There’s no place like home ~
Lunga vita,
lunga vita, tre urrà per il Mago di Oz!
Lunga vita,
lunga vita, tre urrà per il Mago di Oz!
Si era presa tutto lei.
Le belle sale del palazzo, lo splendore della Città di Smeraldo. Il
rispetto, soprattutto, e il calore della gente. Oz
era l’unico posto in cui Oscar Zoroastro Diggs si fosse mai sentito a casa, e quella bambina gli
aveva strappato anche questo.
Il suono dei suoi passi
echeggiava lugubre nell’abbandono: era definitivamente solo. Solo,
insieme ai begli occhi sbarrati della Principessa Ritrovata.
« Voglio
raccontarvi una favola, maestà. C’era una volta una strega che
rapì una bambina... »
La giovane Ozma conosceva quella storia; tuttavia, se anche avesse
voluto rispondergli, la sua graziosa bocca del colore delle rose era troppo
piena di sangue e mosche per formulare una parola.
Il Mago la
sogguardò con attenzione, carezzando il sangue che imbeveva la lama
della sua spada. Gocciolava, gocciolava. Il castello vuoto si faceva sempre
più freddo. Il solo suo nome
sarebbe bastato a congelare il Paese, proprio come un tempo; tutti
l’avrebbero di nuovo chiamato grande
e meraviglioso.
Era tornato a casa.
Bambini,
bambini, bambini, non vi fidate del Mago di Oz.
Bambini,
bambini, bambini, non giocate col Mago di Oz.
Spazio dell’autrice
Sapete, ci ho pensato sul serio. Che Oz
volesse vendicarsi di Ozma, intendo.
Il punto è che c’è un’incoerenza gigantesca tra il secondo e il quarto
volume della saga di Baum. In The Marvelous Land of Oz la vecchia Mombi rivela di aver rapito la Principessa Ozma in culla e di averla trasformata in un maschietto su
ordine del Mago, perché lei non potesse rivendicare il trono della
Città di Smeraldo, sul quale all’epoca sedeva illegittimamente il
Mago stesso. Ma in Dorothy and the Wizard in Oz Ozma racconta al Mago – appena tornato alla
Città di Smeraldo – che Mombi la
rapì per proprio tornaconto: la sua
partecipazione in quegli avvenimenti viene di punto in bianco cancellata.
Immagino che Baum modificò questo tratto della
storia di fronte alle insistenze dei suoi giovanissimi lettori sul “far
tornare il Mago”. Non poteva farlo ricomparire nei panni del cattivo
– avrebbe deluso le loro aspettative – così rese malvagia
soltanto la vecchia strega ormai scomparsa dalla trama. Fatto sta che leggendo
i libri in serie si resta un po’ perplessi... Perlomeno a me è
capitato così.
E, come dicevo, leggendo del primo faccia a faccia tra Oz e Ozma nel quarto volume mi
aspettavo seriamente che il Mago provasse del rancore. Ciò non avviene,
ovvio; tuttavia mi è piaciuto immaginare questa flash, perché le
cose sarebbero dovute andare più o meno così se il Mago fosse
rimasto un tale perfido doppiogiochista quale era nell’idea originale di Baum.
Spoiler!: il nome completo del Mago
è Oscar Zoroastro Phadrig
Isaac Norman Henkle Emmanuel
Ambroise Diggs; in
gioventù egli pensò di abbreviarlo usando soltanto le iniziali,
ma dal momento che pinhead
significa ‘capocchia di spillo’ e sarebbe
stato a dir poco offensivo per la sua intelligenza decise di chiamarsi
semplicemente Oz – conquistandosi
l’immediata simpatia degli abitanti del Paese suo omonimo. La spada che cito esiste davvero; il Mago
la usa nel quarto volume per squarciare lo stregone Gwig
del popolo sotterraneo dei Mangabù.
Le lyric in incipit e chiusura sono
tratte dalla splendida Il Mago di Oz di Roberto Vecchioni: per chi sia ancora
dell’idea che questo fantasy sia rivolto soltanto ai bambini, ascoltando
il pezzo del Professore capirà quante cose attuali e adulte si possono
riscontare in questo capolavoro del Novecento. E soprattutto non prendete caramelle dal Mago di Oz!♥
Aya ~