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Autore: Nene_chan    20/08/2011    1 recensioni
Anche questa è stata scritta tempo addietro, ma sono tutto sommato felice di pubblicarla, spero piaccia.
Sorrise, stesa sul letto, guardando il suo diario e percorrendone gli intarsi neri. Era motlo bello. La strinse nella mano e si rigirò nel letto, addormentandosi.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sospirò.
Quell’ultima ora di prigionia sui banchi di scuola sembrava non voler scorrere. Guardò l’oroglogio: 12.20 . Sbuffò, ancora quaranta minuti di interrogazione sul sistema solare, il Sole, la Luna, i pianeti, le stelle, le galassie…
Lei aveva studiato ed era pronta, ma non era tra gli interrogati. Erano stati entratti quattro poveri cretini che non avevano studiato nulla e si arrampicavano qua e là sugli specchi.
Un bigliettino piegato piccolo le arrivò sul banco, lo asprì e lesse: “Non ne posso più! Non sanno nulla-.- che ore sono?”
Sorrise, Cinna. Solo lei poteva scriverle un bigliettino del genere. Guardò di nuovo l’ora: 12.25, le rispose e fece passare indietro. Cinna lesse e sbuffò, lei si voltò. Si mise a guardare il vuoto al di là della finestra e sospirò. Sospirò ancora, ancora e ancora.
Persa in chissà quali pensieri, non sentì nemmeno la campanella tanto attesa che suonava. Fu Cinna a scuoterla.
- Sophie? Sophie. Sophie! - la chiamo. Lei sussultò e si riscosse, raccogliendo le sue cose e uscirono assieme.
 
- Cinna? - mormorò a un certo punto, mentre tornavano a casa per il viale. - Come faccio? Vorrei tanto chiedergli di vederci e uscire… ma se non la prende bene? -
- Smettila! Quante paranoie che ti fai! - la interruppe quasi l’altra. Sapeva bene che l’amica la voleva solo incoraggiare, ma non serviva. Aveva paura che se avesse messo a nudo i suoi sentimenti il ragazzo che tanto le piaceva si sarebbe allontanato da lei più di quanto già lo era.
 
Tornata a casa, Sophie era stata per tutto il pomeriggio china sui libri per l’interrogazione del giorno dopo su Pirandello, “La patente” e il battesimo fascista sui quali sarebbe stata interrogata. Andò a letto presto; dopo cena si fece la doccia e si infilò sotto le coperte.
Fece quasi fatica ad addormentarsi, tanto era stanca, ma alla fine riuscì a scivolare lentamente nel sonno, immersa in ragionamenti contorti.
Sbattè le palpebre. Si trovava in un prato verde smeraldo chiaro, tutto intorno a lei era luminoso e i colori puri le ferivano quasi gli occhi. Li chiuse e li sbattè ancora qualche volta, fino ad abituarsi alla luce.
Si accorse di essere stesa supina sull’erba morbida e si alzò. Iniziò a camminare, puntando dritto davanti a sè, e continuò per molto, perse presto la cognizione anche del tempo.
Fu allora che scorse una costruzione bianca, un gazebo. Era in marmo solido, striato da sottili venature nere. E, sotto ad esso, uno uomo dalla carnagione scura, anche lui vestito interamente di bianco, la stava chiamando con un gesto della mano e la invitava a sedersi accanto a lui. Sophie si avvicinò.
Arrivata a qualche passo dalla figura, si accorse chi rappresentava. Sì, ora sapeva bene che era un sogno. Ma era bene non mancare di rispetto comunque, no?
- S-Signor Jackson..? - mormorò. Un Michael Jackson giovane e sorridente, vestito elegantemente.
- Michael, diamoci del “tu”. Vieni, Sophie, siediti. - sorrise.
Rimase imbambolata un momento, poi innarcò le sopracciglia. - Come… fai a sapere il mio nome? - domandò timidamente, sedendosi un po’ distante da lui.
- Non sono qui per caso… sono stato mandato. - le strizzò l’occhio, indicando con la punta dell’indice il cielo azzurro limpido sopra di loro. - Si può dire che io sia come il tuo angelo custode, ecco. Mi pare di essere il tuo idolo, no? Sarai felice… -
- Bè… ehm… in realtà ora sono solo molto confusa… - accennò imbarazzata. - Perchè sono stata scelta proprio io? Potevi essere l’angelo di qualche altra fan, giusto? -
- In effetti sì. Ma sei stata scelta tu perché sei confusa qui… - spiegò pazientemente, mettendole una mano sul cuore. Lei arrossì.
Sorrise rassicurante. - Avanti voglio sapere come stanno le cose, Sophie. –
- In qualità di angelo custode non dovretsi già sapere tutto? - domandò lei, perplessa. Cominciava a sentirsi più a suo agio.
- Sì, so già tutto, infatti. Ma voglio sapere come appare a te, ai tuoi occhi. E poi gli sfoghi servono sempre… - fece un gesto di noncuranza con la mano. - Però, sappi subito che se non ti va l’idea devi dirlo ora. Ti sveglierai e non ci vedremo più. Altrimenti, inizia a raccontare. - sorrise ancora.
Lei, ricambiando con un breve e timido sorriso, iniziò a raccontare, anche le cose più futili, tutto, per filo e per segno. Si sentì quasi svuotata quando terminò, più… leggera, ecco.
- Bene, Sophie. Non c’è più tempo. -
- Cosa? - chiese impaurita.
- Devi svegliarti, piccola. Il tempo per questa notte è scaduto. Tieni, prendi questa. - le mise un oggetto fra le mani e le richiuse. Lei lo guardò, era un piccolo diario, grande come quelle agende tascabili che si portano dietro gli uomini d’affari. La copertina bianca ricamata a intarsi oro, argento e neri e le pagine candide.
- Sarà… ehm… una specie di walkie-tolkieche farà da tramite tra noi quando non potremo parlarci nel sonno. -
- Durante il giorno, quindi? -
- Esatto, anche. - sorrise. E iniziò ad allontanarsi.
- M-Michael… - lo chiamò lei.
- Ci vediamo, piccola Sophie. Molto presto, te lo prometto. - ed alzò la mano in segno di saluto, mentre iniziava a sbiadire nei contorni.
- No… No! Michael, aspetta! - ma quella supplica disperata di spense nel cielo, mentre tutto iniziava a divenire buio.
 
Spalancò gli occhi.
- Sophie! - sua madre. La chiamava già. Michael aveva ragione, non avevano più tempo, lei doveva pensare alla scuola e, in particolare, all’interrogazione, ora.
Si alzò frettolosamente dal letto, gettandosi dentro l’armadio e pescando la prima maglietta che le venne in mano e il paio di jeans del giorno prima, ancora puliti. Si vestì in fretta e andò a lavarsi il viso e a sistemarsi un  po’ i capelli. Mentre faceva il primo passo per scendere la scala però, le tornò in mente il diario. Per quanto fosse stupido pensarlo, tornò indietro e si mise a cercarlo tra le lenzuola. Nulla.
Sospirò. Già, aveva proprio fatto una stupidaggine mettendosi a cercarlo ora e perdendo diversi preziosissimi minuti. Fece per andarsene, ma dovette allungare un passo al volo, per avitare di pestarlo e quasi perse l’equilibrio. Era lì. Il diario era lì. Lo agguantò di fretta mentre iniziava a usciva dalla stanza e scese le scale.
Dopo aver fatto colazione, mentre aspettava Cinna che doveva venirla a prendere per fare la strada assieme, come sempre. Vi scrisse.
“Pensa, stavo quasi per perderlo…” e, nel mentre il campanello suonò. Si lasciò scivolare il diario in tasca e si precipitò fuori.
 
Verso le dieci, a ora dell’intervallo. La tasca dei jeans le vibrò. Sophie sussultò, aveva lasciato il telefonino acceso?! Tirò fuori l’oggetto dalla tasca. Era il diario… e aveva vibrato?
Lo aprì e rimase per un momento sconcertata.
“Meno male che l’hai tovato, allora. Buona fortuna per l’interrogazione.” Sorrise tra sé. Ora aveva capito come funzionava, almeno.
“Grazie, Michael.”
 
Tornò a casa con un bel nove per l’interrogazione. Studiò e fece i compiti, come sempre. E, finita la cena, si chiuse in camera.
Sorrise, stesa sul letto, guardando il suo diario e percorrendone gli intarsi neri. Era motlo bello. La strinse nella mano e si rigirò nel letto, addormentandosi.

  
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