The Guardian
Le
navi norvegesi risalirono silenziosamente il corso del fiume, e
quando finalmente furono arrestate, da esse scesero moltissimi uomini,
armati e
pronti a combattere. Erano guidati dal re Haakon, oltre che da Norvegia
stesso,
che teneva lo sguardo fiero puntato al cupo cielo scozzese. Egli si
mise in
testa alla colonna di uomini, facendo cenno di stare il più
in silenzio
possibile: il minimo scricchiolio li avrebbe fatti scoprire, e addio
all’effetto
sorpresa. Ma i suoi vichinghi erano uomini robusti, che avanzando sulle
foglie
secche e sui ramoscelli creavano un rumore dopo l’altro,
così, il re ebbe
un’idea: disse a tutti di togliersi le calzature che
indossavano, rimanendo
scalzi. In questo modo avrebbero attutito i rumori. Tutti, un
po’ scettici,
ubbidirono, e anche Norvegia, pur non avendone bisogno, smilzo e
leggero
com’era, fece altrettanto, dando l’esempio ai
soldati. Camminarono cautamente
nascondendosi tra le ombre della notte, mentre a poco a poco iniziavano
ad
avvicinarsi alla città fortificata dove risiedeva Scozia con
le sue truppe. Ormai
erano arrivati, presto avrebbero incendiato tutto e conquistato quelle
lande
senza neanche combattere. L’ambiente che li circondava
sembrava trattenere il
fiato, con orrore. Non si sentivano più gli insetti
risuonare nella notte, né
il vento che correva tra gli alberi facendo frusciare il fogliame. Solo
un
silenzio opprimente e denso. Quando i soldati, estratte le spade e le
torce, si
rimisero in marcia, pronti ad avventarsi sulla cittadella addormentata,
iniziarono, uno dopo l’altro, ad urlare per il dolore, colti
alla sprovvista.
Ovunque scappassero, nel panico, potevano sentire delle lame ferirgli
le piante
dei piedi, e ad ogni passo, avvertivano le carni lacerarsi sempre
più. Gridando
terrorizzati che si trattava di un maleficio, si ritirarono,
sprofondando di
nuovo nell’oscura foresta dove erano state nascoste le
imbarcazioni. Tra tutti,
soltanto Norvegia rimase lì, poco lontano dalle porte della
città, immobile,
mentre del sangue stillava dai suoi piedi al terreno. Non poteva
crederci. Non
riusciva neanche a realizzare cosa fosse accaduto.
D’improvviso, c’era stato il
dolore, e poi il panico. Ancora sotto shock, non si accorse di quando
le nuvole
che fino a quel momento avevano oscurato la luna, d’un tratto
si spostarono di
poco, ed alcuni raggi lunari irradiarono col loro pallore una pianta
davanti ai
piedi di Norvegia. Un semplice, umile cardo, con un solo fiore viola
sulla
cima, ma pieno di spine. Una goccia del sangue di Norvegia
scivolò lenta sullo
stelo, come rugiada rosso rubino. Il cardo, poi, prese a brillare
d’argento, e
iniziò a crescere. Lo stelo si allungò e
ingrossò, i rametti pure, le radici
crebbero. L’intera pianta, contorcendosi e scricchiolando, si
modellò, e tra le
spine e le foglie si poterono distinguere delle sottili gambe di donna,
con i
piedi piantati nel terreno, delle braccia pallide, con le mani che
terminavano
in lunghi artigli, un corpo magro e rigido, e infine un volto esile,
sovrastato
da capelli dorati raccolti morbidamente sulla nuca, che ricadevano poi
in una
lunga ciocca fin sulla schiena. Il capo era coronato da spine
intrecciate a
fiorellini di cardo violacei. Norvegia, sebbene durante quella
metamorfosi
avesse fatto un passo indietro, fissò dritto negli occhi
ametista la creatura,
con ira, per nulla spaventato.
«Perché tu, volgare pianta di campo, ti sei
intromessa?» chiese, senza
aspettarsi alcuna risposta, e infatti proseguì:
«Non ne avevi il diritto. Non ti saresti dovuta immischiare
tra gli affari dei
Regni.»
Il cardo abbassò lo sguardo, guardandosi le mani che
terminavano in punte
acuminate, e i piedi ancorati al suolo. Una volgare pianta, e nulla
più. Lo
sapeva, sapeva che non avrebbe dovuto immischiarsi in quelle questioni,
ma…
«…ma io lo amo.» mormorò con
una voce lieve, quasi inudibile.
Poi chiuse gli occhi.
Norvegia la guardò. L’espressione triste che aveva
gli raggelò il sangue, e
sentì la sua rabbia svanire come nebbia al sole.
«Scozia! Esci da quella tana e fatti vedere!»
urlò Norvegia, in direzione della
città fortificata. In quel momento le grandi porte si
aprirono, e ne uscì un
ragazzo alto, dai capelli arruffati e rossi. Portava una spada al
fianco, ma
non sembrava preoccupato alla vista dell’altra Nazione. Al
contrario, esibiva
un sorriso strafottente, che irritò Norvegia talmente tanto
che lo scandinavo,
prima che Scozia potesse avvicinarglisi ancor di più e aprir
bocca, si voltò,
facendo ondeggiare i capelli biondi, e si ritirò anche lui
nella foresta dove i
suoi uomini lo stavano aspettando. Ormai sarebbe stato inutile restare.
Nel
prato rimasero soltanto Scozia e quel cardo così pieno di
volontà da aver preso
vita. Scozia allora, smessa la sua espressione strafottente, si fece
serio,
mentre si avvicinava al cardo.
«Qual è il vostro nome, milady?» le
chiese dolcemente, prendendole una mano tra
le sue. Ella cercò di ritrarla, temendo che le dita nodose e
acuminate
potessero ferirlo, ma l’altro non glielo permise.
«Mi chiamo Thistle. È quel che sono.»
rispose allora lei, in un sospiro.
Scozia la guardò, percependo l’immane tristezza da
cui essa era afflitta. E
allora le parlò così:
«Thistle. So cosa hai fatto. Hai protetto me ed il mio
popolo, scacciando gli
invasori. Hai mutato te stessa, combattendo per la tua terra. Ti sono
immensamente debitore per questo, e voglio farti una
proposta.»
Le si inginocchiò davanti, sempre tenendole una mano, e
guardandola dritto
negli occhi disse:
«D’ora in avanti, tu sarai il mio simbolo. Ti
porterò con me sugli stemmi,
sugli stendardi, sulle monete. Sii la mia Protettrice, Thistle,
perché hai
dimostrato di poterlo essere. Sii sempre con me, Thistle, anche nel mio
cuore.»
Thistle, tremando appena, accennò un sorriso, e
annuì debolmente col capo.
Allora Scozia, di nuovo in piedi, le allacciò le braccia
attorno alla vita
stretta e, lentamente, avvicinò le labbra alle sue. Si
scambiarono un bacio
leggiadro, mentre Thistle sentiva già le forze abbandonarla,
e sapeva che si
stava ritrasformando nella semplice pianta che era prima. Ma era
felice, e
l’ultima cosa che vide furono gli occhi verde smeraldo del
suo amato, al quale
aveva giurato fedeltà eterna.
«SCOZIA!
Bloody hell! Vuoi muoverti?! Abbiamo un meeting, non puoi stare
lì a poltrire nel letto!» gli urlò
addosso Arthur, spalancando le finestre e
facendo entrare della luce nella stanza buia. Scozia, assonnato, si
stropicciò
gli occhi, e aspettò che il fratello uscisse per potersi
vestire.
Rimasto solo, tornò con la mente al sogno di quella notte,
che era in realtà un
ricordo molto, molto lontano. Ripensò agli occhi viola di
Thistle, e mentre lo
faceva, si accorse di una cosa appoggiata sulle lenzuola candide: un
piccolo
fiore di cardo viola. Lo prese tra le dita delicatamente, per non
rovinarlo,
pur sapendo che quel fiore era molto più forte di quanto
sembrasse. Dopo
essersi vestito, si avvicinò, sempre tenendo il fiore in
mano, ad un vaso
nell’angolo della stanza. Era un vaso di pietra grigia,
antico, abilmente
scolpito da uno scalpellino che lui stesso aveva scelto. Al suo
interno,
cresceva alta e rigogliosa la più bella e grande pianta di
cardo che si fosse
mai vista, ricoperta di fiori viola per tutto l’anno. Scozia,
sfiorando piano
un fiore, sorrise, e poi sistemò quello che aveva trovato
nel suo letto
all’occhiello della giacca.
«Thanks, my Guardian. Thanks, Thistle.»
mormorò, prima di uscire dalla stanza.
E i rami del cardo ondeggiarono piano, mossi dal vento che entrava
dalla
finestra aperta, e sembravano mormorare qualcosa anche loro, con una
voca quasi
inudibile.
«Ti
amo, Scozia.»
Note:
“Thistle” in inglese vuol dire “cardo”. Lo Scottish Thistle è chiamato anche “The Guardian” proprio perché, secondo la leggenda, queste piante che sono molto diffuse in Scozia ferirono i vichinghi norvegesi che stavano assaltando di nascosto un accampamento scozzese, e le loro urla di dolore svegliarono i soldati che così poterono combattere e sconfiggere gli invasori. Oltre a questa leggenda, mi ha ispirato anche una splendida immagine con Scozia e il Cardo, eccola.
[IMG]http://i56.tinypic.com/sqmiyv.jpg[/IMG]Un
saluto a tutti coloro che leggeranno, recensiranno o lasceranno un
commento.
BabiSmile.