Due
su due
Io
non so cosa pensavi, quelle notti con
papà, ma grazie MAMMA, ne hai fatti due su due!
<<
Al.. >>
Alphonse
si voltò verso il fratello, facendo così
collidere quelle due pozze dorate le
une con le altre. << Dimmi. >> gli fece un
sorriso ed il fratello
fece una piccola smorfia.
<<
Mi dispiace per quello che è successo. >>
mormorò, abbassando lo sguardo.
Alphonse
gli si avvicinò e lo strinse a sé,
trasmettendogli così tutta la sua
riconoscenza. << Sei il migliore, fratellone.
>> gli rivelò all’orecchio,
facendolo definitivamente scoppiare a piangere.
<<
Mamma, mamma, guarda!
>> Edward corse in cucina a tirare la gonna di Trisha,
che sospirò e si
asciugò le mani sul grembiule.
<<
Che succede? >>
chiese, guardandolo negli occhi.
Il
piccolo fece un sorriso mezzo
sdentato e la prese per mano, facendola correre nello studio di loro
padre.
<< Guarda! >> la lasciò
lì sul ciglio della porta, poi andò ad
affiancarsi ad Alphonse e appoggiarono le mani su un cerchio disegnato
col
gesso a terra. Una luce bluastra invase la camera: si creò
una piccola conca
sul pavimento, dalla quale sbucò un cavallino di legno.
<<
Ma.. >> Trisha
spalancò gli occhi, poi vide i sorrisi luminosi dei due
bambini e si mise a
ridere. << Siete proprio i figli di vostro padre.
>> si inginocchiò
e li abbracciò entrambi.
<<
Fratellone non devi piangere. >> Alphonse si
staccò e asciugò le lacrime
del fratello maggiore, sorridendo quasi divertito. <<
Guarda che non ho
detto niente di male. >>
<<
Lo so, lo so. È che.. mi dispiace davvero. >>
Edward sorrise imbarazzato
e si sedette sul divano, osservando in tutta la sua naturalezza il
fratello.
Dopo tanti anni era riuscito a ridargli il proprio corpo e solo ora si
rendeva
conto di quante ne avessero passate insieme.
La
casa a ferro e fuoco nel gioco di
litigare, come cane e gatto ma lo stesso modo di camminare!
<<
La sposo io. >>
<<
No, io. >>
<<
No, IO! >>
Edward
si accanì contro suo
fratello, mettendogli le mani al collo. Il minore, già
più alto di lui, lo
lanciò lontano da lui, per poi lanciarglisi di nuovo contro,
facendo la lotta.
Winry
entrò in camera e li vide
accapigliarsi, così afferrò una chiave inglese e
la tirò in testa ad entrambi,
facendoli smettere di litigare. << Perché
litigate? >> chiese,
sedendosi a gambe incrociate di fronte ai due fratelli, che arrossirono
bruscamente.
Alphonse
lanciò uno sguardo al
fratello, sorrise furbo e si lanciò in avanti, dando un
bacio sulla guancia
alla bambina. << Mi sposi? >> le chiese,
facendole spalancare gli
occhi.
Alphonse
gli si sedette affianco, fissando anche lui il vuoto. <<
Winry voleva
sposare te. >> sussurrò a bassa voce,
ridacchiando.
Anche
Edward rise. << Già. >>
lanciò un pensiero alla ragazza che stava
nella camera adiacente. Lei era sempre stata parte della famiglia, era
l’unica
che era riuscita ad entrare nel club esclusivo dei fratelli Elric.
Winry era
sempre stata l’unica che Edward ed Alphonse avrebbero
protetto a costo della
morte.
Che
comunque vada, mio fratello ci sarà,
grazie MAMMA, grazie PA’.
<<
ALPHONSE!! ALPHONSE!!!
>> Edward urlava il nome del fratello con tutta la voce
che aveva. Era
scomparso davanti ai suoi occhi e non era riuscito a salvarlo. Si
guardò
intorno, terrorizzato, quasi con la speranza che fosse dietro di lui e
che lo
stesse prendendo in giro. Ma non era da nessuna parte, Alphonse era
svanito nel
nulla.
Guardò
in avanti, ma quello che
vide era solo un ammasso scuro con gli occhi rossi. <<
Mamma..?? >>
provò a sussurrare, ma quella cosa non rispose.
Esalò il suo unico respiro e
poi morì, lasciando Edward da solo nella stanza buia immerso
nel sangue che
continuava a sgorgare dalla gamba mozzata.
Si
mise a piangere, eppure il suo
sguardo era determinato. Suo fratello sarebbe tornato, non importava
cos’avrebbe dovuto dare in cambio.
<<
RIDATEMELO! RIDATEMI MIO
FRATELLO!! È L’UNICO FRATELLO CHE HO!!!!!!
>> immerse l’indice nel
sangue, si trascinò verso l’armatura che stava ad
un lato della stanza e
disegnò un cerchio alchemico all’interno, per
legare l’anima di suo fratello a
quel nuovo involucro, che sperava fosse provvisorio.
E
un’armatura dava forza per affrontare
ogni sventura, con la stessa frase in bocca: questo è mio
fratello, bello, sarà
dura per chi me lo tocca!
Il
maggiore guardò l’armatura tutta rotta
dall’altra parte della camera, proprio
di fianco alla bacheca con le foto. Si alzò, puntando dritto
la bacheca ed
afferrò la foto che ritraeva loro due appena dopo la
trasmutazione. Edward in
sedia a rotelle senza un braccio ed una gamba ed una grande armatura
dietro di
lui con le mani sui manici della sedia. << Non ti ho mai
ringraziato per
avermi portato qui e avermi bendato, quella notte. >>
confessò,
voltandosi verso il fratello e facendogli
vedere la foto.
<<
Beh, non è mai stato necessario. >> sorrise
tranquillo. In fondo, non
c’era neanche bisogno di ringraziarlo, perché lui
aveva dato un braccio per
salvarlo. << Tu avevi salvato me, era giusto che io
salvassi te. >>
continuò il minore, ricordando lo sguardo terrorizzato di
Winry e la rabbia di
Pinako per non essere stata in grado di evitare quella tragedia.
<<
Ehi, sfigato, dov’è
finito tuo fratello? >> un bulletto della scuola, Joeff,
fermò Edward di
fronte alla porta di casa Rockbell.
<<
Cosa vuoi. >>
ringhiò, sentendo già il sangue ribollire nelle
vene. Quel maledetto non era
mai contento, li tormentava da quando avevano distrutto una classe per
la
disperazione dopo la morte della madre.
<<
Sapere dov’è il
fratellino, visto che non viene più a scuola.
>> Joeff ridacchiò e gli si
mise di fianco.
<<
Fratellone, sei tornato!
>> Alphonse in armatura uscì da casa, ma si
bloccò appena aperta la
porta. Non si aspettava assolutamente di trovare quell’altro
insieme a suo
fratello.
<<
Entra, Al. >>
Edward lanciò lo zaino a terra e abbassò la
testa. Non voleva far vedere al suo
prezioso fratellino quello che stava per fare.
<<
Ma, Ed… >>
Alphonse fece un passo avanti e alzò la mano, producendo un
rumore metallico
che fece scattare in Joeff il senso della cattiveria.
<<
Ah… quindi tuo fratello
è diventato quest’armatura? Sai, a scuola gira
voce che abbiate usato
l’alchimia per far tornare vostra madre.. >>
<<
Smettila, vai via.
>> Alphonse cercò di convincere il bambino ad
andarsene: aveva visto lo
sguardo di suo fratello, sapeva che se non fosse riuscito a mandarlo
via,
Edward avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentito.
<<
Avete usato il principio
dello scambio equivalente, giusto? Alphonse ha perso il
corpo… probabilmente
perché era il più debole dei due?
>> Joeff si
mise a ridere.
<<
Joeff, seriamente, vai
via. >> Alphonse lo avvertì di nuovo, ma lui
rimase fermo.
Edward
strinse i pugni, sentendo
che anche l’automail del braccio fremeva per prendere a pugni
quel ragazzino.
In
pochi secondi, tirò lo zaino
al fratello minore, che quindi si spostò per prenderlo al
volo, e si accanì
verso Joeff. << NON INSULTARE MIO FRATELLO!
>> gli urlò a pochi
centimetri dal viso, cominciando poi a prenderlo a pugni.
Alphonse
si spostò lo zaino di
dosso e andò subito a recuperare suo fratello, prendendolo
quasi in braccio ed
allonanandolo. << JOEFF, VAI VIA DI QUI! >>
<<
LASCIAMI AL! LASCIAMI!
>> in qualche modo riuscì a scendere e
rincorse l’altro bambino, che
aveva cominciato a scappare, visto che aveva ormai la faccia ridotta in
poltiglia.
<<
Ed, smettila, smettila!
Lo ammazzi così!! >> Alphonse si
avvicinò piano, osservando suo fratello
che si metteva di nuovo a cavalcione dell’altro e aveva il
pugno del braccio
meccanico in aria, pronto a colpire. << La mamma non
avrebbe voluto!
>>
<<
LA MAMMA È MORTA, AL! E
QUESTO IDIOTA NON CAPISCE NIENTE! >> Edward
tirò un pugno al prato di
fianco alla testa di Joeff, che tremava terrorizzato.
<<
Lo so ma non è colpa
sua. >> Alphonse lo aiutò a togliersi e Joeff
scappò. << Andiamo a
casa. >>
<<
Mi hai sempre protetto, benchè tu fossi molto più
a rischio di me. >>
<<
Non ci posso fare niente… >> Edward sorrise e
si sedette nuovamente sul
divano. << Sei mio fratello, non potevo sopportare
l’idea che qualcuno
potesse farti del male. >> sospirò
pesantemente e continuò a guardare la
foto che aveva stretta in mano. Se solo ripercorreva con la mente quel
periodo,
sentiva che le ginocchia cedevano: non sapeva dove aveva trovato la
forza di
lottare così, non sapeva come aveva fatto a non crollare e
dire “basta, non ce
la faccio più”, non sapeva neanche come avesse
fatto Alphonse a non odiarlo per
quello che era successo. Quell’esperienza gli aveva insegnato
che insieme
avrebbero potuto sconfiggere qualsiasi cosa, si sentivano quasi
immortali,
invincibili.
Abbiamo
il codice dei cavalieri, non vedi,
piuttosto scleri ma ci trovi sempre sinceri Milady!
<<
Ragazzi.. >> Winry sbucò in sala,
strofinandosi un occhio assonnato.
<< Perché non venite a dormire?
>> propose, leggermente
indispettita per il rumore che stavano facendo. Tese la mano sinistra
verso i
due fratelli, in attesa che si muovessero a raggiungerla.
<<
Tranquilla, torna a letto.. >> Alphonse cercò
di convincerla a tornare in
camera alzandosi in piedi ed avvicinandosi a lei, ma questa lo
ignorò ed andò a
sedersi sul divano, dov’era appunto seduto lui.
<<
Non vado finchè non venite anche voi. >>
decise, sbadigliando
sonoramente. Si abbracciò le gambe e si appoggiò
allo schienale, faticamdno a
tenere gli occhi aperti.
<<
Ragazzi! Come sto?
>> Winry raggiunse i due fratelli sulla stradina sterrata
per andare a
scuola con un sorriso luminoso che le copriva metà del volto.
Edward
si voltò, la osservò per
qualche secondo e poi scoppiò a ridere, assolutamente senza
ritegno. <<
Sei orribile!! >> decretò tra una risata e
l’altra mentre si teneva la
pancia con la mano, che cominciava già a fargli male.
La
bambina si girò verso
Alphonse, che si irrigidì immediatamente. <<
No, non sei orribile Winry…
è che prima stavi molto meglio! >>
cercò di salvarsi questo, ma venne
comunque colpito dalla chiave inglese
di
lei.
<<
Siete insensibili!
>> urlò, per poi mettersi a correre ed entrare
nel cortile della scuola
molto in anticipo rispetto alla campanella.
<<
Ed, sei un disastro.
>> commentò il fratello minore, lanciano uno
sguardo di rimprovero all’altro,
che rideva ancora.
<<
Ma era orribile!!
>> si scusò Edward, cercando di calmarsi un
attimo dalle risate. Ma appena
ripensò al viso di Winry incorniciato da quei capelli corti
a caschetto, si
mise di nuovo a ridere. Lei non poteva cambiare pettinatura e
pretendere di
stare bene con tutto!
<<
Non hai un minimo di
tatto. Devi chiederle scusa. >> continuò a
rimproverarlo Alphonse,
osservandolo attentamente. Lo sapeva che suo fratello non intendeva
ferire i
sentimenti della loro amica, però il suo tatto da elefante
ubriaco non lo
aiutava di certo.
<<
Non voglio chiederle
scusa. Ho ragione io! >> Edward puntò i piedi
a terra, pronto a fare i
capricci, ma il suono della campanella gli ricordò che era
ora di entrare in
classe.
<<
L’hai ferita, Ed… va
beh, a dopo! >> i due si divisero ed il maggiore rimase
solo a pensare. Non
credeva di averla ferita, lei lo picchiava sempre con gli attrezzi di
Pinako,
era lei a dovergli delle scuse! Così deciso,
entrò in classe e vide la sua
amica rannicchiata sul banco.
Non
seppe neanche bene come
avesse fatto, ma si trovò subito al suo banco e le
accarezzava la spalla,
chiedendole scusa di essere stato sgarbato.
Il
giorno dopo, quando Winry
raggiunse di nuovo i fratelli, aveva una bandana a coprirle i capelli
corti,
particolarmente soddisfatta.
<<
Avevate ragione voi.
>> sisse, sorridendo tranquilla.
Il
piano della ragazza non durò molto, perché si
addormentò nel giro di dieci
minuti. I due fratelli risero ed Edward la prese in braccio, portandola
di
nuovo nel suo letto. Fecero per andarsene, ma lei li teneva entrambi
per le
mani, in modo che non potessero scappare.
Questi
le si sdraiarono di fianco, Edward da un lato ed Alphonse
dall’altro, un po’
cme se volessero proteggerla dagli incubi.
<<
Sai cosa, Al? >>
<<
Cosa fratellone? >>
<<
Bisognerebbe ringraziare la mamma. >> sorrise e chiuse
gli occhi, stanco
morto.
Ci
hai messo al mondo e dato vita a tutti
i sogni che ho, una volta può essere fortuna, la seconda no!
Il
mattino dopo, Pinako fece un salto alla tomba di Trisha e Hohenheim per
salutarli, quando vide un biglietto posto esattamente nel mezzo.
“Io non so cosa pensavi quelle notti con papà, ma
grazie mamma, ne hai fatti
due su due. Che comunque vada, mio fratello ci
sarà… grazie mamma, grazie
pa’.”