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Autore: Silence Glaive    16/08/2011    9 recensioni
Davo per scontato che ogni volta, in battaglia, ci fosse quell'uomo vestito in smoking nero dall'aria misteriosa a proteggermi e a salvarmi. Ed ad un tratto , Beryl se l'era portata via.
Chibiusa era mia figlia, e doveva sapere cosa era accaduto prima del suo arrivo.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti, Usagi/Bunny
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima serie, Terza serie
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Tuxedo Kamen, lui mi salverà.


- Note importanti prima di leggere.
Il racconto qui sottostante, è un episodio da me inventato tra la fine della seconda serie e l'inizio della terza. Questa storia è IC, quindi le frasi d'attacco delle guerriere Sailor, etc. è riferito al manga. Premetto che la storia del block notes, è un “act” del manga inventato da me, prima che Usagi incontrasse “Endo” al Game Center. Buona Lettura!
-
« Oh, Mamo, grazie! » Gli occhi di Chibiusa stavano brillando, mentre teneva in mano la bambolina di Sailor Moon. Non era contenta perchè ritraeva Usagi, cosa che in parte le piaceva, poichè era la sua madre del passato non chè eroina preferita, ma perchè gliel'aveva portata... Mamo.
« Tsk, ruffiana! » Sbuffò Usagi, girando il viso dall'altra parte, per non vedere la scena. « A me il MIO Mamo-Chan non mi ha mai regalato una MIA bambola! » Facendo la boccuccia, si avvicinò a Mamoru. Molto spesso era gelosa dei "regalini" che lui portava a Chibiusa dopo una visita in una città, poichè a lei, non portava niente, o almeno, lo pensava; di solito le faceva delle sorprese quando la bambina dai capelli rosa dormiva; rose, pupazzi, collane, orecchini..insomma, tutto ciò che a Mamoru era passato per la testa in quel momento.
« Che bimbe viziate! Non cambierete mai voi eh? Si vede che siete madre e figlia! » Sospirò lui, chiedendosi tra sè e sè , se con queste due vicine a stressarlo, sarebbe arrivato a fine giornata tutto intero. Era andato a trovare le "sue ragazze" a casa Tsukino, e in quel momento si stava pentendo di aver portato un piccolo souvenir a Chibiusa.
« Cosa vorresti dire con questo? Lo sai che io sono molto più adulta e matura di Chibiusa! » Usagi fece una smorfia imbronciata, mentre incrociava le braccia.
« Ehi! Tu sarai adulta e matura, ma io resto la dolce bimba di Mamo! » le rispose questa con tono saccente.
Usagi irritata iniziò ad urlare, indicando la bambina dai capelli rosa. « Tu non puoi prendere il mio posto! Non sai quanto ho sofferto per lui! » A queste parole, un triste ricordo penetrò nella sua mente: Beryl e Mamo.
Iniziò a fissare il vuoto, pensando a quei tempi da poco passati. Una lacrime scese lungo il suo viso, ma si riprese subito. " Non devo farmi prendere dalle emozioni. Ora Mamo è qui con me no? " Pensò dentro di sè.
« Ora..vado in camera, scusate..» E, girandosi, Usako lasciò i due da soli. Come sua figlia, anche lei era una che si lasciava trasportare troppo facilmente dall'onda dei ricordi, lasciava che modellassero il suo modo di essere, e questo se lo rimproverava spesso. Chibiusa non capiva la sua reazione, e mentre la vedeva avviarsi nella propria camera, decise di seguirla.
Mamoru le guardava incamminarsi teso, pensando a cosa sarebbe potuto accadere con quelle due sole in camera. "Perchè litigare per me?" Sospirò, mentre con la mano, frugava in tasca per cercare le chiavi. « Io vado, Usagi! » Le urlò dal corridoio lui, facendo eco in tutta la casa, ma nessuno rispose.
« Devi scusarla, fa quasi sempre così. » Udì una voce familiare che gli parlava alle spalle.
« Oh, Ikuko! Non ti preoccupare, lo so. Dì a Usagi e Chibiusa che tornerò domani. » Mamoru sorrise alla madre di Usako e questa ricambiò facendo un cenno con la testa.
Intanto, le due "Sorelle" avevano raggiunto la loro camera da letto.
« Ho capito che quando sto con Mamo, ti dò fastidio. » Chibiusa aveva un tono triste, ma allo stesso tempo deciso. Stava guardando tutti i videogame che Usagi teneva sullo scaffale, mentre aspettava la sua risposta. Era una cosa normale, alla ragazza bionda piaceva giocare con la consoll anche a casa, nonostante andasse quasi tutti i giorni al game center.
« Sai, Chibiusa, non dico che tu mi dai fastidio. Ma non sai quanto sono stata male per Mamo quando Beryl lo prese con sè. » Usagi stava guardando il cielo dalla finestra della sua camera, come se lpotesse leggervi ciò cher era accaduto, da il suo primo incontro con Mamo-Chan, all'apparizione di sua figlia.
« L'avevo capito questo.. ma tu non hai mai sofferto di solitudine; non ti è mai mancato qualcuno! Sono stati tutti sempre vicino a te! » Chibiusa abbassò il capo, portandosi le braccia dietro la schiena e iniziò a dondolare avanti e indietro un piede, come se non fosse convinta delle sue stesse parole.
« Tu non lo puoi sapere. » Usagi girò di scatto il viso verso la propria destra, chiudendo la mano a pugno, fin quasi a farsi male, mentre la sua faccia diveniva improvvisamente paonazza. « Io sono stata tanto sola. È compito dei nemici farti sentire così. Non ho mai creduto che loro, puntassero solo al Cristallo d'Argento Illusorio e alla conquista di terre. Sono esseri meschini, mi hanno sempre visto come una Principessa da eliminare. »
Chibiusa alzò il capo e fece qualche passo avanti. Era rimasta sorpresa e scossa dalle sue parole. “Ha sempre avuto le sue amiche che la sostenevano, no?” -pensava- “E Mamoru che la proteggeva.” Inoltre lei era Serenity, la princess amata da tutti, coraggiosa e impavida. E allora perchè, parlava così? Non sapeva niente di ciò che era accaduto prima della sua apparizione.
« Vieni, ti devo mostrare una cosa. » Detto questo Usagi, andò a sedersi su una sedia girevole e si spinse con i piedi vicino al cassetto della scrivania. Iniziò a frugarci dentro: « Eccolo! » esclamò, tirando fuori un Block-notes.
« Devi sapere che, quando ero triste e mi sentivo sola, iniziavo a scrivere. Ti devo far leggere questa pagina dei miei appunti. » Restando seduta, si girò verso Chibiusa, e quest'ultima, attratta dalla curiosità, le si avvicinò. « A volte diamo per scontato la presenza di qualcuno o qualcosa vicino a noi, che ci aiuti e ci supporti. E per me era così. Ogni volta Tuxedo Kamen mi veniva a salvare in battaglia, - anche ora, ovvio - ma quando Beryl e i suoi scagnozzi se lo portarono via, io non sapevo più a chi appoggiarmi. È vero che avevo le mie amiche al mio fianco, ma lui mi dava un'energia, che le altre forse, non potevano nemmeno capire. »
Chibiusa era sua figlia e doveva sapere cosa era accaduto. Sospirò. « Su, ora leggi! Capirai tutto da sola. » Sorrise come non aveva mai fatto, guardandola con tenerezza. Chibiusa, ricambiando il gesto, capii che Usagi si era calmata. Ma ora era curiosa di sapere cosa aveva scritto la sua madre del passato. Prese a sfogliare il block-notes che Usako teneva ancora sulle sue gambe. Arrivando all'unica pagina su cui era scritto un testo, che non fosse "Ti amo Mamo", iniziò a leggere. - "Come al solito, non avevo fatto colazione, i miei odango sembravano due cespugli e i miei occhi si stavano per chiudere. Stavo ancora ritardando a scuola e, come tutte le mattine, la tristezza mi assaliva.
Erano passati pochi giorni dalla scomparsa di.. Mamo-Chan. Era da poco che lo chiamavo così. Ci eravamo dati dei nomignoli, dopo che mi ero svegliata nella sua stanza. La sua camera era grande: tutto il suo appartamento lo era. Le calde lenzuola, il tepore dei raggi che mi segnavano il viso.. Che bello!
« Ma perchè devo parlare al passato, quando penso a lui? » Mi fermai davanti alla porta, dopo averla chiusa, e mi misi una mano sulla faccia, mentre con le dita, dividevo in ciocche la frangia. Una lacrima solcò il mio viso. « Io .. ti salverò a qualunque costo! » Quella frase continuava a risuonarmi nella testa.
Ripresi a camminare, pensando e ripensando a Mamoru. Arrivai a scuola, dove salutai Naru e Umino, che perfortuna, non si accorsero che stavo male. Sarebbe stato difficile spiegare tutta la storia, ma sopratutto, avrei dovuto rivelare che ero Sailor Moon, e questo, non mi andava affatto. Le ore sul banco sembravano eterne: fissando l'orologio sembrava che le tacchette si fossero fermate. Anzi.. guardando meglio, si era fermato .. tutto! Gli insegnanti non parlavano, i ragazzi erano immobili, gli uccellini si erano bloccati immobili nel cielo, e le foglie non cadevano più dagli alberi. « Usagi!!! » La mia professoressa gridò, rivolta a me. Io, aprendo lentamente gli occhi, vidi che ce l'avevo davanti. Mi alzai di colpo realizzando che cosa era accaduto: mi ero addormentata sul banchino, con la testa sulle mie braccia incrociate. « Cos'è successo? » Feci la finta tonta, perchè, da una parte ero spaventata dalla reazione che avrebbe avuto la prof, e dall'altra avevo paura che i miei compagni mi deridessero. « Chi dorme non piglia pesci, Usagi. Tu non l'hai ancora capito, eh ? » La signora dai capelli rossi mi guardò irritata, aspettando la mia giustificazione. « Ehm.. scusi! Stanotte non ho dormito. » mi passai una mano dietro la nuca, accennando una risatina. « Usagi, parliamo a fine lezione, io e te. Su ragazzi continuate il lavoro che vi ho assegnato! » La prof battè le mani come per richiamare l'ordine. « Non c'è niente di cui parlare! » Eh già. I miei compagni stavano ridacchiando. Ma loro non sapevano quello che mi stava succedendo, non potevano capire come mi sentivo! Una lacrima scivolò di nuovo lungo la mia guancia, senza che potessi far nulla per fermarla. L'insegnante, con la coda dell'occhio, se ne accorse, ma non disse nulla.
Pochi minuti dopo del suono della campanella, io e la signora dai capelli rossi iniziammo a parlare. Lei era seduta alla cattedra, con un' aria che voleva essere solenne ma si vedeva che era preoccupata per me. Io, dall'altra parte, me ne restavo dritta, tesa, a capo chino.
« Usagi. Cosa ti sta succedendo in questo periodo? Non fai altro che addormentarti alle lezioni, i tuoi occhi si riempono di lacrime, e i tuoi voti non fanno che calare... » La interruppi. Tanto sapevo con la storia dei voti, dove sarebbe andata a parare.
« Sono solo stanca, non si deve preoccupare, davvero. » Iniziai a girare nervosamente le mie dita.
« Se lo dici tu, Usagi. » Ero sicura che la prof voleva saperne di più; si capiva dal suo volto quando mi parlava, ma anche se avesse indagato oltre, ero certa che non avrei risposto.
Non volevo parlare con nessuno, e in un momento così delicato, nemmeno le mie amiche mi avrebbero compreso. Potevano consolarmi quanto volevano, ma non credo che loro fossero mai state veramente innamorate!
C'era sempre qualcosa, in ogni momento, che me lo faceva ricordare: certi particolari, odori, suoni oggetti..come.. il suo orologio da tasca. Da quando eravamo tornate dalla luna, si era rifermato. Ma i miei sentimenti no, quelli non erano fermi! Io continuavo ad amarlo, e la mia voglia di rivederlo diventava sempre più forte.
Tutti i miei compagni, erano già usciti, quando anch'io varcai la porta della scuola. Naru e Umino però, erano ancora in cortile. Chissà come se la passavano. A pensarci bene avevo smesso di frequentarli quasi improvvisamente, perchè avevo trovato Minako, Makoto, Ami, Rei, Luna, Artemis.. e poi avevo delle responsabilità, in qualità di Senshi. Non potevo spifferare la mia vera identità ai quattro venti, ma anche se avessi detto loro la verità , non mi avrebbero creduta, mi avrebbero chiesto se stavo male, o se la mattina a colazione nella tazza, al posto del latte, avevo messo del rum o peggio ancora!
« Usa! » In lontananza Minako mi chiamava. Non avevo nessuna voglia di parlare, per di più con una chiaccherona come V Chan. Quando era a meno di mezzo metro da me, dopo aver ripreso fiato, disse: « Ti sono venuta a trovare a casa, ma tu non c'eri! Così tua madre mi ha detto che dovevi trovarti ancora qui nei paraggi. » Feci un sorriso forzato, superficiale. Non volevo far vedere alla mia più cara amica che stavo ancora male. « Mi spiace, Mina, che mia mamma ti abbia fatto venire fin qui, stavo tornando a casa, potevi restare là fino al mio ritorno. » La ragazza dai capelli Biondi e lunghi notò che avevo gli occhi tristi, quasi persi nel vuoto.
Finse comunque di non essersi accorta di nulla. « Oh, ma di che ti preoccupi, non devi farti problemi! Sai, ho da smaltire un bel pò! » MinaChan guardò le sue … e non riuscì a trattenere una risatina, poi con le dita, si coprì la bocca.
Io rimasi in silenzio e, dopo qualche minuto di imbarazzo, V Chan non potè fare a meno di dirmi cosa stava pensando: « Vedo che sei proprio mogia mogia oggi; ti và di venire a casa di Makoto con me? Ha preparato la torta al cioccolato con scagliette al cocco! »
Aspettai qualche secondo prima di risponderle. Poi abbassai leggermente la testa. « Vedi Mina, oggi non sono in .. » Venni interrotta bruscamente, poichè Venus mi stava già trascinando per il polso, e sapendo com'era fatta, non potevo che seguirla.
« Niente scuse! Tu vieni con noi, punto. » Riuscì a strapparmi un sorriso. In quei giorni era difficile, e anche se non avevo voglia di stare in compagnia, dovevo ammettere che le mie amiche potevano essere la medicina giusta per guarire dalla tristezza.
Durante il tragitto, Minako non fece altro che parlarmi del suo sogno di tornare a giocare a pallavolo, ma io ero troppo assorta nei miei pensieri per riuscire a seguire il suo discorso e le rispondevo solo a monosillabi. Lei non ci fece caso; continuava a parlare a ruota libera. (Era normale che nessuno la stesse a sentire!) « ..Insomma, credo che la schiacciata mi riesca molto meglio di prima; Eh si, credo proprio che farò bene a tornare a giocare a pallavolo! » Iniziò a guardarmi. « Usagi? »
Mi ero fermata davanti ad una vetrina di abiti da sposa e ormai, non l'ascoltavo proprio più. Ero rimasta affascinata da quegli abiti. Lunghi e bianchi, decorati con rose, nastrini, brillantini.
Come non potevo fantasticare? Tutte le donne si sentono attratte dal desiderio di sposarsi, guardando una di quelle vetrine del distretto di jubaan.
« Sai Minako, il mio sogno è di restare al fianco del mio MamoChan per sempre! » Un sorriso mi solcò le labbra, ma subito si spense. Una lacrima scese lungo la mia guancia e la mia espressione tornò a essere fredda.
Avrei salvato MamoChan? Come avrei fatto? Le mie amiche erano sempre con me, disposte ad aiutarmi, ed io, sarei stata completamente persa senza di loro.
È ovvio che le Senshi avrebbero combattuto al mio fianco, ma... Mamo mi dava quell'energia che ogni volta sgorgava dentro di me e mi faceva sconfiggere i nemici.
« Era lui la mia speranza capisci? » Mi accorsi di aver parlato a voce alta, quando sentii la mano di Mina sulla mia spalla, mentre udii la sua voce, che cercava di rassicurarmi: « Usa, lo salveremo a qualunque costo. Ma ora non pensarci. » Diceva, ed io, tornai alla realtà. Guardai il vetro del negozio: mi ero talmente avvicinata, che col mio alito l'avevo offuscato.
Mi girai verso la mia amica. « Hai ragione, V chan. Ora andiamo da Ami e le altre! » Così detto, ci incamminammo verso casa Kino, ma non avevamo notato che il nemico era sul nostro cammino...
« Su Usa, suona il campanello! » mi invitò Mina, arrivate al portone della casa di Makoto.
« Ma l'ho fatto! Non mi credi per caso? » La fissai con aria un po` sconcertata, mentre, con la mano, frugavo in tasca. “Ma dove ho messo l'orologio da polso?” Pensai.
« Io non dico che non ti credo! Solo che stiamo aspettando da più di 10 minuti qui al portone! » Venus stava iniziando a spazientirsi. Mi sentii leggermente irritata dalla sua reazione, ma non mi feci scrupolo a risponderle a tono, invece che calmarla.
« E allora io cosa ci dovrei fare? Se non sono qua è colpa tua, mi hai detto tu che le altre erano a casa di Mako! » Stavamo iniziando a litigare, quando Mina si attaccò al campanello.
« Ma che fai?!?! » La sgridai. V Chan diventò rossa come un peperone, come il fiocco che teneva raccolti i suoi capelli biondi, pronta per rispondermi "per le rime", ma appena in tempo, Makoto aprì la porta.
« Benvenute ragazze! » Poi, accorgendosi che qualcosa non andava, e che a Minako si era alzata leggermente la pressione, sgranò gli occhi. « Se stavate discutendo perchè non venivo ad aprirvi, dovete sapere che quella sbadata di Rei, aveva perso le chiavi. Mi scuso moltissimo! » Sospirò. « Su, finitela di gridare ed entrate! »
Sorprese dall' intuizione di Mako, noi rimanemmo a bocca aperta, col fiato corto. « Jupiter mi sorprendi sempre! Ma ora basta, dobbiamo parlare di cose urgenti. » disse Mina, con tono serio.
Quelle parole mi riportarono imeddiatamente alla realtà: dovevo pensare a come salvare il mio Mamo-Chan, a come sconfiggere i miei nemici, e sopretutto Lei... Beryl. Quanto odiavo quella donna. Non so se si potesse definire tale; era un essere mostruoso e meschino, e avrebbe fatto di tutto, pur di portarmi via Mamoru. E c'era riuscita. I miei occhi iniziarono a diventare lucidi, mentre guardavo Minako entrare in casa Kino. Sì, ero -e sono- una piagnucolona, che ci posso fare? Makoto notò che stavo male, e la sua espressione si fece tenera, come se mi compatisse. Quello sguardo mi ricordava Setsuna, saggia e dolce, seria e gentile.
« Ehi. Lo sai che tornerà: è vivo, me lo sento. Te l'ha fatto capire anche Queen, no? » disse, sorridendomi dolcemente, introducendomi in casa.
Feci qualche passo, poi, guardandola negli occhi, le risposi: « Grazie, Mako. Tu mi sai rassicurare sempre; anch'io credo che Mamoru sia vivo, credo che sia vivo. Ma sai quanto è difficile per me stare senza di lui. »
Le ore volarono in compagnia.
Era sempre così, le mie amiche mi facevano di tutto per distrarmi, per farmi dimenticare ogni pensiero triste o semplicemente brutto.
« Mina sei sempre la solita! Come puoi pensare che Rei, sposandosi, dedicherebbe tutto il suo tempo al suo "lui"? Anche una formula matematica potrebbe affermare che per il 90 % starebbe con noi e il restante 10 % al santuario. Lo direbbe pure il mio Mercury google. » Scherzò Ami, anche se di solito era difficile che lo facesse. Lei infatti era la più ragionevole, senza mai risultare troppo saccente.
« Tutto è possibile, cara Rei! » Rise Makoto. « Mako, col cristallo d'argento illusorio è ovvio che è "Tutto possibile"! » Riuscii a dire io, dopo un lungo attimo di silenzio.
Rei, anche se sapeva che stavamo scherzando, si sentì presa in giro, e alzandosi irritata, ci rispose: « Voi siete fissate col trovare il fidanzato! » Sbuffò, passandosi una mano tra i lunghi capelli neri. « Io ho già trovato la mia strada. »
Rimanemmo tutte sbalordite dalla sua reazione. Ad Ami andò di traverso il thè, Makoto rimase a bocca piena senza inghiottire e a Minako cascò il cucchiaino riempito più di zucchero, che di thè.
« C'è -per caso- qualcosa che ci devi dire, Rei? » Chiese incuriosita Minako. Ma non potemmo attendere la risposta della nostra amica, poiché luna cominciò a chiamarci a gran voce: « Ragazze! I nemici si trovano al parco Ichinohashi! Andate subito là! »
Senza esitazione, ci guardammo reciprocamente, e lasciammo le nostre fette di torta sul tavolino mezzo sporco dalle briciole, mentre il tè si freddava. In men che non si dica ecco che eravamo al luogo indicatoci. Lungo la strada ci eravamo già trasformate, tra un cespuglio e un altro, evitando che qualcuno ci potesse vedere.
Scorgemmo in lontananza un mostro, che stava disturbando la quiete del parco dei bambini. I piccoli erano in grave pericolo!
« Che cosa credi di fare tu? » Gridai. Ero apparsa davanti al mostriciattolo, puntandoli un dito contro. « Non la passerai liscia! Io sono Sailor Moon e sono venuta fin qui per punirti.. in nome della luna! »
I bimbi scapparono sollecitati e protetti dalle Senshi.
« Sailor Moon, non perdiamo altro tempo! » Ami mi si era avvicinata da dietro, subito seguita dalle ragazze. Girandomi verso di loro, non mi ero accorta che il mostro mi si era fatto vicino, troppo vicino. Mi spaventai e caddi a terra.
Mercury mi aveva soprassato per difendermi; « Shine Aqua Illusion! » questa continuava a gesticolare, guardando intontita l'avversario, al quale non aveva provocato danni.
« Ora provo io! » Gridò Rei, decisa. Avvicinandosi al nemico, e guardandolo ben in faccia, prese la sua pergamena. « Burning Mandala! » Ma anche lei, tirandosi indietro, capì che non era riuscita a fare alcunchè.
« Mi ha davvero rotto! » Jupiter era irritata, il suo sguardo si fece quasi provocatorio nei confronti del mostro, il quale, se ne accorse. « Sparkling.. Wide Pressure! » Niente. Sembrava che fossero riuscite a solleticare a mala pena il nemico.
« A questo non resisterà, fidatevi! » Venus era diventata rossa, quasi come la Sailor Fuku di Rei. « Venus Love me...» Prendendo fiato, prese la corda che teneva sempre legata al suo fianco. « ..CHAIN! » e con tutta la sua forza si scagliò contro il nemico.
Ma cadde a terra, esausta. Sembrava che il mostro avesse una specie di barriera impenetrabile di fronte a sé, che rimandava indietro tutti gli attacchi.
Non potemmo riprendere a combattere che il mostro si avventò su di noi, dicendo: « Beccatevi questo, maledette! »
Le mie amiche caddero a terra, io compresa, ma avevo ancora la forza per rialzarmi.
Le guardavo, tristemente. Erano coperte di tagli, gli sguardi si facevano pesanti, e il fiato del mostro rompeva il silenzio.
Mettendomi in ginocchio davanti a loro, allungavo le mani, per aiutarle a rialzarsi, ma avevano esaurito le energie.
« Su, ragazze, che vi prende? Quando ci siamo fatte sconfiggere così facilmente da un mostriciattolo? » Vidi che non ce la facevano, era inutile insistere. Quindi mi rialzai, e portando il Moon Rod al mio petto, mi girai verso il mostro.
« Bene. Allora ti faccio fuori io. » Ma ad un tratto, tutta questa determinazione che sembrava scuotermi dentro, scomparve. Mi ricordai del mio scettro, che ora tenevo nelle mani sudate, nato dall'unione delle nostre forze; del suo orologio da tasca, di ogni volta che mi veniva a salvare quando mi trovavo in pericolo, donandomi l'energia che mi serviva. " Tuxedo Kamen dove sei? Perchè non mi vieni a salvare?" Una lacrima non potè fare a meno di segnarmi il viso, e intanto, feci qualche passo indietro, con gli occhi sbarrati, persi nel vuoto.
« Sailor Moon, cosa fai? Basta sentimentalismi! Fatti coraggio! » mi urlò Rei, assistendo alla scena. Le Senshi erano preoccupate per me.
“Coraggio. Anche Mamo mi diceva sempre di mettercene tanto, quando combattevo. Di essere audace, senza scrupoli, perchè -mi sussurrava, ogni volta in battaglia- un giorno, avrei dovuto fare coraggio a qualcun'altro, a dare speranza dove si trovava ingiustizia.”
Il mostro era stufo di aspettare me e i miei pensieri; mi attaccò senza esitazioni, e io lo feci fare; non avevo niente da perdere. Mamoru non c'era e non mi era rimasto nulla. « Ahahah, e tu saresti la combattente che veste alla marinara, la fortissima Sailor Moon? » Il nemico mi rise in faccia, non aveva paura di me. Nessuno l'aveva. Perchè, avere timore di una ragazzina che parlava, parlava, parlava di essere una "combattente" e poi non lo dimostrava?
Avevo lasciato, per la seconda volta, che Mamo venisse portato via dai nemici, ferito. E inoltre, chi avrebbe creduto ad una ragazza che dice: “Il Cristallo d'Argento Illusiorio non è altro che una cristallizzazione di una mia lacrima d'amore.” Forse parlo troppo. Forse, non avrei dovuto, fin dall'inizio, dare ragione a Luna, mettendomi nelle vesti di “Sailor Moon”.
“Chi sono in fondo io? Sono solo una ragazza piena di sogni, ma senza un briciolo di speranza nel relizzarli.”
Ma..in fondo, perchè Luna aveva scelto me, anche se col tempo, aveva scoperto che ero un incapace? All'inizio.. ero io la leader delle guerriere Senshi, giusto? Io.. ero la futura Queen Serenity, Regina di Silver Millennium, vero?
Il Cristallo d'Argento Illusorio iniziò a brillare, come se dentro ci fossero tanti piccoli corpuscoli sfavillanti. Somigliava ad una stella in un cielo tenebroso; questo creò una barriera intorno al mio corpo.
Il mostro mi si avventò contro, e io, spaventata, mi portai le mani sulla testa, senza reagire. Ma il mio avversario venne scaraventato a terra dalla forza del mio amuleto.
“Sarò anche forte, ci sarà anche la sacra pietra a proteggermi, eppure, mi sento così debole senza Mamo.. ma .. era lui che mi dava vigore, che mi faceva traboccare di energia, e anche ora, al suo dolce ricordo, sento che mi riempo di potenza ogni secondo di più..”
« Usagi ma che fai?! Almeno tu, salvati! » Minako, pur essendo senza un briciolo di forza, la voce la teneva ancora, fino a rompermi i timpani.
« Tuxedo Kamen.. lui mi salverà. » Si lo sapevo; non era morto, lui anche se a distanza, mi dava sempre l'energia necessaria per sconfiggere ogni ostacolo, facendomi ricordare cos'è davvero importante, cosa vale veramente per me; Anche se lui non era fisicamente presente, potevo sentire la sua anima vicino al mio cuore, che mi diceva, come se fosse stato la prima volta: « Usagi, coraggio! So che ce la puoi fare! » Mi sentì traboccare di energia. Mi ero fatta forza, e ora, ero decisa.
Dovevo sconfiggerlo, e quindi ...”
- Chibiusa smise di leggere. Alzando il viso, incontrò gli occhi di Usagi, e tra uno sguardo e un altro, iniziarono a piangere.
« Solo ora, ho capito la tua sofferenza, Mamma. » le disse la bimba dai capelli rosa.
Usagi si sentì toccata da quella parola. “Mamma”. In tutto questo tempo aveva sempre pensato di essere come una sorella maggiore per lei, invece, solo ora capiva che era molto di più, per Chibiusa. « Oh... Small Lady. » Riuscii a risponderle la ragazza dai codini dorati, sorridendo teneramente. Le due si abbracciarono forte, creando un'intesa tra loro, come non era mai successo.
Chibiusa, rimettendosi a sedere, ancora con le lacrime che le scendevano, guardò il block notes che Usagi teneva sulle sue gambe. « Qui non hai finito il testo, o sbaglio? » Le chiese.
« Mentre scrivevo » - Rispose Usagi - « Mi ero messa a piangere, trasportata dall'onda dei ricordi, e non me la sentivo di continuare. » Chibiusa si avvicinò al block-notes per guardare meglio. « Ma..c'è una macchia marrone! » disse sbigottita guardando la sua madre del passato.
« Cosa?! » Fece l'interpellata, fingendosi sorpresa. Ripescando dalla sua memoria il giorno in cui aveva scritto sul block-notes, si ricordò che aveva rovesciato una tazza di cioccolato e alcune goccie erano andate a finire sui fogli. Ora non sapeva con quali parole dirlo a Chibiusa, per non fare una figuraccia.
« Beh, vedi, ecco... » Usagi si passò una mano dietro alla testa, sorridendo.
« Cioccolata signorina? » Ridacchiò la bimba dai capelli rosa. « Se già al tempo mangavi di tutto e di più, tra merendine, torte e sorbetti, e pure ora .. credo che diventerai una botte che cammina, cara la mia Usagi. » Chibiusa pensò di cambiare il tono da "Prendiamo in giro usa" ad "Ora le faccio la ramanzina". A questa piaceva dare un nomignolo ad ogni tono che riservava per la ragazza dai codini dorati; le sembrava una sorta di "gioco" ma ad Usagi non piaceva molto.
« Tu devi commentare sempre tutto? » disse irritata la bionda. « Comunque sia, ora penso che tu abbia capito, che noi si da per scontata la presenza di qualcuno o qualcosa vicino a noi, troppo spesso. Bisogna abituarci all'idea che un giorno non possano più essere al nostro fianco, e bisogna essere sempre pronti all'impossibile. » Usagi finito il "discorsetto" per cui era andata molto fiera anche nei giorni seguenti, si incamminò nel corridoio, mentre Chibiusa la fissava. « Mammaaa! C'è ancora la torta al limone? » la sentì gridare dalla cucina.
« Eh, Usagi, Usagi.. anche se sai fare l'intelligente, dimostrerai sempre che sei la solita pasticciona, che tutti noi adoriamo! » Sussurrò Chibiusa tra sè e sé. « Mi hai insegnato, che anche tu, coraggiosa e impavida, hai avuto dei momenti di debolezza; inoltre ho capito che non bisogna dare per scontato la presenza di una persona vicino a noi: si può rimanere delusi, quando un giorno, non ci saranno più. E tu hai sofferto tanto, Usagi. » Pensando alla ragazza bionda, guardò per l'ultima volta il block-notes sulla scrivania, illuminato dalla luce della lampada.
Fine.

L'angolo dell'autrice. Ringrazio tutti quanti per essere arrivati fino in fondo a leggere questa storia.
Spero di aver trasmesso a tutti il messaggio che volevo dare, e anche di ciò che Chibiusa, ha capito leggendo il Block-Notes di Usagi.
Lasciatemi una recensione per farmi capire le vostre impressioni personali. Mi scuso per il testo PICCOLO, ma come nei miei racconti precedenti, mi diventa tutto grosso! Se mi dite come fare, per non far venire grande il testo come il titolo, ve ne sarò grata eternamente!
Grazie mille, Silence Glaive.
   
 
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