Helena, mai amata.

Le onde che si infrangevano sulla riva la tranquillizzavano, guardare dalla finestra la schiuma biancastra dell'acqua che si fondeva con la spiaggia di sabbia uniforme, la faceva sentire bene. Guardare il vento e la pioggia fuori e sentire il caldo del suo caminetto la faceva sentire a casa. Casa. Sorseggiava il suo infuso di tisane per conciliare il sonno, ne prendeva una ogni sera, e qualche volta prendeva anche dei sonniferi leggeri. La notte la spaventava, amava la notte, amava osservarla, amava viverla, amava respirarne il profumo. Ma odiava subirla. Da tre anni a questa parte aveva passato ogni notte da sola. In quella casettina sul mare nella punta più estrema a nord dell'Inghilterra, una casetta a 10 metri di altezza dal livello del mare, rialzata su una piccola collinetta. Lei, solo lei e il suo gatto nel raggio di 7 kilometri. Solo tre notti aveva passato fuori casa, le aveva passate a casa dei suoi genitori, quando andava a trovarli a Londra, ogni Natale. Amava l'Inghilterra; era nata per viverla e assaporarla in ogni particolare, ogni cosa in quel posto le faceva amare sempre di più il mondo. Ed era vero, amava il mondo. Soprattutto il posto dove viveva. Circondata dal verde e dal mare, dove faceva sempre freddo e nessuno poteva spezzarle il cuore. Se ne stava lì, tranquilla con il suo gatto. Considerava i gatti le creature più meravigliose del mondo, le più fedeli, amorevoli, sicure, sinuose, eleganti, e via dicendo. Aveva un meraviglioso gatto nero, con due meravigliosi occhi azzurri. Harry, l'aveva chiamato. Non credeva alle leggende metropolitane riguardo ai gatti neri, a dire la verità, non credeva a niente ormai. Spense la piccola lucina poggiata sul tavolino davanti alla finestra e accese la luce principale. Si assicurò che porte e finestre fossero ben chiuse e spense piano piano il fuoco del camino, non le piaceva il fatto di avere il fuoco acceso mentre dormiva. Percorse la piccola scaletta sottile di legno che la portava al soppalco dove aveva il letto. La sua casa era piccola, c'erano solo due stanze. Appena aperta la porta d'ingresso ti ritrovavi in un salottino accogliente, una poltrona reclinabile, un tavolino basso e un televisore, c'era una sola grande finestra, con un tavolo davanti pieno di appunti e una macchina da scrivere. Sulla destra c'era una cucina con una piccola finestrella sul lavabo e un piccolo tavolo rotondo e una sedia. Entrare in quella casa era come andare indietro nel tempo, forse addirittura, come se lì il tempo si fosse fermato, come se fosse un luogo magico. Dal salottino a sinistra si allungava una piccola scala di legno. Helena salì per arrivare al soppalco in cui si trovava ora. Il letto era grande, accogliente, alto, con la testiera in ferro battuto. Il comodino di legno riverniciato di bianco reggeva una picola lampadina da tavolo, un libro, e un orologio da tavolo. Di fianco c'era una stanza ricoperta di piastrelle bianche, al centro una vasca antica con i piedini in oro. Helena scostò le coperte del lettone, si tolse il maglione restando con addosso una maglia enorme bianca, l'intimo, e un paio di calze che le arrivavano fin sopra al ginocchio. Si infilò sotto le coperte, spense la piccola lucina e si tirò le coperte su, fin sopra alle orecchie. Si rigirò e rigirò più volte, come faceva sempre prima di adormentarsi. E lei è Helena, mai amata.

Ditemi cosa ne pensate, lo so che è parecchio confusa, non sono molto brava a scrivere, pareri, consigli :)