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Autore: GiuBaka    14/08/2011    0 recensioni
Non era mia intenzione. Non volevo uccidere.
Per nessuna ragione, non volevo uccidere. Non volevo, non volevo, non volevo.
Malgrado quello continuasse a gemere davanti ai miei occhi non riuscivo a fermarmi.
Il primo ostacolo era proprio quello di iniziare: chiunque non avrebbe mai ucciso.
Dopo di ciò nulla era impossibile, iniziai a sentirlo quasi come un bisogno della mia stessa vita o morte.
Non importava più se quel tipo non sarebbe più riuscito a riaprire gli occhi, vedevo solo il bisogno di nutrire la mia sete. Sebbene non lo desiderassi sapevo che la bestia che era in me non si sarebbe fermata, non ero più Samih Taslin: io ero il nero demonio che non sarebbe mai riuscito a perdonare sé stesso.
Samih Taslin è un ragazzo arabo trasferitosi in america per studiare. E' lì che conosce Mizuko Shimizu, una giapponese dagli occhi e i capelli celesti, tendenti al verde. Più i giorni passeranno più si accorgerà di quanto essa è strana. Ma lei non è la sola ad avere qualche problema anche le altre ragazze avranno i loro segreti da nascondere. Come affronterà Sam il passato di Mizuko? Riuscirà a concludere il suo "gioco" senza lasciarci le penne?
Sangue e deliri mescolati in qualcosa di folle.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La ragazza verdeacqua intrisa nel rossosangue

Capitolo 1.1 - Three Outs – L’attacco del demone



"Vuoi morire?“ erano le parole incise sulla lama di quel coltello affilato.
Le piccole pupille e gli occhi dilatati del mio assassino mi davano un terrore immenso. Le mani fredde e sudate tremavano e nonostante fossi seduta mi sembrava di cadere per terra molteplici volte.
Avevo davanti una donna color verde acqua. Tutto di lei dal vestito, agli occhi e persino i capelli. Quel colore era come una gemma accecante in quella stanza buia dove mi aveva rinchiusa. Sapevo che era la fine. Non capivo molto della situazione. Non sapevo né per quale motivo meritarmi questo né chi fosse bene quella ragazza.
«Invidia, Gelosia, Disprezzo … Come faccio a meritarmi tutto ciò?!» ripeteva lei agitando il coltello tagliuzzandomi le ciocche di capelli castani già corti di loro.
Detto così sembrava quasi che io avessi avuto una grande tenacia e volontà prima di lasciare questo mondo ... In realtà ero talmente spaventata da cogliere qualsiasi minimo dettaglio. Non posso lamentarmi di come ho vissuto. Avevo un ragazzo, delle amiche fidate, una buona famiglia e anche una discreta popolarità a scuola. Piccole gioie inutili che davano un colore più intenso alla mia gialla e appassita vita. L’unica ragione che rimpiango è quella di non aver conosciuto il motivo per cui io abbia dovuto lasciare questo mondo. Quando nella mia mente girovagavano queste parole. Ormai il petto mi bruciava intensamente e nel stringerlo forte avevo le mani intrise di sangue. La ragazza spettrale non c’era più. Ero io sola. Con un giramento di testa svenni. Addio mondo.
Morta il 13 ottobre del 20xx accoltellata da Ignoto.




Come qualsiasi normale persona ero veramente spaventato e allo stesso eccitato dall’idea che avrei appena iniziato a frequentare il liceo. I miei si aspettavano buoni risultati scolastici da me ed ero sicuro che non li avrei delusi. Alle medie ero sempre stato uno studente modello, non avrei proprio creduto di trovare motivo per non studiare, anzi non avrei proprio creduto di ritrovarmi a che fare con quella ragazza: la ragazza che mi avrebbe cambiato la vita.
Raccontato in questo modo avrebbe potuto anche sembrare una cosa molto dolce e romantica, ma non fu proprio così … eppure nonostante lei fosse la persona più strana che avessi visto in vita mia, fu l’unica che riuscì a rapirmi e attrarmi così tanto.

«Lui è Samih Taslin si trasferisce qui da oggi.»
Ero troppo teso per dire qualcosa cosi mi avviai direttamente verso il banco che mi era stato assegnato. La ragazza seduta mi sorrise e mi porse la mano, aveva i capelli rossicci tendenti al castano lunghi che le ricadevano sulle spalle strette e ricurve. Con quegli occhioni color nocciola faceva proprio tenerezza ... ma a primo impatto mi sbagliavo.
«Sono Angie Sanchez, piacere.»
«Samih Taslin, va bene anche Sam.»
Mi porse la mano e la strinsi con piacere: era davvero carina.
Ero circondato da mille mila sguardi di adolescenti accanite. Beh, doveva essere normale. In quella classe vi era solo un altro ragazzo che non era nemmeno il massimo della bellezza. Sin da quando ero entrato era rimasto a fissare il libro dalla copertina in cuoio che teneva fra le mani e non aveva alzato nemmeno una volta lo sguardo per dare un occhiata. I suoi occhi neri puntati verso le piccole parole che leggeva attraverso le spesse lenti degli occhiali. Se non sbagliavo doveva chiamarsi Elliot, i professori mi avevano accennato che la classe avrebbe avuto solo un maschio contro le quindici ragazze. Non mi sorpresi molto degli urletti di gioia e delle rapide occhiate che continuavano a lanciarmi: dopotutto un ragazzo occhi d’un verde intenso, carnagione abbronzata e capelli neri leggermente arruffati non lo vedi tutti i giorni! Tanto meno non ti capita in classe. Ero abbastanza convinto da me di essere un, se così si può dire, bel ragazzo. Alcune delle femmine cominciarono ad alzarsi e a venire al mio banco.
«Hey è vero che sei straniero?»
«Si, i miei genitori sono arabi.»
Altri gridolini si fecero avanti. Non li badai e mi alzai in direzione del tipo che sembrava ancora non volermi nemmeno guardare.
Non sapevo che dirgli.
«Hey.»
Nessuna risposta.
«Ohi parlo con te.»
Ancora nulla.
«Elliot! Parlo con te!»
Gli presi il libro da sotto il naso e fu allora che si mosse.
«Stronzo!» mi urlò.
Detto questo si riprese il libro e riniziò a leggere.
«Scusa sai! Non mi rispondi nemmeno.»
Ci mise un po’ per parlare ma finalmente si degnò di aprir bocca.
«Sto leggendo un libro interessante e TU lo sei di meno. Seconda cosa non cercare di fare amicizia con me perché non concluderai nulla. Terzo il mio cognome è Clark usa quello per chiamarmi.»
Non gli dissi niente e tornai al posto come se nulla fosse. Alcune ragazze sottovoce mi sussurrarono «Lascialo in pace, è un tipo strano ...» «Un’asociale coi fiocchi.»
Una bella bionda dalle gambe provocanti “nascoste”, o così si fa per dire talmente corta era, dalla gonna dell’uniforme mi si avvicinò.
«Non badare ad Elliot è fatto così.» sorrise lei.
«Io sono Bridgette, spero ti troverai bene nella nostra classe» disse appoggiando la mano sul mio banco sfoggiando le brillanti unghie finte tacchettandole a ritmo sul quaderno.
Non feci tempo a rispondere che la professoressa la richiamò «Bridgette torna al tuo posto! Iniziamo la lezione. Non vorrai già provarci con Taslin, eh?»
Alcune ragazze risero mentre la donna fece cenno di chiudere la porta.
Passarono pochi secondi quando quella si aprì di nuovo: fu la prima volta che la vidi.
La bellissima ragazza che stravolse la mia esistenza. Una bambola dai lunghi capelli stupendi, mai visto un colore del genere, un celeste tendente al verde. Gli occhi dello stesso colore, molto grandi per essere una giapponese, le ciglia lunghe e folte. Persino Elliot che fino a due minuti prima sembrava non voler alzare il capo dal suo appassionante libro era lì a fissarla. Ci misi un po’ per notare in lei già qualcosa di strano: la sua uniforme era bagnata, non indossava le calze … ed era a piedi nudi! «Ti sei alzata tardi, Mizuko?» disse la professoressa fingendo un sorriso.
«No.» rispose seccata lei.
«Oh signore. Perché sei scalza?»
«Mentre andavo a scuola un bambino era finito nel fiume cercando di prendere la palla che gli era caduta.»
Oh mio dio. E mi state dicendo che questa ragazza si è tuffata per salvare un bimbo che stava annegando?
La prof. non sembrò per nulla scossa. Tutto ciò era normale?!
«Bene ora siediti.»
Lei effettivamente si sedette ... ma sopra il banco e per giunta proprio dietro al mio!
Iniziò a dondolare le gambe e a un certo punto le appoggiò sopra la mia sedia.
Finsi di non essere infastidito ma quando mi ritrovai un suo piede comodamente sulla mia spalla …
«Ehi! Per che mi hai scambiato per un …-»
Non feci in tempo a finire la frase che rispose «La tua spalla è così soffice e comoda!»
Ma che ha questa?! Mi guardai in giro. Nessuno sembrava dar peso al suo comportamento.
«Ascolta, puoi mettere giù il tuo..-»
Mi interruppe di nuovo «Si si.., ho capito.» disse in modo seccato.
Dopodiché nessuno mi disse nulla, né tantomeno lei.
Ci parlai di nuovo in mensa, sempre per caso. Ancora a piedi nudi stava prendendo il pane dal cestino utilizzando l’alluce e l’indice.
«Hey! Ma ti sembra il caso? Voglio dire hai camminato scalza tutto il giorno e ora afferri il cibo così come se niente fosse?»
«Tanto questo panino lo mangio io.» disse addentandone un gran boccone strappandolo voracemente come se fosse un’animale.
«Contenta te …»
Ci fu un momento di silenzio imbarazzante, ma poi attaccò lei bottone.
«Hmm ... Tih cghiami Samih fhero?»
«Non parlare con la bocca piena!» le dissi «Comunque … sì, perché?»
Sorride in modo malizioso e provocante. Quell’espressione mi fece trasalire. Quei due occhi verde acqua mi fissavano come se fossi diventato l’oggetto di maggior attenzione nella grande e chiassosa aula straboccante di gente.
«Hmmm … Interessante. Veramente interessante. Significa “Perdonatore”, lo sai? Vuol dire che qualsiasi cosa farò … mi perdonerai?»
In quel momento non avrei avuto ragione per capire ciò che quella curiosa ragazza mi stava dicendo, ma sapevo che mi stava avvertendo. Non ero uno sciocco ma non potevo sapere a cosa sarei andato incontro.
«Che vuoi dire?»
Mi sorprese con un sorriso fresco e sincero, si atteggiava in un modo tutto diverso da prima.
«Nulla Nulla, ignora ciò che ho detto! E’ proprio un bel nome!»
Mi prese le mani e continuò «Penso sarà divertente …»
Si avvicinò ancora e mi sussurrò nell’orecchio «… sarà un bel gioco.»
Per riparlare di questa storia ci volle un bel po’. Mi impaurì molto con questa sua frase, ma insomma che avremmo potuto fare di così tanto bello? Lasciai perdere i pensieri sconci che mi frullavano in testa.
Mizuko, o almeno così mi sembrava che si chiamasse, era veramente ciò che la gente definisce strana. Ben presto mi accorsi che la gente non le diceva mai una parola non per acconsentire ai suoi capricci ma semplicemente per ignorarla. Anche in classe nessuno mai osava fiatare e rimaneva sola sul suo banco. Ero l’unico che ancora la badava. Spesso mi dicevano «E’ meglio se la eviti …» «E’ solo un’ animale …».
Però io non potevo fare a meno di essere incuriosito da lei: era bellissima, cosa aveva di diverso dagli altri? Perché si comportava così? Sinceramente dopo tutto quel che è successo avrei sicuramente preferito non saperlo … ma al momento ero fin troppo interessato da lei. Una classe veramente bizzarra avevo avuto modo di conoscere solo quattro dei miei futuri compagni di classe e già c’era una puttana bionda, un secchione, un’animale azzurro e … una ragazza carina carina? Angie era così normale rispetto agli altri tre. Mi sbagliavo anche allora, nemmeno lei lo era e l’avrei scoperto presto.

Era una mattina come le altre camminai verso la fermata dell’autobus sul ponte. Non abitavo in centro città, dove si trovava la scuola quindi ogni mattina mi toccava prendere il bus e farmi trenta minuti seduto su una qualsiasi vecchia sedia cigolante del mezzo. Mi piaceva un sacco quel posto. Così silenzioso ... La panchina sebbene arrugginita era un posto di relax assoluto. Non c’era una sola macchina. Mi pareva di essere quasi isolato dal resto del mondo. Sotto ogni tanto passavano dei treni su alcune rotaie che avrebbero dovuto sottoporre a qualche manutenzione … Non mi sarei sorpreso di certo se fosse avvenuto qualche incidente. La tabella degli orari ingiallita, il palo a cui era affisso un solo numero di autobus: il numero 23. Ce n’era uno ogni due ore, se l’avessi perso sicuramente non sarei potuto arrivare a scuola quindi arrivavo in fermata sempre circa venti minuti in anticipo. Era bello soprattutto per godermi anche il fresco venticello mattutino che arrivava dritto dritto in viso … Quella mattina però non ero solo.
Mizuko stava camminando pericolosamente come se niente fosse sul bordo del ponte, proprio davanti a me. Non so cosa stesse cercando di fare ma avevo una indubbia paura che lei precipitasse.
Mi alzai di scatto dalla mia panchina, sembrava proprio che non mi avesse visto e mi avvicinai.
«Ah! Sam! Buongiorno!» disse lei scendendo dal muretto.
«Ehi! E’ pericoloso sai! Non è un buon modo per morire gironzolare qua su.»
Mi si avvicino di scatto prendendomi per il colletto e sussurrò«Tu dici?»
A volte quella ragazza era davvero spaventosa.
Ripresi «Tu … Abiti da queste parti?»
Lei annuì «Sì! Nella via laggiù sulla destra» disse indicando la strada davanti a noi.
«Anche io. Qui vicino.»
Non me la sentivo di dirle dove abitavo.
«Aspetta un attimo! Ma se abiti anche tu nella zona … non dovresti prendere anche tu questo bus? O ti accompagnano i tuoi?»
«Non vivo con i miei.» disse sorridendo «Prendo l’autobus qua.»
Impossibile, l’avrei già vista.
«Prendo quello delle 5:21.»
«Capisco.» Un momento … le cinque del mattino?! «No aspetta … cosa?!»
«Hai capito bene!» si avvicinò «Io prendo quell’autobus.»
Questa ragazza diventava sempre più inquietante.
«Ma se arrivi sempre in ritardo ...» la guardai e voltai il capo «Mah, non importa. Perché sei qui? L’hai perso?»
Lei scosse la testa.
«Beh.. Allora aspettiamolo assieme.» dissi.
«Non passerà.»
«Cosa? Che dici.»
Mi strattonò per la camicia e urlò «HO DETTO CHE OGGI … Non passerà.»
I suoi occhi stupendi quanto agghiaccianti mi fissavano. Le pupille tremavano.
Persi l’equilibrio. Perché quel muretto sembrava così basso in quel momento? Scivolai.





Eh si, cari amanti delle one-shot è il momento di polverizzarvi perché questa fic è abbastanza lunga e per il momento conta già un sostanziale numero di pagine su word. Spero di non annoiarvi e che seguirete anche i prossimi capitoli! Aspetto le vostre recensioni, critiche ben accette. Fatemi notare se c'è della grammatica fuori posto perché rileggo in fretta. Bye, Giulia.
  
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