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Autore: ManuFury    11/08/2011    5 recensioni
"L'estate era la stagione che da piccolo amava di più: perché poteva stare con sua madre. Ma ora che era grande e lei non c'era più la odiava. Odiava l'estate e il suo caldo. E odiava ancora di più quella sensazione di vuoto che puntualmente, quella stagione, rievocava in lui. La odiava davvero!"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bryan Fury
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ULTIMA ESTATE

 
L’odore della salsedine era pungente e forte. Un odore che lo faceva sentire vivo…. Gli era sempre piaciuta la vista dell’oceano in estate. La spiaggia dorata… e il mare azzurro e cristallino. Quell’azzurro che si rifletteva dal cielo quando era sereno. Quell’azzurro che era l’azzurro degli occhi di sua madre.
Bryan aveva sedici anni e sedeva sulla spiaggia in estate. Accarezzava la sabbia che gli scivolava dalla dita quando cercava di raccoglierla in pugno. E pensava. Rimembrava il passato… l’ultima estate passata con sua madre. L’ultima volta che l’aveva vista.
Una lacrima gli scivolò lungo la guancia. Quanto gli faceva male ripensare al viso di lei incorniciato dai raggi nascenti del sole che infuocavano i suoi capelli nerissimi e illuminavano il suo volto bello e giovane.
Bryan non si accorse nemmeno che una seconda lacrima, in fretta, raggiunse la prima, lungo la guancia glabra. Se lo ricordava bene… quel giorno… era estate. Come adesso. L’aria era calda e satura dell’odore della salsedine. Come adesso. E il cielo era azzurro. Proprio come adesso.
Sua madre era nell’acqua cristallina con lui. Lo teneva per mano perché Bryan non aveva mai amato l’acqua. Insieme si erano lentamente allontanati dalla riva e lei gli sorrideva, per tenerlo su di morale. E lui sorrideva di rimando accorgendosi che l’acqua, non era poi tanto male. Anzi era piacevole stare lì… con lei. Ricordava il suo costume due pezzi azzurro come il cielo, i suoi capelli lunghi e sciolti, neri e lucenti… i suoi occhi azzurri… aveva dodici anni. Ed era la prima volta che era stato al mare con la madre.
Ora ne aveva sedici ed era estate. E sedeva su quella stessa spiaggia dove era stato per l’ultima volta con sua madre. E piangeva… piangeva senza alcun ritegno. Non gli importava se altri lo vedevano. Aveva solo bisogno di sfogarsi. Piangeva su quella stessa spiaggia dove, anni addietro, con sua madre aveva riso e si era asciugato al sole.
Si alzò di scatto guardando il mare quasi con rabbia. I pugni gli si chiusero dalla collera. Gli corse incontro e si gettò dentro. Non c’era sua madre a tenerlo per mano e questo gli faceva male. Ma era anche vero che aveva imparato da tempo a convivere con quel dolore. Con quel vuoto che lei aveva lasciato nel suo petto.
Nuotò lontano dalla riva come quell’estate aveva fatto con sua madre. Le sue bracciate erano violente, quasi volesse aggredire l’acqua come se volesse colpirla e incolparla di quella perdita.
Si fermò solo quando ormai la spiaggia era una sottile striscia dorata in lontananza. Rimase lì a galleggiare con il sole a picco sulla testa scura. Profondi respiri i suoi. Respiri profondi come quella scorsa estate quando, tenendo per mano sua madre, era entrato per la prima volta in acqua. A quel punto lacrime e gocce d’acqua si fusero in schiuma bianca e sale e fu difficile distinguere le une dalle altre.
Le onde erano pacifiche come quella scorsa estate. L’acqua era calda e piacevole… come quel giorno. Mamma… perché sei andata via? Perché? Perché? Colpì l’acqua con un pugno. Poi, fissando l’orizzonte lontano e piatto, con gesti lenti si sfiorò quella fascia rossa che portava al braccio destro. Il foulard preferito di sua madre… suo unico ricordo. Una volta, quattro anni prima, un ragazzino l’aveva preso in giro per quella fascia rossa. E lui non ci aveva pensato due volte prima di spaccargli il naso, per poi finire dal preside e dallo psicologo della scuola.
- BRYAAAAAAAAAAN!! – Qualcuno lo chiamò dalla riva interrompendo il filo dei suoi pensieri. Bryan ignorò e rimase a galleggiare nell’acqua alta, la mano stretta attorno a quella stoffa rossa.
La voce lo chiamò ancora. E ancora. Finché il ragazzo decise di ritornare a riva. Diede le spalle al sole e nuotò con ampie bracciate verso la spiaggia.
Suo padre lo attendeva sul bagnasciuga con gli anfibi militari bagnati e la divisa sporca di sabbia. Bryan arrivò a riva tenendo gli occhi bassi: erano anni che lui e suo padre non andavano d’accordo. Era da quell’ultima estate che non andavano d’accordo!
Gli passò a fianco senza dire una parola, grondate d’acqua e con il fiato corto. Suo padre non disse una parola si limitò a fissare il figlio con i suoi profondi occhi verdi.
Salirono sul fuoristrada di lui senza dirsi una sola parola. Bryan seduto dietro fissava oltre il finestrino l’acqua che lambiva la spiaggia ricordando i tempi passati con nostalgia. E fissò quel panorama finché non fu soltanto un’accozzaglia di colori sbiaditi in lontananza.
Era bagnato fradicio e goccioloni d’acqua salmastra si formavano sui suoi capelli neri per ricadere pesanti sui sedile in pelle della vettura. Mia madre avrebbe portato un asciugamano… come quel giorno!
C’era il gelo tra padre e figlio. Un gelo terribile che solo il calore e la vitalità dalla madre era in grado di sciogliere ma ora che lei non c’era più… il gelo era aumentato, con dita di ghiaccio aveva eretto muri di indifferenza e silenzio tra i due. Muri di ghiaccio… benché fosse estate.
Suo padre lo osservava con occhi freddi dallo specchietto retrovisore. Sospirò stanco…
- Bryan… -
Il ragazzo alzò la testa e i loro occhi si incrociarono: quelli grigi di Bryan e quelli verdi del padre.
- So quanto è difficile per te! Quanto eri attaccato a tua madre. –
- Sì, certo! – Sibilò Bryan. – Come fai a sapere certe cose? Tu non eri mai a casa! –
- Ehi giovanotto, abbassa i toni! – Alzò un dito, minaccioso.
- Altrimenti? Alzerai ancora le mani? Non sono più un bambino! Certe cose non te le puoi più permettere! – Rabbia nella sua voce. Ricordava bene le botte sulla sua schiena magra. Ricordava i lividi viola su braccia e gambe.
- Bryan! – Le mani del padre si fecero come artigli attorno al volante. – Non possiamo ripetere lo stesso copione tutte le estati! Non puoi andare avanti così! – Quando la realtà ti fa male cambi discorso. Complimenti!
- Cosa ne vuoi sapere tu? Tu non sai niente! Non sai niente! – Lo accusò mentre le lacrime di nuovo gli bruciavano gli occhi.
Suo padre inchiodò violentemente. Slacciò la cintura e si voltò verso di lui. – Credi che mi sia piaciuto? Credi che io sia stato felice di avere il fango fino alle ginocchia e il sangue sulle mani? Credi davvero che io preferisca la guerra alla mia famiglia? – Bryan si sentì colpito dentro. Come un pugno in pieno stomaco. E gli fece male. – Allora? – Quasi urlava. – ALLORA? –
- No! – Disse Bryan, solo per farlo smettere. Certo che suo padre preferiva la guerra a lui.
- L’estate è una stagione terribile per te. Me ne rendo perfettamente conto. Ma non puoi andare avanti così. Hai capito? Basta scappare di casa per venire qui. –
- Va bene. – Testa china e voce bassa, per non tradire alcuna emozione.
- Promesso? –
- Promesso! – Gli fece eco Bryan ma stava mentendo e suo padre lo sapeva.
Ripartirono. Nuovo silenzio tombale su di loro.
Facevano quella conversazione ogni estate. Da quattro anni ormai. E ogni anno, puntuale, Bryan ripeteva quelle parole, ripeteva quella promesse.
L’estate era la stagione che da piccolo amava di più: perché poteva stare con sua madre. Ma ora che era grande e lei non c’era più la odiava. Odiava l’estate e il suo caldo. E odiava ancora di più quella sensazione di vuoto che puntualmente, quella stagione, rievocava in lui. La odiava davvero!
E nonostante tutto, ogni estate, estremamente puntuale: lui si alzava, si vestiva, si metteva in tasca quei pochi soldi che aveva e usciva di casa. Camminava per miglia e miglia per arrivare al mare e a quella spiaggia. Per stare un giorno da solo: con i suoi ricordi e le sue lacrime e il mare e il sole.
Si voltò ancora una volta verso il mare che era sottile sottile in lontananza, appena una striscia azzurra come gli occhi di sua madre. Alla prossima estate! Disse prima che suo padre imboccasse una curva e il mare e la spiaggia sparissero alla sua vista.
Si mise a sedere composto e starnutì. Con regolarità il raffreddore arrivava… ogni estate. Si passò una mano sul viso bagnato e tirò su col naso. Alla prossima estate… mamma! Disse.
E non sarebbe mancato.
Avrebbe ripetuto quel rito ogni anno.
E ogni anno avrebbe ricordato…. Quell’ultima, splendida estate passata con sua madre.  

  
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