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Autore: Sasotta    14/08/2011    9 recensioni
Non volevo essere beccata a guardarlo, ma anche sforzandomi, non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.
"Quanto sei carino..." pensai, mordendomi il labbro inferiore.
Lui si girò di scatto come se mi avesse sentito e, come avevo previsto, vide la mia facia imbambolata.
Fece sicuramente finta di non aver notato niente, mascherando la sua faccia sorpresa con una domanda:
< Scusa, hai per caso una penna o una matita? >
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero in ritardo. Dovevo partire, ed ero in ritardo.

“Cavolo. Dov’è il check-in? E il gruppo?”.

Correvo lungo il lucido e scivoloso corridoio dell’ aeroporto di Milano Linate.

Papà era dietro di me che arrancava, ed il bello è che non aveva in mano niente.
Io invece correvo con le mie due valige; una, la più grossa, pesava 15 kg, l’altra, invece,
era abbastanza leggera: aveva dentro 4 paia di scarpe e un cambio di vestiti.

< Papà!Ci sei??Per caso vedi il gruppo? > continuavo a gridargli, ma ogni mio sforzo era inutile; era sempre più lontano e
figuriamoci se riusciva a sentirmi. Però tentavo lo stesso, sperando che il suo apparecchio per l'udito funzionasse
una buona volta.

Ad un certo punto persino i miei occhi da miope riuscirono a vedere il numero 6 affiancato dalla scritta
Check-in; sotto, la scritta Milano-Madrid-Miami.

Davanti ad una specie di scrivania, con una signora che ordinava di stare calmi e di aspettare,
c’era un grande gruppo di ragazzi. Un brusio generale inondava il corridoio:

c’ era un gruppetto di ragazze che, tirandosi sul naso i loro occhiali da sole firmati, urlavano guardando il bel
sedere di un ragazzo; c’era un gruppo di ragazzi che guardavano a loro volta il sedere delle
ragazze, dandosi gomitate e occhiate a vicenda; un gruppo di ragazzi che tiravano fuori i loro
passaporti e si trascinavano lentamente dietro la valigia, ed infine un gruppo di ragazzi e ragazze che chiacchieravano
tra di loro guardandosi in giro.

Quando mi videro, tutta rossa per la corsa, sudata e imbarazzata da matti, smisero di chiacchierare. Tutti mi guardavano,
e sentivo i loro occhi su di me.

Non c’era una persona che guardava altrove.

< Era ora! > sentii provenire dal gruppo delle ragazze.

< Menomale che sei arrivata, siamo in ritardo di ben mezz’ora! > disse una signora, arrivandomi davanti
con il dito indice su un orologio di plastica posto sul polso del braccio sinistro.

La riconobbi immediatamente non appena mi si avvicinò.

Aveva occhiali alla “Harry Potter“, un enorme neo quasi nero sul mento e un naso affusolato;
la bocca era carnosa e imbrattata di un rossetto rosso acceso…i capelli biondi erano raccolti in una treccia
che concludeva con un fermacapelli pieno di fili rosa e gialli fatti con la lana cotta.

Era la mia prof d’inglese, la signora Baldini.

< Scusi Prof, mio padre ha sbagliato strada due volte. > cercai di scusarmi, passandomi una mano sudata tra i capelli.

< Dai, corri a fare il check-in, intanto parlo a tuo padre. > disse senza nemmeno guardarmi, e con uno sguardo
scocciato sul viso.

Mi indicò la tizia che fino a qualche secondo prima stava urlando a tutti di stare fermi.

Feci di si con la testa avvicinandomi al banco.

La signora mi guardò con aria noncurante, dopodichè - sempre con noncuranza - mise un’etichetta alla mia valigia
che scomparve subito dopo, trasportata dal rullo su cui si trovava.
Stava per prendere anche la mia valigia con il cambio, ma la fermai dicendole che era il mio bagaglio a mano.

Mio padre finalmente arrivò, anche lui tutto trafelato.

< Mi scusi signora, mi sono svegliato tardi. >

"Merda." gli avevo detto di dire che avevamo sbagliato strada per due volte.

< Ah, certo. Non c’è problema. > disse la Baldini, girandosi per darmi un’occhiataccia.

Quando i due smisero di parlare, finalmente potemmo avviarci tutti verso il pullman che doveva portarci all’aereo.

< Beh…mi raccomando. Stai attenta e divertiti! > disse mio padre abbracciandomi.

< Papà, è un viaggio-studio, tutti mi odiano perché ho fatto ritardare il volo, tu hai detto alla Baldini che ti sei
svegliato tardi quando ti avevo detto di dirle che avevamo sbagliato strada... sì, certo. Mi divertirò molto, anzi. Moltissimo. >

Mio papà si mise a ridacchiare e mi stampò un bacio sulla guancia destra. Sorrisi.

< Ciao papà! > mi voltai e raggiunsi il gruppo.

Appena salita sul pullman cercai un posto per sedermi e rimettermi a posto.

Mi sentivo una stupida, tutta sudata e rossa.
Mi ero messa una maglietta a maniche corte rosa, appunto per presentarmi bene, e una gonna nera; ora, sotto le ascelle, si vedevano
perfettamente due grossi aloni scuri di sudore, e la gonna mi si era appiccicata alle cosce.

“Bene. Perfetto...”

Il gruppo di ragazze mi stava guardando.

Una bionda, che non vi descrivo nemmeno, perché sono sicura che sapete com’è fatta una ragazza pon-pon, mi si avvicinò.

< Ciao. > disse, masticando insistentemente una bigbabol.


< Senti, non vorrei dirtelo, ma hai un enorme brufolo sul naso, sembra un vulcano che sta per esplodere! > girò i tacchi e si mise a
ridacchiare mentre tornava dalle amiche.

Il brufolo non ce l’avevo, e lo sapevo benissimodato che poco prima di salire mi ero guardata in uno degli specchietti del pullman;
Ma anche se sapevo che era inesistente, per istinto mi toccai il naso. Il gruppo di ragazze si mise a ridere
ancora di più.

Mi sembrava di essere tornata all'asilo.

Davanti a me, dei signori che non facevano parte del gruppo e che avevano visto la scena,
scossero la testa in segno di disapprovazione.

< Che gioventù sprecata. > riuscii a sentire.

Mi misi a pensare.

"Com’è possibile!? Ho fantasticato più volte sul mio arrivo all’aeroporto: sarei dovuta arrivata sorridente e bellissima,
truccata divinamente; avrei avuto addosso gli sguardi seducenti dei ragazzi, che mi sarebbero venuti incontro cercando
di fare subito amicizia, e gli sguardi da avvoltoi delle ragazze, che si rodevano i pollici invidiose. E invece è successo proprio
tutto il contrario." sbuffai.

Gli sguardi ricevuti dai ragazzi appena arrivata davanti a loro, erano tutt‘altro che sguardi socievoli e seducenti,
e quelli delle ragazze erano di presa per il culo.

Che bell’inizio di vacanza.


***

Il pullman si fermò; tutti iniziarono ad addossarsi contro di me, perché ero vicina alla porta d’uscita,
ma fortunatamente riuscii a sbucare fuori poco prima che un ragazzo che odorava di cipolla mi venisse addosso.

Una hostess rossa di capelli, con un sorriso finto stampato sulle labbra, ci fece salire sull’aereo,
dove altre due hostess ci aspettavano per regalarci un altro finto sorriso, accompagnato da un ancor più finto
< Benvenuti! > che assomigliava a un “Muovete il culo che abbiamo fretta.”.

Presi il mio biglietto e guardai che posto mi avevano assegnato. M2.
Iniziai a cercarlo, e più andavo avanti, più ero lontana dal gruppo: tutti avevano già trovato i loro posti;
a me, essendo arrivata in ritardo, avevano affibiato l’ultimo rimasto, che ovviamente era lontano chilometri
dai miei compagni.

Appena trovai il cartellino con la scritta M1-M2-M3, misi il mio bagaglio a mano nel portabagagli e poi lo chiusi.

Abbassai lo sguardo. Sui sedili non c’era seduto nessuno.

“Menomale”. Mi sedetti e tirai fuori un libro e l’ipod.

Volevo completamente isolarmi.

"Che meraviglia...nessuno che mi disturba, nessuno che viene a dirmi che ho un brufolo enorme…nessuno." Iniziai a leggere,
spensierata, fino a quando una persona si fermò proprio accanto a me.

"E adesso chi è?" Disturbata alzai lo sguardo.

Un ragazzo. Un bellissimo ragazzo si era fermato accanto a me e stava persino parlandomi…
il problema è che avevo le cuffiette, e la musica era a palla. Non sentivo proprio niente.

Spensi l’ipod.

< Scusami, non ho sentito cosa hai detto. >

Il ragazzo mi guardò negli occhi.

Erano verdissimi, con qualche pagliuzza di azzurro e marrone. Mi incantai a osservarlo come una stupida.

Mi sembrava che il tempo rallentasse…ma poi parlò.

< Ti stavo chiedendo se mi facevi un po’ di spazio, questo è il mio posto. >

Improvvisamente mi accorsi che avevo occupato tutti e tre i posti: in uno c'ero seduta io, in quello a fianco c'era
il mio giacchino, e nell’altro ancora c’erano tutti i libri riguardanti Miami che avevo portato.

< Oh, si certo. Scusami. >

Accennò un sorriso quando gli liberai il sedile.

Ritornai a leggere, ma ero troppo curiosa, e iniziai a fissarlo.

Aveva lineamenti del viso delicati; il naso era perfetto, e la sua bocca era carnosa. Mi veniva voglia di baciarlo.

Notai che anche lui mi lanciava delle occhiate di nascosto...mi osservava come io facevo con lui.

Non volevo essere beccata a guardarlo, ma anche sforzandomi, non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.

"Quanto sei carino..." pensai, mordendomi il labbro inferiore.

Lui si girò di scatto come se mi avesse sentito e, come avevo previsto, vide la mia facia imbambolata.

Fece sicuramente finta di non aver notato niente, mascherando la sua faccia sorpresa con una domanda:

< Scusa, hai per caso una penna o una matita? >

Ci pensai su e poi accennai un sì con la testa;

< Si, ma è dentro la mia sacca…se mi fai passare la prendo. > indicai il portabagagli sopra le nostre teste.

Si alzò e mi fece passare.

Tirai fuori la borsa, appoggiandola sul mio ginocchio e spostando il mio peso sull'altra gamba, che mi tenne fortunatamente
in equilibrio.
Tuffai le mani nella sacca, alla ricerca della penna.

La trovai dopo una trentina di secondi, e facendo un sorrisino impacciato gliela passai;

lui ringraziò con un cenno della testa e tirò fuori un giornaletto pieno di cruciverba.

Rimisi la sacca al suo posto e lo feci di nuovo alzare, per ritornare al mio sedile.

Appena fui seduta riniziai a leggere e mi rimisi alle orecchie le cuffiette; avevo sempre la sensazione
di essere osservata, ma tenni duro e non mi voltai verso di lui.

Finalmente l’aereo decollò, e dopo un paio d'ore fece scalo a Madrid.

Dopo circa altre due ore ripartimmo. I posti erano sempre gli stessi, e per mia fortuna e sfortuna mi ritrovai
di nuovo di fianco al ragazzo.

Per tutte e 9 le ore di volo non ci parlammo, e io tentai di isolarmi il più possibile facendo finta di dormire o facendo
veramente un piccolo pisolino
, per evitare ogni possibile contatto visivo, che sicuramente mi avrebbe messa nel panico.

Arrivata la fine del volo, quando l’aereo atterrò a Miami, si decise a parlarmi.

Mi disse “grazie” porgendomi la mia penna.



Ciao a tutti! Questa è la prima storia che pubblico, e sono veramente agitata!!
Ho postato il primo capitolo di questa long, sperando di ricevere qualche recensione
e di poter finalmente capire se vale la pena continuare a scrivere.(AMO farlo, è da
sempre la mia passione. Non riuscirei proprio a sopravvivere senza una penna e
un foglio bianco a portata di mano!)
Scusandomi, per gli errori e le imprecisioni, vi saluto!
Aspetto con ansia una vostra recensione. 

 

                                                                                       Con affetto, Sara

   
 
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