Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Ricorda la storia  |      
Autore: Mama we re All full of Lies    17/08/2011    2 recensioni
Deglutii. Quel nome negli ultimi mesi lo avevo letto fin sopra troppi fogli. Fogli indisiderati e pieni d'ansia. Nel leggerli tutti sentivo una strana sensazione in gola, quasi di soffocamento, e li rileggevo, li rileggevo... non per farmi del male. Ma per convincermi che era tutta la realtà. Quante volte desiderai che tutto quello assomigliasse a un incubo. Quante volte stavo per crollare. Tentavo di stargli vicino e ogni tanto se la spuntava con qualche frase ad effetto, qualcosa del tipo "Anche se me ne andrò, non piangere. Io sarò sempre con te. Qui." ed indicava l'organo dentro la mia cassa toracica, lo stesso che per un secondo smetteva di battere a quelle macabre parole ed esitava nel riprendere il suo lavoro. Faceva male, sentire quelle parole uscire da una bocca sempre sorridente come la sua.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- Twenty-Two Days And Four Months Divide Us -
 



 
 
Simon si alzò in piedi sul letto, il braccio destro nuovamente in funzione. La camicia gli arrivava quasi al ginocchio, la teneva aperta, sotto lasciava intravedere una maglia sbracciata di un colore spento e scuro, sempre più chiaro dei miei capelli. Ray era poco lontano da lui, si era procurato una vecchia pianola ancora miracolosamente funzionante e per trovare delle pile buone per farla suonare c'era voluto il bisogno dell'attenta ricerca di sei o sette infermiere. Ma ora era tutto pronto. 

 
Il mio primo chitarrista cominciò a suonare. Leggero, non si sentiva l'inconfondibile rumore delle dita che premono sui tasti bianchi, la pressione esercitata era poca, lui la pianola non la suonava: lui l'accarezzava. Ecco il suo segreto, ecco come faceva a farla cantare con tanta grazia. Il mio primo, ed unico chitarrista, oramai... 
Simon cominciò a cantare, una canzone che sapevo troppo bene. Diceva così:

 
 
When I was a young boy, 
My father took me into the city 
To see a marching band. 
 
He said, "Son when you grow up, 
would you be the savior of the broken, 
the beaten and the damned?" 
He said "Will you defeat them, 
your demons, and all the non-believers, 
the plans that they have made?" 
"Because one day I'll leave you, 
A phantom to lead you in the summer, 
To join The Black Parade." 

 
 
E gli altri bambini, timidamente, cominciarono a cantare, a rincorrere le parole di Simon, quelle che prima di lui aveva masticato anche un altro cantante. Un moretto ancora giovane, che era stato dietro all'alcool per troppo tempo, che era stato dietro alla polvere bianca. Il solito che se ne stava seduto ad osservare il mini concertino organizzato su due piedi in una stanza d'ospedale con le pareti colorate. D'accordo, non proprio su due piedi, già da un mese la cosa era stata programmata. No, che dico... quattro, sono quattro mesi. E ventidue giorni.

 
Li sentii fermarsi alla parola "Damned".A quel punto, la canzone diventava più movimentata, Ray avrebbe dovuto lasciare da parte la tastiera e inforcare la sua chitarra e ricominciare a suonare. Ricordo come facevamo sempre nel nostro tour, quello durato due interi anni che ci ha sfiniti. A suonare il pianoforte era sempre stato qualcun'altro, così Ray era facilitato e la sua testa era concentrata sul suo attacco, che non sbagliava mai. E partiva tutto, il boato del pubblico, la felicità dipinta sui loro volti. 

 
Alzai la testa. Mi stavano guardando tutti, in silenzio. Aspettavano. Aspettavano che cominciassi a cantare. Simon si rifiutava, diceva che era stonato, e si erano messi d'accordo poi chè la cantassi io, tutto il resto della canzone. Voce e chitarra classica. Ray la teneva salda in mano. Incrociai il suo sguardo, poi quello di mio fratello Mikey. La tristezza era ancora lì, fissa nei loro occhi da quattro mesi e ventidue giorni. Inutile tentare di velarla. Negli occhi del chitarrista c'era però più sicurezza. Dio, quanto la invidiavo, quella sicurezza. Mi intimava a cantare, a proseguire, come se quello fosse stato un giorno come gli altri. Forse lo sarebbe stato, se non fosse arrivata quella notizia, tempo fa. Mesi fa. Per precisare, quattro mesi e ventidue giorni... 

 
Mi alzai. Attraversai la stanza con gli occhi di tutti puntati addosso, ma non ci feci caso. Naturale, no? Pelle chiarissima, occhi gonfi e rossi, capelli nero pece. Tutto in me faceva contrasto. Mi fermai davanti alla Nostra parete, quella piena delle impronte delle mani di tutti i bambini, con sotto scritti i loro nomi. E là, più in alto, le impronte di noi quattro, il segno che i My Chemical Romance erano stati lì, in quella stanza. Per aiutarli non a guarire, ma a sorridere. 

 
Alzai la testa ed era lì, la mia impronta rossa con scritta nera "Gerard A. Way". Spostai lo sguardo poco più a sinistra, ed eccola. La Sua impronta colorata. Blu, se non erro. E il suo nome scritto sotto, non come firma, ma la sua calligrafia era deliziosa come sempre:
 
 
"Frank A. Iero"


 
Deglutii. Quel nome negli ultimi mesi lo avevo letto fin sopra troppi fogli. Fogli indisiderati e pieni d'ansia. Nel leggerli tutti sentivo una strana sensazione in gola, quasi di soffocamento, e li rileggevo, li rileggevo... non per farmi del male. Ma per convincermi che era tutta la realtà. Quante volte desiderai che tutto quello assomigliasse a un incubo. Quante volte stavo per crollare. Tentavo di stargli vicino e ogni tanto se la spuntava con qualche frase ad effetto, qualcosa del tipo "Anche se me ne andrò, non piangere. Io sarò sempre con te. Qui." ed indicava l'organo dentro la mia cassa toracica, lo stesso che per un secondo smetteva di battere a quelle macabre parole ed esitava nel riprendere il suo lavoro.  Faceva male, sentire quelle parole uscire da una bocca sempre sorridente come la sua. 

 
Mi sentii strattonare il braccio. Mi girai e gli occhi di Deborah incontrarono i miei. Deborah, la bambina muta che aveva sempre avuto timore di me. Per avvicinarsi doveva aver compreso. La guardai -Non posso sorriderti, non ti piacerebbe...- Era vero. La mia bocca si sarebbe piegata in un'orribile smorfia, un sorriso amaro e falso.

 
Lei mi guardò e a gesti, cominciò a comunicare. A metà del discorso il mio sguardo ricadde sulla Sua impronta, ma la bambina mi strattonò nuovamente. Stavolta seguii tutto con più attenzione. Diceva di non aver timore, che ora dovevo solo andare avanti. "Keep Running", pensai. Eppure, se in quattro mesi e ventidue giorni non sono stato capace di continuare senza pensarci costantemente, senza piangere ogni giorno, come potevo avere molte possibilità di andare avanti? Poi, pensai. Ero vivo. Dopo la dipendenza dell'acool a cui mi ero trascinato fuori con fatica, ne ero ricascato con molta facilità, non a lungo fortunatamente. Ma non ero morto. Ero ancora lì, e mi sentivo osservato. Ma ero lì...

 
Mi girai. Mikey si reggeva la testa con le mani, Ray aveva abbassato lo sguardo, forse per impedire che le lacrime solcassero il suo volto secco, gli altri bambini seguirono il suo esempio. Tranne Simon, che aspettava ancora, e Alice, che mi guardava condividendo il mio dolore. E poi c'era Deborah, piccola accanto a me. Se avesse avuto la parola avrei potuto ascoltarla mentre si lamentava, si confidava, con me o con Ray. Presi un respiro profondo e feci cenno a Simon di ricominciare da capo. 

 
Così fecero, e mentre intonava la parola "made", pensai alle frasi seguenti. Frasi che avrei potuto benissimo associare all'intera vicenda, a Lui, che mi seguiva da quattro mesi e ventidue giorni. Solo, non ero più in grado di vederlo. Sapevo che c'era, che viveva anche dopo la morte. Quest'ultima lo spaventata, si, ma mai quanto lo spaventava l'idea di lasciare la band, la moglie e le figlie, e me. "A phantom, to lead you in the summer," Guardai il calendario. Curiosa la coincidenza, era agosto. Pieno agosto. Ma si, mera coincidenza, che in quel momento bastò per darmi un pò di speranza. "To join The Black Parade." Mi guiderai allora, eh, Frank? Non desidero altro. So che farai la scelta giusta, ciò che facevi era giusto e piacevole già allora. Non dirmi che la Morte ti ha fatto perdere il tuo lume, chitarrista. 

 
Una pausa e Ray cominciò a suonare. Era il mio turno, sarebbe toccato a me tra pochi secondi. Ascoltai la musica, così intensamente come mai avevo fatto prima. Mancava quella Sua chitarra ad accompagnare le note della prima, a combattere con essa quasi. Non importa Frank, non importa. Ray forse è più esperto di te a suonarla, ma te sapevi fare molto altro. Amarmi, per esempio. Ed è una grossa impresa, mio chitarrista. 
 
 
[Welcome To The Black Parade - My Chemical Romance: http://www.youtube.com/watch?v=IJOTU-z5Qr8]







 
____________________________________________________________________________________________________________
Ehm... ok. Eccoci qua.
Comincio con il dire che questa ff è nata come piccola idea dopo una ruolata, una ruolata che mi ha fatto piangere. C'è una persona che lo sa per certo, che era presente. Qui sul sito si fa chiamare Maylene, ma io so chi è in realtà, anche se io la chiamo Frunk. Ed è proprio a Lei che io ho deciso di dedicare questa ff, sperando che possa ricordare i momenti, e perché no? Anche amarli. <3
Ma ringrazio anche tutti gli altri che leggeranno. è una grossa soddisfazione, davvero. Grazie.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: Mama we re All full of Lies