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Autore: Prue786    11/08/2011    1 recensioni
Marcel Proust diceva “I veri paradisi sono quelli che si sono perduti” e come gli si può dare torto; ma a che pro continuare a pensarci, perché affliggersi senza tregua per qualcosa successo tanto e tanto tempo fa. Perché ostinarsi a rimpiangere il passato invece di guardare al presente? Perchè?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6.

 

È molto presto, il sole non è ancora sorto, ma ormai non ho più sonno. Controllo l’orologio e sospiro quando leggo l’ora: un quarto alle sei.  

Ormai rassegnata, mi alzo dal letto, infilo le pantofole ed esco dalla stanza; in casa non si sentono rumori, i miei stanno ancora dormendo.

Decido di uscire fuori con addosso solo la camicia da notte e percorro il vialetto che attraversa il giardino di casa, fermandomi vicino al cancello chiuso.

Fuori la temperatura è fantastica e una leggera brezza mi scompiglia i capelli; alle prime luci dell’alba è tutto così bello e l’unico rumore è il cinguettio degli uccelli.  

In lontananza vedo la mia auto parcheggiata; improvvisamente  mi viene in mente qualcosa; rientro in casa per prendere le chiavi e mi avvicino al mezzo; come sospettavo sui sedili posteriori trovo il contenitore di velluto e l’orologio da taschino, Scott devi averli messi lì mentre stavo dormendo. Prendo il tutto e ritorno in casa, posando gli oggetti in un cassetto della mia scrivania.

Nonostante abbia dormito solo poche ore sono piena di energie, noto con piacere mentre mi affaccio alla finestra della mia camera, stiracchiandomi. La giornata sarà sicuramente faticosa, ma alla fine ne sarà valsa la pena. Accenno un sorriso, ignorando la piccola voce nella mia testa che continua a ripetermi di star sbagliando e, senza attendere oltre, mi dirigo in bagno: sono sicura che una bella doccia riuscirà a distrarmi.

Continuo a fuggire da ricordi non graditi, che la mente si ostina a portare a galla, fin quando il suono del campanello non mi salva “Lizzy!” esclamo con un sorriso “È già qui!”

Nelle ore successive non riesco a pensare a nulla, sommersa dalla voce della mia amica e dalle mille cose ancora in sospeso, che devo esser portate a termine.  

Alle undici in punto è tutto pronto.

“Annie, sei fantastica!” mi dice all’improvviso Lizzy, guardandomi estasiata. Mi viene da ridere “Ti prego, non dire così! Mi fai sentire in imbarazzo!” Lei non mi sta neanche a sentire: continua a correre qua e la piazzandomi, infine, un mazzo di fiori in mano “Vai in macchina, io ti precedo!” Scompare in pochi secondi mentre io resto sola con i miei. Nel vederli entrambi molto commossi, devo fare uno sforzo enorme per non cominciare a frignare come una bambina, ma questa volta si tratterebbe di lacrime di gioia.

 

Finalmente il momento tanto atteso è arrivato; non posso ancora crederci!

Sotto braccio a mio padre mi appresto a percorrere la navata centrale mentre tutti sono in piedi.

Lo vedo, vedo Scott, in fondo, che sorride emozionato; accidenti, non pensavo che avrebbero cominciato a tremarmi le gambe al solo vederlo. Giro lo sguardo intorno, fra i banchi, facendolo scivolare sui volti sorridenti di amici e parenti e poi, come una doccia fredda, scorgo Nicholas: mi guarda con un’espressione dura in volto; le sue labbra sono serrate gravemente e non accenna a un sorriso neppure quando i nostri occhi si incrociano. Un peso mi piomba sullo stomaco ma cerco di scuotermi e sposto lo sguardo dall’altra parte.

Improvvisamente noto un viso conosciuto tra i banchi riservati agli invitati dello sposo: è lei! Mi sento morire dentro: quel volto, quegli occhi.

Devo fare uno sforzo immane per non saltarle addosso, continuando a sorridere come se le mascelle mi si fossero bloccate. Arrivo all’altare e mio padre mi lascia quando sono vicina a Scott; la musica si ferma.

Il sacerdote si sta avvicinando; il momento è arrivato, già, ma ora sembra che non sia poi tanto sicura di volerlo fare; già, proprio io che sono andata contro ogni logica, ignorando di proposito anche la verità più scomoda e lampante.

Scott continua a sorridermi, mi afferra una mano e con voce suadente mi sussurra all’orecchio “Sei fantastica!”

Sarebbe tutto perfetto ma l’immagine di Scott e di quella tipa sul letto continua a lampeggiarmi davanti agli occhi come un neon. Ritraggo la mano, inorridita da tanta falsità, dalla sua faccia di bronzo, da quel sorriso falso e schifata dal comportamento che ho avuto io di fronte a tutta questa situazione.

Stringo i pugni fissando il giovane di fronte a me e, senza riuscire a fermarmi, gli sferro un poderoso ceffone che rimbomba all’interno della chiesa subito seguito dal bisbiglio dei presenti. Incurante di tutto comincio ad urlare “Questo è per avermi presa in giro per tutto questo tempo!” un altro ceffone gli vola sulla faccia. “Questo è per esser stato con le tua amichetta sotto il mio naso… pensavi che stessi ancora dormendo, vero?” Un terzo schiaffo si abbatte sul volto rosso e sconvolto di Scott “E questo è per averla invitata al nostro matrimonio… come me l’avresti presentata come tua cugina?!”  

Il giovane non riesce a spiccicare parola e continua a guardarmi; la bocca aperta e gli occhi sbarrati, mentre, tutt’intorno, il mormorio si fa più alto.

Non so cosa stiano pensando i miei genitori e a dire il vero neanche Lizzy si è sentita; devo aver shoccato tutti ma al momento non mi importa.

Lascio l’altare e punto verso la ragazza nella quarta fila. La squadro senza dar segni di cedimento e cercando di non farmi prendere dall’emozione le porgo il mio mazzo di fiori, dicendole con uno dei miei più bei falsi sorrisi “Tieni, a me non serve, penso proprio che dovresti essere tu a sposare Scotty caro! Vero?!” La ragazza sembra esitare, come se volesse parlare, ma poi non dice niente, abbassando solo il capo ed afferrando i fiori.  

“Bene, spero che tu e… il tuo passerotto ve la spassiate!” Esclamo con un piccolo tremito, voltandomi il più in fretta possibile e uscendo; l’unico suono che mi segue è il fruscio della coda del mio abito bianco.

 

Quando sono all’aria aperta mi sembra di poter respirare nuovamente in modo naturale.

Il sole cocente mi ferisce gli occhi ma non riesce a rallentarmi più di quanto già non faccia il vestito.

Raggiungo quasi correndo il retro della chiesa e solo allora mi concedo un sospiro, non so se di sollievo, rassegnazione o tristezza: probabilmente un misto di tutti e tre.

Lentamente mi avvicino ad una panchina di pietra e mi ci lascio cadere sopra, chiudendo gli occhi. “Non doveva andare così, non era questo che avevo programmato, non avrei dovuto mollare tutto all’ultimo secondo…” Avverto le lacrime pungermi ai lati degli occhi, ma un’improvvisa rabbia me le fa ricacciare indietro.

Spalanco di colpo gli occhi, fissando il vuoto di fronte a me, e sibilo “Quell’idiota! Come ha potuto invitarla al NOSTRO matrimonio? Non gli è venuto nessuno dubbio quando l’altro giorno me ne sono andata da casa sua senza dire una parola? È il più grande e infimo stronzo sulla faccia della terra! Brutto bastardo traditore! Spero diventi impotente prima dei trent’anni, grandissimo racconta balle!” Respiro rapidamente sentendomi leggermente meglio dopo quello sfogo verbale.

“Accidenti, Annie! Che razza di stupidaggine stavi per fare? Fortunatamente nel mio destino sembra ci sia scritto a lettere cubitali: non devi sposare Scott!” Quel pensiero riesce a strapparmi un sorriso. “Mi dispiace solo per tutti i preparativi…”

Lancio un’occhiata al mio vestito, per metà immerso nella polvere della strada sterrata.

“Almeno ora non avrò rimpianti. In un modo o nell’altro questa storia non poteva finire bene…” mordo un labbro ripensando a tutti gli anni che la me di qualche settimana fa aveva trascorso rimuginando su una scelta che le era sembrata precipitosa. Alla fine non aveva nessuna colpa; se c’era qualcuno che aveva sbagliato in quella faccenda, non era lei.

Sospiro mentre alzo lo sguardo sul cielo cristallino e, nonostante la voglia di muovermi da lì sia davvero poca, penso sia inutile continuare ad evitare il resto del mondo e comincio a ritornare indietro, con passo incerto.

“Se ti serve un passaggio, posso dartelo io!”

La voce di Nicholas mi fa spaventare; il giovane è a pochi metri da me ed ha lo sguardo rivolto all’orizzonte.

“Nick, mi hai fatto prendere un colpo!” Sussurro portando automaticamente una mano al petto.

L’altro si limita ad alzare le spalle e, come se non avessi parlato, prosegue “E sia ben chiaro, non lo faccio per te, è solo che mi dispiace che l’abito si rovini…”

A quelle parole apro la bocca per ribattere, finendo però per sospirare, increspando le labbra in un sorriso e seguendo il giovane verso la sua auto.  

 

Impreco mentalmente nel sentire la voce di Scott che mi chiama; ancora qualche secondo e sarei riuscita ad entrare in macchina, allontanandomi da lui e da tutta quella situazione.

“Annie, ti prego, ascoltami! Esclama raggiungendomi e fermandomi per un braccio.

“Lasciami andare, Scott, prima che ti arrivi un calcio!” Sussurro fra i denti, guardando altrove.

“Per favore, Annie, non precipitare le cose, non prendere decisione affrettate di cui potresti pentirti!”

Mi irrigidisco ancora di più a quelle parole ma non riesco a voltarmi, continuando a fissare la carrozzeria dell’auto con un peso sullo stomaco “Scott, ti ho detto di andare via…” Bisbiglio nuovamente e in quel momento Nicholas si avvicina a noi spingendo bruscamente Scott che, per non cadere, è costretto a lasciare andare la presa sul mio braccio.

“Oltre che idiota sei anche duro d’orecchi? Ha detto di lasciarla in pace!”

“Questi non sono affari tuoi, Nicholas!”

“Oh, e invece lo sono eccome! Annie ti ha chiaramente detto di toglierti dalle scatole e se non vuoi farlo tu ti ci spedisco io a quel paese!”

Apro lo sportello dell’auto, decisa a non volerne sapere più nulla.

“Ah, sì? Chi ti credi di essere? Eh, Nick? Non pensare di essere migliore me. Anche tu hai preferito restartene in silenzio, vero? E non solo per quanto riguarda questa faccenda, dico bene? Sei un ipocrita e anche un codardo!”

Mi volto di scatto alle parole di Scott solo per vedere Nicholas che gli si scaglia contro, colpendo con un pugno in pieno viso, facendolo cadere a terra.

Il giovane scuote il braccio fissando per qualche secondo l’altro con aria cupa prima di entrare in macchina senza dire una parola.

Stringo le labbra e faccio appena in tempo a chiudere lo sportello che Nick mette in moto, partendo a tutta velocità.

 

Percorriamo la strada che conduce alla mia abitazione in completo silenzio.

Dai sedili posteriori posso vedere l’espressione sul volto di Nicholas che rimane inalterata per tutto il tragitto: le labbra serrate e le sopracciglia inarcate come se stesse riflettendo su di un problema molto gravoso. Solo una volta lancia un’occhiata nello specchietto retrovisore, come per accertarsi della mia presenza, ritornando subito a guardare la strada.

Quando l’auto si ferma scaravento fuori lo strascico del mio vestito prima di uscire a mia volta, esclamando “Grazie per il passaggio!” ma non so fino a che punto il ringraziamento sia stato ben accetto perche Nick si limita ad un grugnito di dubbia interpretazione. Alzo le spalle e mi dirigo verso casa, recuperando le chiavi d’emergenza sotto un vaso all’entrata e varcando finalmente la soglia.

 

   
 
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