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Autore: RobTwili    16/08/2011    6 recensioni
Sequel di Redemption
Sono passati tre anni da quando Aileen ha varcato il cancello della clinica di disintossicazione.
Tre anni trascorsi a fianco di Robert.
Lui l’ha aiutata a superare ogni difficoltà, anche quando i fantasmi del passato hanno deciso di uscire.
Lei si è impegnata con tutta se stessa per cercare di non deludere lui, l’unica persona che abbia mai tenuto a lei.
Sono buoni, ottimi, amici; condividono una casa a Los Angeles.
C’è però un piccolo problema… Cupido, come sempre, è uno stronzo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'My Redemption is Beside you'
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Sequel di Redemption. Non è necessario aver letto il prequel per comprendere questa storia. Ho cercato di riportare alcuni eventi in modo che possa risultare comprensibile a tutti.







«Lee? Lee? Ehi, dormigliona, sveglia» soffiai sul suo orecchio e la sentii ridacchiare.
«Un altro minutino» piagnucolò prima di nascondersi sotto le coperte mentre aprivo la finestra per far entrare un po’ d’aria fresca.
«Scherzi? Un altro minutino? Sai che ore sono? Le nove meno un quarto! È tardissimo, Lee» la presi in giro e l’ennesimo lamento mi giunse alle orecchie.
«Perché mi hai svegliato così presto?» chiese scostando le coperte di colpo e cercando di liberare il viso dal groviglio che glielo nascondeva.
«Perché ieri sera sei andata a nanna presto».
Speravo fosse un buon metodo per ricordarle cosa era successo il giorno prima, in particolar modo il suo comportamento strano.
«Adesso ho sonno» bofonchiò dandomi la schiena e coprendosi la testa con il cuscino.
«Lee…» sibilai fintamente arrabbiato, avvicinandomi di soppiatto.
Ridacchiò, rannicchiandosi ancora di più, e sollevò involontariamente il sedere verso l’alto facendo scivolare a terra le coperte.
Un nuovo passo; l’avevo quasi raggiunto: era lì, pronto per essere morso.
«Oddio» sussurrai e mi portai una mano sulle labbra non appena capii il senso dei miei pensieri.
Morderle il sedere?
Volevo veramente mordere il sedere ad Aileen?
Domanda sbagliata.
Non dovevo farmi certe domande.
Meglio levarmi subito quel pensiero.
«Sono le dieci e mezza passate, io devo uscire per le prove. Tornerò questa sera per cena. Ti trovo sveglia?» chiesi cauto, per sondare il terreno.
Speravo che non fosse ancora arrabbiata con me.
«Sì» strillò tenendo ancora il viso sepolto sotto al cuscino.
«Buona giornata». Raccolsi il groviglio di coperte che Aileen aveva fatto cadere per terra e lo appoggiai vicino ai suo piedi, in fondo al letto.
Sorrisi e le solleticai la pianta di un piede facendola scalciare e urlare.
«Rob». Cominciò a ridere e mi lanciò addosso il cuscino. Non avevo alcuna intenzione di lasciarla andare; continuavo a tenere la sua caviglia imprigionata nella mia mano, pronto per torturarla.
«Dimmi Lee». Stuzzicavo il suo piede con una certa soddisfazione: era, in fondo, una piccola rivincita per il suo scherzetto della sera prima.
«Fer… ma… ti» ansimò senza fiato, lanciandomi addosso anche il suo orso di peluches.
«Cosa? Parla più forte, non riesco a sentirti» ridacchiai riprendendo la mia tortura ma lei riuscì a recuperare un po’ di forze per mettersi supina e iniziare il contrattacco.
«Bas… ta». Si mise a sedere e mi pizzicò un braccio.
Faticava a respirare; era il momento di smettere.
Lasciai la presa sulla sua caviglia appoggiandole gentilmente la gamba sul letto.
Aileen si distese continuando a ridere; la mia maglia, che usava per dormire, le si era appallottolata sulla pancia, i capelli, che la sera prima aveva raccolto in una coda, si erano sparpagliati su tutto il cuscino.
Per qualche secondo rimasi a guardarla. Ogni volta che sorrideva la trovavo più bella del solito.
«Bene, ora che sono sicuro che non ti riaddormenterai, posso uscire. Ci vediamo questa sera». Mi avvicinai lasciandola con un bacio sulla fronte e sentii il suo piccolo pugno raggiungere il mio stomaco per farmela pagare.
Per fortuna non aveva muscoli ed era ancora leggermente addormentata.
«Stavo facendo un bel sogno e mi hai svegliato» borbottò mentre mi incamminavo verso le scale.
«Vorrà dire che lo continuerai questa sera. Ricordati di andare al lavoro, oggi è lunedì». Ero quasi sicuro che Lee l’avrebbe dimenticato.
«Grazie, mamma» urlò appena prima che io chiudessi la porta di casa.
Ridacchiai divertito mentre salivo in macchina per andare a lavorare.
Continuavo a pensare a Lee che si dimenava sul letto per riuscire a scappare dal mio attacco di solletico.
Una piccola parte di me era quasi triste dall’idea di andare a lavorare.
Avevo fortemente voluto la parte in quel film; non era un personaggio principale e le riprese mi avrebbero tenuto impegnato per meno di un mese.
Un film leggero, che non assorbisse tutte le mie energie ma che mi tenesse occupato per qualche settimana: quello che mi serviva.
Arrivato alla location, parcheggiai e fui subito raggiunto da Dean, che mi salutò prima di farmi notare un piccolo gruppetto di fan.
«Come hanno fatto? Non era una location segreta?» bofonchiai salutandole e chiudendomi velocemente dentro al mio camper.
«Sembra che sia trapelata la notizia in qualche sito internet di gossip». Si sedette su una sedia, controllando che le fan non si avvicinassero troppo.
«Portiamo pazienza, sono tre settimane» sospirai resistendo alla tentazione di accendermi una sigaretta.
Fumavo troppo e il mio fisico sembrava risentirne. In più volevo dare il buon esempio a Lee; se avessi fumato meno avrei potuto sgridarla e convincerla a smettere.
Era un traguardo impossibile, certo, ma mi piacevano le sfide.
 
Quel primo giorno di prove trascorse velocemente.
C’era un ottimo cast e tutti erano gentili, terminammo anche prima del previsto.
Salutai Dean e, dopo essere salito in macchina, chiamai Lee.
Rispose dopo svariati squilli.
«Pronto?» disse con voce assonnata.
«Lee, stavi dormendo?». Guardai l’ora; erano le dieci e mezza.
«Mi sono addormentata sul divano, il film è noioso» bofonchiò sbadigliando.
Ridacchiai svoltando a un incrocio.
«Che film è?» chiesi accostando la macchina al solito In’N’Out Burger.
«Non ti piacerebbe saperlo, Rob». Si era fatta improvvisamente seria.
«Aspetta un attimo» mormorai prima di abbassare il finestrino per ordinare due hamburger, uno per me e uno per Lee.
«Anche le patatine» strillò Lee al telefono.
«Oh sì, anche due confezioni di patatine e due Cola» aggiunsi prendendo altre banconote dal portafogli.
Quando la ragazza allungò la mano per prendere i soldi sembrò riconoscermi: rimase per un paio di secondi immobile, dimenticandosi di afferrare le banconote.
Ma come diavolo…
Il cappello! Dannazione, avevo dimenticato di indossare il cappello.
«Tutto bene?» chiesi, fingendo che fosse tutto normale.
«C-c-certo» balbettò la ragazza, prendendo i soldi. Solo alcuni secondi dopo riuscì a riconsegnarmi il resto; allungò la mano tremante, cercando di sorridere. «Ecco a lei, signore» bisbigliò.
Temevo potesse svenire da un momento all’altro: sembrava sudare freddo e il suo viso era diventato bianco.
«Grazie». Velocemente avanzai di qualche metro, posizionandomi davanti all’altro sportello; non mi piaceva quando le persone svenivano davanti a me, mi trovavo sempre in difficoltà perché non sapevo che cosa fare.
«Chi era quell’oca che balbettava?». Sussultai spaventato nel sentire la voce di Lee.
«La ragazza dell’In’N’Out, non avevo il cappello e mi ha riconosciuto». Sbirciai per vedere a che punto fosse il mio ordine e Lee parlò di nuovo.
«Be’, dille che può anche fare meno di parlare come un’oca: ‘Ecco a lei, signore’» la canzonò.
Sghignazzai e presi il mio ordine, per fortuna puntuale, poi ripartii in tutta fretta.
«Lee, tra cinque minuti sono a casa. A proposito, che film stavi guardando?».
In quei quattro anni, oltre alle buone maniere, le avevo insegnato anche l’amore per il cinema e per la musica.
Molte notti eravamo rimasti svegli a guardare o commentare un film.
Le avevo spiegato il mio amore per le pellicole in bianco e nero e in qualche modo ero riuscito a trasmetterglielo.
«Rob, non credo che tu voglia saperlo». Sembrava a disagio, di nuovo.
«Andiamo Lee, tanto lo scoprirò lo stesso» borbottai spegnendo l’auto nel vialetto di casa.
«D’accordo» sospirò, «è un film che ha sei anni mi sembra, e parla di una storia d’amore». Era troppo vaga, non voleva farmi capire quale fosse.
«Sembra interessante, che cos’ha di noioso che non sei riuscita a rimanere sveglia?» chiesi abbassando il tono della voce perché volevo farle una sorpresa.
«Non lo so… gli attori non recitano benissimo, ma non capisco nulla di queste cose».
Aprii la porta lentamente, esultante: lo scatto della serratura si era sentito appena.
Trattenni a stento una risata quando vidi Aileen, seduta sul divano, con il cellulare tra la spalla e il capo. Stava guardando Twilight.
Feci un passo indietro e socchiusi la porta.
«Ma lo stai ancora guardando?» chiesi indifferente, sbirciando attraverso lo spiraglio della porta socchiusa.
«Sì, ma credo che spegnerò la TV. Tu dove sei?». Si allungò e cambiò canale, pigiando tasti a caso sul telecomando.
«Arrivo subito. Dimmi com’è andata al lavoro, oggi». Volevo distrarla per farle prendere uno spavento.
Era infantile, certo, ma con Lee mi divertivo sempre tanto, specialmente quando la prendevo in giro.
«Uff, normale. Jack mi ha cambiato il turno per domani. Vado alla sera e non al pomeriggio» si lamentò giocherellando con una ciocca di capelli. Le ero sempre più vicino, i passi silenziosi. «Comincio a rompermi. Mi piacerebbe trovare un altro lavoro, sai? Fare la cameriera non è il mio desiderio e soprattu…».
«Ciao Lee» gridai all’improvviso, nascosto dietro il divano.
Strillò così forte che mi coprii le orecchie con le mani cominciando a ridere.
«Stupido! Idiota! Bambino!» iniziò a insultarmi tirandomi pugni in testa.
«Lee…». Mi riparai il capo con le braccia continuando a ridere a crepapelle: non smetteva di picchiarmi.
«Tu vuoi farmi morire! Ma sei normale? Perché fai questi gesti idioti?». Alternava schiaffi e pugni, pensando forse di infierire di più in quel modo.
«Dai, era uno scherzo». Indietreggiai sperando che non scendesse dal divano per continuare a picchiarmi. «Vengo in pace, ho portato la cena». Agitai la busta dell’In’N’Out Burger e Lee sospirò per calmarsi.
«Dovrei mangiarli tutti e due io, dopo lo spavento che ho preso» bofonchiò facendomi posto sul divano per farmi sedere.
«Scusa, non volevo. Però è stato divertente, mi perdoni?». Sporsi il labbro inferiore avvicinandomi di qualche centimetro al suo viso. «Lee?» chiesi con una vocetta da bambino, «Lee, mi perdoni? Lo sai che ti voglio tanto bene, tanto tanto» mormorai avvicinandomi ancora di più e baciandole una guancia.
«Cazzo quanto sei ruffiano» sbuffò strappandomi di mano la busta e prendendosi il suo hamburger.
Cominciò a mangiarlo senza degnarmi di una risposta.
«Allora? Signorina buone maniere? Sono perdonato?» domandai, rimproverandola ancora una volta per il suo linguaggio.
«Non lo so. Ci penserò. E scusa se ho detto ‘cazzo’. Non lo dico più» borbottò con la bocca piena e io sorrisi vittorioso.
Mi aveva perdonato.
«Grazie» bisbigliai sulla sua guancia prima di baciargliela di nuovo.
«Doppiamente ruffiano» borbottò cercando di calciarmi via con un piede.
Schivai il colpo ma alcune gocce di ketchup colarono dal mio panino e sporcarono la mia maglia e i pantaloni di Lee.
«Ops» mormorai guardando il danno.
«Cretino, ecco la parola che ti descrive di più» sibilò finendo di mangiare il suo panino. «Come cavolo faccio ora a pulire i pantaloni?». Si asciugò le mani con una salvietta di carta e velocemente si tolse i calzoncini, rimanendo solo con una maglia lunga.
Con il gesto da acrobata che aveva fatto per togliersi i pantaloncini ero riuscito a vederle gli slip, naturalmente trasparenti.
Tossii cercando di non strozzarmi con il boccone che avevo in bocca e mi battei più volte il pugno sul petto.
Aileen capì al volo che mi serviva qualcosa da bere, e si allungò verso il tavolino per prendere il bicchiere con la Coca Cola. Sfortunatamente la maglia le si alzò, peggiorando la situazione.
«Guarda il soffitto Rob». Aileen mi porse il bicchiere preoccupata, prendendo una salvietta e porgendomela.
Riuscii a deglutire il pezzo di panino dopo aver prosciugato quasi metà Coca Cola.
«Grazie Lee». Respirai lentamente, evitando di guardare le sue gambe scoperte.
«Che cosa ti era successo?» chiese preoccupata, allungandosi per appoggiare il bicchiere sul tavolino.
Di nuovo, la maglia scivolò verso l’alto, lasciandole scoperto il sedere.
«Ehm…». Dovevo trovare una scusa.
Che cosa potevo dirle? “Sai Aileen, sono stato distratto dal tuo spogliarello improvvisato?”
«Cosa?» incalzò di nuovo, curiosa.
«Sono stato distratto da… dal ketchup. Sì, sono stato distratto dal ketchup sulla mia maglia, mi sono accorto che stava colando giù e volevo fermarlo prima che mi macchiasse anche i pantaloni». La scusa più idiota che avessi mai inventato, però poteva reggere.
«Wow, e tutto questo per una macchiolina di ketchup?» ridacchiò divertita, guardando la mia maglia.
«Sì, tutto per una macchiolina di ketchup». Cercai di sembrare sarcastico, con scarso successo.
Cosa potevo dirle? “Lee, stavo rischiando la morte perché sfoggi sempre questi completini che mi fanno ribollire il sangue nelle vene?”.
Lei li portava perché le piacevano, li aveva indossati per anni, perché avevo cominciato a notarlo solo il giorno prima?
«Rob, spogliati» sussurrò avvicinandosi a me.
«Co-co-cosa?». Strabuzzai gli occhi, sicuro di aver sentito male.
«Spogliati ho detto. Il ketchup sta gocciolando e non vorrei che si sporcasse il divano. Se ti togli la maglia siamo sicuri di non macchiare nulla». Senza darmi il tempo di protestare mi sfilò la maglia. Mi stavo facendo spogliare come un bambino. «Sei pronto per guardare il nostro programma idiota preferito?» chiese allegra, sintonizzando la TV su un altro canale.
«Aileen, non ti vesti?» domandai titubante, mentre si distendeva comoda sul divano, appoggiando la schiena sulle mie gambe.
«Rob, che ti prende? Sono vestita». Si sistemò la maglia, allungandola leggermente sulle cosce.
Tutte le mie maglie erano talmente grandi che di solito le portava come vestitino.
«Sì, hai ragione. Vado a mettermi una maglia» borbottai cercando di alzarmi.
«Rob, ci sono quasi venti gradi fuori e vuoi mettere una maglia? Ma che ti prende» rise sollevandosi di qualche centimetro dalle mie gambe e fissandomi curiosa.
“Mi prende che il contatto pelle contro pelle con te questa sera potrebbe essere letale”. Potevo dirle questo?
«Hai ragione Lee, scusa ma questa sera sono un po’ stordito dalle prove. Prometto di rifarmi domani, visto che girerò per qualche ora soltanto». Mi distesi di fianco a lei sul divano, schiacciandomi contro lo schienale morbido per non sentire il contatto del suo corpo col mio.
«Basta, basta! Sta per cominciare» mormorò eccitata spostandosi verso di me, appoggiando la sua schiena contro il mio petto.
Mi irrigidii involontariamente, ma Aileen lo notò.
«Tutto bene?» chiese girandosi per guardarmi.
«Benissimo». Cercai di essere convincente aggiungendo anche un sorriso per convincerla.
Per quanto fosse possibile farlo in quel divano, indietreggiai ancora.
A ogni azione corrisponde una reazione, non diceva così qualche legge fisica?
Sentendo il mio corpo allontanarsi Aileen indietreggiò, fino a che non mi trovai intrappolato tra lo schienale morbido e il suo sedere sodo.
Era l’unico posto in cui non avei voluto essere in quel momento.
Aileen cominciò a ridere, risvegliandomi dai miei pensieri.
«Rob, andiamo, perché non ridi?». Si asciugò una lacrima voltandosi a guardarmi di nuovo.
Sentivo il suo fiato caldo contro il mio petto nudo; involontariamente rabbrividii.
«Aileen, scusami ma sono stanco. È meglio se mi faccio una doccia e vado a dormire, ti dispiace?» chiesi alzandomi dal divano goffamente per non farla spostare.
«No, certo che no. Ma sei sicuro che vada tutto bene? Sei strano». Si sollevò leggermente, puntellandosi con i gomiti al bracciolo del divano.
«Davvero, sto benissimo. Però sono stanco ed è meglio che vada a riposarmi. Forse sono solo un po’ teso perché domani è il primo giorno di riprese» mi giustificai, cominciando a indietreggiare verso le scale.
«Va bene, buonanotte Rob» mormorò lanciandomi una strana occhiata e tornando successivamente a guardare la TV.
Mi chiusi in bagno, girai la manopola dell’acqua fredda al massimo e mi tolsi i pantaloncini rimanendo in boxer.
«Cazzo, cazzo, cazzo» borbottai tra me e me, cominciando a camminare nervosamente per la stanza prima di appoggiare anche gli slip sul bordo del lavello.
Non sapevo che cosa fosse successo in quei due giorni, ma era meglio dimenticarlo.
Non potevo vedere Aileen come una donna, non potevo nemmeno lontanamente pensare di eccitarmi sentendo il suo corpo a contatto con il mio.
Rabbrividii quando l’acqua gelata mi bagnò il corpo accaldato.
Era Aileen, dannazione!
Presi una decisione: mi sarei scordato quello che avevo pensato negli ultimi due giorni e mi sarei comportato come sempre.
Non potevo permettermi di rovinare la nostra amicizia.
Non ero attratto da lei, non poteva essere, probabilmente mi ero immaginato tutto perché non avevo una ragazza da un pezzo e avere Lee al mio fianco mezza nuda mi aveva fatto sbandare per qualche ora.
Discorso chiuso, non avrei più immaginato Lee come donna, non avrei nemmeno più pensato al suo sedere, il suo bellissimo sedere sodo.
No, niente più pensieri strani sulla mia amica e coinquilina.
Chiusi l’acqua e con quella anche tutti i pensieri bizzarri.
Dopo essermi asciugato e rivestito mi sentivo quasi come nuovo, una parte di me voleva scendere e distendersi sul divano con Aileen per commentare quel programma idiota, l’altra mi intimava di correre in camera mia e ascoltare a tutto volume l’I-pod per riuscire ad addormentarmi velocemente.
Forse Aileen si sarebbe insospettita se fossi tornato improvvisamente da lei; che cosa avrei potuto dirle? “Lee, mi è passata la stanchezza?”.
No, meglio rimanere in camera.
Lasciai che la musica si diffondesse a basso volume attraverso la stanza, e poco dopo mi addormentai.
 
«No, lasciami». Mi svegliai di soprassalto, stordito dal sonno.
Mi sembrava di aver sentito la voce di Lee.
«Mi fai male, smettila». L’urlo proveniva dalla sua camera; stava sognando, di nuovo.
Mi alzai velocemente, urtando una gamba sul comodino per la fretta, e, quando aprii la porta della camera di Lee, lo feci talmente veloce che sbatté contro il muro.
Lee continuava ad agitarsi tra le lenzuola, calciando e tirando pugni a qualche mostro invisibile.
«Lee, Lee è un sogno, svegliati» mormorai prendendole il viso tra le mani.
Continuava a sognare e a piangere, stringendo l’orso di peluches tra le mani.
«Lee, svegliati». La scossi leggermente e all’improvviso aprì gli occhi.
«Rob» disse tra un singhiozzo e l’altro, abbracciandomi stretto.
«Shh, sono qui Lee, sono qui. Calmati adesso». Accarezzai la sua schiena per calmarla; le sue mani non volevano allentare la presa sulla mia maglia.
«Rob» ripeté in un sussurro, continuando a piangere.
«Sono qui, tranquilla». La abbracciai ancora più forte, baciandola tra i capelli. «Andiamo dai» mormorai distendendomi sul letto.
Aileen si accoccolò di fianco a me, continuando a singhiozzare.
Strinsi con un po’ più di forza il braccio attorno alle sue spalle e le baciai la fronte.
Ci addormentammo assieme, quando Aileen smise di piangere e si tranquillizzò.
 
La mattina dopo mi alzai presto. Scesi dal letto lentamente per non svegliare Lee che stava dormendo.
Si stava lamentando nel sonno con qualche cliente, era sicura che avesse ordinato una birra media e non grande.
Sogghignai divertito dal suo borbottare e, dopo essermi vestito e lavato, tornai in camera sua per salutarla.
«Buona giornata, Lee» mormorai prima di appoggiare le mie labbra tra i suoi capelli e accarezzarle una guancia con due dita.
Sospirò, continuando a dormire, e mi sembrò quasi di vedere una smorfia felice sul suo viso.
«Rob» bofonchiò prima di sospirare di nuovo e attorcigliare le sue gambe ancora di più tra le coperte.
Chissà cosa avevo combinato. Probabilmente si stava lamentando anche con me perché avevo macchiato la mia maglia e i suoi pantaloni con il ketchup.
Ketchup.
No, non dovevo pensare al ketchup.
 
La prima giornata di riprese di un nuovo film era sempre stressante.
Tendevi a dare il cento per cento perché volevi che il regista e gli altri attori capissero quanto valevi, ti impegnavi con tutto te stesso, dimenticandoti perfino chi eri.
Dopo essere salito in macchina per tornare a casa, accesi l’autoradio con il volume al massimo e cominciai a rilassarmi.
Avevo scelto di far parte del cast di quel film anche perché sarebbe stato girato interamente in California; non me l’ero sentita di lasciare Aileen da sola.
Mi aveva più volte detto che non c’erano problemi, che se la sarebbe cavata da sola, ma come potevo lasciarla in quella grande casa senza nessun altro?
Chi l’avrebbe svegliata dagli incubi?
No, non potevo lasciare Aileen da sola.
Parcheggiai la macchina nel vialetto di casa guardandomi attorno.
I balconi erano aperti, le tende dentro tirate, non c’era nessuna luce accesa.
Perché Aileen non aveva acceso nemmeno la luce all’esterno?
Ricordai improvvisamente che la sera prima, quando le avevo chiesto di raccontarmi come era andata la giornata di lavoro, mi aveva detto di aver cambiato il turno.
Era al lavoro.
Sbuffai scocciato dall’idea di entrare in casa e trovarla vuota: ero abituato a sentire le urla di Aileen che cercava di farsi sentire sopra alla musica a tutto volume.
Quando aprii la porta di casa e accesi la luce, mi resi conto che c’era troppo silenzio.
Accesi lo stereo senza veramente ascoltare che CD stesse andando.
Salii le scale sbattendo stancamente i piedi e cominciai a spogliarmi prima di arrivare in camera.
Stavo diventando come Lee: andavo in giro mezzo nudo per casa.
Capii che mi mancava anche il vederla andare su e giù mezza nuda.
«Oh, dannazione Rob! È al lavoro, non se n’è mica andata!» sbottai frustrato prima di indossare un paio di pantaloncini e una maglia.
Scesi le scale e, dopo aver preso una bottiglietta d’acqua, mi distesi sul divano cominciando a cambiare canale per trovare qualche film da vedere.
Sembrava che quel martedì sera non ci fosse nessun programma che facesse a caso mio, così, fino alle undici passate schiacciai un pisolino, svegliandomi di soprassalto quando sentii la chiave girare nella serratura.
«Rob, hanno già cominciato?». Lee non mi salutò nemmeno, lasciò la borsa per terra e si tolse le scarpe prima di salire le scale.
«Ciao Lee. No, devono ancora cominciare» borbottai ancora assonnato, mettendomi seduto e guardando gli spot pubblicitari.
«Bene, perfetto» strillò dal piano di sopra mentre tirava lo sciacquone del bagno.
«Lee, cominciano» urlai quando il logo del programma comparve.
«Arrivo». Scese velocemente le scale e corse in cucina, la sentii aprire e chiudere il frigo e in pochi secondi me la ritrovai di fianco, con uno yogurt e un cucchiaino in mano.
«Appena in tempo» sussurrai sorridendole, mentre presentavano i concorrenti. «Allora, come è andata oggi?» chiesi mentre si sistemava al mio fianco.
«Pesante, oggi è stata una giornata pesante» parlò con la bocca piena, ridacchiando davanti allo schermo della TV.
«Vuoi distenderti?» chiesi mentre appoggiava il barattolino di yogurt vuoto sopra al tavolino.
«No, stiamo un po’ così» mormorò appoggiando il capo sulla mia spalla.
«D’accordo». Allungai le gambe appoggiandole sul tavolino.
«Sono stanchissima oggi». Si stiracchiò allungando le braccia e mettendosi più comoda.
«Oggi invece io sono riposato» scherzai.
Non sentivo più tutte le sensazioni del giorno prima, la doccia le aveva fatte sparire, ne ero certo.
Aileen era mia amica e la mia coinquilina, poco mi importava che fosse una donna.
Il mio cellulare squillò spaventandoci e subito mi alzai per andare a rispondere.
Era Tom.
«Ciao Tom, dimmi tutto». Ero felice, avevo sistemato tutti i miei problemi con i miei sentimenti.
«Una bella notizia e una cattiva». Non aveva nemmeno salutato, figurarsi.
«Spara». Chissà che cosa doveva dirmi.
«Domani arrivo a Los Angeles, questa è quella bella» ridacchiò.
«Bene, è da tanto che non ci vediamo. Quella cattiva?». Camminavo nervosamente attorno al tavolo della cucina in attesa di sentire la seconda notizia.
«Mi ospiterai tu».
«Cosa?» chiesi alzando il tono della voce a dismisura, fingendomi indignato.
«Insomma, avete una casa grande, potrei dormire sul divano, è solo per un paio di notti» cercò di scusarsi.
«Dove hai speso tutti i soldi? Non puoi nemmeno permetterti un albergo? Lo pago io se vuoi» proposi, cercando di fare lo spiritoso.
«Grazie, lo sapevo che avresti accettato. Credi che ci saranno problemi per Aileen?» chiese cauto, abbassando anche leggermente il tono della voce.
«No, insomma, sai che di solito non ha problemi». Aileen non si arrabbiava mai quando Tom veniva a trovarci, anzi, era stata lei a proporre di farlo dormire sul divano piuttosto che fargli spendere i soldi per una camera d’albergo.
«Perfetto, allora ci vediamo domani pomeriggio». Era tutto contento, potevo sentirlo.
«D’accordo, a domani». Chiusi la conversazione lasciando il telefono sopra al bancone della cucina e a grandi passi mi avviai verso la sala da pranzo per dare la bella notizia ad Aileen.
«Lee, indovina chi arriva do…». Non terminai nemmeno la frase: Aileen si era addormentata sul divano. «Ok, è ora di andare a nanna» bofonchiai spegnendo la TV e avvicinandomi a Lee.
La presi in braccio senza troppa fatica e cominciai a salire le scale spegnendo le luci con il gomito.
La distesi a letto coprendola e mi soffermai a guardarla per qualche minuto.
Sembrava serena, forse sarebbe riuscita a non avere incubi per quella notte.
«Buonanotte Lee, ci vediamo domani». Mi avvicinai, scostandole i capelli dal viso, e le appoggiai le labbra sulla guancia.
«Rob» sussurrò muovendosi leggermente.
Stava già sognando, meglio, stava sognando me.
L’avevo sentita pronunciare più volte il mio nome mentre dormiva, e questo non poteva che farmi felice.
Socchiusi la porta della sua camera lentamente e dopo essere tornato a prendere il mio telefono in cucina, andai nella mia camera per dormire.
Un nuovo giorno era finito, e fortunatamente non c’erano stati incidenti con il ketchup.
In fin dei conti non era poi così difficile ignorare gli avvenimenti delle ultime due giornate; Aileen sarebbe sempre rimasta la mia piccola Lee, non sarebbe di certo diventata la mia donna.




Ed eccoci con il secondo capitolo di Beside you! :)
Prima di tutto ringrazio chi ha messo la storia tra i preferiti, tra i seguiti e tra quelle da ricordare, un ringraziamento particolare a chi ha commentato lo scorso capitolo! :)
Allora… sinceramente non ho molto da dire sul capitolo, mi sembra sia tutto più o meno spiegato, no?
L’unica cosa… in questi tre anni (da quando Lee è uscita dalla clinica), Tom l’ha incontrata più volte, ecco. Perché in Redemption non l’aveva mai incontrata…
Per il titolo della storia, ho scelto Beside you solo ed esclusivamente perché volevo ci fosse una connessione con Redemption…
È come se fosse una Redemption beside you, vediamola così… :)
Basta, mi sembra di non aver altro da aggiungere, ci vediamo la prossima settimana!
ricordo per gli spoiler e altro il mio profilo Fb e il Gruppo Fb.

Un bacione!
 
   
 
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