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Autore: Ceci Princessofbooks    13/08/2011    2 recensioni
"All'inizio, Spock si era limitato ad accettare compostamente la presenza di quell'incessante, aggrovigliato brusio, amando il modo in cui nel dottore si trasmutava nei suoi sguardi più sfavillanti, nei suoi sorrisi più appassionati, nei suoi baci più generosi; ma nel tempo quel battito invisibile era penetrato nella sua carne, formicolando discretamente sul ciglio del suo pensiero, come una conferma rassicurante della costellazione di volti e legami intorno a cui conduceva le sue orbite, come il bagliore amato e sottile della propria casa scorta in lontananza.
Quando Leonard si era ammalato, il bagliore si era affievolito, e le sue costellazioni avevano tremato."
Talvolta, anche gli eroi devono sottomettersi alle leggi degli uomini, e tremare come tutti i mortali: e per il dottore che lo ha sfidato e respinto per tutta una vita, quel momento è arrivato. Ma certe luci non scompaiono da sole; e se non può trattenerle, qualcuno può almeno impedire che scivolino via nel silenzio.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo so, non ho più pubblicato nulla da un tempo oltraggiosamente lungo, e lo so, mi odierete per quello che ho deciso di condividere con voi in questa occasione: io stessa mi sento ignominiosamente crudele, in questo momento. Ma al tempo stesso, dovevo, avevo bisogno di scrivere questa storia: perché la forza, la tenerezza, la grandezza di un legame traspare anche nel dolore e nell'ombra, e appare ancora più splendente quando sanguina. Spero con ogni fibra del mio essere di aver reso quindi onore ad una luce tanto complessa, ad un canto tanto difficile, e che le mie parole siano degne della bellezza di questo vincolo, e degli uomini di carta che lo hanno forgiato. Buona lettura, e alla prossima, Ceci

 

 

I have perceiv’d that to be with those I like is enough,

To stop in company with the rest at evening is enough,

To be surrounded by beautiful, curious, breathing, laughing flesh is enough,

To pass among them, or touch any one, or rest my arm ever so lightly round his or her neck for a moment—what is this, then?

I do not ask any more delight—I swim in it, as in a sea.”

Walt Whitman, da “I Sing the Body Electric”

 

 Healer's Symphony

 

 Il Dottor McCoy non amava il silenzio. Certo, aveva sempre provato un sottile piacere quando durante alcuni notti rimaneva furtivamente in Infermeria, a lavorare e pensare tra le confortevoli pareti del suo studio o nella familiare geometria delle attrezzature, e da ragazzo aveva spesso trascorsi i pomeriggi dorati di Giugno nei campi dietro casa, accoccolato tra le gonfie mangrovie del torrente; ma non era mai vero silenzio. Sull' Enterprise c'erano sempre gli schiocchi ritmici dei macchinari, il ronzio dei suoi strumenti, magari un fruscio di coperte da un letto occupato; e durante quelle estati lontane ogni volta, con le palpebre socchiuse e la schiena premuta contro i tronchi nodosi, aveva potuto percepire il sussurro scuro della corrente, il frinire delle cicale, le grida lente di qualche uccello rannicchiato nell'intrico dei rami. Talvolta amava scivolare in quelle quieti, in quelle cavità solitarie che vibravano appena di vita: lì era facile riflettere, sciogliere i nodi della giornata e della colpa, medicare le proprie ferite; e quei rifugi l'avevano addirittura aiutato al tempo del suo divorzio, quando il profumo di Jocelyn si era orribilmente confuso con gli strepiti dei suoi avvocati, e il silenzio violento della loro casa aveva cominciato a premere le proprie fauci sul suo cuore. Ma era nel rumore, nella confusione, perfino nel frastuono che Leonard raggiungeva i suoi vertici. Doveva sentire il fragore incalzante degli uomini e delle macchine, il pulsare furioso di decine di vite e di anime sulla pelle perché la sua mente guizzasse più in alto, i suoi occhi vedessero più a fondo, le sue passioni avvampassero con più forza: ed erano momenti febbricitanti, spaventosi, esaltanti. Era nei rombi tumultuosi di voci e motori della loro nave, nel groviglio frenetico di urla e stridii delle ore più intense dell' Infermeria, nelle gioiose cacofonie di schiamazzi e brindisi delle sere con gli amici che il dottore si sentiva più saldo, sereno, vivo. Nonostante tutte le sue caustiche, chiassose proteste, non gli pesava davvero il fatto che la sua attenzione fosse quasi perennemente pregata e ricercata, anzi: gli piaceva, e aveva segretamente bisogno, che la sua vita fosse striata di imprecazioni e risate e bisbigli, un intreccio di sentieri multiformi e inarrestabili come i lampi elettrici che sprigionavano i suoi neuroni. In fondo, l'anima di Bones era quella del guaritore: era quindi ovvio che nulla lo inebriasse più dell'irriverente, miracoloso ronzio di un popolo sano ed energico; che nessuna sinfonia toccasse corde più intime dello scontrarsi chiassoso di esistenze libere, corpi agili, ossa forti. Spock lo sapeva, grazie all' inconsapevole, preziosa diligenza con cui il Primo Ufficiale osservava le azioni e le parole di Leonard: e sebbene non l'avesse apertamente confessato, la loro prima sera di vera convivenza, spesa non tra drammatici sussulti di passione ma solo in un condiviso, innocuo ozio domestico, era stato vivamente angosciato dal pensiero che la sua innata inclinazione per il silenzio, per l'immobilità assorta della meditazione, risultasse penosamente insopportabile all'indole generosa e mutevole del medico. Ma Leonard lo aveva rassicurato, con lo sguardo gentile che acquistava quando il Primo Ufficiale rivelava quelle tenerezze segrete, e gli aveva risposto di non preoccuparsi, perché con lui per colmare un luogo bastava il fruscio regolare del suo respiro, il ritmo inconfondibile dei suoi passi, lo schiocco cadenzato dei tacchi degli stivali: il suono stesso della sua vita era abbastanza.
Una sera, mentre gli arabeschi argentei delle nebulose fluivano di fronte alla vetrata della cabina del capitano e i bicchieri di brandy vuoti si affastellavano accanto alla brocca di tè Vulcaniano, Jim aveva commentato ridendo che per Bones il caos più terrificante rappresentava la vera serenità. Il dottore era rimasto per un attimo silenzioso, sfiorandosi le labbra con la mano come ogni volta in cui si sprofondava nei suoi pensieri; quando alla fine era riemerso, aveva aggrottato appena le sopracciglia:-No, non voglio chiamarla serenità: più che altro è felicità, e per me la felicità è sentire scorrazzare nella mente e in casa le idee e le persone a cui voglio bene.-.
E molti dei loro ricordi insieme, quando Spock vi rifletteva, erano imbevuti di rumore: il momento in cui si erano rabbiosamente dichiarati a vicenda, le orecchie ancora assordate dal loro ultimo selvaggio battibecco, lo schianto delle ampolle del laboratorio spazzate via nell'ansia di cercare la carne e la mente dell'altro; i lenti tramonti del Sud in cui ritornava dalle sue ambascerie, scintillanti dei saluti già impregnati di alcool delle compagnie di amici o della risata limpida e audace di Leonard; i pomeriggi trascorsi nel laboratorio in una sgraziata armonia di strida di macchine e battute gridate tra i banconi, confortevolmente cadenzati dallo scoppio saltuario di un familiare borbottio. Per molti anni, i fragori e i crepitii del mondo degli uomini avevano scandito i passi, le gioie, le lotte dell'inebriante alchimia di un'esistenza comune, come una vibrazione profonda e impetuosa che pulsava nelle loro giornate, mormorava nei loro silenzi, il battito potente e orgoglioso della vita e dell'amore che avevano abilmente saputo plasmare, e proteggere. Spock, cresciuto tra gli echi nitidi e i silenzi distanti di Vulcano, all'inizio si era limitato ad accettare compostamente la presenza di quell'incessante, aggrovigliato brusio, amando il modo in cui nel dottore si trasmutava nei suoi sguardi più sfavillanti, nei suoi sorrisi più appassionati, nei suoi baci più generosi; ma nel tempo quel battito invisibile era penetrato nella sua carne, formicolando discretamente sul ciglio del suo pensiero, come una conferma rassicurante della costellazione di volti e legami intorno a cui conduceva le sue orbite, come il bagliore amato e sottile della propria casa scorta in lontananza.
Quando Leonard si era ammalato, il bagliore si era affievolito, e le costellazioni di Spock avevano tremato.
Non era stata una tragedia inaspettata: il dottore era vissuto fino ai margini estremi del tempo concesso alla sua gente, non era caduto nella morsa di nessun arcano morbo feroce, non era stato avvelenato da nessuna oscura forza ultraterrena come tante volte era quasi accaduto: semplicemente, il suo organismo aveva cominciato a cedere, e a disgregarsi nuovamente negli atomi scintillanti che l'avevano forgiato. Invecchiando, il corpo di Leonard gli era rimasto saldamente fedele , né si era ridotto al tremulo groviglio di rughe in cui avvizziscono molti; gli anni gli avevano anzi infuso un'imperiosa, ostinata vitalità, un'energia scarna e testarda che aveva affilato i suoi tratti già asciutti, e marcato l'impaziente agilità dei suoi passi. Le sue ossa erano diventate ancora più sottili, ancora più da uccello, e i suoi gesti avevano acquistato l'irrequieta, schioccante leggerezza di un tentativo di volo; la sua figura, già snella quando si erano conosciuti, si era prosciugata in sagoma esile e spigolosa, ma dotata della solida, bizzarra essenzialità di una tavola anatomica. Quando si fermava per una visita inaspettata al lavoro, Spock lo ritrovava quasi sempre nel mezzo dell'Infermeria, attorniato da sciami atterriti di reverenti specializzandi, mentre guizzava tra le corsie, abbaiava ordini incrociati, sovrintendeva operazioni complesse, agitando le magre mani esperte come falene impazzite, e borbottando per tutto il tempo di “essere troppo dannatamente vecchio per scorrazzare tra le barelle come una maledetta lepre”; ma un cenno del suo secco indice scheletrico poteva zittire un intero branco di infermieri, e l'azzurro dei suoi occhi era ancora abbastanza vivo e inarrestabile da inchiodare lo sguardo di chiunque. Anche il suo, quando gli aveva spiegato di non poterlo più accompagnare lungo la sua strada, e di aver raggiunto l'orlo della propria.-Non è così terribile, Spock- aveva tentato di confortarlo nei primi tempi, stringendogli il braccio con la sua mano sempre più pallida, sempre più leggera -Sapevamo fin dall'inizio che, se non ti fossi lanciato in qualche idiota progetto suicida, sarebbe toccato prima a me. È naturale; è il modo in cui funzionano gli esseri fatti come me, e posso accettarlo. Ho visto molta gente morire, e ho ascoltato molti rimorsi, molte confessioni, molti pianti: e posso assicurarti che andarmene così, nella mia casa e tra coloro a cui voglio bene, è un'occasione concessa a pochi.-.
Lui aveva soltanto annuito, e aveva seguito, con l'implacabile, levigata tenacia della sua gente, i pacati consigli di Leonard: aveva congedato il branco di ossequiosi, famelici specialisti accorso per sondare e sezionare il leggendario Dottor McCoy dell'Enteprise, che li aveva immediatamente apostrofati con il titolo non particolarmente lusinghiero di viscide sanguisughe; aveva contattato tutti i loro amici, vagliando ogni recesso della galassia per raccogliere il Capitano, Scotty, Uhura, Christine e tutti coloro che nel corso degli anni avevano rinnovato e generato il loro frastuono; aveva accolto volti devastati e occhi insanguinati dal pianto, aggrappandosi ad ogni rivolo della lucida forza granitica dei suoi avi. Ma anche quando tutti i loro compagni, tutte le creature che per anni avevano riso, discusso, pianto, vissuto con loro si erano riuniti, combinandosi negli incastri di tanto tempo prima, il rumore non era tornato.
Ora gli altri rimanevano silenziosi, quando entravano nella loro camera: alcuni per rispetto, altri per soggezione, altri per il grumo di feroce dolore che gli strangolava la voce. Lo stesso che mordeva la gola di Spock, premendo più a fondo ogni volta che a Leonard sfuggiva un gemito, mozzandogli il fiato ogni volta che la sua pelle diventava più diafana. Ma lui non poteva, non voleva permettersi di ricadere nel silenzio. Lo doveva al dottore, per tutte le notti che aveva vegliato sul suo corpo straziato, combattendo testardamente contro il sangue e la morte, continuando a sussurrargli insulti e preghiere mentre gli impediva di scivolare nel buio; glielo doveva, perché così i suoi antenati salutavano coloro che amavano: accompagnandoli fino al ciglio dell'ombra a passi saldi e leali, lenendo le loro ferite e soddisfando le loro richieste, senza , senza recedere, senza distogliere lo sguardo. E Leonard non meritava nulla di meno. Sapendo quindi quanta forza e quanti ricordi evocasse in lui il trovarsi avvolto dal frastuono, aveva stabilito di non lasciarlo mai nel silenzio: aveva portato sul suo comodino un recentissimo, impareggiabile trasmettitore con una collezione della musica che il dottore amava maggiormente, comprese le molli ballate pastose in cui le cadenze del Sud erano tanto dense da divenire incomprensibili; aveva cominciato a dedicarsi alle sue sperimentazioni chimiche alla vecchia scrivania della loro stanza, riempiendo i pomeriggi con l' ordinato contrappunto degli schiocchi e dei tintinni dei beker, fino a quando i sentori pungenti e familiari dei composti sbiadivano anche l'odore dolciastro della malattia; e soprattutto, ogni sera si adagiava sulla sedia di legno rigido di fianco al letto, la posa composta e la schiena eretta, e declamava per entrambi le poesie di Walt Whitman, spietate come la sua logica, commosse come la passione del dottore. E con ognuna di quelle abitudini, in apparenza così domestiche, così superflue, Spock celebrava invece l'immenso e tremendo sentimento che lo legava a quell'umano, al modo sobrio e severo della sua gente, conferendo a ciascun gesto il sacro, grave riverbero di un rito. Ogni verso pronunciato, era in realtà un simbolo della sua devozione. Ogni brano avviato al trasmettitore, una supplica sussurrata all'universo.
Ogni parola strappata agli artigli nella sua gola, un'offerta, infusa di un amore che pochi avevano conosciuto, e che a pochi aveva concesso.
Leonard voltò piano il viso sul cuscino, reprimendo un sussulto mentre il suo corpo si frantumava e si ricomponeva nello sforzo, e lottando ostinatamente per impedire alle ombre di invadere il suo sorriso: -Ah, adoro questo pezzo. Spock, ti andrebbe di rileggermelo un attimo?-.
Lui sollevò lo sguardo; e per un attimo, di fronte al dolore sfinito che gridava nelle giunture e nel sangue della figura sana e nervosa con cui si era accapigliato e sostenuto tanto a lungo, di fronte alla luce straziante di quegli occhi intatti, intrappolati in una carne già assente, di fronte al vigore beffardo e inesorabile che sentiva scorrere nelle proprie vene, si sentì ridicolo, illogico, addirittura indecente: un sacerdote patetico, ottusamente rassicurato dalle sue cerimonie senza senso, superbamente incapace di recare almeno il conforto generato da un pianto, o da uno strazio onestamente rivelato. Ma poi l'istante passò, e il suo ruolo riacquistò i suoi margini, e il suo significato. Perché certo, per molte ragioni in quel momento Spock non era, per il dottore, altro che un solenne, inutile guardiano: la sua mente o il suo potere non potevano alleviare il male evanescente che gli divorava le ossa, o proibire alle leggi invisibili e crudeli del tempo e della materia di consumare il suo volto; non potevano, questa volta, riportarlo indietro dalle terre sconosciute e senza luce in cui si era spinto. Ma tuttavia, gli era ancora permesso compiere quei lievi rituali quotidiani, prima di arrendersi davvero al buio: aveva ancora, per un tempo breve e inestimabile e eterno, l'opportunità di sprimacciare il suo cuscino, circondarlo di rumore, leggere le sue citazioni; di donargli una scintilla del tepore austero ma radioso del suo sole, per camminare in tenebre meno fredde.
-Certo- replicò solo, senza aggiungere altro, senza infondere voce alle sue preghiere. Ma sapendo che non per questo le avrebbe dimenticate più facilmente, o sarebbero stato incapaci di raggiungere Leonard. -Con vero piacere.-.
E mentre continuava a recitare con voce ferma i versi stampati di Whitman, Spock tese il braccio, intrecciando le snelle dita agili con la mano fragile e trapunta di vene azzurre, sottili come radici di fiori, che giaceva aspettandolo sulle lenzuola.
In ogni caso, non l'avrebbe lasciato scivolare via nel silenzio. 

   
 
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