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Autore: Lils_    03/08/2011    4 recensioni
La prima volta in cui Jared Leto tentò di andare a far la spesa come un comune mortale- ovvero con indosso un paio di jeans e una t-shirt- non ne uscì indenne.
Ma DivaH era e DivaH restava e nulla l’avrebbe distolto dall’ottenere ciò che desiderava.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Le persone citate nel testo, a parte Sun, non sono di mia proprietà e le vicende narrate sono totalmente inventate. Qualsiasi riferimento a vicende realmente accadute è puramente casuale.
 
 
 
 
Sun.
 
 



La prima volta in cui Jared Leto tentò di andare a far la spesa come un comune mortale- ovvero con indosso un paio di jeans e una t-shirt- non ne uscì indenne.
Non fece neppure in tempo ad arrivare al banco della frutta che un’orda di ragazzine in preda agli ormoni l’aveva già assalito, probabilmente per strappargli un “autentico arto di Jareddino”.
Fatto sta che il povero diavolo dovette farsi venire la sindrome del tunnel carpale a furia di firmare autografi prima di riuscire a guadagnare l’uscita senza neppure essere riuscito a vedere l’ombra di un gambo di sedano.
Ma DivaH era e DivaH restava e nulla, neanche la minaccia di perdere una gamba, l’avrebbe distolto dall’ottenere ciò che desiderava.
Per cui, in seguito al fattaccio, Jared passò buona parte del suo tempo a studiare un piano d’attacco per riuscire finalmente ad entrare in quel maledetto supermercato.
Così, dopo aver passato un intero pomeriggio a scartare opzioni come “trapianto facciale”, “scorta armata” e “fumogeni” decise di rivolgersi al suo geniale fratello, il quale pensò bene di arrivare con tre ore di ritardo all’appuntamento giustificandosi con un “avevo di meglio di fare”.
La sopportazione del nostro eroe, a quel punto, era messa a dura prova e nulla lo distolse dal mettere il sale al posto dello zucchero nel caffè che successivamente offrì al fratello, giusto per vendicarsi un po’.
Così, dopo il primo sorso, Shannon storse il naso e posò la tazzina con fare sdegnoso. “Mamma aveva ragione quando diceva che non sapevi cucinare nemmeno un uovo.” Proclamò in tono saccente facendo irritare ancora di più Jared.
“Allora, fratellino, perché mi hai chiamato stavolta? Hai di nuovo fatto cadere il BlackBerry nel tritarifiuti?” chiese poi il batterista poggiando i piedi sul tavolino da caffè preferito del fratello.
Jared gli spiegò la faccenda, evitando accuratamente di seguire l’istinto che gli suggeriva di saltargli al collo e strangolarlo senza tanto complimenti.
Quando la DivaH ebbe finito di esporre il suo esistenziale problema, Shannon proruppe in una sonora  ed esasperata risata.
“Jared, certe volte dubito del tuo intelletto. Trovati un travestimento, no?”
Così, quella sera, il vocalist non andò per locali a fare bagordi insieme agli altri, bensì passò l’intera notte di fronte allo specchio cercando di auto convincersi che era per il suo bene coprire quel bel faccino con una volgare maschera.
Vanesio com’era, però, il giorno seguente, il nostro eroe tentò nuovamente di accedere al negozio con solo un cappellino da baseball calcato sulla testa a nascondere i suoi strafamosi lineamenti. In seguito sostenne con i suoi salvatori, ovvero Tomo e Shannon, che era stato il suo corpo a impedirgli di indossare altro.
Scoraggiato, Jared decise di lasciar perdere per un po’, ma un giorno, stufo di mangiare sempre la solita pizza da asporto si fece coraggio e si calcò in testa un ridicolo cappello di lana stile Inuit durante l’inverno e, nonostante fuori ci fossero trenta gradi, facendosi coraggio, si avviò verso il tanto agognato supermercato.
Questa volta riuscì addirittura ad afferrare un cartone di latte dal bancone dei latticini prima di venir assalito da un gruppetto di fangirl con gli ormoni a mille, subito imitate da altre ragazzine. “Dove si saranno cacciati quei buon vecchi Echelon che si mettevano in fila per l’autografo e poi sparivano senza cercare di strapparmi i vestiti di dosso?” si chiese il nostro povero eroe con un sorriso esasperato stampato in faccia.
A questo punto, l’ego spropositato di Mr. Leto urlava vendetta ed era addirittura disposto a coprire i suoi strabilianti e affascinanti lineamenti pur di riuscire a fare la spesa in santa pace.
Così dopo essere tornato a casa a recuperare una sciarpa che si avviluppò fino al naso rientrò a passo di carica nel negozio e, con fare spavaldo, prese un carrello come tutti gli altri clienti che, dopo averlo fissato come se fosse un alieno, si disperdettero senza saltargli addosso ne dando segno di averlo riconsosciuto.
Compiaciuto di se stesso riempì il carrello con tutto ciò che gli capitasse a tiro, neanche dovesse trasferirsi in un bunker per il resto della sua vita e, sebbene sembrasse un talebano, nessuno lo assalì per chiedergli autografi o chissà che altro.
Ormai sicuro della propria vittoria marciò a passo spedito verso la cassa dove una teenager dall’aria annoiata faceva gonfiare una gomma da masticare per poi farla scoppiare e ricominciare la procedura, il tutto molto rumorosamente.
Sbatté con orgoglio i suoi acquisti sul nastro trasportatore quasi si aspettasse che la cassiera lo guardasse commossa e gli applausi partissero in sottofondo. Pagò e uscì dal negozio quasi mettendosi a piangere quando constatò che non gli si era anchilosata una mano a furia di firmare pezzi di carta e che i suoi abiti erano ancora intatti.
Stava per lanciarsi in un improvvisato balletto della vittoria quando sentì una voce pronunciare il suo nome.
Con uno sguardo omicida si voltò, correndo verso la ragazza che aveva appena parlato, nel tentativo di soffocare il grido eccitato che di solito seguiva un’uscita come quella e la conseguente orda di gente in preda a una furia scatenata.
Quella però non aggiunse altro, limitandosi a fissarlo, mentre lui la squadrava registrando distintamente il tatuaggio della Triad all’interno dell’avambraccio e la sigaretta intrappolata tra le dita ossute. Echelon, stabilì infine.
“Vuoi un autografo?” chiese impaziente di tornare a casa, rintanarsi in un angolo e architettare un nuovo piano per riuscire ad uscire almeno una volta da casa sua senza aver bisogno della scorta.
Lei diede un tiro alla sigaretta, prima di rispondere, come se avesse tutto il tempo del mondo. “Naaah. A che mi servirebbe?”
La DivaH, presa in contropiede e anche piuttosto offesa per non poter sfoggiare anche in quell’occasione la sua firma collaudata più che ampiamente a casa, sbuffò e replicò in tono saccente “Allora cosa vuoi?”
Lei sogghignò, scostandosi un ciuffo di capelli dagli occhi “Smontarti la copertura, mi sembra ovvio.”
A quel punto una persona normale se ne sarebbe andata catalogando la ragazza come pazza ma non Jared che, stizzito, replicò “Allora dimmi, Miss So Tutto Io, dove avrei sbagliato?”
Lei lasciò cadere la sigaretta e terra, schiacciandola con la punta della scarpa e gli si avvicinò talmente tanto che Jared potè avvertire distintamente l’odore del fumo misto ad acqua di colonia alle rose “Gli occhi. Li riconoscerebbe anche un bambino.”
Lui la fissò a lungo, e abbozzando un sorrisetto quando lei abbassò lo sguardo, solo per sfilarsi gli occhiali da sole che teneva a mo’ di cerchietto sulla testa.
“Tieni.” Disse, facendo un passo indietro e lanciandoglieli “Te li regalo. Ho come la sensazione che ti serviranno.” E detto questo, si voltò e cominciò a camminare spedita verso il parcheggio del supermercato.
“Aspetta!” si sentì dire Jared, senza neanche sapere il perché. Lei si girò verso di lui, un’espressione tranquilla sul viso. “Qual è il tuo nome?” le chiese.
Lei sorrise e si voltò, riprendendo a camminare “Puoi chiamarmi Sun.” E di sun lei non aveva proprio nulla, con i lunghi capelli neri che risaltavano la carnagione pallida e le iridi color cioccolato.
 Jared sogghignò e prese a camminare anche lui, verso la parte opposta.
Sun, come sunglasses.
“Allora grazie Sun.” Disse, quasi sicuro che non l’avrebbe sentito, ma una risata constatò il contrario.
Da quel giorno, ogni volta che Jared dovette apparire in pubblicò senza essere riconosciuto, indossò quegli occhiali.
E ogni volta, il sole sembrava ancora più luminoso di prima.
 
 
 
 
 
 
 
 
Lily’s Corner:
Salve a tutti!
Dunque, premettendo che è la prima volta che posto su questo fandom, spero vivamente che questa one-shot vi sia piaciuta e vi abbia strappato un sorriso(:
Confesso di non essere una fan di questo gruppo da molto: li ho scoperti da un paio di mesi, innamorandomi delle canzoni Alibi e 100 Suns, da cui ho tratto ispirazione per il titolo e il nome della protagonista. Per cui, se c’è qualche errore o se i personaggi sono troppo OOC, ditemelo pure, mi fareste un piacere(:
Girellando sul web, poi, ho notato che in moltissime foto Jared indossa gli occhiali da sole così mi sono detta: chissà se hanno un qualche valore per lui?
All’inizio tutta la prima parte non c’era: nata come una drabble, è stata poi modificata in seguito perché mi sembrava un po’ scarna e in più non potevo certo lasciarmi scappare l’occasione di torturare un po’ la nostra DivaH!
Che dire, spero vi sia piaciuta(:
Alla prossima!
Lils 

   
 
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