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Autore: White Gundam    09/08/2011    3 recensioni
[Quarta classificata al contest "Il minestrone della nonna" indetto da Lal Rouche e giudicato da My Pride]
Di mattina presto Kamina sveglia Simon per festeggiare un evento importante. Una fluff tenera e dolce sui due "fratellini" di Gurren Lagann.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kamina, Simon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un (non)compleanno particolare
 
Era mattina presto, pressappoco l’alba, o almeno questo era quello che Kamina poteva dedurre dal fatto che il capo villaggio aveva appena finito di sbraitare l’ordine di accendere le luci del villaggio di Gia.
Il giovane sbadigliò, stiracchiando le membra intorpidite del proprio corpo alla fredda luce delle lampade al neon che illuminavano la grotta, la quale costituiva tutto il mondo degli abitanti di Gia. Kamina sapeva bene che non era così, lui e soltanto lui era direttamente a conoscenza dell’esistenza, sopra metri e metri di terra e di rocce, di una superficie, dove un enorme palla di fuoco riscaldava e illuminava l’ambiente e, alla sera, diventava di un rosso incandescente fino a scendere chissà dove, lontana dalla vista di chiunque.
Nella mente del giovane si riflesse, come in uno specchio, l’immagine del padre che si allontanava al tramonto; intorno a lui, solo una landa desolata ed infinita.
Avrei dovuto seguirti, vecchio.
Pensò il giovane mentre, con un ultimo e sonoro sbadiglio, imponeva alle sue gambe di alzarsi.
Si incamminò, con un’andatura dinoccolata, verso il centro del villaggio:
“Simon!”
Chiamò, non trovando la persona che stava cercando, ma nessuna risposta arrivò alle sue orecchie.
“Razza di pelandrone, stai ancora dormendo?”
Gridò, quando fu giunto al dormitorio degli orfani, dove avrebbe dovuto essere anche lui.
Alle sue grida tutti i ragazzini sobbalzarono svegliandosi di colpo e il più piccolo, colui che Kamina stava cercando, si passò le mani sugli occhi assonnati.
“Kamina, io lavoro; lasciami dormire, ti prego.”
Supplicò, reprimendo uno sbadigliò.
“Kamina?”
Le sopracciglia del più grande si corrugarono fino ad arrivare quasi ad unirsi.
“Fratello.”
Si corresse immediatamente Simon, e il ragazzo addolcì i lineamenti in un sorriso.
“Così va meglio fratellino, ti ricordo che io sono Kamina per tutti, tranne che per te.”
Simon sorrise mestamente, non riusciva ancora a capire il motivo per cui Kamina tenesse tanto a quell’appellativo, ma in fondo sapeva che avere qualcuno che lo considerasse parte della sua famiglia lo rendeva felice.
“Adesso mi lasci dormire, fratello?”
Chiese, senza una reale speranza che la sua richiesta potesse essere accolta e le sue previsioni si rivelarono corrette.
“Assolutamente no!”
Rispose infatti Kamina, afferrandogli una mano e costringendolo ad alzarsi in piedi.
“Oggi non puoi dormire, è una giornata troppo importante per farlo!”
Gridò il più grande, con voce entusiasta.
“Ah sì? Tu dici?”
Rispose Simon, con aria poco convinta mentre seguiva con enorme difficoltà il proprio fratello, i cui movimenti veloci e le gambe lunghe costringevano il ragazzino a fare passi giganteschi per stargli dietro.
“Certo! Come sarebbe a dire, Simon? Mi ricordo io che giorno è oggi e tu non lo sai?”
Il più piccolo si sforzò di ricordare cosa significasse esattamente quel giorno e il motivo per cui lui avrebbe dovuto ricordarlo così bene, ma nonostante gli sforzi non gli riuscì di ricordare proprio nulla e si vide quindi costretto a scuotere la testa.
“Come no? E’ il tuo compleanno!”
Gridò Kamina, con un tono tra il divertito e l’esasperato. Simon gli rispose con un’occhiata interrogativa.
“Veramente io gli anni li compio tra un paio di mesi…”
Tentò di replicare, ma l’amico gli posò un dito sulla bocca, in segno di zittirlo.
“Ti sbagli, fratellino. Oggi è esattamente il giorno in cui ti ho conosciuto, quindi ho deciso che gli anni li compi in questa data!”
Rispose, convinto. Il più piccolo rise, con una risata sincera e cristallina.
“E sentiamo un po’… Quanti anni compirei oggi?”
Chiese, divertito dalla situazione.
“Sette.”
Il tono di Kamina era serio. Simon scoppiò di nuovo a ridere.
“Ma, fratello, io ne ho quasi quattordici.”
Obiettò, posizionando le mani sui fianchi.
“Io ti ho conosciuto sette anni fa, quindi oggi compi sette anni.”
Replicò Kamina, chiudendo il discorso in maniera perentoria e non facendo più caso alle divertite obiezioni del più piccolo.
I due camminarono ancora a lungo, con Kamina davanti a ridere divertito e Simon dietro, quasi correndo, a cercare di spiegargli come funzionavano le ricorrenze senza riuscire ad ottenere risultato alcuno.
Quando finalmente si fermarono si trovavano in un anfratto del villaggio che Simon non aveva mai visto: era uno spazio circolare di dimensioni ridotte, coperto di terra e di polvere e con numerosi sassi, grandi e piccoli, che sporgevano dal suolo dando l’impressione di aver bucato il terreno e sopra uno di essi era posizionata una bottiglia di vetro.
“Simon, vieni qui.”
Kamina parlò a bassa voce, facendogli segno con la mano di raggiungerlo. Si chinò a spostare un sasso di medie dimensioni, facendo cadere la bottiglia che vi era sopra, la quale si frantumò toccando il terreno; e dietro, circondato dalla terra, il ragazzino vide un piccolo oggetto formato da uno stelo verde scuro e una corolla bianca, il cui centro era di un giallo luminoso: una margherita.
Simon si avvicinò a quella strana cosa che non aveva mai visto prima di allora, ma quando la sua mano destra stava per toccare quella minuscola meraviglia, la mano del fratello lo bloccò con gentile fermezza.
“E’ un fiore, se lo togli da dove si trova, morirà.”
Rispose pazientemente al suo sguardo interrogativo. Guardò le pupille degli occhi di Simon farsi più grandi per lo stupore e guardarlo, curiosi. Kamina si passò una mano tra i capelli, scompigliandoseli dietro la nuca, nel tentativo di trovare le parole giuste per descrivere quella strana forma di essere vivente ad un ragazzino che, nella sua vita, non aveva conosciuto nient’altro oltre al villaggio di Gia.
“Un fiore è una creatura vivente, come noi e le maiatalpe, capisci? Solo che lui mangia tramite dei sottilissimi piedi che sono sotto il terreno e se lo stacchi gli rompi i piedi e, non potendo mangiare, il fiore muore, hai capito?”
Chiese Kamina, dopo aver tentato di spiegare al più giovane quello che lui sapeva o quantomeno quello che supponeva di sapere.
Simon annuì convinto e accostò dolcemente la mano al fiore, carezzandone con delicatezza la corolla, sentendo sulle dita la consistenza sottile e vellutata dei petali.
“Perché lo accarezzi, Simon?”
Chiese il più grande, alzando un sopracciglio a sottolineare l’incredulità per quanto stava accadendo.
“Perché è piccolo e delicato, ed ha bisogno di protezione… E’ come fai tu con me, fratello.”
Rispose il ragazzino, senza staccare gli occhi dalla margherita. Kamina annuì in silenzio e sorrise.
“Ad ogni modo, volevo dirti che i fiori crescono solo in superficie, è sensazionale il fatto che ce ne sia uno qui, come è sensazionale il fatto che sia spuntato proprio oggi che è il giorno del tuo compleanno. Capisci, vero Simon? E’ segno che sarà grazie a te che raggiungeremo la superficie! E’ il simbolo della speranza, e sarai tu a realizzare questa speranza, fratellino.”
Spiegò successivamente, scompigliando i capelli del più piccolo.
“I- io?”
Domandò il ragazzino, incredulo, sentendo il cuore sobbalzare nel suo petto. Gli sembrava impossibile che qualcuno rivolgesse a lui, un semplice scavatore del villaggio di Gia, tali parole, particolarmente se era lui; Kamina era un leader nato, era forte, carismatico, gentile… Simon si era spesso chiesto cosa potesse vedere in lui quel ragazzo, ma gli bastava che lui gli scompigliasse i capelli, lo abbracciasse o lo chiamasse “fratellino” per far sparire ogni dubbio e scaldargli il cuore.
“Sì, tu.”
Rispose semplicemente Kamina e Simon gli si gettò fra le braccia.
“Sei il mio futuro e la mia speranza, senza di te io non sarei nessuno.”
Gli disse il più grande e Simon capì che bastavano soltanto quelle parole per cambiare non solo il giorno del suo compleanno ma anche il suo nome e la sua vita, se egli avrebbe voluto.
“Per questo ti ho portato questo regalo.”
Terminò Kamina, passandogli tra le mani un vecchio e polveroso oggetto quadrato, contenente dei fogli di carta ingialliti dal tempo. Simon lo prese tra le mani e lo aprì, gli occhi si riempirono di gioia e il mondo che aveva tra le mani prese vita grazie agli organi che consentivano la vista.
La prima immagine raffigurava una superficie nero- bluastra punteggiata di piccole luci gialle, e al centro di esse ve ne era una grande e rotonda.
Simon stregato voltò pagina vedendo una distesa infinita priva di muri e di soffitti, una distesa gigantesca di sabbia color oro che formava delle montagne in miniatura.
Il ragazzino voltò le pagine ancora ed ancora vedendo paesaggi che mai avrebbe potuto immaginare che un giorno avrebbe visto con i propri occhi dal vero: vide il mare, il deserto e lo spazio e ancora pianure, colline e montagne; ed ogni immagine era uno spettacolo, ogni idea che esse gli trasmettevano, un sogno.
E infine Simon aprì l’ultima pagina e guardò l’immagine finale: un campo intero coperto di fiori, non solo bianchi ma anche rossi, gialli, azzurri, rosa e viola.
“Questa è la superficie, fratello?”
Chiese, a bocca spalancata. Kamina annuì.
“Ci arriveremo vedrai e lì costruiremo il futuro.”
Gli disse il più grande, carezzandogli la testa.
“Sì.”
Rispose Simon e si fiondò tra le sue braccia, che Kamina gli avvolse intorno al corpo.
“Ma insieme, perché anche io, senza di te, non sarei nessuno.”
Concluse il ragazzino, stretto nell’abbraccio del suo fratello.
   
 
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