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Autore: Hishino and Olorin    04/08/2011    2 recensioni
Quando Katia comunica a Emma che dal giorno seguente non avrebbe più condiviso l'appartamento con lei per andare a convivere con il grande amore della sua vita, per la nostra protagonista è l'ennesima mazzata dopo una giornata di catastrofi continue...il pc rotto e l'ennesimo litigio con il proprio ragazzo. Ma quando le speranze di trovare una nuova coinquilina sembrano vane...ecco che appare Elias: nipote dell'anziana proprietaria dell'appartamento in cui Emma vive.
Bellissimo ma altrettanto odioso, Elis stravolgerà tutta la vita della ragazza, a volte trasformandola nel paradiso terreste altre volte rendendogliela un vero e proprio inferno!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO- 1° parte



 

Quella giornata era iniziata male…ed era finita sicuramente peggio.
Quel giorno aveva segnato l’inizio di tutte le mie sfortune e, in particolare, aveva spianato la strada verso la mia sfiga maggiore. Elias.
Lui è la reincarnazione in persona di tutti i peggiori difetti che esistono in un uomo: narcisista, presuntuoso, testardo, privo di modestia, pignolo, rompiscatole, odioso. Insomma tutti gli aggettivi negativi!
Ma non voglio correre troppo. È necessario procedere con ordine in questa storia.
 
 
Io non mi porto mai il pc in università per prendere appunti; cosa che molti miei colleghi di corso invece fanno.
Sono un’amante del buon caro vecchio “carta, penna, inchiostro e calamaio”, e per quanto possa essere meno pratico e comodo di una tastiera, io della mia fidata biro e del mio quaderno non mi separo mai.
Quel giorno invece, avevo deciso di portarmi anche il portatile.
La sera prima avevo scoperto, che tra una settimana avrei avuto un esame e, ovviamente, non avevo ancora studiato, e men che meno letto, una singola riga del materiale che la professoressa mi aveva inviato via mail.
E quel materiale era veramente tanto: pagine e pagine sul diritto penale e costituzionale della Spagna. Mica potevo stampare 300 fogli e passa! Come minimo avrebbe richiesto il disboscamento di una foresta intera e il consumo di un plotone di cartucce. Decisamente non era fattibile.
E poi, anche se fossi riuscita a stamparli, dove li avrei potuti mettere? E, soprattutto, come avrei mai potuto tenerli in ordine senza correre il pericolo che si sparpagliassero tutti, costringendomi a passare le notti insonni per risistemarli??
Se non si fosse capito, sono una persona estremamente disordinata…sono la vergogna del genere femminile e soprattutto sono la vergogna di mia madre che per tutta la vita, anzi per tutta la parte della sua vita in cui ha avuto a che fare con me; ha cercato di insegnarmi la sacra e nobile arte del tenere le proprie cose in ordine.
“Quando andrai a vivere da sola, come farai? Ma non ti vergogni? Mica puoi vivere nel ruffo continuamente!!  Impara a essere ordinata!”  Questa è una delle tante frasi che mi hanno perseguitato lungo la mia vita di adolescente.
Per dirla tutta; io non è che sia disordinata per pigrizia…bhe, forse un pochino anche per quello; ma è che, se le cose non sono in disordine, tanto in disordine, non mi viene lo stimolo a sistemarle! Ho bisogno di vedere pigne e pigne di libri e fogli sulla scrivania per mettere tutto in ordine la domenica mattina; ho bisogno di vedere le pigne di vestiti sulla sedia per capire che forse è il caso che inizi a piegarli bene e metterli nell’armadio.
Però su una cosa sono molto rigida e ferrata…la pulizia. Ora vi chiederete…ma come fai a essere una maniaca della pulizia ed essere disordinata?? Non lo so manco io in verità; ma se vedo una macchia da qualche parte, mi armo di detersivo e acqua e lavo via tutto. Sono io l’addetta alla lavatrice, alla pulizia della cucina, alla pulizia del bagno…insomma ovunque ci sia dello sporco io sono lì a combatterlo. E la mia coinquilina ne approfitta.
Ebbene sì, convivo con una ragazza. Quando sono venuta a Milano per iniziare i miei studi universitari, ho dovuto cercarmi un appartamento; poiché era abbastanza difficile dover fare la pendolare tutti i giorni da Bergamo, anzi, per la precisione, da un paesino disperso nelle montagne della bergamasca. Non che fosse impossibile, ma difficilmente fattibile quello sì. E a me basta il “difficilmente” per arrendermi in partenza.
Così mi sono trovata un bel bilocale vicino all’università e ho trovato anche una compagna con cui condividere l’affitto. O almeno…l’avevo trovata…
Ma prima di arrivare a questo piccolo particolare c’è tutta una catastrofe ancora da raccontare.
Come stavo dicendo, quel giorno, circa una settimana fa, mi ero portata il pc dietro, con la speranza di potermi chiudere in sala studio a leggiucchiare qualcosa del diritto spagnolo. Ma, probabilmente, proprio quel lunedì il cosmo aveva deciso di accanirsi contro di me.
Ero appena uscita dal portone di casa quando un tizio in bicicletta mi era passato accanto a tutta velocità e mi aveva colpito il braccio col manubrio…il braccio con la mano in cui tenevo la borsa del portatile…
Risultato: Avevo lasciato la presa della borsa e sentito il pc, protetto solo da un leggero strato di stoffa, infrangersi contro l’asfalto.
In genere nei manga o negli anime (di cui io sono una grande patita XD), in momenti come questi, il povero protagonista sfigato rimane di sasso; senza parole, sgretolandosi pian pianino al vento. Oppure cade di ginocchia in terra, senza però provocarsi alcuna lesione alla rotula, nonostante cada giù come un sacco di patate. Oppure, ancora, vedi la scena a rallentatore, in ogni minimo particolare, l’oggetto che cade e che si sfracella al suole; il tutto accompagnato in sottofondo dalla faccia incredula del protagonista e dal suo inutile tentativo di salvare la situazione.
A me non era successo niente di tutto ciò. Semplicemente dopo aver realizzato cosa fosse successo, il che richiese pochi attimi, avevo raccolto la borsa da terra; e poi avevo iniziato a tirare giù, dalle loro candide nuvole, tutti i santi del paradiso. Tutti quanti. Nessuno escluso.
E, probabilmente, fu così che oltre al cosmo anche il cielo decise di dichiararmi guerra.
Era stato questo lo splendido inizio della mia settimana: il mio adorato computer rotto. Quando avevo provato ad accenderlo, lo schermo era irrimediabilmente e perennemente grigio con solo qualche linea verticale che rigava quel cimitero di cristalli liquidi. Mi sembravano le linee di un elettrocardiogramma. Un elettrocardiogramma piatto. Il mio pc era morto.
Ero rimasta circa un’ora a piangere e disperarmi, mandando le più atroci maledizioni a quell’essere spregevole che oltre ad avermi fatto male, perché la botta del manubrio l’avevo sentita e l’avevo sentita anche troppo bene; manco si era preoccupato di fermarsi o anche solo di girarsi a vedere il casino che aveva combinato. Se n’era andato bello tranquillo per la sua strada. In bicicletta. A tutta velocità. Sul marciapiede.
Che rabbia. Che rabbia. Che rabbiaaaa.
Ma come ho già detto e ridetto, quel giorno ogni atomo del mondo si era rivoltato contro di me; così, dopo aver pianto tutte le lacrime che avevo in corpo ed essermi ripetuta fino allo sfinimento che quel portatile mi era costato ben 3 mesi di stipendio dei lavoretti part-time; alla fine avevo buttato un occhio all’orologio che avevo al polso.  Era mezzogiorno; il che significava che mi ero persa tutte le lezioni del mattino e che ero anche in ritardo per l’appuntamento con Mattia.
Ora so già che vi starete chiedendo: Chi è Mattia?
Vi rispondo subito.
Mattia è il mio ragazzo, la mia unica ragione di vita, il mio ossigeno, e tutto ciò che ho di più importante al mondo…

Si certo, come no…magari fosse così.
Mattia effettivamente è il mio ragazzo, ed è la ragione per cui ho deciso di trasferirmi e frequentare l’università a Milano. Ma non è né il mio ossigeno né la mia unica ragione di vita. Non in questo periodo per lo meno.
Stiamo insieme da 4 anni ormai; ma è da 2 che le cose stanno peggiorando giorno dopo giorno. O anche da 3 oserei dire.
Ci siamo conosciuti a scuola. Lui si era appena trasferito con la sua famiglia da Bergamo a Colere, la mia piccola cittadina natale tra i monti.
Ci siamo corteggiati a vicenda per circa un anno prima di riuscire a fare il grande passo di metterci insieme. Eravamo troppo timidi per dichiararci e troppo ottusi per capire che anche l’altro ci stava provando spudoratamente.
Ma alla fine c’è stato il grande Happy ending: siamo riusciti a fidanzarci.
All’inizio sembrava tutto idilliaco, come in tutte le storie che si rispettino; ma passato il primo anno  già qualcosa aveva iniziato a incrinarsi. Lui aveva iniziato a frequentare ragazzi più grandi, aveva iniziato a uscire e tornare la mattina successiva, ad andare nei locali a bere e probabilmente, anche se non me l’ha mai detto, aveva anche iniziato a fumare. E non solo sigarette. Inutile dire che mi sentì messa da parte.
Anch’ io, per carità, ci avevo messo del mio: gelosia verso i suoi amici, sceneggiate se voleva uscire senza di me oppure se uscivamo insieme ma preferiva passare le serate in compagnia degli altri, anzichè solo noi due.
Sì, lo ammetto, sono un tipo molto possessivo; ma che ci volete fare? Ero adolescente e gli ormoni erano sempre alle stelle. Ogni volta che stavo con lui me lo mangiavo con gli occhi e la mia mente vagava in paradisi vietati ai minori.
Anche a lui gli ormoni facevano brutti scherzi; peccato però che una volta lo scherzo lo hanno fatto a me. Un giorno scoprì, che qualche sera prima; ebbro di non so quali e quante schifose bevande alcoliche, si era portato a letto una tizia che aveva incontrato quella sera. Un’amica di un amico.
Quello fu il periodo più nero della nostra storia, anche se non ne segnò la fine. “Purtroppo” mi viene da pensare a volte.
Mi rifiutai di vederlo per due mesi interi (grazie al cielo era successo durante l’estate; quindi non ebbi neanche lo strazio di doverlo vedere ogni mattina a scuola); mi chiusi in casa e in me stessa. Spensi il cellulare e non accesi il pc se non per estrema necessità.
Lui tentò in tutti i modi di farsi perdonare. Ogni giorno mi trovavo delle rose rosse fuori dalla porta con bigliettini di scuse; la casella della posta era sempre piena di lettere con richieste di perdono e promesse di cambiare; mi riempì il computer di mail e il cellulare di messaggi, chiamate perse e messaggi in segreteria telefonica. Non tentò mai però di chiamarmi a casa. A dir la verità, una volta ci provò, ma ebbe la sfortuna di parlare con mio padre che lo sistemò nei dovuti modi. Da quel momento non apparve più il suo numero sul display del cordless.
Passati due mesi a piangermi addosso, decisi che era giunto il momento di affrontare la situazione e parlarne con il diretto interessato. Avevo deciso di troncare la nostra storia.
Ma le cose non andarono secondo i miei piani. Forse fu l’atmosfera creata dal sole che tramontava dietro le montagne, forse furono le sue lacrime che m’impietosirono, accompagnate dalle sue promesse e dal suo giuramento di pentimento, dalla sua rinnovata dichiarazione d’amore; o forse fu solo la mia paura di soffrire ancora all’idea di lasciarlo e all’idea di rimanere da sola. Fatto stà che quella sera non ci lasciammo. Lo perdonai e tornammo insieme; come se niente fosse accaduto.
Avevo pensato che bastasse fare finta di niente, che bastasse dire “adesso ricominciamo da capo e non pensiamo al passato”; ma certe cose non si riescono proprio a dimenticare per quanto uno si sforzi di farlo.
E così mese dopo mese pian pianino le cose peggiorarono.
Quando Mattia, mi comunicò che sarebbe andato a Milano a studiare chimica all’università; la sua grande passione; non ci pensai due volte: lo avrei seguito.
Non credo nelle storie a distanza ed ero sicura che dandogli troppa libertà mi avrebbe tradita ancora. Inoltre, speravo che, avendo la possibilità di essere solo io e lui in una città lontana, qualcosa sarebbe cambiato…magari avremmo potuto condividere un appartamento insieme e vivere felici e contenti come due fidanzatini conviventi.
I miei sogni vennero ben presto infranti. Lui aveva già trovato un appartamento per se, aveva trovato un amico con cui condividerlo e soprattutto non gli andava a genio l’idea di abitare insieme con me. Temeva potessi essere, per lui, fonte di grande distrazione.
L’ennesima pugnalata al cuore, l’ennesima notte passata a piangere, l’ennesimo stupido “fai finta di niente”.
Fu così che l’anno scorso ci trasferimmo a Milano; ognuno per i fatti suoi ovviamente.
Io mi trasferì nel mio appartamento che avevo trovato tra gli annunci di Internet e, un mese dopo l’inizio del mio primo anno di giurisprudenza, trovai anche la mia coinquilina: Katia.
Fu un anno duro; io ero distratta dalla nuova situazione, distratta dall’illusione di avere il mio ragazzo vicino e di non avere nessuno che mi potesse controllare; così invece che studiare e passare gli esami, passavo le mie giornate a fare avanti e indietro tra l’appartamento di Mattia e l’università.
Finché, ancora una volta, fui svegliata bruscamente dal mio sogno idilliaco. Una sera, lui mi disse brutalmente che era stufo di quella situazione. Era stufo di dover vivere in funzione mia. Mi disse che non lo lasciavo respirare, che gli ero sempre appiccicata addosso, che non gli permettevo di studiare e di viversi la sua vita. Insomma mi disse molto chiaramente e senza mezzi termini di lasciarlo in pace.
Ennesima catastrofe.
Non solo ero dannatamente indietro con gli esami, ero riuscita a darne solo tre su sette; ma inoltre ero considerata una palla al piede dal mio ragazzo. Un gran bell’anno non c’è che dire.
Ma i problemi non erano ancora finiti.
Io non sono una persona capace di usare le mezze misure. Per me il mondo o è bianco o è nero, non conosco le tonalità del grigio. O tutto o niente. Dopo essermi sentita accusata e umiliata per l’ennesima volta, decisi che era il momento di tirare fuori l’orgoglio.
Ero troppo appiccicosa per lui? Bene, non mi avrebbe più visto ne sentito se non fosse stato lui a cercarmi per primo.
Non gli lasciavo spazio per stare con i suoi amici? Bene, se mai gli ormoni avessero bussato alla sua porta, che si portasse nel letto i suoi amici. Io di certo non ci sarei stata per raffreddare i suoi bollenti spiriti.
Aveva bisogno di studiare? Il giorno prima di ogni suo esame mi mettevo a fare i riti porta-sfiga perché gli andasse male. Ogni tanto avevano anche funzionato.
Questa storia andò avanti per circa quattro mesi, finché un giorno non me lo ritrovai davanti alla porta di casa. Risentito, tanto per cambiare. Che novità…Il nuovo problema adesso era il fatto che fossi troppo fredda e distaccata. Davo l’impressione che non me ne fregasse niente di lui né della nostra storia.
Naturalmente ci fu l’ennesimo litigio e l’ennesimo tentativo di riconciliazione. L’ennesimo cerottino da mettere su una ferita che non si poteva più richiudere. Ma la cosa bella era che era sempre lui a dire di sentirsi ferito; io ero solo la strega cattiva che teneva in pugno il suo cuore e lo faceva sanguinare. Mai una volta, penso, abbia provato a mettersi nei miei panni e a provare a chiedermi come mi sentissi. Mai una volta, a parte quando mi aveva tradito, mi aveva chiesto scusa; mai una volta aveva provato a pensare alle sue colpe. Ero sempre io la colpevole per antonomasia, ero io la cattiva, ero io che sbagliavo. Era così bravo a rigirare le frittate che la maggior parte delle volte riusciva persino a convincermi di essere io nel torto, a farmi chiedere scusa per colpe che non avevo.
Una volta fatta pace sembrava che le cose tornassero al loro posto e che tutto il mondo ti sorridesse e ti fosse amico. Passava qualche settimana e tutto ricominciava a farsi nero.
Ecco quel giorno, di una settimana fa, era esattamente uno di quei giorni. Avevamo fatto pace da neanche tre giorni che già i primi nuvoloni grigi avevano fatto la loro comparsa all’orizzonte.
Quel giorno avevamo litigato. Avevamo litigato per una cosa stupida. Ma si sa, sono le cose stupide che tirano su i polveroni più gross
i.

 
 

 
 
****************


 
Buonasera a tutti! Anzitutto chiedo scusa se ho già interrotto la mia precedente storia lasciando solo un minuscolo prologo, ma ho qualche piccolo problemino di stesura…è un continuo scrivere e cancellare, ho 3000 idee e non riesco a metterle nero su bianco.
Questa storia mi è venuta in mente la sera prima di addormentarmi (come sempre XD) e spero abbia un futuro migliore della sua amica “sospesa”. Chi vivrà vedrà XD
Se leggete, vi ringrazio dal profondo del cuore, se lasciate anche un commento vi ringrazio ancora di più ^_^
Un bacio
Anna
 
PS. ho riletto 10 volte ma probabilmente qualche errore ortografico c’è lo stesso, scusatemi ^^ Inoltre temo di avere una relazione difficile con la punteggiatura, chiedo scusa se alcune frasi potranno sembrare incomprensibili!
  
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