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Autore: Lella Duke    07/04/2006    4 recensioni
"...dovete soltanto parlare tra di voi... basta così poco..."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bo Duke, Jesse Duke, Luke Duke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stavolta la mia mente ha partorito qualcosa di piuttosto insolito, spero pertanto di ricevere molti pareri al riguardo (sia positivi che negativi beninteso!)

Questa one-shot è ambientata subito dopo l’episodio “Il Carnevale del Brivido”. Se non doveste ricordarvene la trama, vi faccio un breve sunto: “Il Carnevale del Brivido” è una sorta di circo delle macchine, proprietà di una graziosa ragazza di nome Diane Benson la quale, rimasta senza pilota per l’attrazione principale dello spettacolo, ingaggia Bo. Il giovane Duke, infatuatosi della ragazza, per dimostrare il suo valore decide di saltare una fila di 32 macchine con il Generale Lee scatenando in questo modo la preoccupazione e la rabbia di tutta la sua famiglia. Luke tenterà in tutti i modi di dissuadere il cugino,  i due arriveranno alle mani e Bo abbandonerà la fattoria per seguire la sua bella. Rinsavirà soltanto quando, grazie alla perseveranza di Luke, di Daisy e di Jessie, capirà che quello che Diane gli sta offrendo non è un sentimento sincero.

Questo episodio della durata di due ore è, a parer mio, tra i migliori di tutte e sette le serie!

A questo punto non mi resta che augurarvi buona lettura!

 

 

Incubo o realtà?

 

La pioggia caduta incessantemente per tutta la notte imponeva ancora la sua presenza battendo violentemente sul tetto della fattoria e sui vetri delle finestre. Il sibilo del vento, sebbene giungesse sordo e smorzato all’interno della camera da letto, impediva a Bo di riposare tranquillamente. Neanche quando era piccolo aveva mai amato particolarmente le giornate uggiose e i temporali, ma almeno da bambino gli bastava intrufolarsi nel letto di Luke e cercare riparo e protezione tra le sue braccia per sentirsi subito meglio. Nonostante fosse ormai un giovane uomo, quella muta ostilità verso il cattivo tempo gli era sempre rimasta dentro. Aprì gli occhi e si scrollò di dosso le coperte avvertendo il calore che lo avvolgeva come eccessivo e si voltò verso la piccola sveglia che teneva sul comodino. Le lancette segnavano le otto e mezzo. Rimase piuttosto perplesso leggendo l’orario poiché dalla poca luce che filtrava avrebbe scommesso che al più fosse stata l’alba. Si alzò un po’ controvoglia e tirò via le tende, rimase in finestra qualche minuto rimirando con disappunto la pioggia scrosciare abbondantemente; decise quindi di recarsi in cucina perché una buona colazione era proprio quello di cui aveva bisogno in una giornata così cupa. Prima di aprire la porta della sua stanza rivolse lo sguardo verso il letto di Luke e si accorse che era vuoto, si soffermò qualche istante a riflettere, ma non riusciva a ricordarsi di aver visto il cugino la sera precedente andare a dormire pertanto non sapeva dire se quel letto fosse già stato rifatto o se Luke non ci avesse dormito affatto. Tuttavia non se ne diede pensiero e scrollando le spalle abbandonò la sua camera. Una volta entrato in cucina, si accorse che seduto al tavolo vi era il vecchio Jessie intento a sorseggiare una tazza di caffé nero bollente. Ad uno sguardo più attento Bo si rese conto che lo zio non aveva neanche notato la sua presenza tanto era assorto nei suoi pensieri. Si avvicinò quindi al tavolo e prese anche lui una tazza nella quale versò per sé del caffè.

“Buongiorno!” Esclamò Bo sbadigliando sfacciatamente.

“Buongiorno!” Rispose Jessie di rimando.

“Hai qualche preoccupazione?” Domandò poi Bo notando lo sguardo triste dello zio.

“Al solito ragazzo mio, niente di nuovo è che ancora non riesco a farmene una ragione!”

“A che cosa ti riferisci zio? Non riesci a farti una ragione di cosa?” Domandò quindi con crescente curiosità Bo addentando una fetta di crostata appena sfornata.

Jessie rivolse verso il nipote uno sguardo tanto accusatorio quanto stupito “non sei divertente Bo!” Si limitò a rispondere alzandosi repentinamente dalla sedia.

Bo provò un istantaneo senso di colpa, ma non riusciva a capirne il motivo “ti chiedo scusa zio Jessie non volevo farti arrabbiare, ma davvero non so a cosa ti riferisci!” Proseguì poi seguendo l’anziano uomo con lo sguardo.

“Il mio stato d’animo è lo stesso da un mese a questa parte, mi fa piacere sapere che tu abbia già superato tutto, ma per me non è così! Ti pregherei quindi di non scherzare su questa faccenda!”

Il tono di Jessie era basso e colmo di una mestizia infinita. Bo sentì il proprio disagio crescere, tuttavia non aveva la benché minima idea di cosa stesse parlando lo zio.

Ma perché? Che cosa è successo un mese fa?” Domandò poi sorseggiando un po’ di caffé.

“Io proprio non ti capisco Bo… e va bene starò al tuo gioco. Non ti ricordi niente dell’incidente?”

Il giovane Duke provò una stretta al cuore nel sentirsi rivolgere quella domanda in un modo così bruto e diretto e dal niente iniziò a crescere in lui un senso di angoscia. Era ansioso di fare domande ed avere risposte, eppure al contempo era spaventato.

“Non ricordo niente zio Jessie, di quale incidente parli?” La voce tremolante e l’improvviso pallore di Bo, indussero l’anziano capo famiglia a considerare lo stupore del nipote come genuino. Indi per cui decise di continuare quella conversazione.

“Un mese fa… era di sabato… tu e Luke partecipavate all’annuale derby ad ostacoli della contea di Hazzard a bordo del Generale Lee. Eri tu al volante… all’uscita di una curva ti sei ritrovato davanti una macchina ferma in mezzo alla strada e alla velocità a cui stavi procedendo non hai avuto il tempo di frenare…”

Gli occhi di Bo rimasero spalancati ed il suo cuore iniziò a martellargli nel petto “dov’è Luke?” Chiese poi con un filo di fiato.

Jessie guardò incredulo il nipote, si sfregò gli occhi stanchi e poi rispose: “Non c’è stato niente da fare… non sono riusciti a salvarlo…”

Il cuore di Bo si fermò all’istante per poi ricominciare a battere più forte di prima; il suo respiro divenne affanno ed una solitaria lacrima rigò le sue pallide gote.

Che cos’è questa storia zio Jessie? Mi stai forse dicendo che Luke è morto?”

Il vecchio Jessie strinse con vigore le mani del nipote tentando di infondergli una forza che lui non aveva più da un mese. Gli accarezzò poi teneramente una guancia rimuovendo quell’unica lacrima caduta dai suoi occhi.

“Eh si! Anche tu hai sbattuto violentemente la testa quel giorno eppure finora non ti eri mai comportato in un modo così strano; eri presente Bo e lo sai meglio di chiunque altro com’è andata!” Continuò poi Jessie.

“Io non mi ricordo niente zio, ma di una cosa sono certo: LUKE NON PUO’ ESSERE MORTO!” Urlò quindi alzandosi da tavola tanto violentemente da sbattere la sedia in terra.

“Prova a pensarci allora, quand’è stata l’ultima volta che hai parlato con lui o che lo hai visto?” Chiese dunque Jessie alzandosi a sua volta e cingendo con forza le spalle del giovane.

“Io… non lo so… ma certo! Abbiamo litigato proprio qui fuori e ci siamo presi a pugni perché lui non voleva che lavorassi per Diane!” Esclamò dunque con fare risoluto Bo.

“Ragazzo mio ricordi in che mese è arrivato in città il Carnevale del brivido?”

“Ma che domande fai? E’ arrivato solo da pochi giorni e siamo in maggio!”

“Bo guarda il calendario!”

Il giovane Duke si voltò di scatto verso la parete indicatagli dallo zio ed emise un sommesso gemito di triste stupore prima di sussurrare “…giugno…”

Bo si accasciò mestamente in terra e si passò una mano tra i biondi capelli; quello che dapprima era un debole singulto si trasformò presto un pianto disperato “Non può essere… Luke non può avermi lasciato solo…”

 

Un debole raggio di sole filtrato furtivamente dalle tende, colpiva Bo in pieno viso; egli avvertendone il fastidio aprì gli occhi e si rigirò goffamente nel letto. Non aveva alcuna voglia di alzarsi, tuttavia ormai si era svegliato, il danno era stato fatto. Iniziò a percepire nitidamente diversi rumori intorno a sé: dei passi provenienti dalla cucina, l’allegro mormorio delle bestiole che abitavano la terra circostante la fattoria ed il rombo di un motore proprio fuori dalla sua finestra. Sconsolato e rassegnato decise quindi di staccarsi dal suo letto e di iniziare la giornata. Una volta in piedi, dopo essersi scrollato di dosso una notte di sonno, si avviò con passo incerto verso la porta della stanza, ma passando davanti al letto vuoto di Luke, un nodo improvviso gli serrò la gola. Si affrettò verso la cucina e vi trovò Jessie seduto a tavola sommerso da decine e decine di fogli all’apparenza di natura burocratica.

“Era ora che ti svegliassi! Ma lo sai che ore sono?” Esclamò l’anziano Duke alla vista del nipote.

Bo lo ignorò completamente e corse verso la porta di casa; la spalancò e dopo averla oltrepassata si aggrappò alla piccola ringhiera di fronte a lui. Jessie, il quale non aveva potuto fare a meno di notare lo strano comportamento del nipote, si alzò da tavola e lo seguì. Una volta raggiunto lo fissò in volto e colse in lui il nascere di un timido sorriso accompagnato da due occhi lucidi colmi di lacrime non versate. Seguì con lo sguardo la direzione verso la quale era concentrata l’attenzione di Bo e si accorse che il giovane stava fissando Luke. Nonostante tutto l’amore che egli potesse provare per il nipote più grande, non riusciva a capire cosa ci potesse essere di tanto commovente nel guardarlo armeggiare sotto il cofano del Generale Lee.

“Bo mi sto preoccupando, mi vuoi dire che cosa ti prende?” Domandò piuttosto perplesso il buon Jessie.

Il giovane Duke da parte sua ampliò la portata del suo sorriso e con la mano chiusa a pugno si diede dei leggeri colpi sulla testa.

Sapessi zio Jessie! Non credo di aver mai fatto un sogno più brutto in vita mia!” Rispose Bo voltandosi verso lo zio e accompagnando le parole ad una risata liberatoria.

“Ti va di raccontarmelo?” Chiese poi Jessie.

Bo tornò serio per un attimo e con un’espressione accigliata si limitò a rispondere: “Ho sognato che Luke non c’era più!”

Jessie conosceva bene il suo ragazzo, sapeva per certo che ci sarebbe stato molto di cui parlare di quel sogno, ma l’emozione vibrante con la quale Bo aveva caricato quella semplice frase, da sola bastò per permettere all’anziano Duke di avere una visione completa del racconto.

“Sai Bo spesso sono le nostre peggiori paure a dare vita a determinati sogni o pensieri. A volte non è necessario che muoia qualcuno per perderlo veramente e questo è proprio ciò che stava accadendo tra te e Luke non più di qualche giorno fa. Non mi ricordo di avervi mai visto litigare in quel modo e devo confessarti di aver avuto paura!”

“Quanto hai ragione zio Jessie! Se solo potessi rimangiarmi alcune delle cose che ho detto!” Replicò Bo sospirando malinconicamente.

“Ma come tu e Luke non avete parlato? Non vi siete chiariti?” Chiese quindi Jessie con aria interrogativa.

“Non direi proprio che ci sia stato un chiarimento tra di noi, abbiamo semplicemente ripreso la nostra vita di sempre da dove era stata interrotta!”

“Dammi retta Bo, se senti la necessità di parlare con Luke, di scusarti con lui o di pretendere delle scuse… fallo! Dovete soltanto parlare… basta così poco!” Concluse il buon Jessie dando un piccola pacca sulla schiena del nipote prima di rientrare in casa.

Bo scese di fretta i tre gradini che lo separavano dalla terra e si avviò verso il Generale Lee; Luke non si era accorto della presenza del cugino e quando lo vide sbucare d’improvviso dietro al cofano del bolide arancione, ebbe un leggero sussulto.

“Buongiorno!” Esclamò allegramente Bo.

“Buongiorno? E’ quasi ora di pranzo! Ne avevi di sonno arretrato!” Rispose Luke continuando a stringere un bullone dietro l’altro.

Senti Luke ti dispiacerebbe lasciare per un po’ il Generale da solo? Avrei bisogno di parlarti!” Domandò quindi Bo allontanando prepotentemente il cugino dalla macchina e riabbassando il cofano.

“D’accordo! Dimmi Bo ti ascolto…”

 

Bo e Luke ebbero una lunghissima conversazione nella quale ciascuno dei due riconobbe umilmente le proprie colpe e della quale entrambi alla fine furono più che soddisfatti; Bo inoltre confessò al cugino di aver compiuto il primo passo perché mosso dall’orrore provocatogli da un sogno. La conclusione di quel faccia a faccia fu sancita da un fraterno abbraccio e dal collaudo del Generale Lee uscito claudicante dall’esperienza del Carnevale del Brivido e rimesso a punto dalle abili mani di Luke.

 

Fine

 

 

   
 
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