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Autore: kymyit    13/08/2011    3 recensioni
Piemon sta male d'improvviso. Di un virus letale. Una cura ci sarebbe, ma è più pericolosa della malattia. E Yamato dovrà somministrargliela.
*
Vamdemon gli porse una fialetta contenente un fluido rosso luminescente.
-Si chiamano Gocce di Fuoco.- disse -E ne basta una per farlo guarire, ma…-
-Ma?-
-Il corpo di Piemon sta congelando. Entro stanotte sarà un pezzo di ghiaccio in tutto e per tutto. Se dovesse ingerire la goccia, i suoi organi interni finirebbero per sciogliersi. E morirà di una morte ancora più atroce. -
Yamato quasi urlò, istericamente –Ma allora sarebbe inutile!-
Vamdemon gli tirò un sacchetto azzurro e il ragazzo lo prese al volo.
-La goccia deve essere ingerita per poi raggiungere ogni parte del corpo attraverso la circolazione sanguigna. Iniettarla endovena sarebbe molto peggio. L’unica è fargli assumere anche questa polvere.-
-Che cos’è?- chiese Gabumon, mentre il suo partner soppesava il sacchetto, soffice e leggero nonostante fosse piuttosto pieno.
-Aprilo.- disse il vampiro e il ragazzo obbedì.
Una luce soffusa azzurrognola si diffuse quando sciolse il laccio argentato. Dentro il sacchetto brillava una polverina chiara e sottile. La sua brillantezza si rifletteva negli occhi del prescelto che la fissava come estasiato.
-Cos’è?- chiese.
-Polvere di stelle.- rispose
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Piemon/Piedmon, Yamato Ishida/Matt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Two Lonely Stars'
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Goccia di Fuoco e Polvere di Stelle


Era accaduto tutto troppo in fretta.
Si era svegliato come molte altre mattine fra le braccia di Piemon, con l’unica differenza che quel giorno il corpo niveo dell’altro era gelido come un pezzo di ghiaccio.
Yamato ebbe un tuffo al cuore.
Un tuffo profondo, consapevole che questo poteva significare una sola cosa.
Ma poi il lato razionale di sé era riemerso, faccendogli notare che quando un digimon muore, si disgrega in dati. Il suo corpo non resta integro.
-Pie…- lo scosse cercando di risvegliarlo –Ehi… non fare scherzi…- disse tremando –Non…-

Il destino era sempre ironico. La prima persona che aveva incontrato correndo seminudo nel corridoio era Vamdemon, ma Yamato ignorò il fatto che fra loro corresse cattivo sangue e lo afferrò per il braccio, supplicandolo di correre. Che Piemon sembrava morto. Che era gelido. Che non si era accorto di nulla se non quella mattina. Vamdemon, dal canto suo, quando vide il digimon steso sul letto rimase senza parole e si accertò delle sue condizioni. Poi scoppiò il caos.
Arrivò Mugendramon e lui e Vamdemon parlottavano sommessamente fra loro.
Yamato stava seduto in un angolo, cercando di sentire cosa dicevano, ma il suo cuore andava a cento all’ora e tutto ciò i suoi timpani percepivano era il suo continuo pulsare e battere insistentemente.
Sudava freddo, l’ansia lo attanagliava. Non era l’unico in quello stato. Tutto il castello sussurrava intimorito. Tutti si preoccupavano della sorte del signore delle tenebre.
Alla fine del colloquio, i due si degnarono di dirgli come stavano le cose.
-E’ una malattia che colpisce solo i virus. Si tratta di una sorta di antivirus, in realtà.- disse Vamdemon –Il nome mi pare sia Shiva. Congela i virus informatici e ne sottrae i dati per ricostruire ciò che hanno danneggiato.-
-Ma… è stato concepito… per i digimon?-
-No.- rispose Mugendramon –Ma una volta immesso nella rete, nulla è completamente sottocontrollo. Shiva era da principio programmato per i virus inanimati che intasano i vostri computer, ma una volta che è sfuggito al vostro controllo e ha avuto accesso a Digiworld è diventato una sorta di epidemia. Non è comunque letale… se preso in tempo.-
Yamato si alzò in piedi –Quindi una cura c’è!-
-Non è così semplice.- disse ancora Vamdemon –La cura è più critica della malattia. Seguimi.-
A malincuore il ragazzo obbedì.
Poco dopo gli arrivò un messaggio di Gabumon. Voleva informarlo che sulla terra i nonni erano arrivati in visita e che quindi era ora di tornare. Non li vedeva da tanto perché vivevano in Francia, ma non se la sentiva di lasciare Piemon così. Lui, nonostante fosse seccante all’estremo, non lo lasciava mai solo se aveva bisogno. Chi era Yamato Ishida per mollare così il suo uomo?
Spiegò a Gabumon la situazione e quello si precipitò da lui.
Gli strinse la mano quando Vamdemon gli illustrò la cura e gli infuse il coraggio di accettare l’onere di essere lui stesso a somministrarla al padrone delle tenebre.

Vamdemon gli porse una fialetta contenente un fluido rosso luminescente.
-Si chiamano Gocce di Fuoco.- disse  -E ne basta una per farlo guarire, ma…-
-Ma?-
-Il corpo di Piemon sta congelando. Entro stanotte sarà un pezzo di ghiaccio in tutto e per tutto. Se dovesse ingerire la goccia, i suoi organi interni finirebbero per sciogliersi. E morirà di una morte ancora più atroce. -
Yamato quasi urlò, istericamente –Ma allora sarebbe inutile!-
Vamdemon gli tirò un sacchetto azzurro e il ragazzo lo prese al volo.
-La goccia deve essere ingerita per poi raggiungere ogni parte del corpo attraverso la circolazione sanguigna. Iniettarla endovena sarebbe molto peggio. L’unica è fargli assumere anche questa polvere.-
-Che cos’è?- chiese Gabumon, mentre il suo partner soppesava il sacchetto, soffice e leggero nonostante fosse piuttosto pieno.
-Aprilo.- disse il vampiro e il ragazzo obbedì.
Una luce soffusa azzurrognola si diffuse quando sciolse il laccio argentato. Dentro il sacchetto brillava una polverina chiara e sottile. La sua brillantezza si rifletteva negli occhi del prescelto che la fissava come estasiato.
-Cos’è?- chiese.
-Polvere di stelle.- rispose Vamdemon sogghignando.
Se quel marmocchio avesse saputo prima di quella polvere sarebbe arrivato a supplicarlo in ginocchio per averne appena un grammo. Ma ora non poteva godere di quella soddisfazione.
-Devi fargli ingerire questa e poi la goccia di fuoco. Molta di questa, in modo che lenisca gli effetti distruttivi.-
Nella mente di Yamato s’accese un pensiero quasi malvagio. Ma forse, in confronto al rischio di uccidere il partner per salvarlo, si poteva farlo per davvero e farlo rinascere. Non era meglio? Gli avrebbero risparmiato tante di quelle sofferenze.
Quando espose la sua idea, il vampiro gli spiegò che il virus del ghiaccio era ormai un tutt’uno col padrone delle tenebre e che quindi uccidendolo si sarebbero trovati in una situazione peggiore.
-Nel digiuovo le sue possibilità di guarigione sarebbero minime.-
-E se morisse per il virus?- chiese ancora il ragazzo, sudando freddo.
-Tutte le sue funzioni corporee sono state arrestate, anche quella di generare o conservare una copia di back up.-
-Ma nel computer centrale c’è una sua copia, o sbaglio?-
Vamdemon annuì, ma la risposta che diede era pessima.
-Non è aggiornata. Non si ricorderebbe di tutto questo tempo che avete trascorso insieme.-
Yamato chinò il capo, sconsolato.
Rischiare di ucciderlo? Dover ricominciare da capo?
Piemon non era sempre stato buono con lui. Avevano lavorato così tanto per arrivare a quel grado di complicità così invidiabile agli occhi dei più.
Gabumon gli prese nuovamente la mano e lui si voltò.
Gli occhi del suo digimon erano sicuri, fiduciosi.
-Devi provarci, Yamato.- gli disse, con quel tono di voce caldo e rassicurante. Ma lui aveva paura…

Piemon non aveva mai avuto paura di fargli del male, se era per il suo bene. Spesso lui lo accusava perché non possedeva un minimo di grazia, ma se un sacco di volte era scampato a chissà quale morte atroce (per un motivo o per l’altro) a chi lo doveva? A quel pagliaccio demente e un po’ sadico che stava crepando!
Sospirò, poi si alzò in piedi e si avvicinò con passo deciso al compagno.
-Ripetimi piano cosa devo fare.- disse, tentando di arrestare il tremore delle mani.
Salì sull’enorme letto a baldacchino e rimase in attesa d’istruzioni.
Per la prima volta lui e Vamdemon erano complici in qualcosa.
E non discutevano.
Il minimo errore, la minima distrazione sarebbe stata fatale.
Gabumon e Vamdemon gli si accostarono.

Yamato prese la testa di Piemon fra le mani e la reclinò appena all’indietro. Gli aprì la bocca. Anche il suo fiato era gelido. Le sue ciglia erano ormai cristalline e su tutto il suo corpo vi era una leggera brina.
Yamato versò fra quelle labbra scarlatte, ormai pallide, la famosa Polvere di Stelle.
Ghiaccio.
Semplice ghiaccio proveniente dagli anelli di un lontano pianeta.
Un nome romantico per una cosa così banale.
Shiva, un nome così piacevole all’udito per una cosa così terribile.
Vamdemon gli ordinò di fargli inghiottire l’intero sacchetto, in modo che la stilla infuocata non gli fondesse la gola, ma solo il ghiaccio che gli aveva somministrato.
E lui obbedì. Non aveva terminato di versare la polvere, che il vampiro gli porse la fiala. E lo vide, stava sudando freddo.
Yamato esitò per un attimo.
-Non aspettare troppo!- lo sgridò il digimon –Sarà solo peggio!-
Socchiuse gli occhi e si morse il labbro. Yamato aveva paura. Se qualcosa andava storto…
Ma non poteva lasciarlo morire, senza provare.

E’ tutto più semplice quando devi infondere il coraggio a qualcuno.
Quando si trattava di aiutare Taichi e MetalGreymon fatto schiavo dall’Imperatore, cosa gli era costato incoraggiare il suo migliore amico a lottare? O quando si trattava di consolare Ken Ichijouji, dicendogli che tutto sarebbe andato bene, che loro erano amici e che tutto il male che aveva fatto era stato perdonato, cosa gli costava? Nulla di nulla.
Ma in quel momento era lui di fronte ad una scelta difficile.
Scosse la mano d’improvviso, facendo cadere la goccia di fuoco fra le labbra di Piemon. Dritte nella gola piena di polvere di ghiaccio. Da essa si sollevò uno sbuffò di vapore. Scioglieva.
Aveva agito d’istinto.
Via il dente via il dolore.
E ora?
Aveva fatto male?
Il vapore lo spaventò, ma quando poi la mano ghiacciata di Piemon gli afferrò un lembo del pigiama, si riscosse.
La presa era stretta, come se volesse strappargli di dosso i vestiti. Ferma, come a dirgli di proseguire.
Allora si fece coraggio, ancora una volta e gli sollevò la testa ancora di più, per far scendere il tutto lungo la faringe. La presa sui suoi pantaloni si strinse, le unghie gli si conficcarono nella carne. Yamato strinse il capo dell’altro a sé. Lo sentiva irrigidirsi –Ti prego, dimmi che non lo sto uccidendo!- si lamentò –Dimmi che non lo sto uccidendo!-
-Continua a tenerlo fermo.- gli disse il vampiro. Gabumon lo vide. Anche lui era preoccupato, ma stava tentando di controllarsi. Era una cosa che non doveva riguardarlo.
Lui ormai apparteneva a quel ragazzino.
-Tienilo stretto.- ripetè e uscì dalla stanza, facendo cenno agli altri presenti di fare lo stesso.
Yamato rimase solo con Piemon e Gabumon.
Ma sentiva solo il compagno stringersi a lui. Si muoveva grazie a Dio! Lo stringeva forte, poi cercava di allontanarlo. Sembrava sbuffare vapore come una vaporiera (che paragone originale) e gemeva, gemeva sonoramente. Lo abbracciò ancora più stretto mentre la goccia di fuoco si gettava nel suo stomaco e da lì, si divideva in mille altre stille, le quali si sparsero fra le cellule, si riversarono nelle vene e dal cuore si diffusero in ogni parte del suo corpo.
E i gemiti erano divenuti rantoli e i rantoli lamenti. La brina si scioglieva, il suo corpo emetteva nuovamente calore e sudava.
-Cosa devo fare adesso?- esclamò Yamato.
Ma era stato mollato così e non poté far altro che continuare a stringere Piemon al petto per tutto il tempo sufficiente alla cura.
Quando poi quello si lasciò andare ad un sospiro esausto e il suo corpo si rilassò d’improvviso, il ragazzo temette per la vita del compagno.
Ma s’accorse che respirava e sorrideva.
E le sue labbra composero un’unica parola, che voleva dire molto –Grazie.-
Non fu detto, ne sussurrato. Rimase sulla punta delle sue labbra scarlatte, ma giunse dritto al suo cuore.
Yamato sospirò profondamente.
-Figurati.- disse, ma neppure lo sentì. Il suo cuore batteva troppo forte per lo spavento.
   
 
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