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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    11/08/2011    0 recensioni
[802759][Threesome]
Sappiamo tutti che Dino è particolarmente legato a Tsuna, tanto da reputarlo quasi come un fratellino minore. Ma ora che il Decimo Tonno ha una relazione coi suoi Guardiani della Pioggia e della Tempesta, come reagirà Cavallone?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dino Cavallone, Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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F

QUANDO I FRATELLI MAGGIORI S’IMPICCIANO

 

Yamamoto spense la luce, affossandosi sotto le coperte con la testa sul cuscino.

Il ragazzo si abbozzolò nel lenzuolo, cercando di prendere sonno, ma probabilmente non doveva essere destino, per lui, dormire sonni tranquilli quella notte, perché il suo cellulare, poggiato sul comodino, decise proprio in quel momento di squillare.

Con un sobbalzo spaventato, il moro scattò seduto, sbattendo ripetutamente le palpebre nel vedere il nome che lampeggiava a chiare lettere sullo schermo: perché Hayato lo stava chiamando a quell’ora?

"Pronto…?" sbadigliò.

"Non riesco a dormire."

Il tono basso e cupo di Gokudera non giunse inaspettato a Takeshi, che si allungò ad accendere la lampada, le ombre che si allungarono sui muri avevano un che d’inquietante: "Dovresti almeno provarci." gli disse lo spadaccino, tranquillo, "Se non altro, fallo per evitare di addormentarti davanti a Dino.".

Si udì uno sbuffo dall’altro capo del telefono, che strappò a Takeshi un sorriso malinconico, poi Hayato si mise ad armeggiare con qualcosa, inframmezzando imprecazioni in italiano con improperi in giapponese: "Non capisco il perché di tutto questo…" gemette esasperato l’argenteo, "Non è qui per conto del Nono, che diavolo vuole?!".

"Gokudera, calmati.".

Il tono di rimprovero di Yamamoto sembrò zittire, pur se solo per un attimo, il coetaneo: "Ascolta, non possiamo farci nulla, lo sai. Se Cavallone vuole parlarci riguardo a noi e a Tsuna, vuol dire che dobbiamo affrontarlo. Punto. Il Nono ci ha dato la sua benedizione, e così pure i signori Sawada e ovviamente tutti gli altri, ma Dino è molto legato a lui, lo sai che Tsuna per lui è come un fratello minore…"

La Pioggia si morse le labbra, sapendo che anche la Tempesta stava pensando le stesse cose.

"Non capisco… Non capisco proprio… Perché non dovrebbe essere d’accordo?" sussurrò Hayato, Yamamoto poteva quasi vederlo affossare la testa nel guanciale, "Noi amiamo il Decimo, e l’abbiamo sempre ampiamente dimostrato.".

Il ragazzo dall’altro capo del telefono non rispose, le parole del compagno lo facevano riflettere.

Dopo qualche minuto, Takeshi prese a massaggiarsi nervosamente le tempie, poi scostò le coperte e il lenzuolo, chinandosi a terra per recuperare qualcosa da mettersi addosso: "Aspettami, arrivo.".

§§§

Non ci volle molto per Yamamoto raggiungere il piccolo palazzo dove viveva Gokudera.

Tremando di freddo per il vento della notte, il ragazzo tirò fuori dalla tasca la chiave lucida del portoncino e la infilò nella toppa: il familiare cigolio che segnalava l’apertura lo raggiunse solo marginalmente, meccanicamente, salì le scale che portavano al secondo piano e si strinse nel cappotto quando una folata di vento proveniente dai piani superiori lo investì in pieno quando si era avvicinato alla porta dell’appartamento del fidanzato.

Fece per suonare il campanello quando, sulla soglia, nella penombra del pianerottolo, comparve Hayato.

Senza dire nulla, la Tempesta si scostò per farlo entrare e gli prese di mano la borsa per buttarla in un angolo della stanza, su una vecchia poltrona.

A Takeshi quella casa piaceva: era piccola ma calda, e quando erano tutti e tre lì, sembrava la più bella delle ville, con lui e Gokudera che bisticciavano come due vecchie zitelle e la risata di Tsuna che permeava l’aria mentre armeggiava in cucina con il bollitore del tè. Erano bei ricordi.

Si levò la giacca e la buttò sul primo appendiabiti a disposizione: sotto, aveva ancora il pigiama.

I due ragazzi restarono a fissarsi per qualche istante, o meglio: Yamamoto cercava di incrociare lo sguardo dell’italiano, tenuto ostinatamente basso.

Ma senza successo.

"Senti, non voglio forzarti a dire nulla, però devi ammettere che non è piacevole questo silenzio." disse la Pioggia con tono pacato, abbandonandosi stancamente sulla poltrona più vicina; con uno sbadiglio, si raggomitolò con la testa poggiata contro il morbido schienale, in modo del tutto simile a Uri.

Con un sospiro, Gokudera andò a sedersi sul pavimento freddo, con il capo reclinato sul ginocchio del moro: "E se non fosse d’accordo?" bisbigliò la Tempesta, "Se ci impedisse di stargli accanto?" proseguì, senza però cercare con gli occhi suoi quelli del compagno.

Ci fu un attimo di silenzio, poi una mano di Takeshi andò a posarsi affettuosamente sulla spalla di Hayato: "E’ inutile pensarci ora, vedremo domattina cosa succederà." decretò con tono gentile, prima di cingergli la vita con le braccia, abbracciandolo forte; l’argenteo si lasciò stringere, quasi arrendevole, non aveva neppure la forza per pensare.

Poi, Yamamoto lo lasciò andare, prima di alzarsi in piedi, stiracchiandosi: "E’ tardi, torno a casa a dormire almeno qualche ora. E dovresti farlo anche te." gli disse, "nella borsa c’è…" fece per dire, ma subito la Tempesta lo bloccò, afferrandogli il polso con fermezza e fissandolo dritto negli occhi scuri, i suoi sembravano aver recuperato quella luce che li contraddistingueva.

"Resta qui per stanotte.".

La Pioggia lo fissò con sorpresa, poi si lasciò scappare un sorriso: "Come vuoi." replicò allegramente, sedendosi sul divano, "Hai una coperta?" chiese con espressione pacifica; Hayato scostò lo sguardo, borbottando qualcosa che, subito, il giapponese non capì, tanto era bassa la voce del compagno, "Puoi ripetere?" chiese Takeshi, sporgendosi verso di lui col capo.

Ci fu un altro momento di silenzio, poi il tono, questa volta decisamente più comprensibile, della Tempesta risuonò nel salottino: "Ti lascio il mio letto.".

Lo spadaccino restò interdetto per parecchi secondi, prima di scoppiare a ridere, gettando le braccia al collo di Gokudera e stampandogli un bacio sulle labbra: "Allora possiamo starci entrambi. Con Tsuna in mezzo ci stavamo comodamente." notò subito dopo, cercando di non ridere poco gentilmente in faccia al fidanzato, che sembrava aver assunto la stessa tinta delle sue Fiamme, "E domattina, dimostreremo a Dino la nostra risoluzione.".

§§§

Con un asciugamano in testa, Hayato uscì dal bagno, raggiungendo Takeshi, che lo aspettava in camera, a gambe incrociate sul letto, con i loro completi neri in bell’ordine dinanzi a sé: "Me li ha dati il bimbo ieri pomeriggio. Ha detto che ci serviranno per oggi." spiegò semplicemente lui, sfiorando nervosamente con le dita la gemma azzurra del suo Anello, che brillava alla luce del primo sole che entrava dalla finestra spalancata.

"Quindi Reborn-san è a conoscenza di quest’incontro." sospirò stancamente la Tempesta, stando ritto nel mezzo della stanza: "Si," asserì la Pioggia, "Ma non è affatto d’accordo con Dino, se può rassicurarti." aggiunse lui con serietà, "Anzi, tutto il contrario. Ha detto che sarà presente anche lui oggi, ma che cercherà di aiutarci come può.".

Quelle parole rincuorarono un poco Gokudera, che abbandonò l’accappatoio sulla sedia più vicina, prima di chinarsi sui cassetti alla ricerca della biancheria, mentre l’altro s’infilava in bagno fischiettando.

Quando finalmente si accinse a indossare la camicia sopra il petto nudo e leggermente umido, anche Yamamoto, appena tornato, lo imitò e con rapidi movimenti speculari indossarono anche i pantaloni e infine le giacche, agganciando le Box alle catenelle.

Dopo aver annodato anche le cravatte, erano pronti.

Senza dire una parola, andarono a sedersi in salotto, in attesa della chiamata di Dino.

Cavallone era stato chiaro.

Passerà Romario a prendervi per le 10 del mattino, fatevi trovare pronti.

Le parole del biondo risuonarono nelle menti dei due Guardiani, coi nervi tesi, pronti a reagire al minimo rumore.

Quando il citofono squillò, Gokudera ebbe un sobbalzo per poi alzarsi di scatto, aggrappandosi letteralmente alla cornetta.

"Vi aspetto qui sotto.".

La voce familiare dell’assistente del Decimo Cavallone mozzò il fiato in gola al quindicenne, che strinse la mano attorno all’oggetto in plastica con tanta intensità da far sbiancare le nocche.

"Dobbiamo scendere." annunciò con tono grave alla Pioggia, che già aveva mosso qualche passo verso di lui.

Questi non disse nulla, si limitò ad annuire e a stargli al fianco: mentre scendevano le scale, non proferirono parola, ma i loro cuori battevano con intensità crescente via via che si avvicinavano al piano terra; una volta in strada, videro subito la berlina nera dai vetri oscurati che era venuta a prenderli, e accanto c’era Romario.

"Buongiorno ragazzi." li salutò lui con un leggero inchino, prima di aprire loro la portiera posteriore; loro ricambiarono il saluto e salirono a bordo, l’uno accanto all’altro, era una situazione del tutto irreale: e ne avevano vissuti di momenti fuori da ogni schema logico.

L’assistente di Dino mise in moto e, con un ruggito degno della migliore auto da corsa, il mezzo scattò in avanti, immergendosi nel traffico di primo mattino; l’atmosfera, a bordo, era pesante e tesa, con i due Guardiani dei Vongola che cercavano il più possibile di non guardarsi in viso, tanto erano pallidi, e l’italiano al volante, che sembrava del tutto assorbito dalla guida.

Dopo più di un’ora di viaggio, avevano imboccato l’autostrada, finalmente, Romario sembrò dare segni di vita: "Mi spiace per questa levataccia." disse con tono neutro, "E mi spiace per tutto questo." concluse, senza però voltarsi verso di loro; Yamamoto sospirò, abbandonandosi con la schiena contro il sedile, "Non siamo arrabbiati," replicò la Pioggia con insolita serietà, "è solo che non capiamo il perché di questa convocazione. Perché Dino si oppone alla nostra relazione con Tsuna?" chiese, cercando di mostrarsi il più possibile tranquillo, "Nana-mama e Iemitsu-papa ci hanno dato il permesso, anche il Nono lo sa. Non riusciamo a capire il perché di quest’ostilità.".

"E soprattutto perché non abbiamo potuto parlarne con Juudaime?!" saltò subito su la Tempesta, agitando il pugno chiuso: "A quest’ora avremmo dovuto incontrarci per andare a scuola assieme, sarà preoccupato non vedendoci! E se gli capitasse qualcosa sulla strada?!" esclamò con voce agitata.

"Il Decimo è al sicuro," lo confortò subito Romario: "Credo che Reborn-san abbia chiesto a Sasagawa-san di scortarlo lui questa mattina, assieme alla sorella e alla signorina Haru. E poi a scuola c’è Hibari-san, il Boss è riuscito a convincerlo a tenerlo particolarmente d’occhio per oggi." aggiunse l’uomo, mentre l’auto sfrecciava a tutta velocità lungo la strada.

Ci furono altri lunghi minuti di silenzio.

"Ascoltate, so che il comportamento del Boss potrebbe sembrarvi folle," riprese: "Però lui ha solo a cuore il bene del Decimo Vongola, nient’altro. Non ce l’ha con voi, è solo che…"

"Non si fida di noi?" azzardò Yamamoto.

Questa volta, Romario scosse la testa: "Tutt’altro, ha completa fiducia in voi. Solo che pensa che siate troppo giovani per una responsabilità del genere.".

"E non ha pensato che, forse, è quello che vogliamo?" brontolò Gokudera, guardando fuori dal finestrino l’alternarsi delle colline e delle montagne: "Che abbiamo giurato di proteggere il Decimo perché lo amiamo e che non ci importa cosa dovremmo passare?".

Una mano leggera si poggiò sulla spalla del guidatore: "Romario-ossan," cominciò Takeshi, con un sorriso malinconico sul volto, "Sapete quello che è accaduto nel futuro, vero? Sapete quello che abbiamo dovuto passare prima di poter tornare indietro tutti assieme. Una situazione del genere segna profondamente, e ci ha fatto capire molte cose, cose che non avremmo mai potuto afferrare in condizioni normali. Forse le preoccupazioni di Dino sono fondate, ma questa è la strada che abbiamo scelto.".

Le parole del Guardiano della Pioggia mossero qualcosa nel cuore dell’uomo.

Con la coda dell’occhio, vide le mani dei due adolescenti intrecciarsi saldamente e stringersi, e non poté reprimere un sorriso a quella vista.

"Il Decimo è fortunato ad avervi al suo fianco.".

§§§

Seduti sul tetto della scuola con i bento in grembo, Kyoko e Ryohei cercavano in tutti i modi di tenere alto il morale di Tsuna, che aveva a malapena mangiato un quarto del suo pranzo: si era comportato stranamente per tutta la mattinata, con lo sguardo che vagava fuori dalla finestra e l’espressione assorta.

I due fratelli, dopo che Reborn li aveva contattati per chiedergli di tenere d’occhio Tsuna, non avevano fatto domande di sorta e si erano prodigati nello svolgere quel semplice compito: ma dovevano ammettere che non era da Yamamoto e Gokudera non farsi vedere senza avvertire.

Per quanto Reborn li avesse rassicurati, non potevano dire nulla al Decimo, e forse era quella la cosa più difficile di tutte, soprattutto vedendo l’espressione cupa del Cielo.

"Tsuna-kun, oggi pomeriggio Haru-chan non ha corsi pomeridiani, possiamo uscire tutti assieme, cosa ne pensi?" chiese Kyoko con tono gentile, poggiando a terra il suo cestino del pranzo: "Kyoko ha ragione!! Sawada, possiamo andare in sala giochi! E possiamo portarci dietro anche Lambo e I-Pin! E magari possiamo chiedere anche a Chrome!" asserì Ryohei, energico come sempre.

Il Decimo Vongola sospirò, sorridendo appena: "D’accordo, Kyoko-chan, oniisan. Passeremo a prendere Lambo e I-Pin dopo aver recuperato Haru e Chrome." annunciò, tornando a sbocconcellare il tramezzino con aria incredibilmente malinconica.

Quando suonò la campanella e i tre dovettero ritornare in classe, la rossa fece in modo di restare qualche minuto da sola col fratello maggiore: "Oniichan, che sta succedendo secondo te?" domandò preoccupata lei, afferrando la mano callosa del pugile; questi scosse la testa, "Non lo so, Kyoko, davvero non lo so." replicò con tono quasi sconfitto, mentre la schiena del bruno si allontanava giù per le scale.

"Però Tsuna-kun è triste… E Takeshi-kun e Hayato-kun potrebbero essere nei guai." sussurrò a voce bassissima, quasi come se quell’eventualità fosse troppo spaventosa per parlarne; ma Ryohei scosse la testa, poggiandole le mani sulle spalle: "Se fosse così, allora saremmo stati chiamati anche noi, non solo loro. Deve essere successo qualcosa che li riguarda da vicino e di cui Sawada non deve essere messo al corrente. Però vedrai, sono sicuro all’estremo che tutto si risolverà!" esclamò, alzando il pugno al cielo.

§§§

Perso com’era nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni, Tsuna non si accorse della folla fuori dalla propria classe fino a quando non finì a sbattere contro Kurokawa Hana, cascando a terra tra le risate generali.

"Sawada, sei proprio senza speranza…" brontolò lei, tendendogli la mano per aiutarlo a rialzarsi.

"Che succede qui?" chiese lui, massaggiandosi la fronte nel punto dove aveva sbattuto, tutti i ragazzi erano fuori e guardavano dentro la classe, borbottando tra loro: "C’è una ragazza mai vista dentro, seduta sulla cattedra." spiegò seccamente la coetanea, facendogli spazio per vedere, "Sembra che stia aspettando qualcuno ma non ha detto una parola.".

Tsuna sobbalzò: cosa ci faceva Bianchi lì a scuola con la divisa della Namimori?

Il Decimo si fece largo tra i compagni di classe: "Bianchi, perché sei qui?" chiese sorpreso, lasciando tutti di sasso; l’italiana alzò di scatto la testa, guardando verso di lui, prima di alzarsi, "Reborn mi ha chiesto di raggiungerti," disse con aria seria, "ci sono dei problemi che riguardano Hayato e Yamamoto Takeshi.".

A quelle parole, Tsuna letteralmente sbiancò: "E’ successo qualcosa?!" chiese spaventato.

In quel momento, arrivarono anche Ryohei e Kyoko, e le loro reazioni furono del tutto simili a quella di Tsuna, stupore e curiosità.

"In questo momento sono a Tokyo, Cavallo Pazzo li voleva incontrare per discutere. Reborn mi ha chiamato e mi ha detto di muoverti a raggiungerli, c’è anche lui lì con loro. La situazione sembra alquanto seria." spiegò la ragazza, afferrandolo per il polso: "Con lo Shinkansen ci vorranno solo un paio d’ore ma dobbiamo sbrigarci." decretò, tirandoselo dietro.

Senza poter neppure prendere la sua borsa, Sawada venne trascinato fuori dall’edificio dalla maggiore, seguiti a breve distanza dai fratelli Sasagawa.

"Cosa vuole Dino-san da loro?" chiese Tsuna, correndo dietro Bianchi verso la stazione della città, non gli importava dell’ennesima nota per aver lasciato l’istituto senza permesso, e neppure dell’eventuale punizione di Hibari, quella era una situazione d’emergenza!

"Da quello che Reborn mi ha detto, non è d’accordo riguardo alla vostra relazione." rispose lei, dopo che tutti e quattro furono saliti a bordo del treno: i biglietti li aveva la ragazza e sicuramente doveva esserci lo zampino dell’infernale istruttore.

Il Decimo impallidì.

"E perché?" riuscì a chiedere, dopo parecchi minuti di silenzio.

Ma a quello, Bianchi non aveva risposta, si era semplicemente limitata a scuotere la testa.

"Tsuna-kun, stai calmo, vedrai che riusciremo a risolvere tutto." dichiarò la rossa, cercando di rassicurarlo, per quanto poteva: "Kyoko ha ragione all’estremo! Riusciremo a far ragionare Dino." concordò il Sole, cingendo le spalle di Sawada con affetto.

Lui annuì: "Bianchi, dove si trovano esattamente?" domandò il bruno, rivolgendosi alla ragazza, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, "Reborn mi ha dato un indirizzo." replicò lei, tirando fuori dalla tasca un foglietto di carta.

§§§

La porta dell’ascensore si aprì con un fruscio e Romario guidò i due Guardiani dei Vongola attraverso un corridoio lungo e illuminato dal Sole che entrava dalle finestre spalancate, su cui si affacciavano numerose porte.

All’esterno, la brulicante Tokyo dagli alti grattacieli.

Finalmente, l’italiano si fermò dinanzi a una di esse e bussò piano: "Boss, siamo arrivati." annunciò solo, prima di abbassare la maniglia.

All’interno, in un bel salottino in stile occidentale, c’erano Reborn e Dino: l’Arcobaleno era seduto sulla scrivania più vicina alla finestra mentre il suo ex allievo stava scompostamente appollaiato su una poltroncina a pochi passi di distanza.

"Ben arrivati, ragazzi." li salutò il killer, balzando a terra per andare loro incontro: "Scusi il ritardo, Boss." aggiunse Romario, richiudendosi la porta alle spalle, "C’era traffico." si giustificò; Dino scosse la testa, abbozzando un sorriso, prima di far cenno ai due adolescenti di sedersi davanti a loro.

L’atmosfera era parecchio pesante, nonostante tutto.

"Yamamoto, Gokudera," cominciò Reborn, puntando i suoi occhietti lucenti in quelli dei Guardiani: "Sapete perché siete stati chiamati qui oggi, vero?" domandò; entrambi annuirono, stringendo i pugni, "Lo sappiamo, però non ne capiamo il motivo." brontolò Hayato con astio, "Non mi sembra che la nostra vita privata sia qualcosa che riguardi il Boss di un’altra Famiglia.".

Tra sé e sé, Takeshi sospirò: decisamente, quella discussione non era cominciata nel modo giusto.

"Mi riguarda nel momento in cui una delle parti in gioco è una persona a me molto cara." replicò Dino con estrema tranquillità, giocherellando con Enzo: "Ascoltate, io non voglio intromettermi, so per certo che per voi Tsuna-otooto è estremamente importante," dichiarò, allungando il collo verso di loro con aria severa, "credo solo che siate troppo giovani per una responsabilità del genere.".

Fu un attimo.

La Pioggia non potè neppure reagire che già il compagno era scattato in piedi, gettandosi contro Cavallone con rabbia e furia: si udì l’inconfondibile suono di qualcosa, o qualcuno, che sbatteva contro il mobilio, spaccando un paio di sedie.

Gokudera stava in piedi, col pugno ancora alzato, ansante, con gli occhi iniettati di sangue.

Dall’altra parte della stanza, gettato a terra come un panno sporco, col labbro spaccato e l’espressione frastornata, c’era Dino.

"Non permetterti mai più…" ringhiò l’argenteo, muovendo un passo in avanti verso di lui, poi ancora un altro e un altro ancora fino a trovarsi proprio di fronte al biondo; lo sollevò, tenendolo per il colletto: "Non hai la minima idea di quello che significa il Decimo per noi… Non lo sai!" gridò furente, le pupille delle dimensioni di due tazzine da caffè, splendenti di una luce folle.

Dino rantolò senza fiato.

Romario fece per intervenire, ma venne rapidamente fermato da Reborn, che sorrideva da sotto il suo inseparabile fedora: sarebbe stata una lezione istruttiva per il suo allievo.

Intanto, Hayato aveva mollato la presa sul colletto del Decimo Cavallone, che si era accasciato a terra come un sacco vuoto; declinando l’aiuto di Romario ma con un gran sorriso dipinto sul volto, il biondo si alzò in piedi, guardando alternativamente ora Takeshi ora il suo compagno.

Con stupore di entrambi, poggiò le proprie mani sulle loro spalle: "Sapevo che…".

Ma non fece in tempo a finire la frase che dal corridoio si udì distintamente il rumore di un certo numero di persone che correvano, misto a una serie di voci familiari, prima che la porta letteralmente esplodesse e un razzo, con le fattezze di Tsuna, sfrecciasse all’interno , seguito velocemente da Bianchi, Kyoko e Ryohei.

"D-Decimo…?" biascicò Hayato, stupefatto, mentre Sawada, con la divisa tutta stropicciata, la camicia di fuori e il fiato corto, si avvicinava a loro: "Dino-san…" rantolò con un filo di voce, cercando disperatamente di respirare normalmente, "Dino-san…" ripetè, con gli occhi fuori dalle orbite.

"Otooto, davvero, fermati un attimo e respira." disse preoccupato il biondo, guardandosi attorno alla ricerca di una sedia: "Stai iperventilando.".

Ma Tsuna non sembrava averlo sentito, ansimava, con la mani poggiate sulle ginocchia e la schiena piegata, il viso era basso e arrossato; un attimo dopo, sembrò barcollare, poi tutti lo videro chiaramente cadere in avanti, e avrebbe anche potuto sbattere il naso a terra se solo non fosse stato preso al volo dai suoi Guardiani, che lo adagiarono sul divano.

Yamamoto gli slacciò la cravatta della divisa e gli aprì la camicia all’altezza del colletto, mentre Ryohei sfrecciava fuori dalla stanza a cercare dell’acqua.

"Respira a fondo, Juudaime." disse un agitatissimo Gokudera, chino su di lui, guardando poi verso la sorella con aria interrogativa ed estremamente preoccupata; lei scosse la testa, cercando con lo sguardo Reborn, che si era spostato sul bracciolo del divano, accanto al quindicenne: "Siamo arrivati meno di mezz’ora fa a Shibuya-cho," disse lei, "Ho provato a convincere Tsuna a prendere la metropolitana, ma ha insistito per venire qui di corsa, e poi…".

"Poi? Cos’è successo?" incalzò l’Arcobaleno; lei sospirò, ma non disse altro: "Visto che gli ascensori erano tutti occupati, Tsuna-kun ha deciso di farsi le scale fino al quindicesimo piano, poi siamo riusciti a recuperarlo." affermò Kyoko, che fino a quel momento era rimasta zitta, la ragazzina era pallida, probabilmente spaventata per l’avvicendarsi frenetico dei secondi, ma stava già riacquistando il suo colore naturale.

Una cosa del genere, dopo aver affrontato i pericoli del Futuro, non poteva avere lunghi effetti su di lei.

"Stupido Cavallo Pazzo!" gridò in quel momento Hayato, rivolgendosi bruscamente all’italiano: "Visto cos’hai combinato?!" ringhiò, stringendo nuovamente i pugni attorno al colletto della camicia del biondo, e sarebbe anche riuscito tranquillamente a sollevarlo, se solo in quel momento non fosse tornato Ryohei, con un bicchiere pieno d’acqua per Tsuna.

"Tieni Sawada," disse il Sole, chinandosi sul suo Boss e aiutando i due amici a tenerlo seduto.

Il bruno sollevò le palpebre, rivolgendo un sorriso riconoscente a tutti loro mentre la Pioggia e la Tempesta gli poggiavano il contenitore sulle labbra: c’era affetto palpabile nei loro gesti, c’era totale fiducia nel modo in cui il Decimo si abbandonava tra le braccia di Yamamoto mentre lo sorreggeva e particolare dedizione mentre Gokudera gli faceva ingoiare a piccoli sorsi l’acqua.

E a poco a poco, finalmente, il respiro di Tsuna tornò regolare.

Mentre Reborn, senza che nessuno lo avesse notato, sorrideva compiaciuto.

"Dino-san…" finalmente la voce del quindicenne era tornata ad avere un tono normale; ma l’italiano scosse la testa, facendogli cenno di stare sdraiato: "Lascia stare, questa volta ho un po’ esagerato…" affermò lui con espressione tranquilla, "Non avrei dovuto forzare la mano a questo modo." aggiunse, prima di voltarsi verso Hayato e Takeshi, che non si erano mossi di un passo, "Volevo solo sincerarmi della veridicità dei loro sentimenti.".

Un attimo dopo, Cavallone ruzzolò di nuovo a terra, colpito da un calcio del suo e tutore.

"D’accordo, questa volta me le sono meritate tutte." ridacchiò lui, accettando volentieri la mano tesa che Takeshi gli porgeva: "Otooto, sei davvero fortunato ad averli accanto." disse Dino con orgoglio, voltandosi verso Tsuna.

"Sicuro di stare bene, Juudaime?" chiese la Tempesta, avvicinando il viso a quello del suo Boss, che si era messo seduto, con la schiena poggiata contro i cuscini del divano; questi annuì, prima di alzarsi in piedi: "Adesso si." disse solo lui, con un sorriso.

"Ora possiamo tornarcene a casa."

§§§

Salutato Dino dinanzi al cancello di casa, Tsuna non ebbe neppure modo di muovere un passo: si sentì poggiare all’improvviso contro il muro, mentre le labbra di Hayato si posavano sulle sue e i fianchi venivano cinti dalle braccia di Takeshi.

"E se per stanotte ti rapissimo?" propose Yamamoto con voce attutita, al coperto del muretto che delimitava il giardino: "Dopotutto, Hayato ha sempre la casa libera." ridacchiò lui, guadagnandosi un’occhiataccia da parte dell’interessato, "Yakyuu-baka! Non dire cose del genere!" lo rimproverò la Tempesta, agitando il pugno verso di lui; la Pioggia lo guardò con la sua solita espressione allegra e facilona, mentre, nel profondo del cuore, esultava, Gokudera era tornato quello di sempre.

"Però domani abbiamo scuola e…" provò a dire Tsuna, pur se senza convinzione, anche a lui avrebbe fatto piacere passare la serata con loro, dopo quella giornata.

"Vorrà dire che verremo puniti tutti assieme da Hibari." rise Takeshi.

"Taci, Yamamoto! Prima che Hibari possa avvicinarsi al Decimo con me in circolazione, fa prima a imparare a essere meno pungente del riccio che è." borbottò Gokudera, calciando un sassolino.

Vederli battibeccare in quel modo, come se nulla fosse successo e loro fossero appena tornati da scuola, e non da una corsa indiavolata attraverso Tokyo, riempì il cuore di Sawada di felicità; senza dire nulla, egli afferrò le mani di entrambi, e li trascinò dentro il giardino.

"Okaasan, siamo a casa!" annunciò, mentre varcavano la soglia.

Avrebbe preso due o tre cose per la notte, avrebbe detto qualcosa a sua madre per farla star tranquilla, probabilmente Lambo avrebbe tentato di far saltare per aria Reborn o avrebbe preso in giro Hayato, vanamente trattenuto da I-Pin o Fuuta, poi l’argenteo sarebbe svenuto per una Bianchi senza la sua maschera…

Yamamoto lo avrebbe aiutato a portarlo in camera sua e sarebbero rimasti lì fino all’ora di cena.

E poi sarebbero usciti, diretti a casa della Tempesta.

Al sicuro delle quattro mura del loro rifugio, sarebbero rimasti insieme fino al mattino dopo, stretti gli uni agli altri, per ritrovare, al mattino, un messaggio ad attenderli sui cellulari.

Vi morderò a morte.

Decisamente, Hibari si era evoluto con le sue minacce.

   
 
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