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Autore: Flami Destrangis    09/08/2011    10 recensioni
Ascoltando Heiji recitare un sonetto di Shakespeare, Kazuha rimane rapita della voce del ragazzo e dalle magiche parole della poesia. Heiji, invece, sembra esserne immune, o almeno lo sarà fino al momento in cui non capirà che lì, davanti ai suoi occhi, c'è la ragazza in grado di dare un senso a ciò che sta recitando..
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Heiji Hattori, Kazuha Toyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La tua eterna estate non potrà mai svanire

 

“Potrei io paragonarti a un giorno d'estate?

Tu sei più amabile e temperata.

Forti venti scuotono i dolci germogli di maggio,

E la durata dell'estate ha una scadenza troppo breve:

 Talvolta troppo caldo l'occhio del cielo splende,

E spesso il suo aspetto dorato viene oscurato;

E ogni bellezza talvolta perde la sua bellezza,

Per caso, o per il corso mutevole della natura, spogliata dei suoi ornamenti.

Ma la tua estate eterna potrà mai svanire

 Nemmeno perderà il possesso di quella bellezza che possiedi;

Ne la morte si vanterà che tu vaghi nella sua ombra,

Quando nei versi eterni al tempo tu sei cresciuta.

Finché un uomo potrà respirare o gli occhi potranno vedere,

 Così a lungo vivrà questo (sonetto), e questo di darà la vita.

 

Con lo sguardo perso nel vuoto, la ragazza ascoltava quelle parole, incastonate in un sonetto perfetto, rese melodiose dalla magia della poesia. Era così che dovevano essere quelle parole. Erano perfette, lì, immobili nel tempo, al loro posto, per sempre. Era dolci come il miele, soffici come le nuvole, leggiadre come le note di un’arpa. Andavano bene così, niente doveva mutarle, perché solo minimo cambiamento le avrebbe rese imperfette. Sarebbero sembrate noiose se inserite in una melensa prosa, sarebbero sembrate sdolcinate se ascoltate nel contesto di una canzone. Ma così, erano davvero uniche. Romantiche al punto giusto. Capaci di entrare nel cuore e di depositarsi lì per sempre. Capaci di incantare la mente. E quella voce, poi.. sì, quella voce che le stava recitando dava loro un tocco di malinconia. Sembrava la voce di un attore professionista. E, invece, era solo la voce del suo migliore amico.

“Ehi, Kazuha, mi stai ascoltando?”

La ragazza non rispose subito, ancora rapita com’era dal suono di quelle parole.

Kazuha? Già sei una frana in inglese, se in più non ti concentri, qui non finiremo prima di stanotte!” esclamò con tono sarcastico il ragazzo.

Ecco, riusciva sempre a rovinare tutto! Il suo romanticismo era pari a zero. A quanto pare, quelle parole a lui non faceva alcun effetto. Come poteva rimanere così impassibile?

“Sì, sì, Heiji, ho capito.. ora mi concentro. E’ solo che queste parole sono così belle..”

“Ti sembreranno meno belle quando ti faranno prendere un votaccio nel compito di inglese.” La prese in giro, ridacchiando. La sua affermazione era intrisa di una certa aria di superiorità. Lui era sempre così! Sempre a vantarsi delle sue fantastiche doti da detective, sempre capace di parlare inglese con una pronuncia formidabile, sempre bravo a scherzare e a prendere in giro tutti. Ma c’era una cosa che le piaceva più di tutto il resto. Era sempre bravo a farla ridere. Anche nei momenti di sconforto, nei momenti in cui le sembrava che tutto andasse storto, se Kazuha era con lui, beh, allora il resto aveva poca importanza. Perché con lui ritrovava il sorriso.

Quella frase, però, la fece infastidire. Con aria imbronciata replicò che non era così scarsa come lui sosteneva e che, di sicuro, quella volta avrebbe preso un voto migliore del suo. Come no, aveva risposto lui, scombinandole i capelli.

Erano seduti uno accanto all’altra sul divano, a casa di Heiji. In tutte le stanze regnava un silenzio assoluto, non c’era nessuno oltre a loro due. Si sentiva a tratti qualche schiamazzo provenire dalla strada, qualche clacson suonare, ma nulla di più. O almeno, i due ragazzi non sentivano nient’altro. Perché in quel momento c’erano solo loro, l’uno per l’altra, l’uno accanto all’altra. Entrambi conoscevano bene i loro sentimenti. Kazuha sapeva che per lei Heiji non era solo un amico, e Heiji sapeva che per lui Kazuha era la cosa più importante, era la persona che avrebbe voluto sempre avere accanto, era la persona che avrebbe dovuto proteggere sempre e comunque da tutto e da tutti. Si divertivano a prendersi in giro a vicenda, a fare a cuscinate, a esultare dopo le vittorie nelle loro interminabili gare di solletico. Per lui non c’era nessun altra, e per lei non c’era altro ragazzo oltre a lui.

“Allora, Kazuha, prova a ripetere l’intero sonetto in inglese, e a contestualizzarlo nell’opera di Shakespeare..”

Kazuha iniziò, un po’ esitante, a pronunciare le prime parole. Dovette presto ammettere che, in effetti, il suo inglese non era un granché. Quando notò che Heiji tratteneva a stento le risate, si infuriò.

“Ti piace tanto ridere, eh? Ora vedrai come ti faccio divertire!” e, dopo averlo atterrato sul divano con una cuscinata, iniziò a colpirlo col micidiale attacco del solletico. Heiji non la smetteva più di ridere, ma non voleva che l’attacco della sua amica rimanesse senza risposta. Contrattaccò, facendo ridere Kazuha fino alle lacrime. In tutto l’appartamento non si sentivano altro che le loro risate. Non c’erano altre voci, non c’erano altri rumori, solo loro due.

Nel tentativo di difendersi, senza accorgersene Kazuha spintonò l’amico giù dal divano, e fu a sua volta trascinata giù da lui. Continuarono a rotolarsi ridendo per terra, finché alla fine, stremati, posero fine alla contesa. Per quella volta, la lotta era finita in parità. Quando la ragazza riaprì gli occhi, vide che Heiji era sopra di lei. I loro visi erano talmente vicini che sentivano i loro respiri sulla pelle. Sarebbe bastato avvicinarsi un po’ di più perché le loro labbra di unissero, per diventare un unico bacio. Entrambi rimasero immobili per qualche minuto. Heiji sapeva che spettava a lui fare qualcosa, se qualcosa andava fatto. Sapeva che doveva baciarla, finalmente, ora o mai più, e non solo lo sapeva: lo voleva. Lo voleva da tanto tempo. E lei? Cosa voleva lei? Questo non riusciva a capirlo, o forse, aveva paura di capirlo. Aveva paura che lei non volesse quello che voleva lui. Nonostante le sue straordinarie doti da detective, il mistero dell’amore doveva ancora comprenderlo. Già, in quello forse Kazuha era più brava. Perché, forse, lei si era già accorta di quello che lui provava. Quando la vide arrossire, e distogliere lo sguardo, ebbe paura. Ebbe paura di rovinare con un gesto la loro amicizia. Fu per questo che si lasciò cadere a lato, accanto a lei.

“Forse..” iniziò “forse, potremmo recitarlo così quel sonetto. Uno accanto all’altra. Così, ora. Qui, stesi per terra. Che ne dici?”

Kazuha annuì.

“Ma io non sono brava..” aggiunse poi, “perché non lo reciti tu per me?”

Heiji sorrise, e fece come la padrona del suo cuore gli aveva chiesto. Iniziò a recitare, questa volta in inglese. “Shall I compare thee to a summer’s day?...”

Avrebbe forse dovuto paragonarla a un giorno d’estate? No, lei era ben più leggiadra e meglio temperata. Lei era il vento che animava la sua vita, e l’estate era troppo breve per poter essere paragonata a lei. Gli sembrava che il sole splendesse alto nel cielo solo per poterla illuminare, ma, a differenza di lei, spesso il sole veniva oscurato da nubi scure. E così, allo stesso modo, ogni bellezza prima o poi sfioriva, ogni cosa prima o poi era destinata a rimanere vittima dei segni del tempo, ma lei no, la sua eterna estate non sarebbe mai svanita, così come la sua bellezza, rara, unica, indescrivibile. Né la morte l’avrebbe mai presa nella sua ombra, perché lei sarebbe sempre vissuta nel cuore di lui, immobile nei suoi pensieri. E lui l’avrebbe protetta da ogni pericolo. Finché lui poteva respirare, finché lui poteva vederla, ma anche dopo, per sempre, lei avrebbe avuto vita in lui, come lui avrebbe avuto vita in lei.

Questi erano i pensieri di Heiji mentre, piano, ripeteva a Kazuha quei versi. La ragazza lo guardava, rapita dalle parole che lui pronunciava. E anche lui, già, anche lui era cascato nella rete magica della poesia. Era rimasto intrappolato nella tela del ragno, si era lasciato rapire da quelle parole che, solo fino a qualche minuto fa, gli sembravano banali e prive di senso. Cos’era cambiato? La risposta  non era difficile da trovare. Aveva semplicemente trovato qualcuno a cui dedicarle, quelle magiche parole. E l’aveva lì, proprio di fronte a sé. E, ora, ripetendo quei versi, leggeva negli occhi di lei i suoi stessi sentimenti. Ora, non aveva più paura. Si interruppe, proprio prima di mormorare le ultime parole.

“..and this gives life to thee.” Completò Kazuha.

Heiji sorrise: “Hai imparato.”

“Ma non sarò mai brava quanto te a recitarlo.” Disse lei di rimando.

“Non c’è bisogno che tu lo sia.” Mormorò Heiji “Va bene così. Perché tu sei la mia Musa ispiratrice. E un poeta non può far poesia senza la sua Musa. Non può vivere senza di lei.”

Pronunciò quelle parole senza rendersene conto. La sua mente aveva inconsciamente parlato per lui. Diavolo, cosa aveva detto? Chissà cosa pensava adesso di lui Kazuha! Non era mai stato un tipo molto romantico. Con quella frase aveva sorpreso persino se stesso, chissà quali dovevano essere ora i pensieri della sua amica.

“Dici.. dici davvero?” chiese lei con un filo di voce, arrosendo.

Heiji rispose di sì. Che senso aveva in quel momento mentire? L’incantesimo della poesia che li avvolgeva non si era ancora sciolto. E quell’incantesimo aveva la bruttissima caratteristica di renderlo terribilmente sincero.

“Se è così, vorrà dire che dovrò starti accanto per sempre. Hai detto di non poter vivere senza di me.” Scherzò lei, sorridendo.

“Se è così che deve essere, così sarà.” Rispose lui, distogliendo lo sguardo dagli occhi di lei e guardando il soffitto.

“Sarò la tua guida, allora. Ti accompagnerò in tutti i casi che risolverai. Ti salverò quando sarai in pericolo, e ti aiuterò a smascherare i colpevoli.”

Heiji rise. Non vedeva molto bene Kazuha nel ruolo di sua aiutante come detective. Ma, in fondo, perché toglierle quella soddisfazione?

“E va bene, sarai il mio Watson. Anche se, personalmente, Sherlock Holmes non mi piace.”

“E potrei essere molte altre cose per te.”

“Ad esempio?” chiese Heiji, tornando a guardarla. La curiosità si era impossessata della sua mente. Cosa voleva dirgli Kazuha?

“Potrei essere il tuo angelo custode.”

“No, sono io il tuo angelo custode. Non possiamo avere lo stesso ruolo.”

“Invece sì. Ci custodiremo a vicenda.”

Ci fu un attimo di silenzio.

“Poi, potrei essere..” iniziò lei, fermando la frase a metà, con aria pensierosa.

Heiji la guardò, mentre lei si sforzava di trovarsi un altro ruolo adatto. Provò tenerezza.  Com’era piccola, la sua Kazuha! Fu allora, guardandola, che capì. Era quello il momento giusto. Prima di perdere il coraggio, doveva dirglielo.

“Io ho un’idea.” Le suggerì.

“Ma davvero? Sentiamo.”

“Potresti essere.. la mia ragazza..” disse alla fine, quasi in un bisbiglio, guardandola con i suoi due occhi azzurri.

Kazuha si sentì mancare l’aria nei polmoni, e un vuoto nello stomaco le fece quasi girare la testa. No, non aveva sentito male. Heiji aveva detto “..la mia ragazza..” , non si sbagliava. Non le aveva chiesto nulla, aveva semplicemente pronunciato quella frase. Sembrava sereno. Sembrava sicuro dei sentimenti di entrambi, improvvisamente, sembrava aver perso ogni incertezza. Kazuha sorrise, spezzando poi il silenzio che regnava tra loro.

“Sarò tutto quello che vuoi che io sia.”

Heiji ascoltò quella frase volare dalla bocca di lei fino alle sue orecchie. Ed ebbe la certezza che lei era sua, solo sua, e sarebbe stata sua per sempre. Si avvicinò piano, e lasciò che le sue labbra sfiorassero quelle di lei. Aspettò che Kazuha ricambiasse il suo bacio, per poi stringerla a sé, con il desiderio di non lasciarla andare mai e poi mai. Le sue labbra sapevano di tutto ciò che di più bello c’era a questo mondo, e allo stesso tempo sapevano di qualcosa di unico e indescrivibile. Sapevano di lei, e di lei soltanto. Lei. Ingenua, sciocca, dolce, divertente, sensazionale, bellissima, unica. L’unica cosa al mondo che, ai suoi occhi, non sarebbe mai sfiorita.

 Non servivano altre parole. Non servivano “Ti amo”, non servivano “Ti voglio bene”. Entrambi già lo sapevano. E rimasero lì, uno accanto all’altra, sospesi nelle note incantate di un sonetto di Shakespeare.

 

 

 

Salve a tutti! :)

E’ la prima fan fiction che scrivo su Detective Conan, e la voglio dedicare alla mia coppia preferita, Heiji&Kazuha, nonostante il mio personaggio preferito sia Ai!

Mi è venuta in mente partendo dal fantastico sonetto di Shakespeare “Dovrei paragonarti a un giorno d’estate?” , davvero unico e inimitabile, che mi ha dato l’ispirazione per scrivere questa storia. Se ora state leggendo queste righe, vuol dire che siete arrivati alla fine del mio racconto, ed è proprio per questo che vi ringrazio di cuore! Grazie per aver dedicato un po’ del vostro tempo alla mia storia! Che dire.. se avete qualche altro minuto, mi farebbe molto piacere leggere le vostre opinioni! A presto, Fla95

 

  
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