzione.

“Ho sofferto le pene del Tartaro e ti assicuro che non l’ho fatto per incontrare te” ringhiò la semidea, piena di rabbia, sentiva i capelli neri drizzarsi, l’elettricità scorreva nel suo corpo assieme all’aria e il sangue.

“Anche io ho sofferto” si difese il ragazzo, liberandosi di quel malizioso sorriso, per guardarla seriamente, ancora.

La ragazza Punk si sentì un po’ a disaggio.

“Ma sono realmente convinto che se hai dovuto attendere tanto è perché … be … aspettavi me” lo disse ancora.

Non c’era malizia, non c’era doppio senso. C’era solo sincerità.

Lui aveva lo sguardo di un ragazzo innamorato, seriamente.

E Thalia nella sua vita aveva già visto un ragazzo guardarla così.

E non avrebbe fatto il bis.

Gli tirò un buffetto, passandoli la scossa.

“Be, sei una che non avrà mai bisogno di un Taser” ridacchio lui, tornando quello di sempre.

Thalia sorrise appena, poi si morse il labbro.

“Tu hai la capacità di controllare il fuoco, vero?” chiese lei.

“O si, sono un favoloso figlio di Efesto latino pirotecnico disse lui con orgoglio, “Pirocinetico” lo corresse Thalia.

“Be, si quello” aveva detto lui con un leggero imbarazzo, Thalia sorrise, poi tornò seria. “Bene visto che hai questo dono-maledizione, perché non ti dai fuoco?” gli chiese, alzandosi ed andandosene via. 


“Posso provare se proprio vuoi, ma sono immune alle fiamme” esclamò lui, alzandosi ed inseguendo la cacciatrice.

Thalia non vedeva l’ora di lasciare di nuovo il campo, di tornarsene nei boschi a vivere nelle tende e a sentire le congetture assurde di Phoebe. Amava i suoi amici, ma non vedeva l’ora di lasciargli e tutto 

perché quel ragazzo idiota, le dava il tormento.

“Mi hanno detto che sei scappata di casa …” gli aveva urlato lui, raggiungendola, Thalia non aveva risposto, “L’ho fatto anche io, ben sei volte” aveva esclamato lui.

Voleva dimostrare a Thalia, che loro erano simili.

Che avevano sofferto allo stesso modo ed era vero che era destino.

“So che tua madre è morta. Lo è anche la mia” urlò il ragazzo, Thalia si voltò verso di lui, leggendo negli occhi di Leo una tristezza che lei non poteva capire.

“Ma la tua non era un’alcolista bugiarda che ha fatto scappare tuo padre ed ha preferito farti vivere con l’idea che fosse colpa sua se tuo fratello non c’era più” aveva urlato Thalia al ragazzo, non voleva 

farlo, non voleva perdere il controllo.

Ma la sola presenza di lui la stressava tanto da portarla ad un punto di rottura.

E poi con quasi suoi discorsi.

Aveva anche citato sua madre.

Gli veniva quasi da piangere. Dannati ragazzi come potevano farla piangere ancora?

“No, mia madre era una dolcissima donna, che mi amava e mi ha insegnato il codice Mors” rispose lui, con gli occhi neri che si inumidivano, “Ma io ho perso il controllo e …” aggiunse, non finì la frase,  ma

non ce n’era alcun bisogno.

Thalia avrebbe dovuto mormorare qualche frase di conforto.

Chiedere scusa.

Ma era stato lui a cominciare quel discorso.

Ma questo non fa altro che convincermi che tu stavi aspettando me” esclamò lui.

Thalia sbuffò. Non cambiava mai.

“Cercherò di esser gentile” cominciò la figlia del signor del cielo.

“Io sono una Cacciatrice. Non sono ma stata  interessata a te, non lo sono adesso e non lo sarò mai” esclamò Thalia.

Mai dire mai. Tu mi stavi aspettando” esclamò il ragazzo, con più sicurezza.

Perché lui ne era certo.

Thalia era il suo destino.

“No, non ti stavo aspettando” rispose la ragazza Punk.

Lei non lo stava aspettando. Lei non lo stava aspettando. Lei non lo stava aspettando?

Niente dubbi Thalia, lei non lo stava aspettando.

Ma il ragazzo sorrise ancora in modo malizioso, più Thalia ribadiva quella cosa, più lui si convinceva del contrario.

Thalia aveva ribadito  a lui quella cosa più volte.

Ma alla fine non aveva neanche più voglia lei.

Non sapeva come spiegarglielo.

Poi senza quasi che lo volesse, la frase era scappata alle sue labbra.

“Se sto aspettando qualcuno, di certo quello non sei tu” aveva detto.

E nella testa di Thalia un volto ben specifico c’era stato quando l’aveva detto.

Il volto del ragazzo si era rabbuiato, ma non aveva detto niente.

La cacciatrice era andava via a passo svelto e questa volta il figlio di Efesto non l’aveva seguita.

Cercava di scacciare dalla testa il volto sfregiato e meraviglioso di Luke Castellan, che con prepotenza ritornava a torturarla.

Ma mentre camminava si era accorta di una cosa.

Era stato un processo automatico.

Involontario.

Riflessivo.

Ma non si era ritrovata più a scacciare solo il volto di Luke, ma anche quello triste di lui.

Perché ci stava pensando?

Perché?

Infondo quello non era solo un irritante ragazzino che gli prestava troppa attenzione?

Doveva smetterla. Insisteva a pensarci.

Il punto era che non riusciva a toglierselo dalla testa.

Doveva andare via quando al sua testa lo aveva detto.

Perché Ade non l’aveva fatto?

O per le mutande a pois di suo padre, non stava riaccadendo.

No, non poteva.

Non l’avrebbe permesso.

Non di nuovo.

Ringhiò: “Dannatissimo Leo Valdez



   
 
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