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Autore: Awe    14/08/2011    6 recensioni
"Il giorno prima che i miei nuovi genitori mi venissero a prendere, Mello decise improvvisamente che necessaria una Riunione Segreta del Gruppo Segreto dello Sgabuzzino".
Una fic su... be', lo leggerete, spero.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Matt/Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA COSA PIÙ IMPORTANTE




...Ma prima...
I personaggi non mi appartengono. Yo ho ho. E come potrei averli inventati io? Gli autori di Death Note (al momento non mi ricordo i nomi), sono delle menti folli e assolutamente geniali, e io non lo sono abbastanza.
Detto questo, buona lettura. Yo ho ho.






Il giorno prima che i miei nuovi genitori mi venissero a prendere, Mello decise improvvisamente che necessaria una Riunione Segreta del Gruppo Segreto dello Sgabuzzino.
In realtà, sia la Riunione Segreta che il Gruppo Segreto erano solamente nomi pomposi inventati dal mio stupido amico, le solite baggianate che Mello usava per rendersi più figo agli occhi dei nostri compagni. Come al solito. “Idiota esibizionista”, avevo pensato io quando me l’aveva proposto, ma avevo lasciato correre: era l’unico modo per non lasciarsi travolgere eccessivamente dalle sue idee strampalate e dalle sue tante, troppe manie. Ripensandoci, l’idea non era poi così male, anche se trovavo che chiaccherare nella nostra stanza come facevamo di solito non fosse poi così diverso; quando lo feci presente a Mello, lui incominciò a scaldarsi, e decisi di lasciar cadere l’argomento.
Le Riunioni avvenivano nello Sgabuzzino al terzo piano, un posto relativamente tranquillo perché si trovava in parte ad una stanza che veniva usata come una sorta di magazzino, nella quale la gente entrava assai raramente. Lo Sgabuzzino era veramente piccolo e non particolarmente pulito (sospettavo che qualcuno, in passato, ci avesse pisciato o peggio, perché il quel luogo regnava costantemente un pessimo odore), ma Mello appena lo vide ne fu entusiasta. E come biasimarlo? La Wammy’s House non era esattamente un posto nel quale la privacy regnasse sovrana, non so se mi spiego. Controlli, perquisizioni e sequestri di oggetti personali erano l’ordine del giorno, per cui l’aver trovato un luogo in cui stare in pace, almeno per qualche ora, rendeva felice anche me.
Non è che discutessimo di qualcosa in particolare, durante quelle riunioni. Chiaccheravamo di banalità e di problemi di scuola, scherzavamo, talvolta io portavo un gioco elettronico e Mello mi guardava sconfiggere l’ennesimo boss, a volte mi toccava subire i suoi sproloqui riguardo Near per secoli, quasi sempre mentre divorava cioccolata. Anche se ci trovavamo in uno spazio angusto, puzzolente e male illuminato, ci divertivamo assieme.
Quella riunione, però, sembrava essere tutt’altro che allegra.
«Chiudi la porta», disse spiccio Mello appena fummo entrati.
«Allora domani ti vengono a prendere»
«Già»
«Beh, la cosa è molto semplice: non voglio che tu te ne vada,» proseguì, «quindi devi dire ai tuoi... genitori» - sputò quest’ultima parola con tutto il disprezzo che poté - «che non puoi più andare con loro». Sembrava molto soddisfatto, e annuì con convinzione.
“Razza di stupido”, pensai. «Ma Mello, è già tutto deciso».
«Sì, questo lo so, ma io non voglio che tu te ne vada, per cui devi chiamarli prima che ti vengano a prendere!»
«Ho già preparato le valigie», azzardai.
«Lo so». Stava per cominciare a perdere la pazienza. «Lo so, ma tu non puoi andartene!»
Be’, diciamo che l’aveva già persa. «Mi lasci qui da solo!», e mi tirò un calcio.
«Da solo! A lottare contro Near e tutti gli altri! Se tu te ne vai io come faccio! Non voglio che qualcun altro divida la nostra stanza con me! NON VOGLIO!» Altri calci, ma quello peggiore fu quello che mi colpì dritto al cuore. Era vero, stavo abbandonando il mio stupido, idiota, lunatico, irascibile migliore amico, e non ci avevo neanche quasi pensato.
Perché davo per scontato che lui fosse forte. Più forte di me.
Poi, improvvisamente com’erano cominciati, i calci finirono. Dolorante e acciaccato, tentai di aprire la porta per scappare, ma Mello mi bloccò contro la parete e mi abbracciò forte.
«Almeno ricordati che tu per me sei la cosa più importante», sussurrò. Annuii, e cominciai a piangere. «Piagnone! Che palle che sei!», esclamò prima di correre via. Continuai a piangere, perché mi ero appena reso conto di una cosa: non avrei più visto il mio migliore amico per molto, molto tempo.

Il giorno dopo Mello non si fece vedere. Me l’aspettavo, da quello stupido.
Continuai a piangere durante tutto il viaggio verso la mia nuova casa, disperatamente.

In seguito gli inviai lettere, cioccolato, e regali a Natale e per il suo compleanno, ma quasi mai ricevetti una risposta.
Poi, col passare degli anni, anch’io simisi di scrivergli, e di inviargli i regali. La cioccolata però gliela spedivo sempre. Chissà se l’ha mai mangiata.








~ Note, dove parla la Zeba ~

Lo ammetto, io sono una persona estremamente malinconica. Davvero. Felice ma malinconica (perché suona come un controsenso?). Per questo, anche le mie storie sono sempre intrise di questo sentimento un po’ sfuggente e dai contorni sfumati.
Dunque dunque dunque... È mezzanotte e mezza e ho appena finito di scrivere questa fic. Sono un po’ nervosa perché temo di non aver compreso i personaggi a sufficienza pr permettermi di scriverla, provavo la necessità di farlo, capite? Per cui: fan accaniti, critici spietati, abbiate pietà. Anzi no, fate come vi pare, cercherò di difendermi da sola.
Il mio timore più grande è che io non abbia accentuato a dovere i caratteri di Mello e Matt.
È stupido da dire, ma ho paura che sia così. Ma ci ho provato, e penso di aver fatto comunque un discreto lavoro. C’è anche da dire che è la prima volta che scrivo di questa coppia di amici, e di Death Note in generale. Detto questo, adios, ma non senza aver scritto anche solo una piccola recensione. Per favoooooooooooore! Anche piccola piccola, eh!
Un grande grandissimo saluto da Nene







  
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