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Autore: Light D    15/08/2011    4 recensioni
La prima volta che gli occhi di Dafne Sullivan incrociarono quelli di Nicolas Bermejo era una mattina come tante nell’affollato Starbucks di Regent’s Street a Londra.
Lei aveva appena ordinato il suo doppio caffé macchiato alla vaniglia e lui glielo stava preparando velocemente, per riuscire a far fronte alla schiera di affamati clienti che si stava creando dietro le esili spalle della ragazza.
Il giorno in cui gli occhi di Dafne e Nicolas si incrociarono, tuttavia, fu lo stesso giorno in cui nello stesso Starbucks di Regent’s Street anche gli occhi di Evan Johnson, il secolare fidanzato di Dafne, si incrociarono eloquentemente con quelli di Nicolas. In quello stesso giorno, in quella stessa via ma non in quello Starbucks, qualche ora dopo anche gli occhi di Claudia, migliore amica di Dafne, si incrociarono con quelli di Nicolas non tanto eloquentemente come il biglietto che gli lasciò di sfuggita con su scritto il proprio numero.
Quel trenta settembre le vite di quei quattro ventenni londinesi si intrecciarono in un modo catastroficamente imprevedibile e inconsapevole.
Forse quello era veramente il cosiddetto destino.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shine On

Capitolo Primo

So at my show on Monday
I was told that someday
You'd be on your way to better things
It's not about your make-up
Or how you try to shape up
To these tiresome paper dreams
(She moves in her own way – The Kooks)

La prima volta che gli occhi di Dafne Sullivan incrociarono quelli di Nicolas Bermejo era una mattina come tante nell’affollato Starbucks di Regent’s Street a Londra. Lei aveva appena ordinato il suo doppio caffé macchiato alla vaniglia e lui glielo stava preparando velocemente, per riuscire a far fronte alla schiera di affamati clienti che si stava creando dietro le esili spalle della ragazza. Il giorno in cui gli occhi di Dafne e Nicolas si incrociarono, tuttavia, fu lo stesso giorno in cui nello stesso Starbucks di Regent’s Street anche gli occhi di Evan Johnson, il secolare fidanzato di Dafne, si incrociarono eloquentemente con quelli di Nicolas. In quello stesso giorno, in quella stessa via ma non in quello Starbucks, qualche ora dopo anche gli occhi di Claudia, migliore amica di Dafne, si incrociarono con quelli di Nicolas non tanto eloquentemente come il biglietto che gli lasciò di sfuggita con su scritto il proprio numero. Quel trenta settembre le vite di quei quattro ventenni londinesi si intrecciarono in un modo catastroficamente imprevedibile e inconsapevole. Forse quello era veramente il cosiddetto destino.

Dafne staccò le proprie labbra da quelle di Evan con un leggero gemito, mentre lui si accasciava di fianco a lei sfinito. Le passò un braccio intorno alle spalle, baciandole poi leggermente la fronte con un sorriso a fior di labbra.
-Amore, domani sera vado a vedere una partita con i ragazzi, non ti dispiace?- Era una domanda retorica quella che rivolse Evan a Dafne e, quest’ultima, lo sapeva perfettamente. Si strinse nelle spalle come ormai era abituata a fare e puntò gli occhi sul soffitto.
-Non c’è problema.- Tanto non è che abbiamo qualcosa di entusiasmante da fare. Aggiunse mentalmente con un sospiro. Stavano insieme dal primo anno di superiori ed ora erano entrambi iscritti al secondo anno di università: sei anni di storia. Sei anni di storia che cominciavano a pesare con la loro routine, con la loro monotonia... Sì, probabilmente molte coppie erano in grado di amarsi ancora come prima, molte coppie stavano ancora bene insieme sia dentro che fuori dal letto, ma Dafne si sentiva cambiata, diversa. Non era più la stessa Dafne di sei anni prima, non aveva più gli stessi desideri, gli stessi obbiettivi... Aveva nuove esigenze, nuovi sogni, mentre con Evan sembrava tutto così incredibilmente statico, invariato. Non c’era mai quel briciolo di novità, quel brivido di freschezza, tutto così piatto... E la cosa peggiore era che non sapeva se lo amava ancora. Era affezionata a tutto di lui, certo. A vederlo nella pausa pranzo fra una lezione e l’altra, a studiare con lui, a fare le lunghe passeggiate a Hyde Park, a andare a cena con i suoi genitori... Ma quella infinita ripetitività dei loro gesti la spaventava, la faceva indietreggiare ogni volta.
-Hai sentito, Claudia?- Domandò Evan ad un tratto. Dafne si rigirò fra le lenzuola e lo vide in bagno a lavarsi il viso. Lo guardò per qualche istante, interdetta. Per quanto tempo si era soffermata sulle proprie riflessioni?

-No, perché?- Deglutì, sedendosi e portando il lenzuolo a coprirle i seni.
-Dice che Valerie e Ben stanno organizzando la festa del secolo. Domani sera. Potremmo andarci, no?- Un'altra domanda retorica.
-Certo.- Abbozzò un sorriso, che Evan neanche notò, essendo troppo impegnato a fissare il proprio riflesso nello specchio. –Più tardi la chiamo.- Lo vide sistemarsi il colletto della polo appena indossata e allacciarsi la cintura firmata. Poi tornò in camera da letto e prese la giacca.
-Io vado a lezione.- Si chinò sulle labbra di Dafne, lasciandole un leggero e soffice bacio. –Quando esci lasci le chiavi alla portinaia.- E con quelle parole lasciò la casa con una folata di freddo alle proprie spalle. La ragazza restò per qualche istante seduta nella medesima posizione sul letto, con l’immagine nella mente di Evan ancora alla porta: i capelli biondo cenere, gli occhi blu, il portamento elegante ed i vestiti scelti accuratamente ogni mattina. Scosse la testa, lasciando che quella fittizia immagine si svolatilizzasse dalla sua mente, si alzò e sistemò frettolosamente il letto. Raccolse i suoi vestiti, si buttò sotto il getto gelido della doccia e poi si rivestì altrettanto velocemente. Si guardò alle specchio per qualche istante, mentre si allacciava i bottoni della camicetta azzurra. I lunghi capelli castani ricadevano lisci ed ordinati sulle spalle, fino all’altezza del seno. Gli occhi azzurri scrutavano se stessi, contornati da un filo di matita marrone e mascara, esaltati nella propria bellezza. Aveva un fisico esile, una altezza modesta, una ragazza piuttosto ordinaria che, con suo rancore, conduceva una vita altrettando ordinaria.
Si voltò di scatto, dando le spalle al proprio riflesso e raccolse la sua borsa, dirigendosi poi verso l’uscita. Lasciò l’appartamento di Evan e scese le scale, lasciando poi le chiavi alla portinaia. Una volta per strada si fermò ad osservare il maestoso Hyde Park: voleva andare a casa propria, posare le cose, godersi la comodità del proprio letto; contemporaneamente doveva andare a lezione, andare a studiare, chiamare Claudia, fare trecentomila cose che, come al solito Evan non poteva fare. Scosse la testa, passandosi entrambe le mani fra i capelli e si incamminò verso Regent’s Street, voleva il suo solito caffé da Starbucks, voleva sedersi, aprire il portatile e rilassarsi, staccare completamente da quella monotona quotidianità. Quella mattina sentiva veramente di essere arrivata al limite, di non poter più reggere quell’odiosa ruotine.

Il suo arrivo al famoso bar fu sancito dal forte odore di caffé che penetrò violentemente nelle sue narici. Sorrise: le piaceva il caffé, le era sempre piaciuto, aveva quel qualcosa di europeo, di italiano e lei amava l’Italia, amava Venezia, amava Roma. Ricordava ancora la settimana di amore con Evan dopo i loro ultimi esami al liceo. Erano passati due anni. Fortunatamente quella mattina lo Starbucks era praticamente vuoto. Forse perché erano le dieci e già tutti avevano avuto il tempo di andare a prendere il solito caffé e andare a lavoro, andare a lezione. C’erano solo un paio di turisti che seduti su delle poltrone scrutavano attentamente una cartina della città. Si avvicinò alla cassa e notò che c’erano solo due persone a lavorare lì quella mattina, solitamente erano almeno in quattro.
-Vuole ordinare?- Un ragazzo dal voto estremamente familiare si sporse dal bancone, rivolgendole un ampio sorriso. Dafne lo osservò, riflettendo su altre occasioni in cui lo aveva incontrato, ma non le venne in mente nulla. Aveva i capelli neri, folti, di quel spettinato elegante e attraente. Gli occhi erano a mandorla, scuri quanto i capelli e la pelle mulatta.
-Vorrei un caffé.- Balbettò, ancora incantata, ancora immobile a fissare i lineamenti perfetti di quel viso metà latino e metà orientale. –Ehm... Un doppio caffé macchiato alla vaniglia cioé...- Si riprese, arrossendo visibilmente. La sua pelle chiarissima lasciava trasparire ogni singolo rossore. Lui sorrise, apparentemente non facendo caso a quel rossore di troppo e comunicò l’ordine alla ragazza bionda che lavorava con lui quella mattina. Non c’era nessun altro da servire e conseguentemente si soffermò a guardare Dafne, che cercava di rendersi indaffarata per spezzare quell’imbarazzo.
-Sono due pound e novantacinque centesimi.- Disse ad un certo punto il ragazzo. Lei trasalì, presa di sorpresa e lui ridacchiò per la sua reazione. Dopo qualche istante Dafne tirò fuori il portafoglio e pagò, accennando un tiratissimo sorriso. Lui le diede il resto e lo scontrino. –Vieni spesso qui?- Le domandò con un sorriso, scrutandola curiosamente.
-Sì, piuttosto spesso.- Rispose, tenendo sempre lo sguardo basso mentre nascondeva il portafoglio nella borsa.
-Ero sicuro di averti già vista infatti.- A quelle parole Dafne alzò lo sguardo e realizzò che era proprio in quello Starbucks che aveva visto quel ragazzo tante volte. Ma ogni volta c’era sempre troppa gente, troppa fila e non si era mai riuscita a soffermare sul suo viso, sui suoi occhi, sul suo portamento. Sorrise tranquillamente questa volta. –Come ti chiami?-
-Dafne.- Disse in un sussurro. Lui parve sentirlo e sorrise.
-E’ pronto il caffé per Dafne?- Domandò alla biondina che con una risata gli passò la tazza fumante. –Ecco qui, Dafne.- Sembrava divertirsi a ripetere il suo nome. Si guardarono per qualche istante e nel momento in cui lei aprì la bocca per domandargli il suo di nome, qualcuno si schiarì la voce alle sue spalle. Si voltò e notò che si era creata una piccola fila. Con gesti goffi e poco coordinati salutò lo sconosciuto ragazzo dello Starbucks e si allontanò dal bancone, fissando terra e sedendosi sulla prima poltrona libera. Posò la tazza sul tavolino e fece dei respiri profondi: il suo cuore stava battendo a mille e lei si sentiva estremamente accaldata. Non era successo nulla in fondo, niente di niente. Aveva parlato con quel ragazzo. Con quanti ragazzi aveva parlato in vent’anni di vita? Scosse la testa e rilassò i muscoli, aprendo il pugno che aveva serrato fortemente con la mano sinistra: vide appallottolato lo scontrino e lo aprì nel tentativo di distrarsi. Siete stati serviti da: Nicolas. Lesse cento volte quelle cinque parole, sentendosi nuovamente catapultata in un altro universo. Si girò verso il bancone e lo vide servire un ragazzo indiano, dispensando sempre i suoi favolosi sorrisi. Fissò la tazza con il caffé, non più fumante, e dopo aver riposto accuratamente quel prezioso scontrino nel portafoglio portò la tazza alle proprie labbra e bevve ad una velocità da non lei non considerata possibile quel caffé ormai gelido. Perché si stava emozionando a tal punto per uno stupido scambio di parole, per uno stupido nome stampato su uno stupido scontrino di uno stupitò doppio caffé macchiato alla vaniglia?
Mandò giù l’ultimo sorso quasi con violenza e si alzò, sistemandosi la camicetta e indossando il maglione che aveva buttato per ogni evenienza nella borsa. Controllò di non aver dimenticato nulla e si diresse verso l’uscita, bene attenta a non indirizzare neanche uno sguardo a quel bancone.
-Torna presto, Dafne!- Eppure quella voce la costrinse a sorridere spontaneamente, a girarsi, a fare un cenno con la mano nella direzione di quello stesso bancone che prima aveva evitato tanto attentamente. Sapeva che sarebbe tornata presto, sapeva che avrebbe nuovamente cercato quei cinque minuti di emozioni, sapeva che sarebbe stato quello sconosciuto Nicolas a donargliele senza alcuna pretesa.
-A presto, Nicolas.- Mormorò e fu sicura che lui capì quel leggero mormorio lasciato al vento. Lui le sorrise e tornò a dedicare la propria attenzione ai clienti. Lei gli sorrise e uscì, lasciando che la porta sbattendo alle proprie spalle. Camminò come stordita per Regent’s Street, incurante degli altri passanti, delle parole che sentiva, delle classiche spallate londinesi che riceveva. Scese gli scalini che portavano alla metropolitana, aspettò pazientemente il treno e andò verso la biblioteca universitaria. Sentiva che quella routine era stata irrimediabilmente spezzata e si sentiva estremamente leggera e piena di brividi di fronte quella prospettiva.

Quelle tre ore passate nella biblioteca erano state probabilmente le più inutili degli ultimi due anni. Aveva fissato la pagina che doveva riempire con un saggio quella sulla Guerra Fredda per circa un’ora e mezza e l’altra ora e mezza l’aveva impiegata a fissare il libro da cui doveva prendere spunto. In conclusione non aveva scritto neanche mezza riga, solo parole non collegate e non collegabili fra loro. Inspirò la fredda aria londinese non appena chiuse la porta della biblioteca alle proprie spalle e si andò a sedere su una panchina, accendendosi poi una sigaretta. Tirò fuori il cellulare dalla borsa e cercò il numero di Claudia e la chiamò, inspirando ed espirando il fumo della sua Lucky Strike nel frattempo.
-Hey, amica!- La apostrofò la voce calda dall’altra parte del telefono.
-Claudia!- Dafne deglutì e si guardò le unghie. –Evan mi ha detto di una festa di Valerie e Ben...-
-Sì, sì!- Sembrava tutta su di giri. –Senti, se ci vediamo fra dieci minuti al bar dell’università ne parliamo. Che ne dici?-
-Certo!- Fece una pausa per fare un tiro. –A fra dieci minuti allora.-
-Ciao, splendore!- Sentì il “tu-tu-tu” e spinse il pulsante rosso, alzandosi dalla panchina e tirando lontano il mozzicone della sigaretta.
Conosceva Claudia da tutta la vita.
Si erano incontrate la prima volta alle elementari: era il primo giorno di scuola e Dafne si era appena trasferita a Londra da Sheffield a causa del lavoro del padre. Frequentavano entrambe la prestigiosa King’s College Elementary School, insieme a tutte le figlie di papà (alle elementare maschi e femmine erano separati) e pretendenti alle più alte cariche civili e private. Si erano incontrate in classe e si erano sedute silenziosamente a due banchetti singoli vicini, sorridendosi. Claudia si distinse subito per la sua schiettezza, la sua loquacità ed il suo carattere estremamente estroverso. Dafne rimase sempre maggiormente nell’ombra: silenziosa, introversa, dedita agli studi, pochi amici ma sempre ben scelti. Anche fisicamente si erano sempre distinte, soprattutto quando cominciarono il liceo: Claudia era prosperosa, biondissima, sempre deliziosamente abbellita dal trucco, sempre vestita perfettamente e pronta ad esaltare le sue forme, il suo fisico che lasciava senza fiato ogni ragazzo; Dafne invece era castana, esile, un tipo che non si notava e che non amava i vestiti succinti, non amava mettersi in mostra. Erano la coppia di amiche più strana e più commentata per i corridoi della King’s College High School.
Anche nella scelta dell’amore si erano distinte.
Dafne aveva conosciuto Evan la prima settimana di liceo durante la lezione di economia; si erano piaciuti, si erano frequentati, si erano messi insieme, si erano innamorati. Dafne aveva dato a lui il suo primo bacio, aveva fatto con lui la prima volta l’amore: ogni esperienza, ogni sorriso, ogni brivido era stato il primo e lo aveva vissuto grazie ad Evan. Claudia invece non aveva mai conosciuto, almeno diceva, il vero amore. Tanti ragazzi, tante esperienze, tante litigate fra Dafne e le loro nemiche che definivano Claudia una poco di buono.
Quando Dafne arrivò al bar fu costretta a scacciare l’immagine della piccola Claudia e della teen-ager Claudia per incontrate la Claudia ventenne, come al solito impeccabile nell’aspetto con la sua Marlboro Light fra le dita. Si abbracciarono leggermente, sorridendosi a vicenda e sedendosi.
-Non sai quante cose ho da raccontarti.- Prima che Dafne potesse aprire bocca, Claudia la travolse con la sua parlantina sciolta. Classico. –Penso di aver incontrato il ragazzo giusto. Quello che dici... Hey, questa volta mi innamoro per davvero!- Sorrideva raggiante e Dafne si sentì leggera, felice. Le piaceva ascoltare i problemi degli altri in modo da non doversi esporre con i propri. Sentiva di rendersi fragile e vulnerabile con le proprie mani ogni volta che si esponeva troppo. –Si chiama Nick, ha vent’anni e ci siamo conosciuti all’Apple Store in Regent’s Street.- Sospirò, guardando il cielo. –Un figo strepitoso, cosa te lo dico a fare! Il classico tipo che piace a me, quello che lo guardi e dici “Caspiterina, me lo farei all’istante!”- Ridacchiarono e Claudia continuò il proprio racconto. –Allora ho comprato la pennetta USB che mi serviva, ho preso lo scontrino e ci ho scritto sopra il mio nome e il mio numero. Dopo un mirato e preciso scambio di sguardi, credimi, decisamente eloquenti mi sono avvicinata e gli ho dato lo scontrino. Tempo quindici minuti e... BAM! Mi ha richiamata!-
-La solita sfrontata.- Commentò con dolcezza Dafne.
-Bella mia, se non sei sfrontata non combini niente al giorno d’oggi! A meno che non fai di cognome Sullivan e non sei in procinto di sposarti con l’uomo della tua vita!-
-Non sono in procinto di sposarmi.- Disse con una smorfia Dafne. Il pensiero di prolungare quella routine con Evan fino alla morte la faceva rabbrividire... per l’orrore.
-Lo sarai presto, fidati... State insieme da una vita!-
-Sei anni.-
-La solita pignola.- Claudia sorrise, dando un giocoso buffetto sulla guancia all’amica che, forzatamente, sorrise a propria volta. –Comunque la sera mi sono rivista con Nicky e ci siamo presi un paio di drink. Vorrei poterti dire che tipo è, che lavoro fa, dove vive... Ma dopo quei drink abbiamo deciso di aprire una bottiglia di vino a casa mia e sai come finiscono le bottiglie aperte in casa Nicolson.- Sorrise maliziosa e si cimentò nel raccontare, questa volta più a bassa voce tutte le acrobazie sessuali che aveva sperimentate con quel Nick. Parlava velocemente, elettrizzata, senza alcun pudore, senza tralasciare nessun dettaglio e Dafne la ascoltava in silenzio, come sempre. Da un lato voleva dirle che non era quello il modo di incontrare il ragazzo giusto, che portarselo subito a letto non era una grande mossa... Dall’altro lato rifletteva sul fatto che evidentemente a lei andava bene così e la invidiava. Sì, la invidiava perché infondo lei non era intrappolata in una maledetta routine con un ragazzo che non sapeva più se amava. Lei era libera, libera di conoscere chiunque volesse, libera di vivere, vivere con la ‘V’ maiuscola, vivere ogni singolo istante senza rimpiangere nulla.
Mentre Claudia sembrava descrivere il libro del Kamasutra da cima a fondo, il pensiero di Dafne volò a Nicolas.
Nicolas ed il suo sorriso. Nicolas e quei suoi modi di fare. Nicolas e quel suo sguardo incantatore, velato da quel perfetto alone di mistero.
Come poteva pensare così tranquillamente, a cuor leggero a Nicolas? Lei stava con Evan, lei amava Evan. Scosse la testa, ma l’immagine del cameriere di Starbucks non svanì.
Guardò Claudia e volle interromperla per un istante, parlarle del suo rapporto con Evan, parlarle dell’incontro con Nicolas.
Eppure non poteva. Aveva paura, paura di esternare ciò che pensava. Perché nel momento in cui si confessano le cose a qualcun altro, quelle stesse cose sono rese reali. E non c’era nulla di vero. Era tutta una futile invenzione della sua mente. Nicolas era un cameriere e come tale doveva risultare gentile, affabile. Lei era sempre stata fedele col corpo e con la testa ad Evan ed era decisa a continuare per quella via. Se fosse stato necessario, non sarebbe più tornata in quello Starbucks.
Il solo pensiero le sembrava assurdo e illogico.
-Mi stai ascoltando o ti sei persa nel tuo reame, bella addormentata?- Dafne alzò lo sguardo dalle proprie unghie e guardò Claudia negli occhi. Abbozzò un sorriso e si passò la mano fra i capelli, come faceva sempre nei momenti in cui si sentiva più spaesata, più nervosa.
-Scusa, stavo pensando al saggio breve che devo scrivere... Mi sono persa le ultime cose che hai detto.- Arrossì lievemente e l’amica le sorrise con dolcezza.
-Stavo dicendo che domani sera c’è la festa di Valerie e Ben... Hanno affittato un locale a Soho per festeggiare il compleanno di Valerie, siamo stati tutti invitati ed io porterò Nick.- Sorrise radiosa quando pronunciò il nome del nuovo ragazzo, che poi non era probabilmente il così definibile “ragazzo ufficiale”.
-Mi pare una prospettiva allettante.- Sorrise, compiacendo così l’amica. –Potremmo andare a cercare un vestito e poi andarci a prendere un aperitivo con Evan e gli altri prima che cominci la loro tanto agognata partita. Che te ne pare?-

Alle diciotto in punto Claudia, Dafne, Evan e tutti gli altri del loro secolare gruppo si incontrarono a Covent Garden. Le due amiche erano andate a fare compere a Regent’s Street e Dafne aveva accuratamente evitato di passare davanti lo Starbucks. Avevano preso i vestiti per la festa del giorno seguente e si erano fermate a chiaccherare ancora un po’ al ristorante giapponese dove avevano pranzato.
Salirono gli scalini del locale che affacciava sul noto quartiere londinese e fecero le proprie ordinazioni. Quando la giovane cameriera si fu allontanata, Evan passò un braccio intorno alle spalle di Dafne e la baciò con dolcezza. Claudia sedeva accanto a loro, mentre gli altri tre ragazzi, con i quali Evan sarebbe andato a vedere la partita, discutevano degli ultimi articoli sportivi pubblicati sulla loro rivista preferita.
-Amore, sai che Claudia sostiene di aver conosciuto l’amore della sua vita?- La ragazza interpellata che fino a quel momento si era dedicata a sorseggiare il suo Martini bianco, alzò lo sguardo di scattò e fulminò Dafne. –Hey, si tratta di Evan... Lui sa sempre tutto di noi. Giusto, tesoro?-
-Certo, scusa... Volevo che fosse una sorpresa.- Fece un sorriso fin troppo tirato, che tuttavia Dafne non notò in quanto si voltò a guardare Evan. Se non fosse stato per il rumore di bicchieri rotti proveniente dall’altro tavolo, probabilmente Dafne avrebbe notato come i muscoli del collo di Evan si erano irrigiditi e del gelo che traspariva dagli sguardi che si scambiavano Claudia ed Evan. Forse avrebbe colto in quegli sguardi un qualcosa di celato, un qualcosa di mai rivelato, forse avrebbe guardato con occhi diversi quei due pilastri della propria vita, forse si sarebbe schiarita le idee su molteplici dubbi. Eppure il destino sembrò voler nascondere ancora un po’ quella storia e quel bicchiere rotto salvò una storia, un’amicizia e tre intere vite, che altrimenti si sarebbero andare a frantumare a causa della dura realtà.
-Ce lo farà conoscere domani.- Disse infine Dafne, quando lo spettacolo del bicchiere rotto alle sue spalle non le parve più interessante. –Magari faremo delle uscite a quattro finalmente.- Claudia ridacchiò nervosamente, nascondendo il proprio sconcerto dietro il bicchiere, dove ormai non c’era più il Martini ma solo il ghiaccio.
-Beh, allora non vedo l’ora di conoscere questo uomo che metterà la testa a posto alla nostra piccola Claudia.- Disse Evan, baciando nuovamente Dafne e bevendo sorsi più lunghi della sua Heineken. Deglutì e si unì alla conversazione dei suoi amici, facendo precipitosi pronostici sugli esiti della partita di quella sera.
-Vado un attimo a rifarmi il trucco in bagno.- Sbottò ad un certo punto Claudia, alzandosi e sorridendo. Si allontanò velocemente dal tavolo, catturando lo sguardo di diversi uomini presenti in quel locale e catturando, soprattutto, lo sguardo di Evan.
-Daf, Evan ci dice sempre che sei una studentessa modello.- Esordì George, moro dagli occhi verdi, con un largo sorriso.
-Infatti, oh, dacci un po’ di ripetizioni.- Aggiunse Matthew, guardando curiosamente la ragazza.
-Oppure fai gli esami al posto nostro.- Si intromise anche Paul, ridacchiando.
-Cento sterline a testa e si può fare.- Commentò Evan. Dafne lo guardò e scoppiò a ridere, accompagnata dalle risate degli altri ragazzi.
-Chiamo un attimo a casa.- Si alzò, guardando poi Dafne che lo guardava interdetta. –Questa mattina mamma mi ha chiamata differenti volte e non le ho risposto perché avevo lezione di matematica. Si starà preoccupato, la conosci.- Mormorò quelle parole all’orecchio della propria ragazza che sorrise rassicurata e tornò a chiaccherare con gli altri amici. Evan si allontanò frettolosamente, guardando preoccupato il tavolo dov’era seduta Dafne e notando con sollieva che lei non lo stava seguendo con lo sguardo. Girò l’angolo e vide, come previsto, Claudia poggiata al muro che portava ai bagni.

Quando quell’aperitivo terminò, i ragazzi andarono verso casa di Evan, Claudia prese la metropolitana diretta a casa sua, un po’ fuori il centro di Londra e Dafne decise di fare una passeggiata lì nei dintorni. Da Covent Garden raggiunse Leicester Square, poi Piccadilly Circus ed infine si incamminò per Regent’s Street. Londra la sera era sempre splendida: le luci, la vita che traboccava dai ristoranti, dai locali aperti. Faceva fresco, sicuramente, ma era quel fresco leggero, gentile, che si insidiava sotto la pelle e faceva venire dei brividi che ti facevano capire di essere vivo, di far parte di quel posto, una leggera emozione incomprensibile a chiunque non si fosse mai trovato a camminare da solo per le vie di quella città, chiunque non si fosse mai trovato a inspirare quella miriade di odori che andavano dallo smog al più pregiato profumo acquistabile da Harrod’s.
-Dafne? Sempre qui in giro bazzichi?- La ragazza sobbalzò e si voltò di scatto, incrociando gli occhi di Nicolas. Era vestito normalmente e in una mano teneva una bustina dove probabilmente era piegata la divisa di Starbucks. Sorrise e si rese conto che si trovava proprio davanti quel bar, che era appena stato chiuso. Come le era venuto solamente in mente di fare una passeggiata lì?
-Stavo tornando a casa.- Abbozzò un leggero sorriso. –Faccio sempre questa strada.- Aggiunse, passandosi una mano fra i capelli.
-Abiti in zona?- Le si avvicinò piano e lei fu quasi spaventata dall’impatto che ebbero su di lei quei pochi passi nella sua direzione.
-Alla fine di Oxford Street, a Tottenham Court Road in pratica.- Si sorrisero a vicenda e lui giocherellò con i manici della busta che stringeva nelle mani.
-Beata te che stai a due passi, io devo arrivare a Liverpool Street.- Scrollò le spalle. –A proposito, ti va di accompagnarmi a Oxford Circus, così prendo la metropolitana?- Dafne si limitò ad annuire e a stringersi nelle spalle. Infondo erano poche centinaia di metri: alla fine di Regent’s Street si trovava la fermata della metropolitana che interessava Nicolas.
Inizialmente camminarono in silenzio e fu in quel silenzio che Dafne si sentì affogare.
Nonostante non parlassero sentiva miriadi di parole che intercorrevano fra loro.
Era come se la loro conoscenza, la loro vicinanza fosse naturale, predisposta da tempo.
Forse si stava immaginando tutto, come al solito, in un disperato tentativo di sfuggire alla realtà della quotidianità.
-Studi?- La domanda di Nicolas la fece nuovamente trasalire.
-Relazioni Internazionali alla London School of Economics.- Rispose quasi meccanicamente.
-Wow.- Ridacchiò, guardandola curiosamente. –Una studentessa modello insomma, è la scuola prediletta dai secchioni!-
-Quella è Oxford.- Gli fece la linguaccia, quasi sentendosi più tranquilla, più leggera. –E tu? Studi?-
-L’anno scorso studiavo economia a Cambridge, quest’anno faccio economia alla UCL.- Dafne strabuzzò gli occhi e gli diede un leggero colpetto sulla spalla, solo dopo accorgendosi di quella improvvisa disinvoltura nel rapportarsi con lui. Immediatamente infilò le mani nelle tasche dei jeans, pentendosi della propria sfrontatezza.
-E dai a me della secchiona! Cambridge ed ora UCL! Come mai hai cambiato?- Lui le sorrise, abbassando per un istante lo sguardo e poi tornando a guardare dritto davanti a sé.
-Non mi sono più potuto permettere Cambridge. La UCL stando a Londra mi permette di lavorare e studiare contemporaneamente. Anche se ammetto che è dura.-
-Ah...- Dafne si fissò le unghie, imbarazzata nuovamente. –Non mi sarei dovuta intromettere, mi dispiace.-
-Non ti perdonerò mai infatti.- Ridacchiò ed anche lei scoppiò a ridere, nuovamente più rilassata. Parlare con Nicolas la metteva a proprio agio. –A proposito di studiare... Io ora tornerei a casa a fare esercizi di matematica e leggere i libri che ci hanno dato per la prossima settimana.-
Solo in quel momento Dafne realizzò che erano già arrivati a Oxford Circus.
Era volato in quel modo il tempo? Possibile? Da quando si sentiva a proprio agio con gli sconosciuti? Quella spigliata era Claudia, non lei. Quella che piaceva alle persone era sempre Claudia, non lei. Gli sorrise con innocenza e dolcezza.
-Vai, non ti voglio trattenere.- Disse, ridacchiando leggermente.
-Ti accompagnerei volentieri a casa ma capisco che possa sembrare il molestatore di turno che ti scorta sotto casa e si segna l’indirizzo.- Scoppiarono a ridere contemporaneamente.
-Secondo me è ora che tu vada a studiare ‘ché mi pare tu senta la mancanza dei libri.- Nicolas le fece la linguaccia. Sistemandosi poi lo zaino sulle spalle e smettendo di giocherellare con la busta di carta.
-Hai ragione, Dafne.- Pronunciò il suo nome in una maniera estremamente dolce, calda, confortante. –Domani passa allo Starbucks, ti offro il tuo doppio caffé macchiato alla vaniglia e ti perdono per avermi sottratto un po’ di prezioso tempo allo studio.-
Le fece l’occhiolino e prima che lei potesse ribattere in qualsiasi modo, scese velocemente le scale e scomparve dalla sua vita.
Dafne rimase per lunghi istanti in cima alla scalinata a fissare il tunnel sotterraneo. Il cuore batteva ancora a mille.
Nuovamente si era lasciata incantare da quel ragazzo.
Nuovamente si era persa ad osservare le sue movenze.
Nuovamente si era persa ad ascoltare le sue eleganti parole.
Aveva conosciuto qualcosa in più di lui, aveva scrutato qualcosa in quegli occhi a mandorla.
Eppure sembrava ancora più lontano, ancora più misterioso, ancora più irraggiungibile.
E lei aveva Evan. Doveva tornare da Evan.
Perché lei amava Evan.
Giusto?
Scosse la testa e si incamminò lungo Oxford Street il più velocemente possibile. Non voleva pensare, non voleva riflettere, non voleva avere problemi. Ma come faceva a non avere problemi se ogni volta sembrava che la perseguitassero? Come faceva a vivere tranquillamente la vita che voleva vivere? Voleva essere felice insieme a Evan, voleva continuare la loro lunga storia senza alcun intralcio, lo voleva con tutta se stessa eppure sembra esserle impossibile. Quando tornò a casa fumò l’ultima sigaretta, chiuse le finestre e la porta e si nascose sotto la coperta, desiderosa di fare tabula rasa nella sua mente. Eppure nel momento in cui fu sul punto di addormentarsi e di lasciarsi andare fra le braccia di Morfeo, comparve nella sua mente la nitida immagine di Nicolas che le serviva il caffé allo Starbucks di Regent’s Street.

*
Eccomi qui con questa nuova fan-fiction.
E’ la prima volta che posto su EFP e spero che vi piaccia, non so esattamente cosa aspettarmi.
Ho mischiato un po’ di tutto, un po’ di mie passioni, un po’ di mie fisse (Londra ad esempio).
L’idea mi è venuta durante un viaggio in aereo e l’ho sviluppata minuziosamente.
Spero di ricevere commenti, consigli e critiche!
Thanks a lot,

Light.

  
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