Mi scuso per l’enorme ritardo, so benissimo che siete
tutti ansiosissimi (?!) di sapere come andrà a finire questa storia, ma
tranquilli, per quanto sembri stia volgendo al termine, non siamo che all’inizio
(!!). Insomma mi dispiace per voi, del resto speravate di non avermi più tra i
piedi, e invece... Non disperate per le amare sorti dei nostri due eroi (??!)
del resto sono grandi grossi e vaccinati e sono passati sotto le mani di quelle
quattro pazze abbastanza da far sembrare il sottoscritto un agnellino ancora da
svezzare. Comunque state ben tranquilli, avranno anche la loro buona dose di
(boh?) diciamo fluff! In realtà mi sono reso conto di aver perso le capacità
di imprimere angst sulle capoccette di questi poveretti, sono troppo rilassato e
non riesco a scrivere, mi scuserete. Beh, senza ulteriori indugi posto v__v a piè di pagina
trovate le allegre risposte alle altrettanto allegre recensioni. Ah, ultima cosa *annuisce con convinzione* questo
capitolo lo dedico espressamente a yua ed Herit che hanno compiuto gli anni da
poco v__v tipo il mese scorso, ma tanto che differenza fa?
Overleven
Capitolo Dieci-Een Beetje Geluk
«Si chiama amore, Yoo.» fece poi Tomoyo dopo aver
ascoltato quanto avesse da dire il ninja. Kurogane quasi non si accorse, o forse non si volle
accorgere, che le sue dita stavano scivolando lungo la guancia del mago, ma il
sorriso ebete che aveva sul volto la diceva lunga.
Erano alcune notti che Kurogane trovava grandi
difficoltà a prendere sonno.
Avrebbe giurato di aver sentito lo scricchiolio
delle sue ossa che a poco a poco si consumavano, tra i suoi lamenti muti.
Taceva, sì, una volta aveva per fino gridato, la voce ce l’aveva, magari
intrappolata tra le corde vocali, ma non la sprecava più per il dolore.
Conservava quel po’ di voce che gli restava per dire qualcosa, un qualcosa che
serbava nel suo cuore. Viveva ogni giorno per quello che era, un cumulo di
ventiquattro ore a base di dolore e scherno per il suo povero onore, ma
sopravviveva. L’incrollabile speranza che gli riempiva il cuore, gli faceva
sopportare il dolore che si appesantiva di ora in ora sul suo petto, inaridendo
il suo vigore come in una giornata d’arsura, ma ormai non aveva più tempo. Lo
sapeva e per questo non dormiva. Non era per il dolore, né per gli strani incubi
a base di capelli biondi e baci che lo perseguitavano, che poi alla fin fine non
erano incubi ma sogni veri e propri, ma non è che andasse a declamarlo
allegramente in giro per il palazzo, soprattutto perché non usciva dal letto da
quasi sei mesi ormai, ma era per qualcos’altro.
Per quanto si fosse impegnato
a non pensare più a come sarebbe morto, aveva cominciato ad accettare la sua
sorte. Da un lato non poteva continuare a sperare, fondamentalmente chi spera
muore a stomaco vuoto, ma d’altro canto non poteva nemmeno smettere. Accettare
la fine lo stava rendendo la copia sbiadita di quel se stesso che esisteva fino
a qualche mese prima. Per lui, che aveva la smania di essere un tipo piuttosto
prudente, dote che -se tenuta sotto il debito controllo- salva la pelle al ninja
medio, era difficile prendere in considerazione più di un paio di morti che
facevano a caso suo, e non è che il tempo gli fosse mancato! Sapeva che non
poteva più sperare di morire come i suoi antenati, e sapeva perfettamente che
sarebbe morto ben poco dignitosamente in un letto, magari soffocato dal suo
stesso vomito, nel sonno. E l‘aveva accettato a viso aperto. Era come se quel
veleno oltre al suo sangue avesse divorato anche la sua speranza. E più se ne
rendeva conto, più si accorgeva che stava diventando quanto più odiasse al
mondo, era diventato lui stesso la persona più odiata nella sua lista
nera.
Riprese a sperare quando cominciò a pregare di morire in fretta. Per
come sudava, per come il fiato gli si gonfiava in petto minacciando di farlo
esplodere, pregò di morire. Per come la testa gli girava e gli pulsava
amaramente tanto che faticava a tenere gli occhi aperti e quegli stessi occhi
lacrimavano dal dolore ad ogni fitta che lo schiacciava con forza, pregò di
morire. Per come lo stomaco si torceva, ribollendo e aggrovigliandosi da cima a
fondo, nemmeno avesse mangiato lava a colazione, pregò di morire. Però, la
Divinità o forse la Triste Signora, non ebbe pietà di lui, lo fece solo dormire
per qualche ora, stroncandolo.
Ma, come se centinaia di migliaia di aghi
avessero preso a percuotergli a fondo la carne, come se un brivido gelido gli
percorresse la schiena da capo a piedi, una specie di presentimento gli urlò in
petto, e si ritrovò sveglio dopo appena due ore di sonno.
Non poteva sperare
di morire, non ora, non lui. Cavoli! Non poteva essere davvero diventato ciò che
odiava di più, non poteva aver perso le speranze così presto. Aveva ancora
tempo, non molto, ma abbastanza per continuare a credere in quel mucchietto
d’ossa e capelli biondi.
Chiuse gli occhi e focalizzò l’attenzione sulle
macchiette bianche che le sue pupille percepivano al buio. Il suo respiro si
regolarizzò, i suoi muscoli si rilassarono. Non c’era più dolore, non c’era più
morte in quel momento. Pensò che era giunta la sua ora e che tutto sommato la
morte non era poi così male come si aspettava.
Quando aprì gli occhi, però,
era mattina. Qualche persona poco sveglia aveva lasciato la finestra aperta e
sentiva chiaramente il naso gelato.
«Che cavolo!» sbraitò piano.
«Oh,
Yoo, ti sei svegliato! Hai dormito parecchio, sai? C‘era una puzza di chiuso
impressionante, e ho pensato: “Fintanto che dorme potrei aprire un po‘...” ma ti
sei svegliato...» fece la sua principessa, che evidentemente stava nelle
vicinanze della finestra. «E sei anche piuttosto irascibile oggi.» lo disse come
se fosse un bene.
«Chiudi la finestra.» sibilò con la voce fioca.
Kurogane
sentì chiaramente il battente dello shoji scivolare, fino a chiudersi
definitivamente.
Dopo appena un paio di secondi si trovò Tomoyo seduta
accanto al suo letto. «Hai fame?».
«No.» rispose brevemente, in modo da non
lasciare più di tante opportunità a un eventuale affondo da parte di
quell’altra.
La principessa restò in silenzio per un momento. Non sapeva che
dirgli. Era preoccupata per lui, l‘aveva fatto vedere altre volte, ma rilanciava
sempre con un sorriso, stavolta invece se lo guardava seria. «Vaneggiavi.» gli
fece presente dopo un po’, con una sferzata incredibile, senza nemmeno pensare a
come indorare la pillola. «Hai sudato parecchio stanotte, ti sei svegliato
all‘improvviso e poi sei crollato di nuovo. Hai sognato qualcosa?».
Il ninja
fece una smorfia. «Guarda che, tra di noi, l‘oniromante sei tu».
«Oh, oggi
siamo proprio di pessimo umore, ti senti meglio per caso?» domandò lei
stiracchiando un sorriso.
«Non mi fa più male niente.» disse più a se stesso
che a lei. Come a constatare che davvero non sentiva niente. Né dolore, né
stanchezza. Proprio niente.
«Non so se sia un bene o un male a dire il vero.»
mugugnò la principessa raccogliendosi il mento tra le dita.
«Ho pensato di
essere morto. Ma poi hai aperto la finestra e mi si è gelato il naso.» borbottò
coprendosi il naso con la ben più gelida mano di metallo.
Lei ci pensò su un
secondo, poi gli sorrise. «Oggi sei anche piuttosto loquace...».
Kurogane
digrignò i denti. «Vorrei che tu facessi una cosa per me, Tomoyo.» fece, poi,
puntando fiaccamente i suoi occhi cremisi in quelli della principessa.
Kurogane, avvertito un certo
divertimento nell’espressione della sua principessa s’indispettì ancora di più.
Eccola là, gabbato da quel cavolo di mago ancora una volta, prima di morire, per
giunta.
«Che carino, sei tutto rosso!» continuò a canzonarlo lei.
Il più
potente ninja del Regno del Giappone, oltre ad essere costretto a letto da mesi,
era pure stato portato a sviare l‘argomento principale, cioè cercare di
contattare il dannato biondo rachitico, facendogli ammettere, così una
sottospecie di affetto nei riguardi del sopra citato biondo. «Smettila!»
ringhiò. Sentiva la faccia in fiamme, addirittura i lobi delle orecchie gli
pulsavano come se fossero dei detonatori della sua testa in vena di esplodere.
«Ma è vero, Yoo...» annuì ancora la sua principessa. «Ti manca tanto, eh?»
sorrise poi.
«Non fare quella faccia.» bofonchiò lui.
«È vero, scusa.»
ridacchiò ancora, coprendosi appena le labbra con la mano, una cosa che gli
ricordò con orrore la risata della Strega. «Stai proprio crescendo
Kurogane!».
«Che c'entra questo?» ringhiò un’altra volta prima di
abbandonarsi a un pesante colpo di tosse. «Non dovresti dirlo con quell'aria
compiaciuta, mica sei mia madre!».
«Oh, è proprio amore!» ripeté
lei.
L‘espressione di disappunto sul suo volto s‘indurì ancora di più.
«Andrai avanti per molto con questa storia?».
«Yoo, dovresti ammetterlo,»
seguitò ad incalzarlo. «Non sarai abituato ad amare e farti amare, tu... però è
una cosa talmente lampante e non sei certo un rimbambito».
«Ma nemmeno sotto
tortura, Tomoyo! E tanto poi sto morendo!» replicò.
«So che ti manca e che
vorresti sentirlo, vederlo... Ma devi solo aspettare, ora. Aspettare e sperare
che torni tutto intero o quasi, con magari delle buone notizie...» la
principessa si strinse nelle spalle. «Non sarà mica chiedere troppo, no?».
A
Kurogane l‘espressione che seguì quella frase, non parve tanto convincente.
Normalmente Tomoyo sciorinava sorrisi come il riso ai matrimoni, in sacchi da
trenta libbre, ma stavolta le sue labbra avevano tremato troppo. Sarà stata la
tensione o il momento catartico in cui lui doveva quasi ammettere di aver
riposto ben oltre la sua stessa vita nelle mani di quel mago, ma qualcosa la
stava turbando. «Che succede, eh?» fece.
«Cosa?» cinguettò lei vibrando gli
occhi da un lato all’altro della stanza.
«Hai un‘espressione strana e, alla
luce di quel che dici, tu mi conosci bene, ma anche io conosco te da parecchio
tempo... Direi che mi stai nascondendo qualcosa.» bofonchiò afflosciandosi come
un soufflè uscito male dal forno. «Sto parlando troppo.» annaspò poi.
«Perché non ti riposi un po’? Ne parliamo dopo, che ne dici?» sorrise,
salvandosi in calcio d’angolo proprio alla fine del secondo tempo.
Fece una
smorfia scocciata, come quella che fanno i bambini la sera di Natale prima di
essere presi di peso e intrappolati a letto. «Mh. Comunque non è quello che dici
tu».
«Di che parliamo?» fece lei cadendo giù dalle nuvole, Kurogane che
desisteva con tale facilità era una rarità da appuntare sul
calendario.
«Lascia perdere, fammi dormire, va!» brontolò arrancando per
raggiungere una posizione consona al favorire il suo sonno.
«Cercherò di
sognarlo, Yoo.» mormorò lei sistemandogli la coperta.
Quando Fay aprì gli occhi, gli parve di essere stato
calpestato ripetutamente da un cavallo imbizzarrito. Le ossa gli dolevano, le
tempie gli pulsavano e avrebbe giurato di sentire il sangue che gli rimbombava
nelle vene. Aveva intuito dall’odore di una zaffata inquietante di stramba
mistura di erbe che si trovava nella casa di Hisui e Kokuyo. Quei due stavano
sempre a rimestare delle cavolo di pozioni, roba da far impallidire le streghe
spaventevoli delle fiabe per bambini. Ma chi era lui per giudicare? Se non altro
loro si erano resi utili in qualche modo mica come quei leoni
antropomorfi!
Sospirò profondamente, mentre cercava di portarsi a
sedere.
Nella penombra della stanza si rese conto che poco più in là, sul
divanetto scomodo che era stato il suo letto poco tempo prima, Hisui sedeva
addormentato, mentre Kokuyo stava steso con la testa poggiata sulle sue gambe,
con le due gatte che gli dormivano raggomitolate sulla pancia.
Cercò di
alzarsi, stava occupando il loro letto, li stava costringendo a dormire sul
divano, in uno spazio esiguo per due persone. Non che quel letto dove dormiva
lui fosse di molto più grande, ma sotto un certo punto di vista era almeno più
comodo del divanetto.
Dopo qualche minuto che se ne stava sveglio e cercava
di alzarsi, si rese più o meno conto di essere vivo. Allora forse per Kurogane
c'era una qualche speranza, ancora.
Sì, in effetti doveva essere proprio
grato a quella casa piena di erbe essiccate e strani vasetti pieni di pozioni
altrettanto strane, alcune di colori decisamente poco invitanti e altre di tinte
decisamente troppo accese, quasi fluorescenti, e soprattutto doveva essere grato
a quei due gentili ospiti che l’avevano aiutato e soprattutto s’erano presi in
casa anche quella catasta di problemi che si portava appresso nel suo bel
baule.
Mentre ragionava sul come sdebitarsi con quei due gentilissimi
signori, sentì una specie di trillo, che per il suo mal di testa era decisamente
assordante. Hisui si mosse leggermente in avanti, lasciando che le mani
carezzassero delicatamente il volto di Kokuyo che, mugugnando, sollevò appena il
capo permettendogli così di alzarsi in piedi. L’erborista filò subito nell'altra
stanza, senza nemmeno guardarlo e, dopo qualche minuto, rientrò con tra le mani
una specie di panno appallottolato.
Si avvicinò al letto e accese il lume ad
olio accanto alla testiera. Abbacinando, seppure con una luce decisamente
flebile, Fay coi suoi occhi decisamente troppo sensibili al momento.
«Oh,»
fece poi, appena si rese conto che era sveglio. «Bentornato tra noi.» gli
sorrise largamente.
A quelle parole, Kokuyo scattò in piedi, facendo
ruzzolare le due gatte per terra. Una atterrò correttamente, ma l'altra le
piombò addosso ancora mezza rintronata dal sonno.
«S'è svegliato?» bofonchiò
il moro raggiungendo l'erborista, che sfoggiava ancora quel sorrisetto serafico.
«Come ti senti?» fece poi guardandolo con un’espressione strana sul viso, gli
occhi severi e le sopracciglia aggrottate. Il classico sguardo brevettato alla
Kurogane arrabbiato, pensò Fay, ricordandosi poi del ruzzolone che aveva fatto
giù per la montagna, che plausibilmente aveva mandato al diavolo tutto il suo
duro lavoro a base di sangue e sudore per la cura del suo Kurogane. Poi
rettificò di nuovo il pensiero, era la cura di Kurogane, non del suo Kurogane,
che cavolo di cose gli saltavano in mente? Fece per dire qualcosa, ma le parole
gli morirono in gola, sentì solo l’aria graffiargli la trachea.
«Forse ha
bisogno di bere un po’, poverino, Kokuyo...» disse subito l’altro, e senza
nemmeno finire la frase, il moro era già di ritorno con un bel bicchiere
stracolmo d’acqua.
Al contatto con il bicchiere, le dita di Fay slittarono un
momento, per quanto il vetro fosse freddo, le sue mani lo percepivano tiepido,
dovevano decisamente essere gelide e soprattutto intorpidite, quasi quanto il
suo corpo. Anche le labbra erano intorpidite e sembravano parecchio screpolate,
tanto che anche il contatto minimo con l’acqua gli diede fastidio. «Grazie per
l‘aiuto...» riuscì ad articolare. «E scusatemi tanto per il disturbo».
Sul
volto del moro si profilò nuovamente l’espressione alla Kurogane arrabbiato. «Ma
che disturbo e disturbo!» brontolò.
Hisui fece una smorfia decisamente
troppo seria, visto il largo sorriso che stava stampato sul suo volto
ventiquattrore al giorno. «Però, ti avevo avvertito, dovevi tornare integro,
invece eri più morto che vivo!».
«Scusatemi, davvero!» ripeté lui.
«Perché
non vai a preparare qualcosa da mangiare per il ragazzo?» bisbigliò Kokuyo
chinandosi in avanti col capo, poco sopra la testa dell'erborista.
Fay fece
per replicare, ma vi riuscì a stento. A onor del vero uscì appena un mezzo
gemito dalla sua bocca, ma il suo stomaco brontolò più forte.
Hisui riprese a
sorridere e piroettò letteralmente -roba che fece impallidire per fino Fay-
verso la cucina, doveva essere di buonumore. «Devi proprio mangiare,
direi...».
Kokuyo, dopo aver seguito con la coda dell’occhio l’erborista
sparire dietro la tenda della cucina, fissò il mago e restò in piedi accanto al
letto. «Sai che non puoi andare avanti così, vero?» sibilò a denti
stretti.
«Non so di cosa tu stia parlando, Kokuyo-san.» rispose Fay,
candidamente.
«Sai benissimo di che parlo invece. Continuando a usare la
magia, tu¾» la sua voce venne coperta dal rombo secco e profondo di un
tuono.
«Come hai detto, scusa?» Fay ebbe tutto il tempo per scegliere il suo
sorriso migliore. «So perfettamente che se continuo così non esisterò più molto
presto... Ma, beh, ve l'ho già detto, no? Non mi è mai importato vivere, per cui
se dovessi morire dopo tutto questo non farebbe molta differenza.»
rispose.
«Lui vale più della tua vita, quindi.» evinse.
«Qualunque cosa
vale più della mia vita. Lui vale più di ogni altra cosa.» non si accorse
neppure della facilità con cui quelle parole gli uscissero dalla bocca e quando
se ne accorse sussultò appena.
Kokuyo fece una strana smorfia, molto simile a
quella che faceva Kurogane quando qualcosa non lo aggradava. «Non succederྻ venne interrotto da un
altro tuono. «Cavoli, non ne posso proprio più. Tutte le volte che sto
cercando di fare un discorso serio, vengo interrotto!» brontolò.
«Interrotto da chi?» fece Fay, vistosamente confuso.
«Effettivamente¾»
fece per dire, ma entrò Hisui.
«Lui ha la convinzione che qualunque cosa
voglia interrompere il suo discorso. Che sia qualche umano, qualche evento
atmosferico o similiari...» sorrise l'erborista poggiando una scodella di zuppa
sul comodino accanto al letto.
«Anche tu mi interrompi!» gli fece notare il
moro.
L'altro ridacchiò. «Io non rientro nella categoria umani?» sorrise poi,
ma era un sorriso diverso dagli altri, strano, quasi malizioso.
«Tu? Ma non
farmi ridere! E comunque non è una convinzione, è la verità, prova a dirgli tu
quello che penso io.» bofonchiò l‘altro facendo una smorfia.
Hisui ricambiò
la smorfia con un occhiolino e rilanciò con un sorrisino. «Dovrei sapere che
pensi?».
Fay che in tutto questo ci stava
capendo sì e no poco o niente, semplicemente perché il suo cervello era occupato
da ben altri pensieri per rendersi conto che quello era un vivace scambio di
battute tipico di due persone che condividono il letto, e ora che aveva
raggiunto una posizione seduta, seppure a fatica e aveva recuperato la scodella
di zuppa, poteva almeno depennare dalla lista delle cose da fare la voce
“non morire di fame”.
«Devi
riposare molto, questo vuole dirti Kokuyo, in sintesi usare tutta questa magia
ti sta debilitando, ma non è che tu la stia finendo, anzi. È talmente tanta che
il tuo corpo fatica a sopportarla. La tua magia ha bisogno di energie per
permettere al tuo corpo di adattarsi, anche se di suo...» fece Hisui sedendosi
sul letto.
Il moro sospirò. «È come una precauzione, la magia è così tanta
che brucia il tuo corpo, perché tu non mangi abbastanza, sennò metabolizzerebbe
quello.» spiegò brevemente.
Fay inghiottì una cucchiaiata di zuppa. «E
basterebbe questo?».
«Teoricamente basterebbe, ma in pratica no.» Kokuyo
annuì ripetutamente ad occhi chiusi. «La situazione attuale è piuttosto
differente».
«Semplicemente, il tuo corpo è stato duramente prosciugato dalla
magia, tu sei di quella classe di maghi che più usano la magia, più diventano
potenti e la tua longevità è collegata a questo... Me l'hai spiegato tu, no?»
Hisui attese che il mago annuisse.
«Però, normalmente, l'aumento di magia è
graduale più o meno. Però spostarsi fra le dimensioni è più dispendioso, e tu
hai visitato moltissime dimensioni in poco tempo e¾» continuò
Kokuyo.
«Visto che avevamo un pomeriggio libero abbiamo fatto un attimo una
media, siamo intorno alle venti dimensioni per quindici giorni.» aggiunse
l'erborista. «Calcolando i giorni valutandone anche in quel caso la media delle
ore che li compongono, dato che ogni dimensione ha un concetto di tempo
differente».
«Lo vedi che mi interrompi?!» brontolò il moro.
Hisui
ridacchiò e gli accarezzò appena il braccio con la mano. «Scusami, non ci
pensavo!» sorrise, poi, sventolando l'aria con la mano. «Comunque sta di fatto
che la tua magia è cresciuta troppo e che ora devi riposare parecchio e usarla
in piccole dosi».
«Non potrei ora.» bisbigliò Fay a se stesso più che a loro.
«L'antidoto è pronto.» lo informò l'erborista.
E il mago si rese conto
che non se n’era preoccupato nemmeno per un secondo dopo il suo risveglio.
«Cosa?» gli uscì come un gemito. Voleva effettivamente dire che nella sua
vita per adesso era entrata una buona dose di fortuna, e ne aveva
particolarmente bisogno in questo momento. C’era speranza nella sua vita per la
prima volta, e non era affatto una brutta cosa la speranza.
«L‘antidoto è
pronto.» ripeté Hisui, col medesimo tono di un istante prima.
«Pensavo che
con quella caduta...» scosse il capo il mago come a parlare con se stesso più
che con loro.
«Sei caduto discretamente bene, ti abbiamo trovato praticamente
subito...» gli spiegò il moro. «Avevi solo le labbra un po’ blu, poteva andarti
peggio...» aggiunse.
Fay trasalì appena e sorrise, ignorando bellamente
quello che gli stavano dicendo. «Quindi è pronto...».
«Sì, è pronto, ma
dobbiamo cercare un modo poco rischioso per mandarti indietro.» fece
Hisui.
«Siamo già d'accordo con la principessa del regno del Giappone per
rimandarti indietro da noi.» bofonchiò Kokuyo.
«Avete parlato con Tomoyo?»
farfugliò Fay. Troppe informazioni, in troppo poco tempo.
«Poche ore fa si è
illuminata la tua tasca, non sapevamo che fosse e, mentre dormivi, abbiamo un
po' rovistato...».
«Non usare il plurale che sei tu l‘impiccione tra noi!»
brontolò il moro.
«Sì, ma chi è stato a dirmi di controllare?» gli fece
notare allora.
Kokuyo rivolse gli occhi al cielo sospirando. «Ma guarda te
che cosa mi tocca sentire!».
«Inoltre, tu conoscevi il trucchetto per
attivarle però, eh!» replicò Hisui agitando l’indice destro per aria. «Comunque
abbiamo trovato una sferetta luminosa... e lei ci ha parlato... Domandava se
stessi bene, le abbiamo detto che stavi riposando e che ti avremmo mandato lì il
più presto possibile...» riassunse Hisui.
«Poi le abbiamo detto che non
potrai portare con te l'antidoto, perché deperisce facilmente quando si passa
attraverso il piano astrale infradimensionale, e che lei deve mandarti indietro
da noi assieme al tuo amico» aggiunse il moro.
«Questa parte Kokuyo l'ha più
o meno ringhiata...» sospirò l'altro scotendo il capo.
«Beh bisognava essere
piuttosto diretti, no?» replicò. «Non tutti sono bravi a parole come te,
Hisui».
L’altro si abbandonò a una risatina. «Sì, ma tra dire le cose in
maniera diretta, come dici tu, e ringhiarle c‘è una bella
differenza!».
«Tsk!» sbuffò Kokuyo. «Non è per questo, forse, che ti
piaccio?».
L’erborista non rispose, piuttosto gli fece l’occhiolino.
«Comunque lei ha detto che devi tornare presto».
«Sì, il tuo amico vuole
vederti.» annuì il moro.
Fay sospirò appena nel sorridere. «Ah».
Kokuyo si
passò una mano tra i capelli. «Non preoccuparti, ti faremo partire
subito».
«Vi ringrazio, ma non vorrei arrecarvi troppo disturbo.» sospirò
poi.
«Guarda che se continui Kokuyo ti prenderà a pugni...» bofonchiò Hisui
stentando un sorriso decisamente poco amichevole.
Il moro annuì nuovamente
con gli occhi chiusi e le braccia conserte. «Dal momento che l'antidoto è
pronto, dovremmo farlo partire, piuttosto che minacciarlo.» bofonchiò chinandosi
verso l'erborista. «Sennò finisce che non facciamo in tempo».
Quello annuì.
«Puoi stare in quel regno anche un giorno. Qui dove ci troviamo noi le giornate
sono davvero molto lunghe, una volta la strega ci disse che contano all'incirca
trentasei ora del luogo che lei chiamava Hashin...».
«Vuol dire che puoi
riposare anche un giorno intero. Non c'è fretta, capito?» aggiunse Kokuyo, che
aveva notato la faccia parecchio confusa del mago.
«Non credo sia così
necessario...» obiettò Fay.
«Ah, ma allora tu vuoi essere picchiato. Guarda
che bastava dirlo!» brontolò il moro.
Hisui fulminò entrambi con lo sguardo,
ma poi sorrise largamente. «Fay, possiamo capire perfettamente quello che provi.
Ma pensa per un momento a quello che potrebbe provare il tuo amico».
«Se tu
fossi nei suoi panni, come ti sentiresti?» farfugliò Kokuyo per facilitare la
cosa, anche perché aveva un po' capito che non si riusciva a fare un discorso di
livello medio con quel tipo, figurarsi a fargli capire quelle cose!
«Ci sono
stato nei suoi panni.» bofonchiò Fay.
«Ah, quindi capisci che non sarebbe
carino salvargli la vita e morire, vero?» sorrise l'erborista, ma il suo tono
era serio e severo, anche un po’ acido probabilmente. «D'accordo, morire per la
persona che ami è un modo decente per lasciare questo mondo, ma devi pensare
anche a quello che provano le persone attorno a te. Mi hai detto che, oltre a
questo Kurogane, sei affezionato a dei ragazzi. Non puoi andartene, è troppo
presto.» continuò a sorridere, e la sua si addolcì appena, gradualmente. «È
questo ciò che voleva dirti Kokuyo prima. Come può vivere bene una persona che
sa di aver causato la morte di un'altra persona?».
«Sono stato anche in quei
panni, veramente...» mormorò Fay.
«Ancora
meglio!» brontolò Kokuyo senza
nemmeno ponderare un pochettino alle parole da usare. «Voglio dire,» si corresse
poi. «Non hai mai pensato che, nell'eventualità in cui il tuo amico dovesse
sopravviverti, si sentirebbe un cane per aver provocato la tua morte?».
«Ma
teoricamente non sarebbe lui il mio assassino materiale e poi non è tipo da
sensi di colpa, lui!» ridacchiò Fay.
Kokuyo, decisamente demoralizzato,
mentre si ripeteva tra sé e sé che non poteva essere così cretino, che non era
naturale, sospirò profondamente.
«Mi sa che ti conviene smetterla di pensare
a queste cose, e anche di dirle, che sennò qui finisce in tragedia.» sorrise
Hisui.
Il moro sogghignò sornione.
«Mi dipingi come un assassino, te ne rendi
conto?».
«Certo, sei carino vestito tutto di nero con un coltello in bocca.»
annuì l’erborista.
«Quando mai mi sono vestito tutto di nero con un coltello
in bocca?» bofonchiò.
«Nelle mie fantasie, che razza di domande!» ridacchiò
Hisui.
Kokuyo si voltò verso Fay che era tutto intento ad evitare il contatto
visivo. «Direi che ti facciamo partire, eh?».
Aveva finto di dormire per tutto il tempo, in fondo non
era difficile, aveva imparato dal migliore. Voleva troncare il discorso del “si
chiama amore, Yoo” prima che il mondo stesso gli crollasse addosso.
A che gli serviva l’amore? Lui era un
ninja non una bambola di porcellana tirata fuori giusto per la Hina
Matsuri! L’amore era un accessorio per quelli che avevano
tempo da buttare per rimirare le foglie degli aceri colorarsi d’autunno.
Ma ciò non toglieva che sentisse un peso strambo sul cuore
non indifferente. Era come se centinaia di migliaia di aghi gli entrassero nella
carne, come se un brivido gelido gli percorresse la schiena da capo a piedi, una
specie di presentimento gli urlava in petto. Ma tanto stava solo male, mica era l’assenza
del mago a scavargli dentro, portandosi via un pezzettino di lui ogni ora. O
forse no?
Quando Tomoyo si congedò, tirò un sospiro di sollievo e si riportò
a pancia all’aria.
La prima cosa che si ritrovò a pensare fu che era buffo,
lo conosceva da un po’ ormai, e ancora non aveva ben inteso se bisognasse
chiamarlo Fay o Yui, l’aveva sempre chiamato mago o idiota, mentre quell’idiota
rachitico aveva dato libero fondo al suo magico repertorio di nomignoli. Forse,
se fosse venuto a trovarlo, con o senza una cura, avrebbe fatto bene a salutarlo
chiamandolo per nome, o forse gli avrebbe spezzato il cuore proprio alla fine
della sua vita.
Che cavolo andava a pensare?
Scosse la testa due volte, sentiva ancora i lobi delle
orecchie pulsare, bollenti. Aveva avuto tanto di quel tempo per pensare, e ora
se ne usciva solo con certe cose tanto stupide? No, lui era un cavolo di ninja, mica una maledetta bambola!
Però non poté far
altro che continuare su quella via.
Tra i tanti pensieri che gli vorticavano
per la testa ne era apparso uno che era stato fisso lì per un bel po’ ma che non
aveva mai voluto esternare: non voleva lasciarlo solo. Ogni giorno sopravviveva
quelle ventiquattro ore pensando al mago, catalizzando tutte le forze che aveva
nello sperare e così passava quei millequattrocentoquaranta minuti che lo
dividevano dal giorno successivo e ora si ritrovava a pensare, con la mente
completamente vuota un’assurdità simile. Doveva stare davvero parecchio
male.
Gli era capitato una sola volta di pensare che una volta finito il
viaggio probabilmente non avrebbero avuto più modo di vedersi, probabilmente
nessuno di loro avrebbe saputo della morte dell‘altro. Ma ora il gioco era
cambiato e le carte in tavola erano girate. Se fosse guarito, dal momento che
aveva ripreso a sperare e quindi bisognava pianificare il futuro, che cosa
avrebbero fatto? Come avrebbero deciso di comportarsi?
Quel bacio lasciava
una porta aperta che lui non avrebbe mai imboccato prima. Però sotto questa
chiave di lettura, quel bacio che aveva aperto delle strade nuove e l’aveva
lasciato con quell’impudente amaro in bocca e con una serie di domande insolute,
sembrava davvero la risposta. In fondo anche se a lui non serviva l’amore, quel
mago evidentemente ne aveva bisogno.
Per quanto si sforzasse a pensare, a
sperare, ogni giorno che sopravviveva, non poteva immaginare, quel giorno in più
che guadagnava nel suo futuro, senza quel mago al suo fianco. Era strano, gli
piaceva l’idea che quell’idiota di mago gli gironzolasse intorno con le sue
strane moine non richieste, certo non lo andava a declamare in giro, però gli
piaceva e se questo gli permetteva di vivere ancora un giorno, non era affatto
male come situazione, anzi, era davvero allettante.
Fay si ritrovò nella sala del trono del castello di
Shirasagi che era ancora notte fonda. Se avesse girato in quella specie di
labirinto di corridoi, senza meta, probabilmente l’antidoto sarebbe deperito e
lui sarebbe morto di stenti in un angolo del palazzo. Sentì le ginocchia molli
come burro, ma non si sentì debole, aveva solo il corpo ancora intorpidito, e di
certo smaterializzarsi da una dimensione all’altra non è che l’avesse aiutato
granché.
Cominciò a guardarsi intorno, non poteva perdere troppo tempo, ma
prima ancora di cercare un modo per far luce sulla faccenda, del resto da che
mondo è mondo si spengono le luci quando è buio, qualcuno aprì la porta alle sue
spalle, facendo entrare una buona quantità di luce, evidentemente nel corridoio
c’era ancora movimento.
«Sei già qui, Fay-san!» fece la vocina amichevole e
decisamente inconfondibile della principessa Tomoyo.
Il mago si voltò in
direzione della luce che trapelava dalla porta aperta. «Tomoyo-hime! C‘è ancora
tempo, vero?».
«Lui sta dormendo...» annuì lei, trattenendo un mezzo sospiro.
«Tu come stai piuttosto? Quei due signori mi hanno detto che stavi poco
bene...».
«Ero solo molto stanco, Hime...» sorrise candidamente agitando
l‘aria di fronte al suo naso con la mano. «Ma ora sto benone, e quindi beh,
appena potrà partire, lo porto con me, e raggiungiamo il signor Hisui e il
signor Kokuyo, per curarlo...».
Ricambiò il sorriso. «Vuoi vederlo?» poi si
avvicinò a lui appena, aguzzando la vista e poi fece una smorfia di disappunto.
«Non farti vedere che hai il collo ferito o lo farai preoccupare...».
«Gli
hai detto che ho trovato una cura?» fece, ignorandola.
«Dormiva, come avrei
potuto?» sorrise. «Fay-san, davvero, non fargli vedere che sei
ferito...».
«Mi hanno medicato e comunque non è una ferita così grave,
tranquilla, Tomoyo-hime...» replicò sospirando. «Per favore, ora, guidami dove
sta lui io qui dentro mi perdo!».
Lei annuì. «Sei sicuro di stare
bene?».
Il mago sospirò nel fare un cenno affermativo con la testa. «Sì, sono
solo un po‘ indolenzito».
«Io sto parlando del problema dato dalla tua magia,
Fay-san.» replicò lei.
«Oh, quello è sottocontrollo, ora! Pensiamo a
Kuro-bau, oggi, mh?» le sorrise di nuovo, facendole l’occhiolino.
Kurogane era rimasto a pancia all’aria a pensare,
crogiolandosi allegramente in quei pensieri che aveva evitato come il diavolo di
norma evita l’acqua santa. A che gli servivano quegli inutili pensieri che non
gli permettevano di dormire?
Sbuffò fiaccamente e si coprì il viso con
entrambe le mani. Appena Tomoyo fosse tornata nella sua stanza, le avrebbe
chiesto da bere.
Ma quando il furuda decorato coi motivi floreali scivolò
lungo l’altro battente, gli mancò quasi il fiato. Restò con le labbra strette e
non riuscì a dire niente.
Alle spalle di Tomoyo, c’era il mago, l’inutile
idiota biondo, in un inquietante vestito color avorio sfavillante, con tanto di
riportini ocra.
«Sei sveglio, eh?» gli sorrise Tomoyo, facendo strada
all’idiota.
Kurogane la degnò di uno sguardo buttato lì per caso. «Hime, ci
lasceresti soli?».
Nemmeno il tempo di finire di parlare, che si ritrovò il
mago addosso, con entrambe le sue braccia attorno al collo e la sua faccia
affondata sotto il suo collo. «Hyuuuuuuu~» urlicchiò piano stringendosi a lui.
«Ti sono mancato, Kuro-bau?».
Il giapponese fece una piccola smorfia che
Tomoyo colse subito, poco prima di uscire. «Trattalo bene, Yoo».
Fay nascose
meglio la faccia nel collo di Kurogane. «Ti sono mancato, Kuro-bau?»
ripeté.
«Come puoi mancarmi tu, ridicolo imbecille?» brontolò mentre
lasciava scivolare piano uno ed un solo dito di sfuggita su quel cavolo di vestito
che gli stava fottutamente bene.
«Devo dirti una cosa, Kuro-bau.» farfugliò
sciogliendolo dal suo abbraccio e tirandosi su a sedere.
Kurogane si guardò
il biondino in silenzio. Sembrava dimagrito, come se uno così magro potesse
diventare ancora più magro, aveva una specie di benda bianca attorno al collo, e
una sommaria aria malconcia, con tanto di capelli più lunghi e volto scavato.
«Anche io, veramente.» replicò poi, dopo aver valutato la situazione.
«Ah,
okay, prego...» gli sorrise.
«Chi deve morire, eh? Mi fai parlare per primo!»
bofonchiò poi il ninja abbassando lo sguardo.
«Beh, Kuro-bau, non è che tu
stia poi così bene...» gli fece notare. «I malaticci prima!».
«Vorrei che tu
smettessi di cercare.» mormorò. «Ti sei impegnato tanto, lo so... Ma io non ho
più tempo.» scosse piano il capo. «Io so che ti sei impegnato tanto, credimi.»
ripeté, con la voce ferma, seppur flebile. «Per favore, smetti di cercare,
perché non puoi andare avanti così».
Fay gli sorrise sincero, senza spostare gli occhi dai suoi.
«Oh, Kurogane, io avrei già smesso di cercare, se per te va
bene¾».
«Molto bene.» annuì con una faccia seria.
Il mago ridusse la
distanza tra i loro volti, non si era mai avvicinato così tanto, quando
parlavano seriamente, certo, era successo solo un paio di volte di parlargli
seriamente. «Sei così tenero quando sei lento ad arrivare alle cose!» gli
sorrise, tenendogli la testa tra le dita solo un secondo di più, spostandosi
poi, per tornare seduto. «Io avrei trovato una cura».
Kurogane restò
sbalordito, con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta, senza nemmeno
riuscire a parlargli. Perché non gliel’aveva detto subito? E poi perché sentiva
di nuovo i lobi delle orecchie pulsare così tanto?!
«Ho trovato una cura per
te, sei contento? Però bisognerebbe partire presto, prestissimo!» ripeté
Fay.
Il ninja se lo fissava con un'espressione che, avrebbe giurato, era
decisamente la più ebete del mondo. «Ce l'hai fatta, ce l’hai fatta.» annuì due
volte, ignorando i lobi delle orecchie bollenti.
Con un capogiro di terrore,
Fay si riscoprì a constatare che gli occhi di Kurogane erano assolutamente
diversi da come li aveva visti appena un secondo prima, e soprattutto da come se
li ricordava. Eppure aveva retto il confronto visivo con quelle iridi cremisi
fino alla fine.
«Aspettare un giorno non mi ucciderà, tu devi riposare.»
bofonchiò allungando la mano destra verso quelle che sembravano proprio bende.
«Sei ferito, eh?».
Inutile dire che il mago non sembrava affatto interessato
da quelle parole, guardava semplicemente le labbra di Kurogane assorto in un
certo pensiero che era diventato un po' troppo ricorrente. Ma quando le dita
ruvide del moro si posarono nelle immediate vicinanze della ferita lungo il
collo, spostò gli occhi a leggere l'espressione dura dell'altro. «Non è così
grave, Kuro-bau!» sorrise.
«Ti fa male?» domandò.
A quelle parole Fay non
poté più reggere lo sguardo e si scaraventò contro Kurogane, un’altra volta,
abbracciandolo forte. «Oh! Che dolce il mio Kuro-bau! Si preoccupa per la sua
adorata mogliettina!».
L'altro strinse le labbra e le palpebre e combatté
mentalmente con la voglia di abbracciarsi quel cretino. Ma poi non poté fare
nulla, fu come se il suo braccio avesse deciso di muoversi da solo e si poggiò
pesantemente sulle spalle dell'idiota. Semplicemente perché temeva di vederlo
volare via di lì a poco, per quanto era magro!
Sì come no! avrebbe detto
Tomoyo poco convinta.
Ma comunque quell'idiota lì era dimagrito, ora,
malgrado il voluminoso abito che portava, poteva sentire le ossa
sporgere.
«Che fai, Kuro-bau, mi abbracci?» fece Fay tartagliando quasi con
la voce.
«Sta’ zitto e cerca di dormire un po’. Tanto lo so che non hai
dormito per niente in questi giorni!» brontolò.
«Ma se dormo così sembriamo
due fidanzati!» cercò di obiettare il biondo.
Kurogane sospirò. «Perché non
chiudi la bocca invece di dire sciocchezze?». Con quelle parole lo fece
scivolare tranquillamente al suo fianco.
«Come stai?» gli domandò Fay
poggiando la testa su uno dei cuscini.
«Sto bene.» annuì. «Tu piuttosto
sembri davvero molto stanco».
Il biondino gli sorrise. «Tranquillo, Kuro-bau,
sto benone!».
«Ovviamente non avrai nemmeno mangiato, cretino che non sei
altro!» borbottò.
«Ma sì che ho mangiato!» ridacchiò.
«Certo, e io ti
credo!» brontolò ancora sistemandosi su un fianco, per guardarselo.
«Sono
stato in tanti posti.» biascicò il biondo.
«Dai, riposati, mi racconterai con
calma» sorrise.
«Pensavo di essere arrivato tardi, lo sai?» farfugliò
l'idiota mentre cercava di sistemarsi una posizione un po' più comoda.
«Ce
l‘hai fatta.» ripeté.
«Ammettilo che non ci pensavi nemmeno che sarei
riuscito a salvarti!» ridacchiò. «Ultimamente nemmeno io ci credevo
granché!».
«Io l'ho sempre saputo.» poi sospirò. «Ho vacillato un attimo... A
dire la verità».
Fay alzò la testa e se lo guardò tra l'assonnato e il serio.
«Oh, allora ti fidi di me!» gli sorrise poi.
«Certo maledetto imbecille!»
mugugnò a denti stretti.
«Ci sono molti posti molto belli, sai, Kuro-bau?»
mugugnò Fay a voce bassa, accartocciandosi lì accanto. «Se avrò modo di farlo,
vorrei tornare in alcuni...».
Il moro annuì, sospirando. «Dormi ora,
mh?».
«Ho dormito parecchio...» continuò a dire.
Kurogane si allungò per
afferrare la coperta e sistemargliela addosso. «Ciò non toglie che tu sia
stanco... Chi te l‘ha dato questo vestito?».
«Il signor Hisui... Ha preparato
l‘antidoto per te.» rispose quasi in automatica, mentre chiudeva gli
occhi.
Il ninja non disse altro, aspettò di sentirlo prendere un lungo
respiro e poi buttare fuori l’aria in due sospiri smorzati.
Tanto che nemmeno si
accorse che Tomoyo era allegramente entrata e si era accomodata accanto al suo
letto. «Hai visto, Yoo?».
«Che sorrisone compiaciuto...» mormorò il moro
spostando la testa impercettibilmente più vicina a quella di Fay. «Lo sapevi,
eh?».
«Beh...» la principessa fece spallucce.
«Mi hai fatto fare una
figura che...» cominciò a dire.
Lei fece una smorfia. «Mica gli avrai detto
di smettere di cercare?».
«Beh, sai sto morendo! E poi ti sembra che la sua
salute sia tanto migliore della mia?» replicò. «Se me l‘avessi detto avrei finto
un minimo di sorpresa...».
«Certo, certo... Tu che fai l‘attore, ma quando
mai!» ridacchiò lei. «Comunque, che gli hai risposto quando ti ha domandato se
ti è mancato?».
«Che ovviamente non mi è mancato.» brontolò.
«Mh, forse
non sei così tanto pessimo come attore...» borbottò lei. «Perché non gli hai
detto la verità?».
Kurogane fece orecchie da mercante. «Quale
verità?».
«Yoo, potrei ordinarti di dirgli la verità...» gli fece lei con un
ghigno inquietante.
«Ma non capisco che cosa vorresti che facessi!» replicò
il moro paonazzo in volto.
«Digli che ti è mancato, perché tu non menti e
questa è la verità...» annuì la sua principessa.
«No.» rispose
categorico.
«Perché no? In fondo anche l‘altra volta eri sul punto di dirgli
che ti è mancato...» gli rammentò con tanto di sorrisetto.
«Perché l‘altra
volta era diverso! Stavolta sono più lucido e la volta prima ancora non mi aveva
nemmeno salutato! Invece la volta scorsa mi ha baciato!» ringhiò d’un fiato,
senza nemmeno rendersi conto che con quelle tre frasi confuse aveva buttato
all’aria quei mesi in cui si era tanto impegnato a mantenere il
segreto.
«Cos¾?» Tomoyo restò interdetta per un momento. Probabilmente
pensava che uno come Fay non si sarebbe mai sognato nemmeno tra dieci milioni di
anni di fare una cosa del genere.
I lobi delle orecchie di Kurogane, ora,
erano di un viola acceso, proprio come certe cerase al massimo fiorire della
maturità.
«E tu avrai ricambiato, spero!» fece lei.
«Chi ti dice che
avrei voluto ricambiare?» ringhiò il ninja.
«Quindi no, era abbastanza
chiaro...» annuì lei ad occhi chiusi, incrociando le braccia. «I tuoi
atteggiamenti... E poi beh eri davvero depresso quando è
ripartito...».
Kurogane pensò che la testa gli stesse per esplodere per
l‘imbarazzo. Si morse la lingua e restò in silenzio.
«Yoo, perché non gli
hai detto che ti è mancato?» tornò al discorso principale.
«E ammettere di
essere debole? Certo! Come no!» ringhiò il moro agitandosi.
«Primo: sta'
calmo... Secondo: non è che se ammetti una cosa simile sei debole, anzi, sarebbe
una prova di coraggio da parte tua... Inoltre, pensaci: tutto ciò che hai fatto,
tutto, era mosso dai sentimenti che nutri per lui, o sbaglio?» sorrise.
«Permettimi di analizzare la situazione».
«Ancora con questa storia?»
brontolò.
«Sono una tua amica, no? Ti conosco piuttosto bene, inoltre mi
dispiace vederti così.» sospirò profondamente.
«Mai!» si oppose
ancora.
«Sono la tua principessa, ricordi?» lei ammiccò con una faccina
sorniona. «Quindi anche se ti opponi potrei anche dirti quello che
penso...».
Il moro restò in silenzio per due minuti netti. La principessa,
infatti, ebbe modo di contare fino a centoventi. «Anche se gli dicessi qualcosa,
fuggirebbe, lui scappa sempre!» borbottò poi. «E come se non bastasse è un
infelice cronico! A lui piace stare male, altrochè!».
«E questo non ti
farebbe arrabbiare?» domandò con un sorrisetto strano lei.
«Che rottura,
principessa!» brontolò. «Vuoi saperlo davvero? Cos'è tutto questo sadismo nei
confronti della mia dignità? Vuoi sentirmelo dire? Almeno così la smetti?» ruggì
paonazzo.
Quella ridacchiò divertita. «Abbassa la voce, sennò lo svegli!»
continuò a dire.
«Tsk!» sibilò di nuovo. «Ci manca solo questo... Così addio
dignità!».
«Comunque sì, voglio che tu lo dica chiaro e tondo.» annuì.
Fay
sbuffò un sospiro, affondando meglio il volto nel cuscino.
Kurogane strinse
le palpebre. «Mi trovo bene con lui, okay?».
Lei sorrise, e provò ad
incalzarlo. «Solo questo? Potrei ordinartelo, Yoo...».
«Ordinarmi cosa?»
domandò lui, ancora più rosso di prima.
«Di dirmi proprio tutto quello che
provi per lui...» sorrise.
Il ninja spostò lo sguardo, puntando gli occhi
alle spalle della sua principessa. «Non lo so, Tomoyo».
«Oh, allora è proprio
amore, Yoo!» proferì con fare solenne, annuendo ben due volte, con un sorrisone
strano che la fecero somigliare ancora una volta alla Strega.
«Ancora con
questa storia? Perché non te ne vai a letto, invece di dire cavolate? È ancora
notte fonda!» sbraitò un’ultima volta.
Lei sogghignando, si alzò e raggiunse
la porta. «Riposati anche tu».
«Mh.» mugolò lui mentre il furuda si
chiudeva.
Kurogane poi, cercò di assumere una buona posizione, per prendere
sonno. Sentiva il cuore tamburellare con forza nella sua cassa toracica, ma non
era una sensazione dolorosa, anzi, era piuttosto piacevole.
Anche se Tomoyo
aveva provato ad estorcergli una qualche confessione, era una cosa che bisognava
vedere in futuro, loro due, senza interferenze altrui. Però, forse, gli andava
bene anche solo stargli accanto, senza avere ulteriori intenzioni.
Si
concentrò sui battiti del suo cuore, sul rumore leggero che faceva il respiro di
Fay contro il cuscino, e strinse appena le palpebre prima di riuscire ad
addormentarsi.
Ehilà! Benvenuti!
Qui è mattina presto, sono tipo le otto, ma per forza di cose devo postare oggi senza nemmeno farmi betare il capitolo *presumibilmente la mia beta vuole la mia testa, visto che tutte le volte che posto faccio così, oppure le chiedo di correggere e io poi rimuovo il capitolo completamente e lo riscrivo da capo...*, tra poche ore parto v__v e quindi vi abbandono allegramente con un allegro capitolo poco pesante come quell'altro.
Non dirò che questo capitolo non mi ha fatto impazzire più di tanto, è una menzogna, l'ho scritto dieci volte e i personaggi sfiorano l'ooc, se proprio non vogliamo dire che lo sono quasi del tutto! Ma visto che una gentilissima ragazza mi ha detto che se denigro un'altra volta questa storia sarà molto acida nel recensire, allora è meglio non rendersi conto delle mille migliorie che si potevano apportare a questo capitolo.
Vi ringrazio di aver seguito la storia fin qui e spero vivamente che continuerete a farlo.
yua,
ehilà! Auguri in ritardo! E ciao anche a te, Hisui, hai visto? Oggi hai anche
parlato! *parla con Hisui e ignora yua* No, va beh, yua le tue recensioni anche
se folli, sono adorabili! In effetti sono più folli del solito, ma posso capire,
hai passato taaaante ore sul treno e... beh, mi dispiace che il capitolo ti sia
risultato pesante, anche questo capitolo è lungo ma non ho perso troppo tempo
coi dettagli, visto che tu e Tomoyo avete avuto a che ridire v__v per cui, stavolta sono stato bravo v__v anche se il capitolo o forse più che altro le mie capacità non sono state questo granché questa volta, spero di rifarmi in futuro. Grazie mille per la recensione! Adios!
harinezumi, *commento alla recensione del capitolo
otto* Ciao, Harichan *W*! In primis mi sento di dire che non potevo
non descriverlo così il povero Kuro-rin, in fondo è divertente sgretolare con un
martello pneumatico le sue allegre certezze, purtroppo in questo capitolo hai
avuto modo di notare che è quasi troppo vitale per i miei gusti v__v, ma tanto
c'è tempo per ridurlo di nuovo uno straccio! v__v *medita piani omicidi nei
riguardi di Kuro-wanko* In effetti anche lì abbiamo allegramente sfiorato l'ooc,
però in fondo l'ho quasi ammazzato, chiunque sul letto di morte rivaluta le
proprie prospettive e le proprie priorità <= se lo ripete solo per
convincersi di non aver stuprato il povero personaggio. Per il bacio, beh... Anche secondo Tomoyo è strano che quel vile comportamento di Fay fosse proprio nato dalla mente a base di quattro neuroni rinsecoliti e malconci di Fay, però... Beh, io volevo spezzare il capitolo, così da metterlo un capitolo dopo, ma stava bene lì. E non sai che ne verrà fuori in futuro... *risata malefica*
*commento
alla recensione del capitolo nove* Rieccoti! *^* Hai visto? In questo capitolo
ci sono Hisui e Kokuyo, spero di averli resi quasi decentemente, e non
disperare, appariranno anche Saiga e Kakei tra due capitoli e mezzo, gli
antesignani Fay e Kurogane, allegramente tralasciati in Tsubasa solo per non
avvalorare la tesi che oltre a cavamenti di occhi, troncamenti di arti e
donazioni più o meno frequenti di sangue, tra quei due c'è ben altro. Sì è stata
una faticaccia mostruosa scrivere quel capitolo, ma che potevo fare? Ogni volta
che parlavano quei due pretendevano di incontrarsi! Inoltre sforavano proprio
dal loro stesso personaggio, quindi meglio farli patire in silenzio v__v è stata
una sfida eh, la mia beta mi ha odiato v__v tutte le idee che c'erano in quel
capitolo sono state un po' glissate in questo, in modo da arricchire un po'. Per
nostra immensa fortuna spero non ci saranno capitoli così pesanti in futuro
<= che sennò finisce che istigo al suicidio e io pure non sopravvivrò più di
tanto xD Sono contento che entrambi i capitoli ti siano piaciuti, e spero che
questo non ti faccia storcere troppo il naso! Grazie mille dei
complimenti! E soprattutto, oltre a starmi bene, scrivi qualcos'altro su
questo fandom, per favore v__v che ci sono poche storie belle adesso T^T e non
bilanciano le tante storie brutte T^T
kiki4ever, intanto ti ringrazio per la recensione!
Comunque ti consiglio di pazientare ancora un po' con le preoccupazioni, anche se Fay è malconcio, la storia è ancora parecchio lunga, per nostra (s)fortuna v__v. Grazie ancora ^^
Grazie di essere arrivati fin qui, spero continuiate a seguirmi ^^
D.