Drowning
(fra la seconda e la terza stagione)
Quello che restava della casa di Sydney era un cumulo di macerie fumanti, ingrigite dalle fiamme ormai spente. Non c’era nulla che ricordasse le pareti dai colori chiari e caldi, non v’era un segno del divano su cui sedeva Syd, mentre lui cercava di mettersi comodo e cedeva con facilità al suo sguardo invitante e sardonico. Non c’era – Vaughn singhiozzò, allora – lei.
Vaughn si ritrovò a terra, senza neanche ricordare come ci fosse arrivato. Aveva le mani sporche di cenere, tremanti quando tentò di stropicciarsi gli occhi e smettere di piangere. Era un pianto silenzioso, il suo. Non un suono usciva dalla sua bocca – gli si era mozzato il fiato molti istanti prima e ancora rischiava di non tornare.
Si era svuotato i polmoni con un urlo muto, sordo, cieco; si era lasciato sfuggire via l’anima stessa, dalla gola serrata. Vi era un groppo che gli impediva di respirare, di fiatare la sua sofferenza.
Vaughn cercò maldestramente di alzarsi, ma ricadde inerme. Voleva andare alla ricerca di Syd, eppure non riusciva a muovere un solo muscolo. Fu allora che iniziò il mugolio: la sua pancia vuota si piegò e il suo corpo si chinò su se stesso e dalla bocca uscì quel lamento simile allo strazio provato dalle madri per la perdita di un figlio.
Si liberò ancora – lacrimò via ogni parte di sé su quella cenere muta. Dov’era Syd, mentre lui corrucciava il volto e tramutava le labbra in una smorfia; mentre lui sanguinava amore? Dov’era? Non c’era traccia di lei, non c’era ad abbracciarlo.
Vaughn smosse il capo, a negare quella verità troppo crudele per essere accettata: l’impatto di questa sulla sua pelle era così doloroso che sorrise per lo sforzo di opporvisi.
Il mugolio si spense fra quelle reliquie bruciate, quando Weiss lo fece alzare con la forza. Vaughn si sentì leggero, mentre l’amico lo conduceva fuori dall’abitazione distrutta; la sua anima era volata via e ciò che gli rimaneva era un corpo vuoto, cartaceo, facile da spostare.
Il fardello della sua sofferenza era andato. Erano idiozie quando dicevano che la materia era la parte più pesante di un uomo, mentre l’anima era incorporea e lieve; la sua era pesata come un macigno, ma adesso non c’era più e poteva camminare, poteva almeno avanzare fino alla sua macchina. Il cuore gli doleva a sentire quella mancanza, ma non gl’importava.
Era un automa in grado di reggersi fino alla prossima – ultima? – ricaduta.
Ecco cos’era divenuta: cenere.
Misera, fottuta polvere. Vaughn strinse i granelli fra le dita, chiedendosi se avesse senso amare quei resti. Era macabro stringere a sé l’urna – e non gli portava un vero conforto.
La sparse in mare – le aveva promesso, non era passato poi così tanto tempo, che sarebbero andati in vacanza, aveva prenotato anche la stanza d’albergo (che ironia, si disse, sarebbe rimasta vuota anch’essa) e aveva atteso con gioia quei giorni di svago... aveva visto il sorriso di Sydney all’annuncio di quello strappo alle regole – era stato uno dei suoi ultimi ricordi. La sparse in mare, rimpiangendone il calore che la cenere non poteva donargli.
Quella volò via, perdendosi nei flutti blu, affogando, affondando sino a scomparire.
Vaughn pianse e non volle sentire ogni parola di compianto che veniva proferita su Syd; non ascoltò nessuno, né guardo Jack, che a sua volta taceva. Parlò poco – parlò piano, al mare.
Forse Syd l’udiva, fra il rumore delle onde, e rideva di ciò che pensava.
«S-Sydney, lei era... fantastica. Era una lottatrice, una sognatrice. Era...»
L’amore della mia vita – che parole personali da dire, intime, forse troppo, tanto da far nascere imbarazzo.
«Era la mia partner. Aveva un sorriso capace di renderti felice all’istante, partecipe, quasi complice. Era così: era Sydney e...»
Il mare coprì le sue parole.
L’aveva seppellita nelle onde – eppure dal mare era nata la vita, non era vero? – e aveva cercato di renderla un ricordo. Non voleva dimenticarla, ma sperava di pensare a lei senza quella sofferenza capace di spingerlo alla morte. Sì, aveva creduto di morire.
Non era un’esagerazione da cavaliere medievale. Non era una semplice idiozia.
Provava ancora a parlarle – e rispondeva! Sydney gli sussurrava dolci parole nella sua mente ottenebrata dall’alcol – però aveva capito che era giunta l’ora di smettere.
Era. Era. Era morta – continuava a proferire.
«Devo dirti addio, è il momento giusto per lasciarti andare», esclamò rivolgendosi al mare. Teneva una bottiglia di whiskey in mano.
«Sydney, io... io ti amo, ti amo». Furono le lacrime a mozzargli il fiato, ancora una volta. Si sentiva folle, ma s’aggrappò alla bottiglia e ne strinse il vetro fino a rendere bianche le sue nocche.
«Ti ho amato. Devo dirlo: ti ho amato. Ti amo, no, ti ho amato. Continuo a sperare che tu diventa passato, ma questa è la mia mente a parlare; il mio cuore non smette di chiamarti e la mia anima – è tornata insieme alla sofferenza – dice che sei ancora con me, che mi stai abbracciando, ti stai buffando di me; ridi. Ridi. Il sorriso è il tuo più bel dono.
Quando ti ho incontrata per la prima volta... ricordi? L’orologio di mio padre si è fermato – il mio cuore si è bloccato nel vederti. Ma ora devo ricominciare a vivere, o finirò per morire anch’io: il mio cuore deve battere nuovamente. So che... come potrò perdonarmi? Mi perdonerai se inizierò a camminare?»
Si immerse nel mare e rabbrividì per il freddo provato.
«Scusami, Syd. Sydney, io... io ti am- ti ho amato. Ricordo ancora il tuo sguardo, il tuo profumo, il tuo tocco; tu ci sei. Perdonami se devo andare via, se voglio... avanzare. Mi mancherai», sussurrò, correndo via da quell’acqua gelida.
Mi manchi,non disse il suo cuore, mentre scappava dalle sue stesse lacrime.
L’aveva seppellita, cazzo. Come poteva abbracciarla, allora? Come poteva sentire il suo calore, finalmente, e percepire che il suo profumo era rimasto quello di un tempo?
Sydney era fra le sue braccia e lui – sì, dannatamente lui – provava gli stessi sentimenti di prima. Sentì il battito accelerare, forse fermarsi, e lasciò la presa per poter razionalizzare tutto.
Non v’era una spiegazione. Lei era viva. Era. Era viva.
Sydney era di fronte a lui, felice di rivederlo, con gli occhi così pieni d’amore... Vaughn sentì l’anima divenirgli pesante e la sofferenza riprendere a straziare il suo corpo, insieme al senso di colpa; lei c’era e ogni suo gesto – la sua nuova partner – rischiava di farlo sprofondare.
Fu allora che capì, anche se non volle dirlo ad alta voce. Fu allora che comprese: il suo cuore non aveva mai smesso di sentire la sua mancanza e non era riuscito a dimenticarla, neanche per un istante.
Vaughn seppe di star annegando, quando Syd vide la sua fede nuziale. Stava cadendo in mare e, insieme a lui, c’era lei.
♪♫
Scritta da un bel po’, questa fic giaceva ignota ai più (e a me stessa XD) nel mio pc... finché oggi non ho passato un po’ di tempo a guardare il mio archivio e l’ho riscoperta. Penso che meriti un suo posticino nel mondo di EFP Jspero che vi possa piacere nella sua semplicità. Le scene descritte ripercorrono il finale della seconda stagione e l’inizio della terza.
Kò