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Autore: Sion    13/08/2011    2 recensioni
«... te lo prometto, Leo. Te lo giuro, sani e salvi».
Con dolcezza. Bisogna immaginarselo detto con dolcezza.
( spoiler, slight elliot/leo. )
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Elliot Nightray
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: Forgiveness.
Serie: Pandora Hearts.
Rating: Giallo.
WARNINGS: OH SO MUCH SPOILER I COULD DIE! Slight ElliotxLeo, slash.
Credits: The One Hundred Prompt Project prompt 94: Perdono.
Pandora Hearts appartiene a Jun Mochizuki; non è intesa violazione di copyright.
Note: Primissimo tentativo di Elliot/Leo. Non so se è pubblicabile, francamente non m’importa. È improbabile che Elliot e Leo si siano realmente incontrati nel caos che è scoppiato a casa di Yura, ma mi piace immaginarlo. Soprattutto perché non sappiamo che fine abbia fatto la spada di Elliot, l’unica cosa che Elliot amava più di se stesso.
Detto ciò, buona lettura.
A.








Forgiveness.







L’aria puzzava di sangue. Un odore metallico, forte, si attaccava ai vestiti e li impregnava. L’aria puzzava anche di morte e non c’era niente che potesse fare, Leo, per togliersi di dosso la sensazione opprimente di terrore e bisogno di scappare via.
E sotto al terrore e all’urgenza c’era la consapevolezza di non aver evitato quel disastro, perché lui conosceva le intenzioni di Isla Yura, l’aveva visto, ed aveva continuato semplicemente a vedere, guardare senza agire, proprio lui che voleva solo chiudere gli occhi e non vedere più niente.
 Non aveva mosso un dito, perché voleva salvare Elliot da ogni contatto con Yura; ed ora non riusciva a trovarlo, tra i corridoi vuoti, guardando istintivamente tra i cadaveri pur sapendo che lui era forse l’unico a non doversi preoccupare dell’headhunter; non riusciva a trovarlo e sentiva l’ansia crescere in fondo allo stomaco, perché aveva il sentore che qualcuno avesse scoperto il contratto illegale con Humpty Dumpty. Nessuno doveva sapere.
Fu un caso fortuito trovarlo, vicino alla scalinata, la spada scura in mano e il respiro affannoso di chi ha paura. Leo sentì il sollievo invaderlo e poi svanire in un attimo.
«Elliot!»
Elliot si voltò, non riconoscendo immediatamente la voce di Leo sotto le venature di angoscia. Solo dopo aver incontrato con gli occhi i folti capelli scuri dell’altro rilassò le spalle ed abbassò la spada.
«Stai bene?»
Leo annuì, scavalcando un cadavere privo di testa, trattenendo i conati di vomito provocati dall’intenso odore di sangue.
«Tu sei ferito?», chiese di rimando Leo, accennando agli schizzi di sangue sui vestiti. Elliot abbassò lo sguardo, seguendo quello dell’altro, poi strinse le labbra e scosse il capo.
«Non è mio».
Qualcuno, in uno dei saloni alla loro sinistra, urlò.
«Cazzo», sbottò Elliot, afferrando Leo per il gomito e spingendolo in avanti. «Andiamo via di qui!»
Oltrepassarono i corpi e le porte spalancate dell’edificio, svoltando a casaccio nei corridoi, il cuore che, nel petto, pompava tanto velocemente che sembrava dovesse sfondare le loro casse toraciche. Elliot si chiese dove diavolo fosse Oz, se sua sorella fosse ancora viva, se Gilbert e Vincent si fossero salvati. Sembrava che chiunque fosse loro amico si fosse volatilizzato.
«Elliot, stiamo girando in tondo! Quella è la scalinata principale!», ansimò Leo, indicando il pavimento di marmo e i parapetti bianchi della scalinata di fronte a loro.
Si fermarono di botto, col fiatone, e Leo si appoggiò con le spalle al muro. Si riassettò gli occhiali sul naso, e vide che Elliot fissava il vuoto con aria ridicolmente concentrata.
«Cosa c’è?»
L’altro prese un respiro profondo prima di alternare lo sguardo tra Leo e il vuoto, diverse volte. Quando Leo iniziò a chiedersi se la tensione non gli avesse distrutto la già fragile psiche, Elliot fece un passo verso di lui e parlò con voce stranamente ferma.
«Leo, se dovesse accadermi qualcosa―»
Puro terrore negli occhi di Leo.
«Non dire sciocchezze, Elliot, non ti succederà nulla―»
Elliot arricciò il naso e fece un gesto stizzito con la mano, come per scacciare la nota di nervosismo nella voce dell’altro ragazzo.
«Stai zitto e fammi parlare! Se dovesse succedere qualcosa stanotte―»
Leo chiuse i pugni e si sporse verso di lui, le labbra tirate in un sorriso ragionevole e falso, allungando una mano verso il suo braccio come per calmarlo.
«Elliot-»
Quest’ultimo perse la scarsissima dose di pazienza che possedeva. Scostò la mano di Leo con un colpo del gomito, preferendo un approccio più diretto. Gli afferrò il collo dell’abito, scrollandolo per un secondo prima di cercare i suoi occhi dietro le lenti e i capelli folti.
«Cazzo, Leo, devi mettere in conto che mi possa succedere qualcosa!» Scrollata, pausa, respiro pesante. «Sei il mio servitore sì o no? Sei il mio migliore amico?» Tono che, per un secondo, si incrinò. «Ti sto chiedendo di ascoltarmi per un secondo.»
Leo rimase in un pesante silenzio, le labbra tanto strette da ridursi ad una sottilissima linea bianca.
«Se dovesse succedermi qualcosa voglio che tu prenda la mia spada e la porti con te. Non voglio che nessun altro la prenda. Gilbert non è un vero Nightray e men che meno Vincent. Di Vanessa non mi fido. Sei l’unico su cui possa contare.»
Silenzio.
«Allora? Farai questo per me?»
 «E se dovesse succedere qualcosa a me? Non ci pensi?»
«... figurati. Non lascerò che ti succeda niente, se devi crepare voglio che sia per mano mia.»
Leo si liberò dalla stretta di Elliot, alzando il mento e ricacciando indietro l’angoscia.
«Promettimi che usciremo vivi da questa storia.»
«Non fare questi discorsi da idiot-»
Sentì qualcosa spezzarsi dentro, Leo. Poco più sopra dello stomaco. Se lo mangiava dentro, il terrore, gli dilatava le pupille e inaspriva la voce.
«Promettimelo
Leo gli afferrò il polso.
Le loro dita si sfiorarono. Ma solo per un momento.
«... te lo prometto, Leo. Te lo giuro, sani e salvi».
Con dolcezza. Bisogna immaginarselo detto con dolcezza.


Sangue.
Urla.
Poi buio.



«... Sai, io ancora non riesco a perdonarti.»
Il nome era scritto in caratteri eleganti, le date incise sottili nel marmo, eppure non riusciva a leggerle senza pensare che non avessero alcun senso.
«Non hai tenuto fede alla tua promessa.»
Si guardò le mani, le spalle tremarono per un istante. Il sorriso si bagnò di sottili rigagnoli salati.
«Potrei odiarti.»
La lama dell’affilata spada nera accarezzò il bordo della lapide, dietro la quale si ergeva un capolavoro d’arte, un angelo ad ali spiegate. Marmo nero. Si chiese se non fosse uno scherzo di cattivo gusto.
«Mi avevi promesso che saremmo usciti da quella casa vivi.»
La punta della spada scheggiò il piede dell’angelo.
«Mi fidavo di te.»
Una risata. Lieve.
«Lo so. È di me che non dovevo fidarmi.»
Leo Baskerville si inginocchiò di fronte alla tomba di Elliot Nightray, e sentì il suo mondo cadere pezzo per pezzo, davanti ai suoi occhi, sino a scomparire.
«Non sono riuscito neanch’io a mantenere la promessa.»
Si tirò su e si sporse verso le braccia aperte dell’angelo, alzate verso il cielo. Posò il piatto della spada tra le sue mani nere, sfiorandone il filo un’ultima volta.
«Non sono riuscito a privarti della tua spada. È questo il suo posto. Accompagnare il suo padrone nella sua ultima battaglia.»
Fece un passo indietro, portò una mano guantata al viso, asciugò le lacrime.
«Riuscirai a perdonare la mia mancanza?»
Pausa. Diede le spalle alla tomba di Elliot Nightray, la sensazione di aver voltato le spalle all’unica cosa buona che gli fosse mai capitata in tutta la sua vita.
«Per averti lasciato morire per me, ancora una volta?»
  
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